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Sottoscrizioni scrittura privata e compravendita immobiliare

Il caso analizza la validità di una scrittura privata di compravendita immobiliare, confermando la regola secondo cui l’interesse della parte alla trascrizione del contratto non può essere tutelato con l’azione di esecuzione specifica prevista per i contratti preliminari (art. 2932 c.c.), ma solo con l’accertamento dell’autenticità delle sottoscrizioni. La sentenza chiarisce inoltre che, in tema di simulazione relativa, la confessione non può supplire alla mancanza della controdichiarazione scritta.

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Pubblicato il 12 giugno 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE QUARTA CIVILE così composta:

dr.ssa NOME COGNOME presidente dr.ssa NOME COGNOME consigliere dr. NOME COGNOME consigliere relatore riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._3589_2025_- N._R.G._00003006_2023 DEPOSITO_MINUTA_09_06_2025_ PUBBLICAZIONE_09_06_2025

nella causa civile in grado d’appello iscritta al numero 3006 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2023, decisa a seguito di discussione orale, ex art. 281-sexies c.p.c, all’udienza del giorno 06/06/2025 e vertente TRA (c.f. con l’avvocato NOME COGNOMEc.f. ) nel cui studio in Roma, in INDIRIZZO, è elettivamente domiciliata;

PARTE APPELLANTE (c.f. ) con l’avvocato NOME COGNOMEc.f. ), nel cui studio in Roma, in INDIRIZZO, è elettivamente domiciliato;

PARTE APPELLATA C.F. C.F. C.F. C.F.:

appello contro la sentenza n. 6382/2023 pubblicata il 21/04/2023 del Tribunale di Roma.

FATTO E DIRITTO § 1. – La vicenda da cui ha tratto origine il presente giudizio di appello è così riassunta nella sentenza impugnata:

“…1. L’oggetto della controversia è in sintesi il seguente.

1.1.

Con atto di citazione ritualmente notificato, ha convenuto in giudizio , domandando l’accertamento dell’autenticità delle sottoscrizioni apposte in calce alla scrittura privata del 3.12.2001 e, per l’effetto, della titolarità, in capo a sé, del diritto di proprietà sulle unità immobiliari (appartamento con cantina e box auto, tutti siti in Roma e meglio individuati in atti) oggetto della predetta scrittura privata.

In subordine, ha chiesto di accertare il proprio diritto a vedersi rimborsare, ai sensi degli artt. 1203, 2033 o 2041 c.c., le somme già corrisposte in forza degli accordi intercorsi con la convenuta, con conseguente condanna di quest’ultima alla restituzione dell’importo di euro 273.594,98.

A sostegno delle domande così proposte, l’attore ha infatti allegato e dedotto:

– che, con scrittura privata non autenticata del 3.12.2001, la convenuta gli aveva trasferito la proprietà di alcune unità immobiliari site in Roma, alla INDIRIZZO

– che il prezzo per l’acquisto del compendio immobiliare era stato stabilito dalle parti in lire 900.000.000, di cui lire 639.819.549 già versati come da quietanza contestualmente rilasciata dalla venditrice;

– che, quanto alla residua parte del prezzo (ossia lire 350.180.451), gli stessi contraenti avevano pattuito che il pagamento sarebbe stato regolato mediante accollo, da parte dell’acquirente, del residuo mutuo fondiario già erogato dal la cui successiva rata era in scadenza per il 31.12.2001;

e ciò con la precisazione che l’acquirente vi avrebbe provveduto indipendentemente dal momento della sottoscrizione del rogito notarile;

– che la scrittura privata di cui sopra, infatti, all’art. 6 prevedeva anche che le parti si sarebbero poi dovute presentare innanzi ad un notaio già individuato, entro e non oltre la data del 30.3.2002, per stipulare l’atto pubblico (meramente riproduttivo del consenso traslativo già espresso) necessario ai soli fini della trascrizione;

– che la venditrice convenuta tuttavia, nonostante i ripetuti solleciti ricevuti, non aveva adempiuto a quest’ultimo obbligo;

– di essere stato in ogni caso immesso nel possesso degli immobili compravenduti fin dal momento della sottoscrizione della scrittura privata, sostenendo quindi, oltre al pagamento degli esborsi necessari per il loro , tutta una serie di spese di gestione e conservazione degli immobili stessi;

– che la convenuta, oltre a non avere adempiuto all’obbligo di formalizzare il trasferimento immobiliare, non aveva neanche inteso restituirgli i predetti esborsi;

– di avere quindi diritto, in subordine rispetto all’accoglimento della domanda principale, alla restituzione dell’importo di euro 273.594,98, oltre interessi, di cui:

euro 247.402,43, quale importo delle rate di mutuo fondiario, intestato alla venditrice e garantito da ipoteca sull’immobile compravenduto;

euro 1.289,85, per il condono edilizio;

euro 14.098,49, per oneri condominiali;

euro 298,32, per imposte dirette della venditrice;

euro 10.505,89, per ICI pagato per sette anni consecutivi.

1.2.

La convenuta si è costituita in giudizio tempestivamente, concludendo per la dichiarazione di improcedibilità delle avverse domande o comunque per il loro rigetto.

