LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Risoluzione compravendita per gravi vizi

La vendita di un immobile affetto da vizi non sanabili può comportare la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno per l’acquirente, anche se la mancanza del certificato di abitabilità è astrattamente sanabile. La buona fede del venditore non esonera dalla responsabilità per i vizi occulti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 23 maggio 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 347/2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DI APPELLO DI FIRENZE SEZIONE III

CIVILE La Corte di Appello di Firenze, Sezione Terza

Civile, in persona dei Magistrati:

dott. NOME COGNOME Presidente dott. NOME COGNOME Relatore dott.

NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._792_2025_- N._R.G._00000347_2022 DEL_29_04_2025 PUBBLICATA_IL_29_04_2025

nella causa civile di II Grado iscritta al n. r.g. 347/2022 promossa da:

elettivamente domiciliato in Firenze presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende come da procura in atti.

PARTE APPELLANTE contro , entrambi elettivamente domiciliati in Firenze presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende come da procura in atti.

PARTE APPELLATA elettivamente domiciliato in Firenze presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende come da procura in atti.

, quale erede di PARTE APPELLATA contumace avverso sentenza n. 251/2022 del Tribunale di Firenze

CONCLUSIONI

trattenuta in decisione sulle seguenti conclusioni:

Per la parte appellante:

“voglia Corte d’Appello di Firenze, ogni contraria istanza disattesa, per le causali di cui in narrativa, in riforma della sentenza del Tribunale di Firenze N ° 251/2022 pubbl. il 31/01/2022 nella causa con RG n. 6166/2016 notificata il giorno 08/02/2022, dichiarare la risoluzione dell’atto di compravendita a rogito del Notaio di Firenze del 19 maggio 2015, repertorio 68.448, raccolta 39.009 stipulato dai signori NOME.F.: , nato a Firenze il 10 novembre 1991 in qualità di compratore e nato a Firenze il 14 giugno 1941, C.F.:

nato a Firenze il 6 luglio 1960, C.F.:

, e nata a Firenze il primo marzo 1944, C.F.: , in qualità di venditori con il quale, ad un prezzo di € 180.000,00 integralmente pagato, il signor ha acquistato la piena ed esclusiva proprietà della porzione del fabbricato condominiale posto in Firenze INDIRIZZO rappresentato al Catasto Fabbricati di detto Comune sul foglio di mappa 106 dal mappale 112, subalterno 503 (ex mappale 112, subalterno 502), categoria A/3, classe 2, della consistenza catastale di 4,5 vani, rendita catastale € 569,39 così risultante a seguito della presentazione presso l’agenzia del Territorio di denuncia di variazione numero 11131.1/2014 in data 4 marzo 2014, protocollo numero NUMERO_DOCUMENTO, costituito da un appartamento ad uso civile abitazione posto al piano terreno, composto da ingresso, soggiorno-cucina con angolo cottura, camera, bagno e ripostiglio oltre a giardino tergale. E per l’effetto A) condannare i convenuti e il signor nato a Firenze l’11 dicembre 1970 e residente a Cayenne (Francia) route de Raban- Res RAGIONE_SOCIALE, C.F.:

quale erede di in solido tra loro, alla restituzione della somma di € C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. domanda di restituzione del bene, ove, nonostante ciò, il Corte dovesse disporre quale conseguenza della risoluzione, la riconsegna dell’immobile, si richiede che venga disposto che tale riconsegna avvenga solo a pagamento avvenuto, ordinando, ricorrendo tale ipotesi, al conservatore competente dei registri Immobiliari di Firenze di procedere alle successive annotazioni e trascrizioni che gli verranno richieste, con esonero dello stesso da ogni responsabilità ̀ a riguardo.

B) condannare i convenuti e il signor nato a Firenze l’11 dicembre 1970 e residente a Cayenne (Francia) route de Raban- Res Novaparc2 RAGIONE_SOCIALE, C.F.: , quale erede di al risarcimento dei danni subiti dall’attore nella misura indicata, infra, nel presente atto o di quella di giustizia da esperita istruttoria e dei danni non documentabili dei quali si richiede una liquidazione equitativa commisurata al periodo durante il quale, a causa delle vicende descritte, l’attore è rimasto privo di abitazione.

Si indicano, a tale riguardo, i costi e i danni de quibus:

costo professionista per far emergere i problemi in questione € 4.500,00, spesi per in notaio rogante € 4.500,00

(doc. F), costo verifica umidità e fosse biologiche € 760,00 + IVA (doc. J), agenzia immobiliare € 6.000,00 (doc. G), visure storiche € 497;00 (docc. H e I), costo voltura acqua € 102,00 (doc. K), costo voltura Enel € 107,31 (doc. L), costo voltura gas € 141,53

(doc. M), spese condominio € 250,00 (doc. N), IMU € 451,00 (doc. O), costo mutuo € 960,00 (doc. P) costo per i saggi eseguiti durante la CTU € 402,60 (doc. ne depositata il 10.9.2019), € 352,00 ed € 877,00 spesi per la CTU (cfr fatture depositate con le note scritte in data 2.6.2020 e in data 16.7.2020);

€ 352,00 ed € 877,00 rimborsati in forza della sentenza impugnata al terzo geometra per la CTU (cfr numero due fatture che si producono con il presente atto – docc. 3));

Oltre alla rivalutazione e agli interessi legali al saggio previsto dal primo comma dell’art. 1284 cc dal contratto fino alla notifica della citazione in primo grado e, ai sensi dell’articolo 1284 quarto comma cc, al saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali a far data dalla presente domanda.

Voglia la Corte d’Appello di Firenze, in riforma della sentenza impugnata, condannare i signori , NOME e al risarcimento dei danni subiti dal signor in conseguenza dell’inadempimento de quo da liquidarsi in via equitativa e comprensivi, comunque, del costo per i gli interventi edilizi che si sono resi necessari in conseguenza dell’inadempimento in questione quantificati dal CTU in primo grado € 37.000,00 e in € 35.450,00 oltre al rimborso di € 516,00 corrisposte per la sanzione paesaggistica prevista nel richiamato provvedimento di archiviazione oltre al rimborso dei costi eventualmente da sostenere in conseguenza dei lavori di adeguamento C.F. nei confronti dei convenuti stabilendo che nulla è loro dovuto a fronte della loro richiesta di sequestro dei beni del terzo chiamato ritenuta infondata dal Tribunale e stabilendo che nulla è dovuto al terzo da loro chiamato, signor In via istruttoria, si richiede, per i motivi sopra esposti, il rinnovo della CTU svolta in primo grado e ciò con particolare riferimento alla presenza o meno nell’immobile de quo del requisito dell’areazione trasversale necessario ad ottenere l’abitabilità e alla circostanza se i venditori abbiano o meno venduto il bene con l’impianto elettrico nuovo. Con vittoria di spese di entrambi i gradi di giudizio ivi comprese le spese della CTU”.

