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Patrimonio disponibile: no al canone unico per TLC

Il Tribunale di Ancona (sent. del 04/07/2025, R.G. 5277/2024) stabilisce che il canone unico non si applica ai contratti di locazione di beni del patrimonio disponibile comunale, anche se usati per servizi di telecomunicazione. La natura privatistica del rapporto prevale, rendendo legittimo il canone di locazione pattuito.

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Un’azienda di telecomunicazioni che affitta un immobile da un Comune può pretendere di pagare il più vantaggioso Canone Unico Patrimoniale (CUP) al posto del canone di locazione pattuito? La risposta, secondo il Tribunale di Ancona, dipende dalla natura del bene. Se l’immobile rientra nel patrimonio disponibile dell’ente, il rapporto è di natura privata e il canone da versare è quello previsto dal contratto. Analizziamo questa importante sentenza che chiarisce i confini tra diritto privato e diritto amministrativo.

I Fatti: Locazione o Concessione Pubblica?

Una società di telecomunicazioni si era vista notificare un decreto ingiuntivo da parte di un Comune per oltre 116.000 euro di canoni di locazione non pagati. I canoni si riferivano a contratti stipulati per l’installazione di infrastrutture per la telefonia.

L’azienda si è opposta al pagamento, sostenendo una tesi precisa: poiché svolge un servizio di pubblica utilità, il rapporto con il Comune non dovrebbe essere una semplice locazione, ma una concessione amministrativa. Di conseguenza, il canone di mercato dovrebbe essere sostituito dal Canone Unico Patrimoniale, un importo forfettario e molto più basso, previsto dalla legge per l’occupazione di suolo pubblico. Invocava, a sostegno, la normativa del Codice delle Comunicazioni Elettroniche (ex art. 93 D.Lgs. 259/2003, oggi art. 54 D.Lgs. 207/2021) che vieta l’imposizione di oneri ulteriori rispetto al CUP.

Il Comune, dal canto suo, ha ribattuto che gli immobili in questione facevano parte del suo patrimonio disponibile, ovvero di quei beni che l’ente gestisce con le stesse regole di un soggetto privato, e non del patrimonio indisponibile o del demanio, gli unici a cui si applicherebbe la disciplina del Canone Unico.

La Decisione del Tribunale

Il Tribunale di Ancona, con la sentenza del 4 luglio 2025, ha respinto l’opposizione della società e confermato integralmente il decreto ingiuntivo. Ha stabilito che il rapporto tra le parti è un contratto di locazione di diritto privato e, pertanto, il canone pattuito è pienamente legittimo e dovuto.

Le motivazioni: la centralità del patrimonio disponibile

Il Giudice ha fondato la sua decisione su un principio cardine del diritto amministrativo: la classificazione del bene pubblico. La sentenza chiarisce che:

1. Natura del Bene: Il punto cruciale è se il bene locato appartenga al patrimonio disponibile o a quello indisponibile del Comune. Nel primo caso, l’ente agisce iure privatorum (come un privato) e può stipulare contratti di locazione. Nel secondo, il bene ha un vincolo di destinazione a un pubblico servizio e la sua gestione è soggetta a regole pubblicistiche (concessione).

2. Mancanza di Atto di Destinazione: Per trasformare un bene da disponibile a indisponibile, non basta che esso sia utilizzato per un’attività di interesse pubblico. È necessario un atto amministrativo formale con cui l’ente manifesta la volontà di destinare specificamente quel bene a un servizio pubblico (il cosiddetto requisito soggettivo). Nel caso di specie, tale atto mancava. Il Comune aveva agito come un qualsiasi locatore privato.

3. Irrilevanza dell’Attività dell’Inquilino: L’attività svolta dall’inquilino (le telecomunicazioni), sebbene di interesse pubblico, non è sufficiente a modificare la natura giuridica del rapporto contrattuale o del bene stesso. Il regime normativo del Canone Unico e del divieto di oneri aggiuntivi si applica solo all’occupazione di beni demaniali o del patrimonio indisponibile, non a beni del patrimonio disponibile gestiti tramite locazione.

Conclusioni e implicazioni pratiche

Questa sentenza ribadisce un orientamento giurisprudenziale consolidato e offre un importante chiarimento per gli operatori del settore delle telecomunicazioni e per gli enti locali. La qualificazione di un bene come appartenente al patrimonio disponibile ha conseguenze decisive: il rapporto con l’utilizzatore è di natura privatistica e regolato dal contratto, con piena legittimità del canone di locazione concordato. Le agevolazioni previste dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche, come il Canone Unico, non sono applicabili. Per gli enti pubblici, è fondamentale una corretta classificazione dei propri beni a inventario; per le aziende, è essenziale verificare la natura del bene prima di stipulare un contratto, per non avere sorprese sull’entità dei canoni dovuti.

Quando si applica il Canone Unico Patrimoniale (CUP) per le infrastrutture di telecomunicazione?
Si applica solo quando l’infrastruttura occupa aree o beni che appartengono al demanio o al patrimonio indisponibile di un ente pubblico, non quando il bene è parte del suo patrimonio disponibile ed è stato concesso in locazione.
Un contratto tra un Comune e un’azienda privata è sempre di natura pubblica?
No. Se l’ente agisce nella gestione di beni del suo patrimonio disponibile, stipula contratti di diritto privato (come la locazione) e il rapporto è regolato dal Codice Civile, ponendo le parti su un piano di parità.

L’attività di pubblico interesse svolta dall’inquilino cambia la natura del contratto di locazione?
No. Secondo la sentenza, il fatto che l’inquilino svolga un servizio pubblico (come le telecomunicazioni) non è sufficiente a trasformare un contratto di locazione di un bene disponibile in una concessione amministrativa. Ciò che conta è la classificazione giuridica del bene e la volontà manifestata dall’ente proprietario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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