Oltre ad eccepire il mancato esperimento del procedimento obbligatario di mediazione e dunque l’improcedibilità della domanda volta all’accertamento della proprietà dei beni, ha infatti contestato la conformità all’originale della copia della scrittura privata prodotta dall’attore e comunque eccepito la prescrizione del diritto dello stesso attore ad ottenere il trasferimento degli immobili.

A quest’ultimo riguardo, ha in particolare evidenziato come l’attore avesse già proposto analoga domanda innanzi al Tribunale di Roma e come quest’ultimo, con sentenza n. 2481/2009 avesse già qualificato come contratto preliminare la scrittura privata del 3.12.2001.

Ha inoltre eccepito la simulazione assoluta di quest’ultima, richiamando al riguardo quanto già ammesso dallo stesso attore nel giudizio avente ad oggetto l’appello proposto avverso la predetta sentenza (giudizio a sua volta definito con sentenza n. 1163/2016 della Corte di appello di Roma, passata in giudicato) e contestando anche la ricorrenza dei presupposti della simulazione relativa.

Quanto infine alla domanda restitutoria proposta dall’attore, ha eccepito la prescrizione decennale e comunque la mancanza di prova dei pagamenti o la loro irripetibilità ai sensi dell’art. 2034 c.c..

1.3.

Assegnati i termini per il deposito delle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c., parte attrice ha depositato sia il verbale attestante l’esperimento con esito negativo del procedimento di mediazione, sia l’originale della scrittura privata posta a base della domanda.

Ha inoltre espressamente riconosciuto il mancato pagamento della parte del prezzo fatta oggetto di quietanza nella predetta scrittura privata.

La causa, istruita per via documentale e ritenuta matura per la decisione all’esito del deposito delle memorie di cui sopra, è stata poi trattenuta in decisione sulla base delle conclusioni sopra trascritte, con termini ex art. 190, comma 1, c.p.c. per il deposito degli scritti conclusionali…” § 2. – All’esito del giudizio il Tribunale ha dichiarato l’autenticità delle sottoscrizioni apposte da alla scrittura privata del 3/12/2001 ed accertato che, con essa, ha trasferito in favore di la piena proprietà delle seguenti unità immobiliari, così censite al N.C.E.U. del Comune di Roma: – appartamento e cantina censiti al foglio 224, particella 618, subalterno 9;

– box censito al foglio 224, particella 618, subalterno 20; ha rigettato la domanda ex art. 96 c.p.c. proposta da ;

ha condannato al rimborso, in favore di , delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 17.252,00 per compenso professionale ed euro 545,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e oltre CPA e IVA come per legge.

A fondamento della decisione il primo giudice ha svolto le considerazioni che seguono:

“2.

La domanda proposta in via principale dall’attore deve essere accolta per le ragioni che si vanno ad esporre.

2.1.

A seguito della produzione dell’originale della scrittura privata del 3.12.2001 (v. deposito effettuato dall’attore in data 17.5.2019), la convenuta non ha effettuato il disconoscimento di cui all’art. 214 c.p.c..

La predetta scrittura privata è pertanto da intendersi riconosciuta ai sensi dell’art. 215, comma 1, n. 2) c.p.c..

2.2.

In via preliminare, va rigettata l’eccezione di prescrizione sollevata dalla convenuta sul presupposto che il titolo negoziale posto a base della domanda attorea integri in effetti un contratto preliminare.

Il rigetto dell’eccezione deriva infatti, prima ancora che dall’infondatezza di quest’ultimo assunto (v. infra), dalla mancanza di correlazione fra l’eccezione stessa ed il diritto esercitato dall’attore.

Quest’ultimo non ha infatti agito per ottenere l’adempimento, mediante l’azione di cui all’art. 2932 c.c., di un contratto preliminare, ma per vedere riconosciuta la sottoscrizione del relativo contratto e conseguentemente accertato l’acquisto della proprietà degli immobili oggetto compravendita.

2.3.

Il contratto concluso con la scrittura privata di cui sopra va qualificato come compravendita immobiliare.

Non è infatti a ciò di ostacolo quanto accertato sul punto dalla sentenza n. 2481/2009 di questo Tribunale, avendo la Corte di appello di Roma, con sentenza n. 1163/2016, passata in giudicato, dichiarato la nullità del giudizio di primo grado (v. docc. 2 e 3 del fascicolo della convenuta).

Secondo l’odierno giudicante, depone invece nel senso della qualificazione in termini di contratto di compravendita (anziché di di compravendita), in primo luogo, il chiaro tenore letterale delle espressioni utilizzate dai contraenti ed in particolare il ricorso all’indicativo presente ai fini della individuazione del momento della verificazione dell’effetto traslativo (“la Sig.ra vende all’Avv. , che acquista per sé ”;

“la vendita viene effettuata nello stato di fatto e di diritto in cui si trova l’immobile ”) e la qualificazione dei contraenti stessi, rispettivamente, quale parte venditrice e parte acquirente (“parte venditrice assira e garantisce la piena ed esclusiva proprietà dell’unità immobiliare ”;

“Il prezzo della compravendita che parte acquirente corrisponde con le seguenti modalità ;

“Ai sensi e per gli effetti della L. 28.2.1985 n. 47 e successive modifiche, parte venditrice dichiara e garantisce ”).

Tale dato non è poi contraddetto dalla previsione della successiva stipula del rogito notarile (“Il rogito notarile verrà redatto dal Notaio entro e non oltre il 31.3.2002”).

