SENTENZA TRIBUNALE DI ANCONA N. 1202 2025 – N. R.G. 00005277 2024 DEPOSITO MINUTA 04 07 2025 PUBBLICAZIONE 04 07 2025
TRIBUNALE ORDINARIO DI ANCONA
SECONDA CIVILE VERBALE DELLA CAUSA n. r.g. 5277/2024
tra
ATTORE/I
e
CONVENUTO/I
Oggi 4 luglio 2025 ad ore 9,50 innanzi al dott. NOME COGNOME si tiene udienza a trattazione scritta dandosi atto che:
Per l’avv. NOME COGNOME ha depositato note di trattazione scritta contenenti la precisazione delle conclusioni da intendersi quivi trascritte Per l’avv. COGNOME NOME ha depositato note di trattazione scritta contenenti la precisazione delle conclusioni da intendersi quivi richiamate.
Il Giudice
Dato atto di quanto sopra pronuncia sentenza ex art.. 429 c.p.c. procedendo al suo contestuale deposito.
Il Giudice
dott. NOME COGNOME
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di ANCONA
SECONDA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato ex art. 429 c.p.c., all ‘ esito di udienza cartolare, la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5277/2024 promossa da:
(C.F. ), con il patrocinio dell’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZO 00195 Roma ITALIA presso il difensore avv. NOME COGNOME
ATTORE/I
contro
(C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME NOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZO ANCONA presso il difensore avv. COGNOME NOME.
CONVENUTO/I
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da note di trattazione scritta richiamate nel verbale di udienza
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
A seguito di ricorso monitorio depositato in data 11.07.2024 dal , in persona del Sindaco pro tempore, il Tribunale di Ancona, con decreto n° 977/2024, emesso il 09.08.2024, ingiungeva alla società di pagare, in favore del ricorrente, la somma di € 116.075,22 oltre interessi al saggio di cui all’art. 5 del D.lgs 231/02 dalle singole scadenze al saldo e spese del procedimento monitorio, a titolo di canoni di locazione maturati ed insoluti relativi ai contratti di locazione commerciale stipulati il 17.11.1998 rep. 2651, il 22.08.2002 rep. 3493 ed il 25.03.2015 rep. 6381.
Avverso tale decreto, notificatole in data 03.09.2024, la proponeva tempestiva opposizione al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni: ‘ Voglia l’Ill.mo Giudice adito, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa ivi espressamente compresa quella ex art. 648 c.p.c. che dovesse essere eventualmente formulata da parte opposta, per tutte le ragioni di cui al presente atto e comunque per quelle di giustizia: a) in via preliminare e pregiudiziale, accertata la sua giurisdizione sulla questione, disporre la mediazione per la questione qui in esame e, comunque, disporre il mutamento del rito,
stante il fatto che la materia esula dalla locazione, qualora si qualifichi come concessorio il rapporto; b) nel merito, per tutte le ragioni di cui al presente atto e comunque per quelle di giustizia, voglia dichiarare la nullità, dal 2021 delle parti del contratto in essere tra le parti, come sopra indicato, lì dove prevedono ( art. 4 ) un canone diverso da quello di cui all’art 93 ( oggi 54) CEE e la sostituzione, per i periodi successivi a tale nullità, di dette clausole con la previsione dell’obbligo di pagamento delle sole somme ex lege dovute, parametrate dal 1 gennaio 2021, al canone previsto dall’art. 1, comma 831bis della legge n. 160/19, determinate nella misura di euro 800,00 annue per impianto presente o nella diversa misura che il Tribunale riterrà conforme a legge, accertando come non dovute le pretese del per come indicate nell’atto qui opposto, se del caso previa compensazione tra le somme versate in eccesso da e quelle eventualmente non pagate dalla stessa, accertando quindi come non dovute le pretese del comune, per come indicate nel decreto ingiuntivo qui opposto; c) conseguentemente annullare o comunque revocare il decreto ingiuntivo qui opposto, in quanto fondato su di un credito errato e comunque in quanto non fondato su di un credito certo, liquido ed esigibile, non concedendo la provvisoria esecutorietà richiesta, ordinando comunque la restituzione delle somme eventualmente corrisposte; d) in via istruttoria si producono i documenti come da separato indice. In ogni caso, con vittoria delle spese di lite oltre rimborso spese generali, iva e cap nelle rispettive misure di legge ‘ L’opponente eccepiva, in via specifica, che i beni immobili oggetto dei contratti di locazione in essere con il creditore opposto, in forza del tipo di attività esercitata dalla conduttrice ( soggetto autorizzato ex art. 25 CEE per la realizzazione di reti pubbliche di comunicazioni elettroniche ) doveva qualificarsi come bene facente parte del patrimonio indisponibile del come tale soggetto all’art. 93 del d.lgs n. 259/03 (CEE), in base al quale l’unico corrispettivo dovuto per l’occupazione dei beni comunali, quale che ne fosse la natura, sarebbe stato un canone parametrato, a far data dal 1 gennaio 2021, al canone unico (CUP) di cui alla legge n. 160/2019, con conseguente nullità delle clausole contrattuali che prevedevano un canone ben maggiore.