Per la parte appellata :

come in comparsa di costituzione e risposta e quindi “Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello:

1. in rito preliminarmente dichiarare l’inammissibilità dell’appello per carenza di specificità dei motivi;

2. nel merito dichiarare infondato l’atto di appello e pertanto respingere la domanda di risoluzione del contratto avanzata da parte appellata;

3. respingere l’ulteriore domanda di risarcimento del danno per la decadenza e per la assoluta infondatezza in fatto e in diritto;

4 in ipotesi di accoglimento dell’appello, la comparente chiede di essere rilevata indenne da qualsiasi richiesta di risoluzione e di risarcimento e/o comunque ogni conseguenza abbia eventualmente a derivare dal presente giudizio, comprese tutte le spese di lite da parte del Geom come chiesto in primo grado per quanto ivi esposto;

5. In ogni caso condannare il Sig. alla refusione delle spese, diritti e onorari del presente grado del giudizio”.

Per la parte appellata “conclude per la reiezione del gravame con conferma della sentenza n. 251/2022, emessa nel procedimento del Tribunale di Firenze rubricato al R.G. con n. 6166/2016, oggetto del presente appello.

Con vittoria di spese e compensi e accessori di legge”.

MOTIVAZIONE 1) Con atto di citazione ritualmente notificato, ha proposto appello avverso la sentenza n. 251/2022 del Tribunale di Firenze, con la quale era stata respinta sia la domanda di risoluzione del contratto di compravendita intercorso in data 19.5.2015 tra lo stesso in qualità di acquirente, ed quali venditori, sia le domande correlate a tale risoluzione.

1.1) La causa di prime cure era stata infatti instaurata dal predetto sig.

allegando che:

• i venditori avevano garantito la piena regolarità del bene in questione, sul piano edilizio ed urbanistico;

• dopo la stipula dell’atto era invece emerso come l’immobile non fosse regolare (in quanto realizzato in assenza di concessione edilizia e senza il necessario cambio di destinazione d’uso) e non potesse ottenere l’abitabilità;

• l’immobile stesso era gravato da numerosi vizi, quali:

infiltrazioni (con necessità di interventi di ripristino, con costi pari a decine di migliaia di euro), mancanza di aerazione trasversale, esistenza di una servitù di scarico di acque dei bagni di tutto • tale situazione integrava gli estremi della consegna di “aliud pro alio”, con conseguente risoluzione del contratto;

• in ogni caso, la risoluzione del contratto era fondata anche considerando i vizi presenti nel bene venduto.

1.1.1) Sulla scorta di tali rilievi, il sig. aveva chiesto la risoluzione del contratto e la condanna dei convenuti alla restituzione del prezzo versato ed al risarcimento dei danni (commisurati al tempo in cui l’attore era rimasto privo di abitazione).

1.2) Si erano costituiti i predetti convenuti, che avevano contestato le allegazioni attoree, in particolare esponendo che:

o avevano ricevuto il bene immobile in questione per successione ereditaria della madre, nel 2012, sconoscendo le vicende pregresse dello stesso;

o il aveva visionato più volte l’immobile, anche con l’assistenza di un proprio tecnico;

o i convenuti si erano avvalsi dell’opera di un professionista, geom. per i lavori di ristrutturazione, a cui era seguita una relazione tecnica da parte del predetto professionista (che era anche stato direttore dei lavori) ed al quale doveva quindi ascriversi ogni eventuale responsabilità;

o non era comunque ravvisabile un’ipotesi di vendita di “aliud pro alio”;

o le infiltrazioni erano agevolmente percepibili e sussistevano da tempo (trattandosi di immobile degli anni ’20-’30 del secolo scorso, posto al piano terra, senza “vespaio”), tanto che di ciò era stato dato atto tra le parti ed aveva altresì condotto ad una riduzione del prezzo dell’immobile.

1.2.1) In base a tali assunti, era stata chiesta l’autorizzazione alla chiamata in causa del geom. e, nel merito, la reiezione delle domande attoree o, in denegata ipotesi di.3) Si era costituito anche il geom. il quale aveva contestato gli addebiti mossi nei propri confronti, adducendo la correttezza dell’opera professionale prestata.

1.3.1) Richiamata l’esistenza di una polizza assicurativa con la compagnia RAGIONE_SOCIALE il predetto aveva quindi chiesto che la domanda di manleva avanzata nei propri confronti dai convenuti fosse respinta e che, in subordine, la predetta compagnia assicuratrice (di cui veniva chiesta l’autorizzazione alla chiamata in causa) fosse condannata a manlevare lo stesso con riferimento ad ogni condanna impartita a carico di quest’ultimo.

1.4) Il Tribunale aveva ritenuto tardiva la costituzione del geom. conseguentemente, inammissibile la richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa della compagnia assicuratrice RAGIONE_SOCIALE

1.4.1) Infine, effettuata istruttoria mediante produzioni documentali, assunzione di prova orale ed espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale di Firenze aveva infine esposto che:

− non era dato ravvisare, nel caso di specie, un’ipotesi di aliud pro alio, in quanto:

o se pur la mancanza dell’abitabilità poteva integrare un simile difetto, la giurisprudenza di legittimità aveva precisato che “…la mancanza dell’ abitabilità – agibilità deve essere radicale, ossia non deve consistere in una mancanza meramente formale, del solo certificato attestante l’abitabilità dell’immobile , né deve essere sanabile ossia acquisibile successivamente attraverso interventi edilizi mirati, ma deve al contrario essere una mancanza totale e insanabile, ossia una agibilità non ottenibile in assoluto, nemmeno successivamente con interventi edificatori di ripristino (cfr. Cassazione civile sez. II, 13/08/2020, n.17123…”; o nel caso di specie, “Il CTU ha attestato – in una lunga relazione, dopo ripetute istanze dell’attore volte all’invalidazione delle conclusioni – che l’immobile sebbene affetto da difformità edilizie e catastali, non è incommerciabile e che le difformità rilevate sono tutte sanabili;

ha anche affermato che l’immobile , seppure non dotato dell’abitabilità dopo i lavori di ristrutturazione del 2013, presenta tutti i requisiti per ottenerla attraverso una serie di interventi edilizi pari ad € 37.000,00 circa”;

o dunque, il fatto che il certificato di abitabilità non fosse mai stato rilasciato era superato dalla constatazione (emergente dagli accertamenti operati dal CTU) che esso avrebbe effettivamente potuto essere rilasciato una volta − i difetti riscontrati sull’immobile non assurgevano alla gravità lamentata da parte attrice, in quanto:

o “L’insalubrità riscontrata per l’umidità di risalita nelle pareti, è stata dal CTU associata ad un evento eccezionale appurato a seguito dei saggi effettuati sull’immobile e nel sottosuolo, ossia dalla occlusione e rottura del tubo portavia sottostante il pavimento…”;

o “La questione, a lungo dibattuta in sede di consulenza, dell’areazione trasversale attraverso l’affaccio dell’appartamento su un cavedio o pozzo di luce, è stata risolta positivamente dal CTU, con motivazione condivisibile e motivata alla luce della normativa di riferimento (art. 48 Regolamento edilizio Comunale) e di quanto riferito dal tecnico del Comune di Firenze sentito sul punto.

”;

o “Il CTU ha infatti ritenuto l’idoneità del cavedio a garantire l’areazione trasversale dell’appartamento quale sistema alternativo rispetto ai sistemi naturali di ventilazione ammesso dal Regolamento (cfr. relazione integrativa 29/01/2020).

” − non era pertanto suscettibile di accoglimento la domanda di risoluzione del contratto (non essendo peraltro avanzata alcuna domanda di riduzione del prezzo);

− non era fondata la domanda di risarcimento del danno, dal momento che “…tale domanda non comprende infatti i danni da ripristino del bene immobile o da sanatoria della situazione catastale e urbanistica, che astrattamente potevano essere riconosciuti visto che le irregolarità catastali ed urbanistiche sono state confermate in sede di CTU, ma solo i danni da caducazione del contratto di compravendita e da conseguente perdita del bene da parte dell’acquirente (rate del mutuo, spese notarili del rogito, spese del mediatore, utenze), onde in tali termini deve essere respinta in quanto inesistenti i presupposti di fatto per la risoluzione e quindi validamente perfezionatosi il contratto”. 1.4.2) Sulla scorta di tali rilievi era quindi stata emessa la seguente statuizione:

“Il Tribunale di Firenze in composizione monocratica, ogni diversa eccezione e domanda respinta e disattesa, – RESPINGE le domande attrici;

– RESPINGE per l’effetto la domanda di manleva dei convenuti verso il terzo chiamato;

– CONDANNA l’attore al pagamento delle spese di lite in favore dei convenuti che liquida in € 13.430,00 per compensi professionali, oltre 15% spese generali, Iva e CPA, nonché € 1.500,00 per la fase.430, 00 per compensi, oltre 15% spese generali, Iva e CPA nonché € 1.500,00 per la fase cautelare in corso di causa, oltre accessori;

– PONE le spese di CTU e CTP a carico dell’attore”.

2) Nei confronti di tale sentenza ha, come detto, proposto appello il 2.1) Il gravame è stato affidato ai seguenti motivi:

1°.

“Il Tribunale, sulla scorta di una presunta sanabilità dei vizi dell’immobile compravenduto, ha ritenuto erroneamente che la compravendita de qua non integrasse una ipotesi di consegna di “aliud pro alio””, contestando la valutazione fornita dal giudice di prime cure con riferimento all’orientamento assunto dalla giurisprudenza di legittimità in ordine al profilo in questione, in quanto gravata dalla confusione tra l’ipotesi del rilascio del certificato di abitabilità successivo alla vendita (quale evento idoneo ad escludere il vizio in esame) e quella dell’astratta possibilità di ottenere tale certificato (quale effetto dell’esecuzione di interventi prodromici a tale risultato); 2°.

“L’umidità presente nell’immobile in questione e le prove testimoniali”, evidenziando come l’istruttoria svolta avesse confermato l’esistenza di gravi problemi di umidità che erano stati oggetto di tentativi di occultamento da parte dei venditori;

3°.

“Il risarcimento dei danni”, censurando la reiezione di tale domanda, avanzata in via autonoma rispetto alla richiesta di risoluzione ed ancorata in effetti all’inadempimento ascritto ai convenuti in prime cure, sì che, una volta preso atto di tale inadempimento, avrebbe dovuto trovare accoglimento;

4°.

“Le spese legali”, laddove è stata contestata la decisione del Tribunale di porre a carico dell’attore anche le spese sostenute dal terzo chiamato e le spese relative al procedimento per sequestro conservativo chiesto dai convenuti, poi ritenuto infondato.

L’appellante ha quindi chiesto che la Corte, in riforma della impugnata sentenza, accogliesse le conclusioni come in epigrafe trascritte.

2.2) Radicatosi il contraddittorio, hanno preliminarmente eccepito l’inammissibilità del gravame per difetto di specificità dei motivi e, comunque, contestando nel merito la fondatezza delle censure mosse dalla parte appellante nei confronti della sentenza impugnata.

2.3) Anche il ritualmente costituitosi, ha contestato la fondatezza del gravame, chiedendone la reiezione.

il sig. già deceduto, e non gli eredi dello stesso (cui il gravame era stato solamente notificato) disponendo la rinnovazione di tale atto.

L’appellante ha ottemperato a tale disposizione, provvedendo alla notifica del gravame nei confronti del sig. unico erede di che non si è poi costituito in giudizio e di cui deve, pertanto, dichiararsi la contumacia.

3) Ciò premesso, deve immediatamente rilevarsi come l’appello si presenti fondato e debba essere, conseguentemente, accolto.

Preliminarmente, peraltro, deve rilevarsi l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità sollevata dagli appellati, atteso che nel contesto del gravame sono agevolmente individuabili sia i capi della decisione impugnata, sia i motivi posti a fondamento dell’impugnazione.

3.1) Con il primo motivo di gravame l’appellante ha lamentato la valutazione fornita dal giudice di prime cure in ordine al perimetro della rilevanza da attribuire all’inesistenza del certificato di abitabilità al fine della configurabilità del vizio di consegna di “aliud pro alio”.