Si tratta infatti di pattuizione che nella specie, più che apparire sintomatica della volontà dei contraenti di concludere un contratto preliminare, sembra più agevolmente riconducibile alla consapevolezza dei contraenti stessi della necessità, stante la scelta di concludere la vendita con la forma della scrittura privata non autenticata, di procedere alla successiva stipulazione dell’atto notarile al fine di rendere l’atto traslativo, tramite la sua trascrizione, opponibile a terzi.

Aspetto tecnico questo che verosimilmente non poteva d’altra parte essere sfuggito alle parti, tenuto anche conto della qualità di una delle due (svolgendo l’acquirente la professione di avvocato) e dei rapporti fra le stesse (fratello e sorella, il cui rapporto non risultava all’epoca deteriorato).

Né a diversa conclusione induce la clausola relativa al prezzo (art. 4 della scrittura privata).

L’accollo – pur se interno e quindi destinato a valere nei soli rapporti fra accollante e debitore accollato, in difetto di adesione da parte del terzo creditore – comporta infatti l’assunzione da parte dell’accollante dell’obbligazione (non modificabile unilateralmente) di corrispondere l’intero importo oggetto di accollo (quantomeno fornendo al debitore accollato i mezzi per effettuare il pagamento al creditore) e costituisce quindi strumento idoneo a consentire, in tutto o in parte, la regolazione del prezzo di compravendita. Nel caso in esame, era stato oggetto di accollo il residuo importo dovuto dalla venditrice (lire 350.180.451) per il mutuo fondiario contratto con un istituto di credito.

Ed il rimborso di tale mutuo era previsto in forma rateale, con la sola prima rata, fra quelle residue, in scadenza prima della data prevista per la stipulazione del rogito notarile e tutte le successive con scadenza invece successiva alla predetta data.

Una parte rilevante del prezzo (dalla documentazione prodotta dall’attore come doc. 3 emerge come le rate fossero di circa 16.000,00 euro ) sarebbe stata quindi comunque regolata mediante pagamenti da effettuarsi dopo la stipulazione del rogito notarile.

Ne deriva pertanto che la previsione del pagamento di parte del prezzo mediante accollo non si presenta di per sé indicativa della volontà delle parti di differire l’effetto traslativo al momento della stipulazione dell’atto notarile.

E ciò perché, secondo quanto pattuito dalle parti mediante la scrittura privata, neanche a quella data il debito della venditrice nei confronti dell’istituto mutuante sarebbe risultato estinto.

In difetto di chiare evidenze della volontà delle parti, per come esteriorizzata, di concludere semplicemente un contratto preliminare, l’accordo stipulato con la scrittura privata del 3.12.2001 va dunque qualificato come contratto di compravendita.

2.4.

Alla luce di quanto dedotto dalle parti, occorre poi verificare se le stesse abbiano in realtà voluto attribuire al predetto accordo natura simulata, in senso assoluto o anche solo relativo.

Sul punto, va innanzitutto evidenziata l’irrilevanza delle difese svolte dall’odierno attore nel già menzionato giudizio di appello e richiamate, in questa sede, dalla convenuta a supporto della propria allegazione circa il carattere simulato del contratto.

Ci riferisce in particolare agli scritti conclusionali del predetto giudizio, in cui l’allora appellante ha fra l’altro affermato (v. pag. 4 della comparsa conclusionale prodotta da parte convenuta come doc. 4):

“Per tali motivi, e per detto accordo, relativo alla definizione del debito con in BdS venne prevista la stipula dell’atto notarile, ai fini della trascrizione, in data successiva:

data in cui la Sig.ra avrebbe dovuto verificare l’avvenuto pagamento del debito con il Banco di Sicilia e trasferire al di lui fratello o la sola nuda proprietà dell’immobile, previa riduzione del prezzo in relazione a quanto effettivamente pagato al BdS;

ovvero ricevere da questo la differenza tra quanto effettivamente pagato a tacitazione del suddetto debito ed il prezzo stabilito per la compravendita, al netto della quota di mutuo accollata.

Questi i patti “sottesi” fra la Sig.ra ed il di lui fratello, da esplicitarsi e formalizzarsi nella loro conclusione, appunto, solo in sede di atto notarile per la trascrizione del trasferimento del bene”.

Le predette difese infatti, in quanto redatte dalla parte all’epoca costituitasi in giudizio in proprio ai sensi dell’art. 86 c.p.c., hanno sì valenza confessoria ai sensi dell’art. 229 c.p.c. Tuttavia, dal loro contenuto non può trarsi la conclusione che ne fa discendere l’odierna convenuta, ossia quella che la scrittura privata del 3.12.2001 fosse simulata in senso assoluto e che i contraenti non volessero pertanto concludere alcun negozio.

Ciò che infatti emerge dalle predette dichiarazioni è, al più, l’esistenza di un diverso accordo qualificabile come contratto preliminare e contemplante due obbligazioni alternative:

quella del trasferimento della sola nuda proprietà (previa decurtazione, dal residuo prezzo risultante dalla scrittura privata del 3.12.2001, di quanto nel frattempo effettivamente corrisposto dall’acquirente all’istituto di credito mutuante) e quella del trasferimento della piena proprietà (previa decurtazione, dall’intero prezzo pattuito con la scrittura privata del 3.12.2001, degli importi medio tempore corrisposti dall’acquirente all’istituto di credito mutuante e del residuo debito accollato).