Il si costituiva regolarmente in giudizio chiedendo, nel merito, l’accoglimento delle seguenti conclusioni: ‘ Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, ogni contraria domanda ed eccezione disattesa, per i titoli e ragioni di cui al ricorso monitorio ed alla presente comparsa: in via preliminare, concedere la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 648 c.p.c.; in via principale nel merito, rigettare con ogni e qualsiasi provvedimento l’opposizione avversaria perché infondata in fatto ed in diritto e per l’effetto confermare in ogni sua parte il decreto Ingiuntivo opposto n. 977/2024 emesso da Codesto Tribunale il 09/08/2024 (R.G. n. 3726/2024 ) e notificato a mezzo pec il 03/09/2024; in ogni caso accertare e dichiarare con sede legale in Milano, INDIRIZZO ( c.f. e p.iva. ), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, tenuta e quindi condannarla al pagamento in favore del , per i titoli di cui in narrativa, della somma di € 116.075,22 oltre interessi al saggio di cui all’art. 5 del D.lgs 231/2002 a decorrere dal giorno successivo alla scadenza di ciascun canone insoluto e sino al saldo. Con vittoria di spese e competenze professionali ‘. L’opposto deduceva, in particolare, che: il mancato pagamento dei canoni ingiunti non era contestato; i contratti in essere tra le parti riguardavano beni facenti parte del patrimonio disponibile dell’Ente, come tali assoggettati al regime ordinario che regolava i rapporti di natura privatistica e non alla disciplina invocata dalla controparte; la natura dei beni non mutava in forza dell’attività di interesse generale esercitata dall’opponente; la natura privatistica dei rapporti P.
doveva evincersi sia dal nomen iuris che le parti avevano dato ai contratti oggetto di causa che dal passaggio in giudicato di un precedente decreto ingiuntivo emesso sulla base dei medesimi titoli oggi in discussione ( n. 832/2021 notificato il 16.06.2021 inerente ai canoni di locazione maturati sino al 31.12.2020 ); l’art. 831bis della L. n. 160/2019 trovava applicazione solo nel caso di concessioni di immobili appartenenti al demanio o comunque al patrimonio indisponibile dell’Ente, come pure precisato dalla nota a chiarimenti fornita dall’Istituto per la Finanza e l’Economia Locali (IFEL) del 12.12.2022..
Alla prima udienza del 13.12.2024 il Giudice, stante la natura locatizia della controversia, assegnava a parte opposta il termine per la instaurazione della mediazione, rinviando ogni decisione alla udienza del 18.04.2025. A tale udienza il Giudice, appurato l’esito negativo della mediazione, negata la concessione della provvisoria esecutività per essere la causa di pronta soluzione, fissava, per la precisazione delle conclusioni e discussione orale, l’udienza del 04.07.2025, da tenersi in forma cartolare, con termine alle parti sino a dieci giorni prima per il deposito di concise note conclusionali, e sino alla udienza del 04.07.2025 per il deposito delle note di trattazione scritta contenenti la precisazione delle conclusioni. Alla udienza del 04.07.2025 il Giudice, verificato il regolare deposito ad opera di entrambe le parti, delle note di trattazione scritta contenenti la precisazione delle conclusioni, da intendersi quivi richiamate, decideva la causa come da sentenza contestualmente depositata.