Il sig. in particolare, ha contestato il fatto che il giudice di prime cure avesse concluso nel senso che anche la mera possibilità di ottenere il (successivo) rilascio del certificato di abitabilità, una volta dato corso agli interventi necessari a tal fine, si ponesse come evento in grado di escludere l’ipotesi di aliud pro alio.

A sostegno di tale censura è stato esposto che:

− l’immobile oggetto di causa, allo stato, non era abitabile (come accertato dal CTU);

− la sentenza della Corte di Cassazione richiamata nella sentenza impugnata (Cass. n. 17123 del 13.8.2020) non era pertinente, avendo ad oggetto un caso in cui il certificato di abitabilità era stato – in un secondo momento – effettivamente rilasciato;

− “È evidente l’errore in cui è incorso il Tribunale che ha confuso il principio enunciato dalla Cassazione, secondo il quale “… il successivo rilascio del certificato di abitabilità esclude la possibilità stessa di configurare l’ipotesi di vendita di aliud pro alio…”, con il concetto del tutto diverso di (astratta e futura) sanabilità dei vizi quale mezzo per porre rimedio alla mancanza della certificazione”;

− “Il rilascio del certificato, non a caso richiesto dalla RAGIONE_SOCIALE, crea, infatti, una situazione di certezza che consente la sopravvenuta commerciabilità del bene ma mantiene la situazione di incertezza mancando agli atti l’elemento decisivo, non a caso richiesto dalla Cassazione, e oggi non conoscibile, rappresentato dalla decisione finale della P.A.”;

− i lavori indicati dal CTU come necessari all’ottenimento del certificato di abitabilità avrebbero prodotto un notevole impatto sulla struttura dell’immobile, in quanto “Tali opere non solo cambierebbero la percezione visiva del bene in esame (effetto inevitabilmente conseguente all’esecuzione del suggerito ampliamento dell’apertura tra le due stanze principali dell’immobile) così da renderlo diverso da quello che era stato acquistato, non solo dovranno riguardare gli scarichi (pag. 27 della CTU in fondo) ma perfino arrivano a prevedere la riduzione di un vano dell’immobile de quo”; − inoltre, non vi era certezza che la pratica di condono indicata dal CTU avrebbe avuto esito positivo, in quanto tale pratica si sarebbe estesa alla proprietà dei confinanti, di cui non era mai stato chiesto il consenso;

− infine, la soluzione proposta dal CTU per far fronte al problema dell’aerazione trasversale dell’immobile (apertura su un cavedio) non era conforme al regolamento edilizio vigente.

3.1.1) Il motivo è infondato.

3.1.1.1) In primo luogo deve rilevarsi come la giurisprudenza di legittimità sia attestata nei termini indicati dal giudice di prime cure, nel senso che anche la mera possibilità di ottenere il rilascio del certificato di abitabilità vale ad escludere la ravvisabilità di un’ipotesi di aliud pro alio, suscettibile di essere individuata unicamente nelle ipotesi di bene non sanabile.

In questo senso, in effetti, si è indicato che “In tema di vendita di immobili destinati ad abitazione, la mancanza del certificato di abitabilità configura alternativamente l’ipotesi di vendita di “aliud pro alio” qualora le difformità riscontrate non siano in alcun modo sanabili, l’ipotesi del vizio contrattuale, sub specie di mancanza di qualità essenziali, qualora le difformità riscontrate siano sanabili, ovvero l’ipotesi dell’inadempimento non grave, fonte di esclusiva responsabilità risarcitoria del venditore ma non di risoluzione del contratto per inadempimento, qualora la mancanza della certificazione sia ascrivibile a semplice ritardo nella conclusione della relativa pratica amministrativa” (così, da ultimo, Cass. n. 23604 del 2.8.2023), con valorizzazione del profilo della “sanabilità” del bene (in luogo di quello della pura e semplice intervenuta sanatoria) ripreso anche in altri contesti, sempre attinenti alla valutazione del rispetto degli contratto per inadempimento del promittente alienante all’obbligo di sanare l’abuso correlato alla variazione della destinazione d’uso del bene, è necessario verificare, in base alle circostanze concrete desumibili dal compendio probatorio, che le difformità riscontrate non siano in alcun modo sanabili”, così Cass. n. 8749 del 3.4.2024). La stessa pronuncia evidenziata nel contesto della sentenza impugnata (Cass. n. 17123 del 13.8.2020) risulta, in effetti, aver avuto ad oggetto un ipotesi in cui il certificato di abitabilità era stato poi effettivamente rilasciato (come addotto da parte appellante) ma non senza che fosse stato prima evidenziato (nella motivazione della sentenza stessa) che “È principio affermato da questa Corte che nella vendita di immobili destinati ad abitazione, pur costituendo il certificato di abitabilità un requisito giuridico essenziale ai fini del legittimo godimento e della normale commerciabilità del bene, “la mancata consegna di detto certificato costituisce un inadempimento del venditore che non incide necessariamente in modo dirimente sull’equilibrio delle reciproche prestazioni” (Cass. 6548/2010)”. Sul punto, del resto, la Suprema Corte aveva già avuto modo di indicare che “In tema di compravendita immobiliare, il certificato di abitabilità integra un requisito giuridico essenziale ai fini non solo del legittimo godimento, ma anche della normale commerciabilità del bene:

pertanto, mentre ove ricorrano le condizioni per il suo conseguimento ed esso non sia stato rilasciato, ciò non determina, di per sé, un inadempimento, né giustifica la risoluzione del contratto e/o il risarcimento del danno, si è, al contrario, in presenza di un inadempimento idoneo alla risoluzione del contratto, siccome conseguente alla vendita di “aliud pro alio”, se detto certificato sia stato formalmente rilasciato, ma l’immobile presenti insanabili violazioni di disposizioni urbanistiche, non essendo il cespite oggettivamente in grado di soddisfare le esigenze concrete di sua utilizzazione, diretta o indiretta, ad opera del compratore” (Cass. n. 30950 del 27.12.2017). Dunque, sotto questo aspetto, nessuna censura appare suscettibile di essere mossa all’impianto argomentativo adottato dal Tribunale di Firenze.

3.1.1.2) L’appellante ha poi, come visto, mosso una serie di critiche nei confronti delle valutazioni esposte dal CTU a sostegno della ritenuta sanabilità del bene immobile oggetto di causa.