Trattandosi quindi non di simulazione assoluta del contratto (in cui oggetto del mezzo di prova è l’inesistenza della compravendita), ma di sua simulazione relativa (volta celare l’esistenza di un negozio richiedente la forma scritta ad substantiam), ai fini della prova in questione non può ritenersi sufficiente la confessione giudiziale, anche se spontanea.

Come infatti chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di simulazione relativa oggettiva, ai fini della prova del contratto dissimulato che avrebbe dovuto rivestire forma scritta “ad substantiam”, deve escludersi che la confessione possa supplire alla mancanza del requisito formale rappresentato dalla controdichiarazione scritta, necessaria per il contratto diverso da quello apparentemente voluto (così Cass. 10933/2022;

in senso analogo e sia pure con riferimento alla confessione provocata da interrogatorio formale, v. anche Cass. 6262/2017, secondo cui, in tema di prova della simulazione di una compravendita immobiliare, contratto che esige forma scritta “ad substantiam”, mancanza della controdichiarazione osta all’ammissibilità dell’interrogatorio formale, ove rivolto a dimostrare la simulazione soggettiva relativa, giacché la confessione, in cui si risolve la risposta positiva ai quesiti posti, non può supplire al difetto dell’atto scritto, necessario per il contratto diverso da quello apparentemente voluto; viceversa, ove sia diretto a dimostrare la simulazione assoluta del contratto, l’interrogatorio formale è ammissibile, anche tra i contraenti, perché, in tal caso, oggetto del mezzo di prova è l’inesistenza della compravendita).

In difetto di idonea controdichiarazione scritta, non si può pertanto ritenere provata l’esistenza dell’asserito negozio dissimulato.

Né l’effettiva volontà delle parti di porre in essere un contratto di compravendita può essere esclusa sulla base della sola natura simulata della quietanza di pagamento (parziale) contenuta all’art. 4, lett. a) della scrittura privata del 3.12.2001.

E’ infatti pur vero che anche quest’ultima circostanza, oltre ad essere confermata da entrambe le parti nel corso del predetto giudizio, è stata oggetto delle dichiarazioni confessorie sopra richiamate e che, in questo caso, la confessione costituisce invece prova idonea del fatto (in tema v. 19283/2022, secondo cui la quietanza, quale dichiarazione di scienza del creditore assimilabile alla confessione stragiudiziale del ricevuto pagamento, può essere superata dall’opposta confessione giudiziale del debitore, che ammetta, nell’interrogatorio formale, di non aver corrisposto la somma quietanzata, dal momento che l’art. 2726 c.c. limita, quanto al fatto del pagamento, la prova per testimoni e per presunzioni, non anche la prova per confessione). L’affermazione della simulazione della quietanza di pagamento di parte del prezzo non è però in alcun modo incompatibile con la volontà delle parti di trasferire effettivamente la proprietà del bene, incidendo piuttosto sull’effettivo adempimento dell’obbligazione di pagamento posta a carico dell’acquirente.

2.5.

In base a quanto precede, deve pertanto essere accertato che, con la scrittura privata del 3.12.2001, la convenuta ha trasferito all’attore la piena proprietà dei beni in essa indicati.

2.6. Nulla va disposto in merito alla richiesta di emissione di ordine di trascrizione della scrittura privata e della sentenza, trattandosi di statuizioni non previste da alcuna disposizione ed essendo invece compito del conservatore dei registri immobiliari, previa verifica delle condizioni di legge, provvedere in tal senso.

2.7.

L’accoglimento della domanda principale rende assorbita ogni questione in ordine alla domanda subordinata formulata dall’attore.

3.

Il complessivo tenore delle difese svolte dalla convenuta, non evidenziando chiari profili di dolo o colpa grave e comunque un vero e proprio abuso del processo, giustifica il rigetto della domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. formulata dall’attore.

4.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate, come da dispositivo, facendo applicazione dei parametri di cui al D.M. 55/2014 (valore della controversia ricompreso nello scaglione da euro 260.000,00 ad euro 520.000,00, così determinato in base al valore degli immobili desumibile dal prezzo pattuito per il loro acquisto;

medi per le fasi di studio, introduzione e decisione;

minimo per la fase istruttoria, in ragione della ridotta attività difensiva resasi necessaria nel corso della stessa)…”.

§ 3. – Ha proposto appello rassegnando le seguenti conclusioni:

“Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello di Roma, ogni contraria eccezione disattesa, in riforma della sentenza n. 6382/23, resa dal Tribunale di Roma il 18 aprile 2023, depositata il 21 aprile 2023, notificata in data 4 maggio 2023, con la quale è stato definito il giudizio sub RG. n. 21546/18 del Tribunale di Roma (Rep. n. 9438/23 del 21 aprile 2023) accogliere le domande formulate nella comparsa di costituzione nel primo grado di giudizio, occorrendo previa ammissione delle istanze istruttorie formulate nella comparsa di costituzione e nella seconda memoria istruttoria. Con vittoria di spese del doppio grado di giudizio, oltre iva, cpa e spese come per legge…” resistito rassegnando le seguenti conclusioni:

“Voglia l’Ecc.ma Corte adita, contrariis reiectis:

a. in via preliminare, respingere l’istanza inibitoria ex art. 283 cod. proc. civ. proposta da controparte per la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza del Tribunale di Roma n. 6382/2023, in quanto inammissibile e/o, comunque, palesemente infondata;b.

in via principale, respingere l’appello avversario, in quanto inammissibile e/o, comunque, infondato in fatto e in diritto per le ragioni meglio esposte in narrativa;c.

in via subordinata, nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento dell’appello promosso da controparte, accertare il diritto di a vedersi rimborsare, ai sensi degli artt. 1203, 2033 ovvero 2041 cod. civ., tutte le somme meglio identificate in narrativa, con conseguente condanna della Sig.ra alla restituzione dell’importo pari a € 273.594,98, oltre interessi dalla maturazione sino al saldo;

d. in ogni caso, con vittoria di spese e competenze professionali del doppio grado di giudizio, in uno alle spese generali, cassa avvocati e IVA come per legge, con l’applicazione della disposizione di cui all’art. 96, 1 e 3 comma, c.p.c., e, quindi, con la condanna di controparte al pagamento in favore dell’appellato di una somma equitativamente determinata”.

e. In via istruttoria (le relative istanze sono state tutte riproposte in sede di precisazione delle conclusioni, nel giudizio di primo grado):

si chiede all’Ill.mo Signor COGNOME di ordinare, ex art. 210 cod. proc. civ., alla Sig.ra l’esibizione in giudizio:

(i) degli estratti del proprio conto corrente bancario n. 27005701, intrattenuto presso il dal gennaio 2003 sino al dicembre 2009;

(ii) delle dichiarazioni dei redditi presentate in relazione agli anni d’imposta 1999, 2000, 2001, 2002, 2003, 2004, 2005, 2006, 2007, 2008 e 2009.

Ove ritenuto opportuno e/o necessario, si insta affinché l’Ill.mo Sig. Giudice richieda e acquisisca dalla pubblica amministrazione (Agenzia delle Entrate), ai sensi dell’art. 213 cod. proc. civ., tutta la documentazione atta a poter ricostruire la capacità reddituale della Sig.ra dall’anno 1999 (vale a dire quello di stipula del mutuo con il sino all’anno 2009 (ovverosia quello in cui il mutuo è stato estinto)…” Con ordinanza del 17/11/2023 la Corte ha rigettato l’istanza di sospensiva e ha rinviato la causa per la precisazione delle conclusioni e la decisione immediata ex art. 281 sexies c.p.c. All’udienza del 06/06/2025, la causa è stata discussa oralmente e trattenuta in decisione ai sensi del terzo comma dell’art.281 sexies c.p.c. (comma aggiunto dall’art.3 d.lgs.n.149/2022 e reso applicabile ai processi già pendenti alla data del 28.2.2023 dall’art.7 comma 3 d.lgs.n.164/2024). § 4 – L’appello proposto da è articolato in tre motivi.

§ 4.1 – Il primo motivo è intitolato “Sull’improcedibilità della domanda giudiziale per l’erronea introduzione del tentativo di mediazione:

la sentenza di primo grado è invalida” Lamenta l’appellante che il primo Giudice avrebbe erroneamente ritenuto procedibile la domanda giudiziale di accertamento, formulata dall’attore, senza avvedersi del vizio nell’introduzione del procedimento di mediazione, il cui invito sarebbe stato comunicato al solo difensore e non già personalmente alla signora , non comparsa innanzi al relativo organismo.

In tal senso non sarebbe sufficiente l’invio, al difensore costituito in giudizio, della convocazione in mediazione, dovendo essere recapitata personalmente alla parte, presso la relativa residenza;

a nulla varrebbe precisare che si trattava di una mediazione in corso di causa e che il difensore costituito in questo giudizio confermava di aver ricevuto l’invito, in assenza della relativa procura a rappresentare la signora innanzi all’organismo di mediazione.

Ne consegue che l’azione giudiziale avrebbe dovuto essere dichiarata da subito improcedibile.

Il motivo è infondato.

Il Tribunale non è incorso in alcuna violazione rispetto alla regolarità del procedimento di mediazione, dal momento che, dopo aver preso atto del deposito del verbale attestante l’esperimento con esito negativo del procedimento di mediazione, ha ritenuto del tutto superata la relativa eccezione promossa dalla convenuta, con la quale aveva dedotto l’improcedibilità della domanda per il mancato previo esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria.

Solo, infatti, con la memoria di replica la convenuta ha sostenuto che il tentativo di mediazione è stato erroneamente coltivato dall’attore, che ha comunicato l’invito in mediazione al solo difensore in giudizio della convenuta, sfornito del relativo potere speciale di mediare, e non anche personalmente alla Tali contestazioni tardive sono inammissibili anche in appello, stante le preclusioni processuali ex art. 183 c.p.c. comma 6 e la violazione del principio dell’integrità del contraddittorio.

Oltretutto è all’evidenza dimostrato che la convenuta fosse pienamente a conoscenza dell’esperimento del procedimento di mediazione, come emerge chiaramente dal verbale del 12/11/2018 e dalla comunicazione pec della convenuta allegata al verbale stesso.

Risulta, invero, che la sig.ra è stata regolarmente invitata dall’organismo “RAGIONE_SOCIALE” al procedimento di mediazione.