Premesso che sui fatti non sussiste contestazione tra le parti, appare necessario chiarire, in primo luogo, che i contratti per cui è causa ineriscono a beni che risultano parte del patrimonio disponibile dell’ente comunale, soggetti alla disciplina delle locazioni ad uso diverso dall’abitativo. A tale conclusione si deve pervenire, innanzitutto, per il fatto che gli immobili oggetto di locazione sono stati qualificati come facenti parte del patrimonio disponibile del opposto dalla relazione di stato e consistenza dei luoghi, alla quale per questioni di economicità si rimanda ( doc. G ), documento non contestato dall’opponente. Si tratta, inoltre, di conclusione coerente con l’insegnamento della Suprema Corte, anche a S.U., secondo il quale l’attribuzione a privati dell’utilizzazione di beni pubblici in senso stretto, ossia appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile di un ente pubblico, è sempre riconducibile alla figura della concessione-contratto, quale che sia la terminologia adottata dalle parti, in quanto il godimento dei beni pubblici, stante la loro destinazione alla diretta realizzazione di interessi pubblici, può essere legittimamente attribuito ad un soggetto diverso dall’ente titolare del diritto solo mediante concessione amministrativa, mentre laddove si tratti di beni del patrimonio disponibile viene a realizzarsi lo schema privatistico della locazione, chiarendo come anche i beni formalmente non ricompresi nelle prime due categorie possano rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili, in quanto destinati ad un pubblico servizio ai sensi dell’art. 826 c.c., comma III, specificando, però, che a tal fine deve sussistere il doppio requisito ( soggettivo ed oggettivo ) della manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico ( e, perciò, un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio e dell’effettiva ed attuale destinazione del bene al pubblico servizio ( cfr. S.U. 14865/2006 -6019/2016 ). Tali principi risultano ribaditi in successive pronunce della Suprema Corte, in cui, con riferimento al requisito soggettivo, è considerato dirimente l’inserimento del bene nei beni pubblici in senso stretto, inserimento per il quale occorre un atto amministrativo che esprima appunto una specifica volontà di destinare il bene a un pubblico servizio così da integrare il requisito soggettivo,
che è, a ben guardare, una manifestazione piena del pubblico potere dell’ente proprietario di cui poi il requisito oggettivo esterna la permanenza attuale degli effetti ( cfr. Cass. S.U. 21991/2020 -12251/2019 ).
Manifestazione di volontà assente nel caso di specie.
Né appare condivisibile la tesi sostenuta dalla difesa dell’opponente, secondo la quale la stipula del contratto di locazione avente ad oggetto una porzione immobiliare destinata ad accogliere le infrastrutture dei servizi di telecomunicazione e, quindi, di un pubblico servizio come contemplato dall’art. 826, comma III, c.c. sarebbe essa stessa manifestazione della volontà dell’Ente di destinazione del bene al pubblico servizio equivalente all’atto amministrativo. Tale prospettazione rende, infatti, del tutto irrilevante la volontà dell’ente, in quanto conducente, in presenza della destinazione oggettiva a pubblico servizio, al medesimo esito anche se espressamente manifestata in senso contrario in un negozio di forma e contenuto privatistico ( come nel caso di specie ). In realtà quando il costituendo rapporto giuridico, come nel caso che ci occupa, riguardi un bene appartenente al patrimonio disponibile comunale, il regime normativo naturale è quello privatistico e retrocede in favore di quello pubblico soltanto per volontà dell’Ente, che deve essere espressa in apposito atto amministrativo dichiarativo, analogo a quello richiesto dall’art. 829 c.c. per il passaggio di un bene dal demanio al patrimonio. E’ poi ipotizzabile che detta volontà venga manifestata per facta concludentia, ma a tal fine è necessario che nel costituendo rapporto l’ente esprima inequivocabilmente il potere pubblico, attraverso la previsione di clausole che lo pongano, rispetto al contraente, in posizione di supremazia incompatibile con il diritto comune.
Ove, come nel caso di specie, manchi l’atto amministrativo di destinazione e l’ente faccia uso, nel concludere l’atto, della sua autonomia negoziale e non della sua veste pubblica, ponendosi nei confronti dell’altra parte in una posizione di parità e conseguendo diritti ed obbligazioni di natura esclusivamente patrimoniale, tipici del locatore, con esclusione di ogni suo potere discrezionale di incidere unilateralmente ed autoritariamente sul rapporto sorto tra le parti, il requisito soggettivo è insussistente e l’oggettiva destinazione del bene al pubblico servizio non è sufficiente per imprimere natura pubblicistica alla relazione giuridica intercorsa con il privato.
L’attività svolta dall’opponente è sicuramente attività di interesse pubblico ( ex art. 3 co 2 CCE ) ma non equipollente ad un ‘ servizio pubblico ‘, in quanto tutto il regime di accesso alle telecomunicazioni ha carattere privatistico: i consumatori pagano, infatti, a società con scopo di lucro tariffe non calmierate, ma soggette alla concorrenza di mercato. Né può trascurarsi che un bene, per acquisire e mantenere il requisito dell’appartenenza al patrimonio indisponibile ai sensi dell’art. 826, comma III, c.c. deve essere destinato a servizi di competenza dell’Ente locale territoriale, tra i quali, per i comuni certamente non rientra il servizio di telecomunicazioni, fisse o mobili.