In relazione a tale aspetto deve rilevarsi come, in prime cure, risulti tempestivamente sollevata in corso di causa (prima del mutamento di fase e del passaggio della causa in decisione) unicamente la questione concernente la conformità della A)

Il CTU nominato in prime cure, geom. ha evidenziato come il problema in questione avrebbe potuto trovare soluzione mediante le aperture praticate sul “pozzo di luce” o cavedio, indicando espressamente che “…le aperture poste sul cavedio garantiscono la sola ventilazione trasversale dei locali ed essendo posizionate in opposizione/trasversali alle aperture prospicienti il giardino, soddisfano il requisito della ventilazione trasversale in ottemperanza all’articolo 61 del Regolamento Edilizio Comunale” e precisando quindi che “L’alloggio risulta essere dotato di ventilazione trasversale garantita dalla finestra che prospetta il pozzo di luce o cavedio che dir si voglia, a suffragio di tale affermazione si riporta dal regolamento edilizio del Comune di Firenze l’Art. 48 – Cavedi 1. Si definisce cavedio lo spazio scoperto delimitato su almeno tre lati dalle pareti di uno o più edifici e le cui caratteristiche dimensionali siano insufficienti a qualificarlo come chiostrina. 2.

I cavedi sono di regola riservati al passaggio e alla manutenzione degli impianti tecnologici o alla formazione di prese d’aria per locali tecnici o comunque per vani inabitabili.

Non è mai ammesso aprirvi finestre di locali abitabili.

3. Qualora su cavedi esistenti già si aprano finestre di locali che comportino la presenza, anche non continuativa, di persone, l’utilizzo del cavedio per i fini di cui al comma precedente è ammesso nei limiti in cui non comporti pregiudizio per i locali che vi si affacciano.

4. Il piano di fondo dei cavedi, a qualsiasi quota posizionato, deve essere facilmente accessibile per consentire le necessarie operazioni di pulizia e manutenzione.

Esso deve inoltre essere convenientemente impermeabilizzato, pavimentato e provvisto di apposito sistema di raccolta ed allontanamento delle acque piovane”.

Con specifico riferimento alle doglianze di parte attrice in prime cure, avanzate in relazione al disposto dell’art. 48 del Regolamento Edilizio di Firenze, lo stesso CTU ha quindi rilevato (nella relazione integrativa):

“Si riporta per esteso l’articolo 48 comma 1 del vigente Regolamento Edilizio del Comune di Firenze:

“ Art. 48 – Aerazione e Illuminazione dei locali di abitazione 1. Per ogni unità immobiliare del tipo plurivano di nuova realizzazione, anche a seguito di frazionamento o cambio d’uso, deve essere garantita la ventilazione trasversale mediante aperture ubicate su due fronti contrapposti o su fronti ortogonali (inclinati non meno di 45° l’uno rispetto all’altro), anche prospettanti su cortili o su chiostrine.

In luogo della ventilazione trasversale naturale possono essere previsti sistemi di immissione ed estrazione dell’aria, di tipo naturale o meccanizzato, tali da garantire idonee condizioni di comfort climatico (dispositivi di filtrazione e recupero di calore che garantiscano il rispetto della normativa UNI 10339).

Nel caso in oggetto per i locali di abitazione primaria, i rapporti illuminanti sono ulteriori due aperture rispettivamente la prima nel corridoio posta perpendicolarmente al fronte delle finestre, la seconda nel ripostiglio lavanderia ubicata in posizione contrapposta alle suddette finestrature.

Le due aperture prospettano un cavedio, ovvero una piccola corte che non ha le caratteristiche dimensionali stabilite dal Comune di Firenze per essere definita tale.

La questione finale è se tali aperture possano svolgere la mera funzione di ventilazione dell’alloggio.

Analizzando l’articolo del Regolamento Edilizio sopra riportato si evince che in prima istanza la ventilazione trasversale deve avvenire da fronti contrapposti anche prospettanti cortili o chiostrine.

Nel suo proseguo lo stesso articolo enuncia che:

“in luogo della ventilazione trasversale naturale, di cui sopra, si possono prevedere altri sistemi di immissione ed estrazione dell’aria, di tipo naturale, o meccanico”.

Appare evidente che un sistema di ventilazione naturale alternativo alla ventilazione trasversale naturale possa essere una ulteriore apertura che non abbia le caratteristiche delle finestre che devono assolvere anche il requisito di aereazione ed illuminazione.

Nell’alloggio come sopra descritto di aperture che soddisfano il requisito della ventilazione ne sono presenti due.

La funzione della ventilazione in un alloggio è quella di garantire il ricambio dell’aria per impedire la formazione di muffe e condense.

La ventilazione è innescata quando l’aria entra in una stanza o in un edificio attraverso una o più aperture poste su un lato e lascia l’edificio passando attraverso una o più aperture poste su un altro lato;

il flusso d’aria è generato sia dalle infiltrazioni, sia dal vento, sia dal moto dell’aria che per differenza di pressione e temperatura, fra l’aria esterna e l’aria interna, genera un moto convettivo;

tale moto convettivo è tanto più efficace quanto maggiore è la differenza fra il punto di ingresso ed il e punto di uscita dell’aria, e direttamente proporzionale alle dimensione delle aperture.

Nell’alloggio oggetto della presente relazione la ventilazione trasversale è del tipo naturale ed avviene tramite aperture contrapposte poiché sono presenti più finestrature contrapposte, di cui una parte prospicienti spazi aperti, ed una parte prospicienti il così detto cavedio che assolve alla funzione di ventilazione così come previsto dai regolamenti vigenti.

Questa interpretazione dell’articolo 48 fatta dal CTU è stata confermata dal Dirigente dell’ del Comune di Firenze in specifico incontro:

ovvero le aperture prospicienti il cavedio garantiscono la ventilazione dell’alloggio”.

B) Il giudice di prime cure ha formalmente recepito le predette valutazioni del CTU.

C) L’odierno appellante ha contestato (nuovamente) tali valutazioni e la loro ricezione da parte del Tribunale di Firenze, adducendo che:

il primo comma dello stesso faceva riferimento a “ai fini dell’areazione trasversale, l’utilizzo di aperture soltanto di su cortili e chiostrine Quindi non su cavedi”;

o il secondo comma si riferiva a “altri sistemi di immissione ed estrazione dell’aria di tipo naturale o meccanico”;

o “…il cavedio non è richiamato nel primo comma, dove vengono citati solo i cortili e le chiostrine ed è errato il riferimento al secondo comma.