19/18 e, insieme al suo difensore, ha preso personalmente parte al primo incontro del 22/10/2018.

Si legge nel verbale del 12/11/2018 che nel corso del primo incontro la sig.ra ha chiesto personalmente un rinvio al fine di poter prendere visione del regolamento dell’organismo, che non era riuscita a scaricare dal web, e che, sempre a detto incontro, veniva consegnata copia cartacea del regolamento e disposto rinvio al 12/11/2018, ore 12:00, affinché detta parte potesse compiutamente conoscere tale regolamento e decidere di poter aderire o meno al procedimento di mediazione.

Inoltre, con la pec del 12/11/2018, l’avvocato COGNOME aveva comunicato che, a seguito di contatto telefonico con la sua assistita, questa lo aveva notiziato di non poter aderire al procedimento di mediazione in assenza di una disponibilità del fratello ad estendere il procedimento ad altre controversie tra loro pendenti.

A seguito del predetto scambio pec, non essendosi la sig.ra presentata all’incontro del 12/11/2018, il mediatore ha dichiarato concluso con esito negativo il relativo procedimento.

Ne consegue che ogni contestazione sul punto è, in ogni caso, priva di qualsivoglia fondamento.

§ 4.2 – Il secondo motivo è intitolato “Sull’erronea qualificazione come “compravendita” dell’operazione conclusa con la scrittura privata del 2001” L’appellante lamenta che il primo giudice avrebbe erroneamente qualificato quale “compravendita” l’operazione conclusa mediante la scrittura privata del 2001, disattendendo le regole sull’interpretazione del contratto ex art. 1362 cod. civile.

La domanda accolta dal giudice di prime cure sarebbe prescritta, giacché la scrittura privata del dicembre 2001 costituisce un mero contratto preliminare e non una compravendita, con la conseguenza che l’azione ex art. 2932 cod. civ. sarebbe stata promossa oltre il termine decennale.

Ciò è quanto sarebbe emerso dalla sentenza n. 2481/2009, nella quale il Tribunale di Roma aveva originariamente ritenuto la scrittura de qua un compromesso e dalla sentenza della Corte d’appello, adita dal che aveva recepito la ritrattazione confessoria dello stesso, il quale personalmente aveva attribuito alla scrittura privata del 2001 una qualificazione ed effetti diversi dalla compravendita.

Ne deriva che la qualificazione assegnata dal Giudice di primo grado all’operazione conclusa con la scrittura privata del 2001 sarebbe in contrasto con la portata dell’art. 1362 cod. civile, non avendo tenuto conto anche del contegno assunto dalle parti successivamente alla scrittura e del fatto che il prezzo della compravendita, che nella scrittura privata del 2001 quietanzato, non è mai stato corrisposto e che l’accollo delle rate del mutuo non si è mai verificato.

In ultimo, l’attore in primo non avrebbe fornito la prova:

del pagamento delle rate in favore del Banco di Napoli S.p.A.;

– che gli ordini di pagamento prodotti nelle copie fotostatiche disconosciute siano stati effettivamente incassati dalla signora , che anzi ha contestato la circostanza;

– di avere in concreto il possesso dell’immobile, risultando lettera morta anche la previsione contrattuale di consegnare l’immobile e le relative chiavi di accesso (cfr. art. 5 della scrittura privata del 2001), tanto che l’immobile è rimasto sempre nella titolarità e nel possesso della signora , come personalmente riconosciuto dallo stesso attore.

Il terzo motivo è intitolato “Sulla erronea negazione della natura simulata dell’operazione conclusa con la scrittura privata del 2001 e sull’erronea attribuzione di effetti giuridici meritevoli di tutela alla relativa operazione” Lamenta l’appellante che il primo Giudice avrebbe errato nella parte in cui, del tutto contraddittoriamente, ha negato la natura simulata dell’operazione conclusa nel 2001, attribuendo alla scrittura privata del 2001 un’efficacia traslativa invece espressamente esclusa dai paciscenti. Difatti, il Giudice di primo grado, una volta correttamente qualificata come “confessione” la rappresentazione personalmente resa dall’appellato innanzi alla Corte d’Appello, poi recepita nella relativa sentenza n.1163 del 2016, ha ritenuto che la stessa non fosse sufficiente ad escludere che la scrittura privata del 2001 producesse effetti tra le parti, piuttosto prospettandosi l’ipotesi dell’inesistenza di un valido negozio dissimulato.

Tuttavia, nessuna delle parti per espressa confessione dell’appellato – aveva:

(i) realmente attribuito alla scrittura privata del 2001 un’efficacia traslativa;

(ii) inteso qualificare “compravendita” l’operazione conclusa con la scrittura privata del 2001;

(iii) tenuto un contegno successivo compatibile ed in linea con un’eventuale efficacia traslativa dell’operazione.

Il Giudice di primo grado avrebbe dunque dovuto valorizzare la reale e ben diversa volontà di ciascuna parte di non attribuire a quell’operazione gli effetti tipici della compravendita, avvedendosi che la scrittura privata del 2001 sarebbe piuttosto un negozio apparente ex art. 1414

cod. civ. ovvero un negozio nullo per difetto di causa, ovvero ancora nullo perché concluso per un motivo illecito comune alle parti ex art. 1345 cod. civile.

Il secondo e il terzo motivo, che per ragioni di connessione saranno trattati congiuntamente, sono infondati.