Nel caso concreto i contratti di locazione intercorrenti tra le parti recano inoltre clausole incompatibili con i caratteri precipui della concessione volta alla tutela di un interesse pubblico. All’art. 8 di ciascun contratto è invero prevista la facoltà per il conduttore di cedere liberamente il contratto di locazione a terzi: se si fosse trattato di concessione sarebbe stata necessaria l’autorizzazione dell’amministrazione concedente.
In definitiva, dovendo considerarsi i beni immobili locati come appartenenti al patrimonio disponibile del Comune di , il cui godimento è stato concesso all’opponente nell’esercizio
dell’autonomia negoziale e paritetica dell’ente locale, nel caso concreto si tratta di ordinari rapporti di diritto privato, inquadrabili nello schema della locazione, conseguendone diritti e obblighi di natura esclusivamente patrimoniale.
Ciò conduce ad escludere i rapporti intercorrenti tra le parti in causa dal divieto imposto dall’art. 93, comma 2, CEE, norma che facendo ‘salva’ solamente la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo II del D.lgs 15 novembre 1993, n. 507, oppure il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al D.lgs 15 dicembre 1997, n. 446, art. 63 e succ. mod, calcolato secondo quanto previsto dal comma 2, lett. e ) ed f), del medesimo articolo, non può che avere, quale presupposto applicativo, l’occupazione di ‘ strade, aree e relativi spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province ‘. Sulla portata dell’art. 93, comma 2, la Suprema Corte si è così espressa ‘ Tale disposizione non ha affatto una funzione impositiva, e al contrario persegue espressamente lo scopo di preservare i fornitori di reti di comunicazione elettronica da ulteriori oneri, mentre il richiamo di salvaguardia dell’efficacia tanto della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche ( Tosap ) e del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche ( Cosap ) presuppone la debenza dell’uno o dell’altro, secondo la disciplina propria dell’uno e dell’altro istituto, puntualmente richiamata nelle sue coordinate normative. In termini ancora più chiari, il citato art. 93 non obbliga i fornitori di reti di comunicazione elettronica a pagare la Tosap o il Cosap, ma fa salva la debenza di tali oneri, se e in quanto dovuti secondo le rispettive discipline ‘ ( cfr. Cass. Civ. 17299/2019 ).
Solo con riferimento ai beni pubblici demaniali o appartenenti al patrimonio indisponibile degli Enti minori l’amministrazione esercita, infatti, il potere impositivo della fiscalità locale. Se detto tributo o detto canone non sono fruibili, come accade per i beni ricompresi nel patrimonio disponibile dei Comuni, la speciale disciplina invocata dall’opponente non può trovare applicazione, restando dovuti dal privato i canoni di locazione pattuiti per l’utilizzo del bene appartenente al patrimonio disponibile dell’ente, siccome legittimi.
Reputa questo Tribunale che le sopra estese conclusioni non contrastino con l’intervento innovativo apportato dall’art. 8 bis, co. 1, lett. c) d.l.. n. 135/2018 e dalla L. n. 12/2019, in quanto l’avere esteso il divieto impositivo di cui all’art. 93, co. 2, D.lgs n. 259/2003 a fattispecie di determinazione del canone che trovino titolo in una fonte contrattuale e pattizia, non implica in alcun modo che si possa prescindere dalla natura pubblicistica del bene.
Tale interpretazione, fatta propria da ampia e condivisibile giurisprudenza di merito ( cfr. ex multis Corte App. Milano Sez. III, sent. 08.07.2024, n. 2024, Corte App. Bologna 22.01.2024, n. 2491; Corte App. Venezia sent. 2488/2023, Corte App. Brescia sent. n. 1620/2023, Trib. Padova sent. 1649/2023, Trib. Pavia sent. 324/2023, Trib. Modena sent. 1192/2022 ), neppure contrasta con le finalità della norma di tutela della concorrenza, di garanzia di parità di trattamento e di misura volta a non ostacolare l’ingresso di nuovi soggetti nel settore delle telecomunicazioni, giacché il quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, istituito dalla Direttiva 2002/21/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo del 7 marzo 2002, mostra di lasciare impregiudicate ‘ le disposizioni nazionali vigenti in materia di espropriazione o uso di una proprietà, normale esercizio dei diritti di proprietà, normale uso dei beni pubblici ‘ ( Considerando 22 ).
