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Con il termine slave (in italiano schiavo), nel lessico proprio alla comunità BDSM, ci si riferisce generalmente al soggetto, di sesso maschile o femminile, in condizione di sottomissione fisica e/o psicologica rispetto al soggetto dominante (Dom). Contrariamente al mondo anglosassone, in Italia è invalso l’uso improprio di denominare come slave chiunque pratichi BDSM come sottomesso, ignorando quasi completamente termini intermedi come sottomesso, sub e altri. In realtà, essere slave è la forma più estrema di sottomissione e consiste nel far dono di sé al soggetto dominante, che in tal caso può essere una Mistress (padrona) o un Master (padrone), rinunciando in modo totale a qualunque forma di parità. Lo slave si identifica nell’appartenenza al proprio padrone, fermo restando che ciò avviene sempre nell’ambito di rapporti consapevoli e consensuali identificabili come SSC o RACK e che tale “appartenenza” non ha nessun valore legale. Pochissimi, anche in ambito BDSM, sono slave, la qual cosa, in base a quanto detto, si configura come una vera e propria scelta di vita che va ben oltre il gioco occasionale. In modo più specifico, lo/a slave è colui o colei che vive la condizione di sottomissione all’interno di una relazione continuativa (24/7) o comunque prolungata nel tempo e comprendente aspetti sentimentali, relazionali e sessuali, sempre se ciò è voluto dalla parte dominante.

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