Il Tribunale ha correttamente disatteso l’eccezione di prescrizione dell’azione di accertamento della proprietà e la domanda di accertamento simulazione, applicando, senza incorrere nei vizi denunciati, i criteri stabiliti per l’interpretazione del contratto ex art. 1362 cod. civile nonché i principi dell’onere della prova in materia di simulazione.

Sotto il primo profilo il primo Giudice ha escluso che la domanda formulata dal fosse prescritta, dal momento che non era finalizzata all’emissione di una sentenza ex art. 2932 cod. civ. per dare esecuzione al contratto preliminare, bensì ad ottenere l’accertamento dell’autenticità delle sottoscrizioni, apposte in calce alla scrittura privata del 3.12.2001, e, per l’effetto, della titolarità, in capo a sé, del diritto di proprietà sulle unità immobiliari.

Ciò è in linea con il principio espresso dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26136/2022, la quale ha stabilito che, quando è stato concluso un contratto definitivo di compravendita con scrittura privata non autenticata, l’interesse della parte alla documentazione del negozio nella forma necessaria per la trascrizione non trova tutela nel rimedio previsto dall’art. 2932 c.c., che concerne l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto e presuppone, quindi, la stipula di un preliminare, potendo essere soddisfatto, invece, con la pronuncia di una sentenza di mero accertamento dell’autenticità delle sottoscrizioni. Spiega la Corte in motivazione che, di fronte ad una proposta contrattuale relativa ad un contratto consensuale con effetti reali, quale la compravendita immobiliare, si pone, sotto il profilo dell’esecuzione negoziale richiesta, un’alternativa secca:

o la proposta non è stata ritualmente accettata, ed allora non vi è alcuna obbligazione da eseguire in quanto nessun contratto si è perfezionato;

o la proposta è stata accettata ed allora il contratto è già stato perfezionato nella sua componente consensuale e nei suoi effetti reali, per cui l’unico elemento ancora richiesto per l’opponibilità ai terzi è la redazione in atto pubblico con negozio ripetitivo, che trova rispondenza in sede giudiziale, non nell’azione costitutiva ex art. 2932 cod. civ., ma nell’azione di accertamento dell’avvenuto trasferimento di proprietà.

Va condivisa quindi la qualificazione da parte del primo Giudice dell’azione quale domanda di accertamento della proprietà, per sua natura imprescrittibile.

In tale prospettiva, deve ritenersi al pari corretta la qualificazione della scrittura privata del dicembre 2001 quale contratto di compravendita e non come preliminare.

In primo luogo, non coglie nel segno l’appellante laddove fa riferimento anche in sede di appello alla sentenza n.2481/2009, che aveva originariamente ritenuto la scrittura de qua un compromesso, dal momento che il primo Giudice ha chiaramente evidenziato che detta decisione fosse stata posta nel nulla dalla Corte d’Appello di Roma, che, con provvedimento n. 1163/2015, aveva dichiarato la nullità di tutto il giudizio di primo grado.

Di siffatta qualificazione non può pertanto tenersi conto.

può rilevare la ritrattazione confessoria del , che avrebbe attribuito alla scrittura privata del 2001 una qualificazione ed effetti diversi dalla compravendita e la confessione del mancato pagamento della quietanza, attenendo, semmai, tali circostanze al diverso ambito della simulazione.

Ciò che invece rileva, ai fini della realizzazione della compravendita, sono gli elementi perfettamente convergenti della volontà di addivenire al trasferimento immediato della proprietà, presenti nella scrittura privata, non rinvenendosi all’opposto alcun elemento incompatibile con detta volontà, se non la mera previsione della redazione di un atto pubblico, ricognitivo delle previsioni già concordate e necessario ai fini della trascrizione del negozio.

Il primo giudice ha infatti correttamente attribuito rilevanza alle espressioni e ai tempi verbali utilizzati nella scrittura, all’indicazione del prezzo, alle modalità di pagamento nonché alla previsione della consegna immediata delle chiavi dell’immobile, con l’assunzione dei relativi oneri e attività.

Si è poi escluso che la mera indicazione della data del rogito privasse il negozio di effetti reali, dal momento che è ben possibile, come accaduto nel caso di specie, che le parti si riservino di procedere alla successiva stipulazione dell’atto notarile al fine di rendere l’atto traslativo, tramite la sua trascrizione, opponibile terzi, ossequio principio giurisprudenziale sopra richiamato.

Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, il ha fornito la prova dell’esecuzione dell’accollo, previsto nell’atto di vendita, del mutuo fondiario residuo in capo alla venditrice, avendo versato le relative rate semestrali.

ha infatti prodotto gli assegni circolari nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA (doc. 18,), con i quali ha versato sul conto corrente della sorella le somme, pari all’importo di € 16.351,00, necessarie al pagamento della relativa rata di mutuo (docc. 3 e 18, fascicolo di primo grado) A seguito della stipula della scrittura, risulta che il ha anche versato le somme all’Istituto di credito (prima poi n. NUMERO_DOCUMENTO), disponendo bonifici dai propri conti corrente (cfr. doc. 18), producendo, per ogni singola rata, l’ordine o la contabile del bonifico, le attestazioni di pagamento a firma dello sportello esattore e/o il relativo estratto del conto corrente intestato al , dal quale risultano importi, date e causali dei relativi pagamenti. Tale documentazione, non specificatamente disconosciuta, costituisce un’ulteriore conferma della volontà delle parti di realizzare il trasferimento della proprietà mediante la scrittura privata del 2001, con l’esecuzione degli obblighi ivi previsti.