Nello stesso senso depongono le ulteriori modifiche apportate al nuovo Codice delle Comunicazioni
Elettroniche dal D.lgs 8 novembre 2021, n. 207: in forza di tali modifiche l’inerenza fra il divieto di oneri ulteriori rispetto al canone unico alle ‘ aree e beni pubblici o demaniali ‘ appare, infatti, esplicitata in maniera non equivoca. Sostituendo l’ex art. 93 del vecchio Codice, il nuovo art. 54 del D.lgs n. 259/2003 oggi recita: ‘ Le Pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni, i consorzi, gli enti pubblici economici, i concessionari di pubblici servizi, di aree e beni pubblici o demaniali, non possono imporre per l’impianto di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni ulteriori a quelli stabiliti nel presente decreto, fatta salva l’applicazione del canone previsto dall’articolo 1, comma 816, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, come modificato dalla legge 30 dicembre 2020 n. 178. Resta escluso ogni altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsiasi ragione o titolo richiesto, come da art. 12 del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 33, come integrato dall’art. 8 bis, comma 1, lettera c ) del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, coordinato con la legge di conversione 11 febbraio 2019, n. 12 ‘. Gli enti locali non possono chiedere null’altro al di fuori del canone previsto dall’art. 1, comma 816, della L. 27 dicembre 2019, n. 160, come modificato dalla L. 30 dicembre 2020, n. 178, ovvero del canone che ha assorbito la tassa ed il canone sostitutivo per l’occupazione di suolo pubblico ( oltre ad altri oneri fiscali locali, quali l’imposta comunale sulla pubblicità ), e che in parte qua continua a riguardare ‘ l’occupazione, anche abusiva, delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico ‘ ( art. 1, comma 819, L. n. 160/2019 ). Se detto canone non è fruibile, com’è per i beni ricompresi nel patrimonio disponibile dei comuni, detta disciplina non trova applicazione ( cfr. Trib. Modena 1192/2022 ).
La norma ha infatti conservato la medesima rubrica ‘ divieto di imporre altri oneri ‘ così come il riferimento al potere impositivo. L’ampliamento della categoria dei soggetti, alcuni dei quali privi del potere di disporre l’applicazione dell’attuale canone unico, si giustifica sulla scorta della ratio legis, per evitare pratiche elusive del dettato normativo, tenuto conto che in passato vi erano state, ad esempio, leggi regionali che avevano imposto oneri, poi ritenuti illegittimi, agli esercenti i servizi di telecomunicazioni ( cfr. sentenze Corte Cost.le 336/05 -450/06 -272/10 -47/15 relative a leggi regionali ).
Il coinvolgimento dei concessionari di aree o beni pubblici e demaniali va invece letto come riferimento ai soli beni del patrimonio indisponibile, unici per i quali è corretto utilizzare il termine concessione ed è giustificato dal fine di evitare che, attraverso i contratti di co-ausing, il proprietario dell’antenna si avvantaggi facendo utili sub -affittando a terzi uno spazio pubblico, di cui gode in regime agevolato, così vanificando gli obiettivi di tutela della concorrenza, di garanzia della parità di trattamento e di misura volta a non ostacolare l’ingresso di nuovi soggetti nel settore delle telecomunicazioni perseguiti dal legislatore. ( cfr. Trib. Padova sent. 1649 del 27 luglio 2023 ).
Da quanto precede deriva che le clausole dei contratti in essere tra le parti e per cui è causa che prevedono un canone diverso da quello previsto dall’art. 93 ( oggi 54 ) CEE debbono ritenersi legittime ed efficaci.
Di conseguenza, dato che in ordine all’ammontare oggetto di ingiunzione nessun’altra contestazione è stata svolta, l’opposizione spiegata da avverso il decreto ingiuntivo n. 977/2024 emesso dal Tribunale di Ancona il 09.08.2024 va respinta ed il suddetto decreto confermato e dichiarato esecutivo ai sensi dell’art. 653 c.p.c..
Per quel che concerne le competenze di lite si ritiene di disporre la loro integrale compensazione tra le parti in causa, ai sensi dell’art. 92, comma II, c.p.c., in ragione degli ancora difformi orientamenti giurisprudenziali esistenti sull’argomento.
P.Q.M.
Il Tribunale di Ancona, ogni diversa domanda, eccezione e conclusione respinta od assorbita:
· Rigetta l’opposizione spiegata da avverso il decreto ingiuntivo n. 977/2024 emesso dal Tribunale di Ancona il 09.08.2024;
· Per l’effetto conferma il suddetto decreto ingiuntivo e lo dichiara esecutivo ai sensi dell’art. 653 c.p.c.;
· Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Sentenza resa ex articolo 429 c.p.c., depositata successivamente al deposito di note di trattazione scritta contenenti la precisazione delle conclusioni.
Manda alla Cancelleria per la comunicazione della sentenza alle parti costituite.
Ancona, 04.07.2025
Il Giudice dott. NOME COGNOME