Tale disposizione si riferisce a sistemi di immissione naturale.

L’apertura dell’appartamento del l’appellante sul cavedio condominiale, che il CTU identifica con un sistema di immissione naturale, è, appunto, un semplice apertura mentre, chiaramente, un “sistema di immissione” è qualcosa di diverso e sicuramente più complesso di una banale finestra”;

− anche il nuovo Regolamento Edilizio, in vigore dal 2021, escludeva l’uso del cavedio ai fini in questione.

D) I rilievi mossi dall’appellante non sono condivisibili.

D1) Va anzitutto rilevato come l’art. 61 del Regolamento Edilizio di Firenze del 2014 (tale essendo la norma di riferimento) prevedesse al primo comma la necessità che fosse garantita la ventilazione trasversale e che, in caso di inidoneità della ventilazione trasversale naturale, potesse farsi ricorso a “sistemi di immissione ed estrazione dell’aria, di tipo naturale o meccanizzato”.

Tale previsione è rimasta poi, inalterata, nel Regolamento Edilizio di Firenze del 2019 (dove è stata allocata nell’art. 48).

Ciò stabilito (e preso atto che nella previsione in questione non è dato ravvisare un primo ed un secondo comma, ma semplicemente una prima ed una seconda parte del primo comma) deve rilevarsi come le censure mosse dall’appellane non risultino conformi al tenore della previsione stessa.

L’appellante risulta infatti operare una sorta di petizione di principio tra la nozione di “sistema di immissione” e quella di “sistema di immissione meccanizzato”, mentre la norma in questione prevede unicamente che, in caso di inidoneità di aperture ubicate su fronti contrapposti, possano essere usati sistemi di immissione ed estrazione dell’aria, oltre che meccanizzati, anche naturali.

In questo senso, anche l’apertura su un cavedio appare integrare gli estremi applicativi della norma in questione, conformemente del resto a quanto già ritenuto dal CTU in prime cure.

questione, si osserva come tale allegazione risulti operata mediante un richiamo formale agli artt. 41 e 48 di tale regolamento, senza ulteriori specificazioni di sorta che consentano di individuare il perimetro concettuale della difesa in questione, anche in considerazione del fatto che l’art. 48 predetto risulta riportare (ancora una volta) l’inciso per cui “In luogo della ventilazione trasversale naturale possono essere previsti sistemi di immissione ed estrazione dell’aria, di tipo naturale o meccanizzato…”. In difetto di tale specificazione, il motivo è – prima ancora che infondato – inammissibile.

3.2) Con il secondo motivo di gravame è stata contestata la decisione del Tribunale di Firenze di ritenere che i fenomeni di umidità riscontrati sull’immobile in questione fossero (conformemente a quanto indicato dal CTU) da associare “…ad un evento eccezionale appurato a seguito dei saggi effettuati sull’immobile e nel sottosuolo, ossia dalla occlusione e rottura del tubo portavia sottostante il pavimento” che poi, a seguito di interventi di pulizia e manutenzione, era stato risolto, mentre l’istruttoria orale non aveva “…dato elementi decisivi per la controversia”. In tale prospettiva, dunque, è stata ritenuta l’irrilevanza di tale profilo ai fini della risoluzione del contratto.

3.2.1) L’appellante ha esposto, al riguardo, che:

− “La forte umidità presente nell’appartamento è causa di risoluzione del contratto di per sé stessa, a prescindere da ciò che l’ha provocata, e perché, al momento della vendita, è stata nascosta al signor − i sigg.ri avevano ammesso che l’immobile era privo di vespaio;

− i testi escussi avevano riferito di come gli stessi sigg.ri avessero invece dichiarato che il vespaio era stato rifatto recentemente;

− i erano in mala fede, in quanto “Invero, questi signori hanno ammesso in giudizio di essere stati perfetta mente a conoscenza del grave problema di umidità del bene in questione ed è stato provato che il vizio è stato da loro occultato con una imbiancatura e che è stato fatto credere la signor che vi fosse nell’immobile un vespaio in realtà inesistente.

“… in tema di risoluzione del contratto per inadempimento, il giudice deve valutare il comportamento dei contraenti secondo il principio generale della buona fede …” (Cassazione civile, sez. VI, 22/02/2019 n. 5401, si vedano anche: Cassazione civile, sez. II, 01/07/2005, n. 14034 ; Cassazione civile, sez. III, 01/06/2004, n. 10477 ; Cassazione civile, sez. II, 07/09/2000, n. 11784

“… nelle ipotesi di vendita forzata previsti negli art. 1427 1429 c.c., con la conseguenza che, in tali ipotesi, il vizio è idoneo a determinare l’invalidità della vendita …” (Cassazione civile, sez. I, 14/10/2010, n. 21249)”.

3.2.2) Il motivo è fondato.

3.2.2.1) Va in primo luogo rilevato come il CTU abbia indicato che:

− “L’accurata videoispezione rilevava oltre che la presenza di detriti all’interno del portavia un ristagno delle acque di risulta.

A metri 12,80 dal punto di partenza, ovvero al limite della parete esterna sulla INDIRIZZO veniva rilevato un collasso del portavia che risultava completamente ostruita da detriti e terra tanto da non consentire la regolare immissione delle acque reflue alla pubblica fognatura ubicata nella carreggiata della INDIRIZZO

Le operazioni quindi continuavano con la demolizione della pavimentazione e lo scavo per raggiungere il tubo portavia nel corridoio all’altezza del portone di accesso, ovvero dove presumibilmente è ubicato il tratto rotto del portavia medesimo.

Demolito porzione della pavimentazione ed eseguito uno scavo per una profondità di circa 70/80 centimetri viene ritrovata la tubazione del portavia che risulta chiaramente collassata all’altezza dell’innesto fra la nuova tubazione posta in opera recentemente con la tubazione originaria in elementi di terracotta”;

− “…si ritiene come già affermato in precedenza che presumibilmente al momento della consegna dell’alloggio coincidente con l’acquisto ovvero 19 maggio 2015 i fenomeni dell’umidità di risalita non fossero presenti ma repentinamente comparsi tanto che dopo poco più di un mese (22 giugno 2015) tali fenomeni venivano contestati dall’avvocato NOME COGNOME.