Infine, il mancato pagamento della parte del prezzo fatta oggetto di quietanza nella predetta scrittura privata, come rilevato dal primo giudice, non ha incidenza sulla volontà delle parti di trasferire effettivamente la del bene, avendo rilievo semmai sull’effettivo adempimento dell’obbligazione di pagamento posta a carico dell’acquirente, che però non è qui oggetto di discussione, non essendo stata proposta una specifica domanda di adempimento o di risoluzione dell’accordo per inadempimento.

Venendo al profilo della simulazione del contratto, deve al pari condividersi la conclusione del primo Giudice che ha evidenziato la mancanza di prova della natura simulata della scrittura privata, non essendo stata fornita la dimostrazione dell’esistenza di un contratto dissimulato ovverosia della cosiddetta controdichiarazione.

Il Tribunale ha in primo luogo escluso che nel caso di specie ricorresse una simulazione assoluta del contratto, che si realizza, infatti, quando le parti pongono in essere un contratto al solo scopo di creare una situazione giuridica apparente nei confronti dei terzi ma in realtà non vogliono che si producano tra di loro gli effetti di alcun negozio giuridico.

Si è quindi dato atto che, tutto al più, poteva trattarsi di simulazione relativa, avendo previsto un eventuale diverso accordo qualificabile come contratto preliminare e contemplante due obbligazioni alternative, di cui tuttavia non è stata fornita prova documentale.

Sul punto, infatti, non può assumere alcun valore di prova la confessione del , fatta in comparsa conclusionale, dovendosi escludersi che questa possa supplire alla mancanza del requisito formale rappresentato dalla controdichiarazione scritta, necessaria per il contratto diverso da quello apparentemente voluto (tra le tante Cass. n. 10933/2022).

Ne consegue che anche sul punto la sentenza è immune da censure.

In ultimo, la domanda di condanna per lite temeraria, formulata dall’appellato, deve essere respinta.

Difettano, ad avviso della Corte, i presupposti di cui al comma 1 dell’art. 96 c.p.c., e cioè l’aver agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, e quelli di cui al successivo comma 3, e cioè l’aver abusato dello strumento processuale, posto che la responsabilità per lite temeraria non consegue alla mera infondatezza della domanda, ma necessita della mala fede o colpa grave, elementi che nella specie non si ravvisano, così come non si ravvisa l’esercizio ad opera della parte soccombente delle sue prerogative processuali in modo abusivo, cioè senza tener conto degli interessi confliggenti in gioco, sacrificandoli ingiustificatamente o sproporzionatamente in relazione all’utilità effettivamente conseguibile, da desumersi in termini oggettivi dagli atti del processo o dalle condotte processuali e senza che il giudizio sulla antigiuridicità della condotta processuale possa farsi derivare automaticamente dall’infondatezza delle azionate pretese (cfr. Cass. n. 26545 del 30/09/2021). Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, la sentenza, va confermata, avendo il Tribunale correttamente accertato la proprietà dell’immobile in capo a istanze istruttorie, il cui esame non risulta necessario ai fini della decisione, rimangono assorbite da quanto fin qui espresso.

Infine, per le ragioni che precedono, risulta irrilevante, ai fini del decidere, l’esame della documentazione, in parte nuova, versata dall’appellante con le note conclusive del 16/05/2025.

In conclusione, l’appello va rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

§ 5. – Le spese del grado seguono la soccombenza e vanno liquidate, ex decreto n. 147 del 13/8/2022, in rapporto allo scaglione (da € 260.001,00 a € 520.000,00) di riferimento in relazione all’effettivo valore della causa, secondo parametri medi.

§ 6. – Trattandosi di procedimento di appello introdotto dopo la data del 31.1.13 (entrata in vigore della L. n. 228/12)

deve darsi atto che sussistono i presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater TU approvato con DPR n. 115/02 come modificato dall’art. 1 comma 17 L. n. 228/12 a carico dell’appellante.

PER QUESTI MOTIVI definitivamente pronunciando sull’appello proposto da nei confronti di , contro la sentenza n. 6382/2023, pubblicata il 21/04/2023, resa tra le parti dal Tribunale di Roma, ogni altra conclusione disattesa, così provvede:

1. – rigetta l’appello e conferma la sentenza n. 6382 del 2023 del Tribunale di Roma;

2. – condanna al pagamento delle spese di lite in favore di , liquidate in complessivi € 20.119,00, di cui € 4.389,00 per la fase di studio, € 2.552,00 per la fase introduttiva, € 5.880,00 per la fase di trattazione, € 7.298,00 per la fase decisoria, oltre rimborso forfettario al 15%, iva e cap come per legge;

3. – dichiara che sussistono i requisiti di cui all’art. 13 comma 1 quater TU approvato con DPR n. 115/02 come modificato dall’art. 1 comma 17 L. n. 228/12, per il pagamento a carico dell’appellante di un ulteriore importo pari a quello già versato a titolo di contributo unificato.

Così deciso in Roma il giorno 06/06/2025.

L’estensore Il presidente NOME COGNOME NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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