Tale repentinità fa presupporre una rottura di una tubazione, presumibilmente il portavia che attraversa il corridoio dell’alloggio in oggetto, ed è proprio in tale ambiente che sono più evidenti le tracce di umidità di risalita, fatto confermato dal report della video ispezione effettuato il 23 luglio 2015 dalla ditta RAGIONE_SOCIALE;

− “Nel caso in questione, l’abitabilità, all’attualità non può essere depositata in quanto vi sono delle situazioni in essere in contrasto con quanto richiesto dalle vigenti norme, e nello specifico si rileva una insalubrità dell’unità immobiliare causa una diffusa umidità di risalita”;

− per l’eliminazione dei vizi in questione, è necessario il ricorso ad una variegata congerie di interventi, dal costo complessivo di “€. 35.450,00 oltre iva e contributi nella misura di legge, se dovuti, di cui €. 30.00,00 per opere edili, ed €. 5.450,00 3.2.2.2) I convenuti in prime cure hanno minimizzato la rilevanza dei fenomeni in oggetto, adducendo che il sig. era consapevole dei problemi in questione e del fatto che l’immobile era privo di vespaio, avendo visionato più volte l’immobile.

Deve tuttavia osservarsi come lo stesso CTU abbia escluso la percepibilità dei fenomeni predetti, al momento del rogito, mentre le risultanze emergenti dall’istruttoria orale consentono di evidenziare che il teste (titolare dell’agenzia immobiliare RAGIONE_SOCIALE) ha dichiarato:

− che nel corso dei contatti finalizzati alla vendita dell’immobile in questione, gli era stato riferito che “…l’immobile era appena stato rifatto, che era stato fatto l’isolamento dal terreno attraverso cupolex (sistema oggi adottato per isolare il pavimento dalla umidità) e che gli impianti erano stati tutti rifatti e dotati di certificazione” e che di ciò aveva informato il sig. COGNOME che “Quando ho accompagnato il ho visto che l’immobile era anche imbiancato, perché ricordo una parete di cartongesso nella parte del soggiorno sinistra, che era stata tinteggiata in maniera uniforme con le altre pareti”. Tali risultanze appaiono smentire gli assunti dei sigg.ri emergendo non solo come l’immobile fosse privo di vespaio, ma anche che erano state fornite notizie false in ordine all’effettiva struttura dell’immobile (proprio con riferimento all’isolamento del pavimento dai fenomeni di umidità) e che l’immobile stesso era stato imbiancato recentemente (rendendo vieppiù difficoltosa la percezione di eventuali fenomeni di umidità da risalita sulle pareti).

3.2.2.3) Va quindi ricordato come la giurisprudenza di legittimità sia orientata nel senso che “In tema di compravendita, l’obbligo di garanzia per vizi della cosa venduta dà luogo ad una responsabilità speciale interamente disciplinata dalle norme sulla vendita, che pone il venditore in situazione non tanto di obbligazione, quanto di soggezione, esponendolo all’iniziativa del compratore, intesa alla modificazione del contratto od alla sua caducazione mediante l’esperimento, rispettivamente, della “actio quanti minoris” o della “actio redhibitoria”. Ne consegue che, essendo dette azioni fondate sul solo dato obiettivo dell’esistenza di vizi, indipendentemente da ogni giudizio di colpevolezza, l’onere della relativa prova grava sul compratore, non trovando applicazione i principi relativi all’inesatto adempimento nelle ordinarie azioni di risoluzione e risarcimento danno” (così Cass. n. 9960 del 28.3.2022).

Dunque, una volta preso atto della positiva dimostrazione dell’esistenza dei vizi in questione, della loro rilevanza (sia sul piano delle ricadute sull’usufruibilità dell’immobile (non potendosi ritenere il a conoscenza di tali vizi e, anzi, sussistendo comportamenti latu sensu decettivi dei venditori), il motivo in esame deve trovare accoglimento.

3.2.3) In conseguenza dell’accoglimento del motivo di gravame in esame la sentenza impugnata deve essere integralmente riformata, con accoglimento della domanda di risoluzione avanzata dal sig. e della correlata domanda di restituzione del prezzo (pari ad € 180.000,00), da maggiorare di interessi al tasso di legge dalla domanda al saldo.

3.3) L’accoglimento della domanda di risoluzione comporta, per l’effetto, l’assorbimento del terzo e quarto motivo di gravame, dal momento che la domanda di risarcimento danni (pure avanzata in questa sede dal sig. può, e deve, essere presa in considerazione con riferimento diretto alle conseguenze correlate ai costi sostenuti dallo stesso in relazione al contratto (oggi) dichiarato risolto, mentre il profilo delle spese deve essere oggetto di integrale rivalutazione all’esito dell’accoglimento del gravame. 3.4) Per quanto concerne il risarcimento dei danni, si osserva come il sig. avesse chiesto la condanna dei convenuti “al risarcimento dei danni subiti dall’attore nella misura indicata nella parte narrativa del presente atto o di quella di giustizia da esperita istruttoria e dei danni non documentabili dei quali si richiede una liquidazione equitativa commisurata al periodo durante il quale, a causa delle vicende descritte, l’attore è rimasto privo di abitazione”.

In particolare, il aveva lamentato l’esborso dei seguenti importi (producendo la relativa documentazione di supporto):

− € 4.500,00

quale “costo professionista per far emergere i problemi in questione”;

− € 4.5000,00 “spesi per notaio rogante”;

− € 760,00 quale “costo verifica umidità e fosse biologiche”;

− € 6.000,00 “agenzia immobiliare”;

− € 497,00 per visure storiche;

− € 102,00 costo voltura acqua;

− € 107, 31 costo voltura Enel;

− € 141,53

costo voltura gas;

− € 250,00 per spese condominio;

− € 451,00 per IMU;

− € 960,00 per “costo mutuo”;

− € 950,00 per “spese vive relazioni tecniche”.

3.6) Trattandosi di voci tutte attinenti alla vicenda in esame, la cui inutilità si rende palese per effetto della declaratoria di risoluzione del contratto, gli odierni appellanti devono essere condannati al pagamento nei confronti del a titolo di risarcimento danni, del complessivo importo di € 19.218,84 da maggiorarsi di interessi e rivalutazione dalla domanda al saldo.

3.7) Non appare invece suscettibile di essere liquidato alcunché a titolo di risarcimento per la mancata disponibilità di un’abitazione da parte dell’odierno appellante, non sussistendo alcuna dimostrazione al riguardo e trattandosi, in definitiva, di una mera allegazione del sig. (non essendo del resto chiaro, nella prospettazione di quest’ultimo, dove egli avrebbe vissuto durante l’anno in questione).

4) L’accoglimento della domanda di risoluzione e della domanda di risarcimento danni avanzata dal sig. nei confronti dei sigg.ri comporta la necessità di prendere in considerazione, nella presente sede, la domanda di manleva avanzata dagli odierni appellanti nei confronti del geom. 4.1) Tale domanda è stata, sin dall’origine, avanzata dai sigg.ri adducendo che quest’ultimo avrebbe dovuto essere ritenuto responsabile in caso di accoglimento delle doglianze del sig. concernenti la mancanza del certificato di abitabilità e, in generale, gli aspetti urbanistici correlati all’immobile in questione, la cui ristrutturazione era stata seguita dal geom. Nulla, tuttavia, risulta essere stato chiesto con riferimento alle problematiche correlate all’insorgenza dei fenomeni di umidità sopra menzionati che, del resto, appaiono riconducibili ad un evento estraneo all’intervento di ristrutturazione (o, quantomeno, in relazione al quale non sussistono riscontri e, a monte, allegazioni in grado di confortare un collegamento del genere). Ne consegue come la domanda in questione non possa trovare accoglimento.

5) Per quanto infine concerne la regolazione delle spese di lite, si osserva come l’applicazione del principio della soccombenza debba aver luogo con riguardo all’esito complessivo della controversia (Cass. civ. n. 14916/2020; Cass. civ. n. 3083/2017;

Cass. 2274/2017;

11423/2016), e, in questo senso, va rilevato come la soccombenza vada individuata a carico dei sigg.ri sia nei confronti del sig. che del terzo chiamato sig.

Di conseguenza, i sigg.ri devono essere condannati – in solido tra loro – alla rifusione:

− nei confronti del sig. sia delle spese del primo che del secondo grado del ritiene congruo utilizzare il medesimo (non contestato) parametro già preso in considerazione dal giudice di prime cure;

− nei confronti del delle spese del primo e del secondo grado del giudizio di merito.

La liquidazione delle avviene come in dispositivo sulla scorta dei parametri medi di liquidazione di cui al D.M. 55/2014 (e successive integrazioni), con riferimento:

− per quanto concerne il allo scaglione di valore compreso tra € 52.000,00 ed € 260.000,00 (in considerazione del valore della causa, con riferimento alla domanda restitutoria avanzata dal sig. di cui alle tabelle 2 e 12 allegate al predetto D.M., − per quanto concerne il con riferimento allo scaglione di valore compreso tra € 26.000,00 ed € 52.000,00 (in considerazione del valore della causa – indeterminabile

c.d. “basso” – con riferimento all’entità del risarcimento chiesto dal sig. Infine, i sigg.ri sono tenuti a sopportare il carico delle spese di CTU e CTP, con obbligo di procedere ai conguagli in relazione alle modalità ed alla misura in cui tali spese siano già state pagate dal sig. e/o dal sig.

la Corte di Appello di Firenze, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da avverso la sentenza n. 251/2022 del Tribunale di Firenze, in totale riforma della stessa, così provvede:

1) dichiara la contumacia di 2) accoglie l’appello e, per l’effetto, in accoglimento delle domande avanzate dal sig. – dichiara la risoluzione, per sussistenza di gravi vizi, del contratto di compravendita immobiliare intercorso in data 19.5.2015 tra in qualità di acquirente, ed quali venditori, avente ad oggetto una porzione di fabbricato condominiale sito in Firenze, INDIRIZZO

– condanna gli odierni appellati in solido tra loro, a versare al sig. l’importo di € 180.000,00 a titolo di restituzione del prezzo d’acquisto, da maggiorare di interessi al tasso di legge dalla domanda al saldo;

– condanna gli odierni appellati in solido ) respinge la domanda di manleva avanzata da nei confronti di 4) condanna gli odierni appellati solido tra loro, a rifondere al sig. le spese processuali di entrambi i gradi del giudizio, liquidate:

• per il primo grado, in complessivi € 14.103,00 per compenso, di cui € 2.552,00 per la fase di studio, € 1.628,00 per la fase introduttiva, € 5.670,00 per la fase istruttoria, € 4.253,00 per la fase decisoria, da maggiorare del 15% per rimborso forfetario spese ed oltre IVA e CPA come per legge ed oltre ad € 1.500,00 per la fase cautelare in corso di causa;

• per il secondo grado, in complessivi € 14.317,00 per compenso, di cui € 2.977,00 per la fase di studio, € 1.911,00 per la fase introduttiva, € 4.326,00 per la fase di trattazione ed € 5.103,00 per la fase decisoria, da maggiorare del 15% per rimborso forfetario spese ed oltre IVA e CPA come per legge.

5) condanna gli odierni appellati solido tra loro, a rifondere al sig. le spese processuali di entrambi i gradi del giudizio, liquidate:

• per il primo grado, in complessivi € 7.616,00 per compenso, di cui € 1.701,00 per la fase di studio, € 1.204,00 per la fase introduttiva, € 1.806,00 per la fase istruttoria, € 2.905,00 per la fase decisoria, da maggiorare del 15% per rimborso forfetario spese ed oltre IVA e CPA come per legge;

• per il secondo grado, in complessivi € 9.991,00 per compenso, di cui € 2.058,00 per la fase di studio, € 1.418,00 per la fase introduttiva, € 3.045,00 per la fase di trattazione ed € 3.470,00 per la fase decisoria, da maggiorare del 15% per rimborso forfetario spese ed oltre IVA e CPA come per legge.

6) Pone a carico degli appellati in solido tra loro, le spese di CTU e CTP sostenute da in prime cure, con condanna al pagamento degli importi correlati ai conguagli da effettuare in dipendenza dei modi e della misura in cui tali spese sono state sostenute dai predetti Così deciso nella camera di consiglio del 16.4.2025 dalla Corte di Appello di Firenze su relazione del Dott. NOME COGNOME

Il Presidente Dott. NOME COGNOME Nota La divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell’ambito strettamente processuale, è condizionata all’eliminazione di tutti i dati sensibili in esso contenuti ai sensi della normativa sulla privacy ex D. Lgs 30 giugno 2003 n. 196 e successive modificazioni e integrazioni

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati