R.G. 26/2021
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano La Corte d’Appello di Firenze, sezione Iª civile, in persona dei magistrati ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._846_2025_- N._R.G._00000026_2021 DEL_29_04_2025 PUBBLICATA_IL_06_05_2025
Sull’appello come in atti proposto da (anche quali eredi di rappresentati e difesi dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
Appellanti nei confronti di per essa la mandataria rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
e per essa la mandataria (quale soggetto subdelegato da , a sua volta mandataria e procuratrice speciale di , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
Nonché nei confronti di (quale cessionaria di Dott.ssa NOME COGNOME Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere rel. (quale mandataria della , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
Appellati Dott. avente ad oggetto:
appello avverso sentenza del Tribunale di Firenze n. 2528/2020, pubblicata il 18/11/2020 e notificata in data 26/11/2020, Esaminati gli atti, sulle seguenti conclusioni:
– per gli appellanti:
Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello di Firenze, ogni e diversa contraria istanza, deduzione o domanda disattese, premesse le declaratorie del caso e di legge, in riforma della Sentenza n. 2528/2020 emessa dal Tribunale di Firenze pubblicata il 18/11/2020 e notificata in data 26/11/2020 NEL MERITO:
– dichiarare l’inesistenza del diritto della (già a procedere ad esecuzione forzata per tutti i motivi dedotti, accertando e dichiarando:
– l’assenza di un valido titolo esecutivo in relazione al contratto di apertura di credito in conto corrente ipotecario per le ragioni dedotte;
– la nullità del contratto 4/9/2007 per assenza di requisito essenziale In relazione ai contratti di mutuo In via principale – accertare e dichiarare che i contratti di mutuo oggetto di causa contengono pattuizioni di interessi, ab origine, “usurari”, poiché superiori al tasso soglia determinato ex lege 108/1996, per quel tipo di operazioni finanziarie ed in quel tempo;
per l’effetto, accertare e dichiarare che, ai sensi dell’art. 1815 c.c., non sono mai stati dovuti dalla mutuataria interessi ed altri oneri ad esclusione di quelli tributari, in relazione a tutta la durata contrattuale e che sono sempre state dovute, alle scadenze pattuite, le sole quote di capitale per ciascuna rata;
, conseguentemente dichiarare la non avvenuta decadenza dal beneficio del termine, la nullità della dichiarazione unilaterale di risoluzione e, per l’effetto – Ordinare alla banca il ripristino del mutuo, accertando e dichiarando il diritto della mutuataria di proseguire nel pagamento delle rate, nelle sole quote capitali delle medesime secondo il piano di giuridico effetto l’atto di precetto, la dichiarazione di decadenza dal beneficio del termine, la risoluzione unilaterale del contratto, e conseguentemente, dichiarare nulli e di nessun giuridico effetto gli atti ulteriori, quali la notifica del pignoramento, la trascrizione del pignoramento l’apertura del procedimento esecutivo, e per l’effetto ordinare al Conservatore dei Registri Immobiliari di Firenze la cancellazione della trascrizione del pignoramento ed estinguere l’odierna procedura esecutiva immobiliare; In via subordinata:
– Accertare e Dichiarare la nullità della clausola di determinazione del tasso ex art. 117 comma 4- 6 TUB del mutuo oggetto di causa e le sue conseguenze come in narrativa – per l’effetto, accertare e dichiarare che, ai sensi dell’art. 117 comma 7 TUB , sono sempre stati dovuti gli interessi al tasso minimo dei Bot, in relazione a tutta la durata contrattuale – per l’effetto accertare e dichiarare il diritto della mutuataria di proseguire nel pagamento delle rate, comprensive della quota capitale e del tasso minimo Bot fino al termine del contratto. In via ulteriormente subordinata:
– accertare e dichiarare la nullità del piano di ammortamento alla francese quale risultato di calcolo anatocistico vietato, oltre che per indeterminatezza e indeterminabilità dell’oggetto;
– In tutti i casi valorizzare le somme anticipatamente versate con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria e rideterminare per effetto di questi due diversi importi, le rate di ripresa dei pagamenti ove il credito della non sia completamente esaurito In ogni caso:
dichiarare l’inesattezza della prestazione non dovuta più alta richiesta dalla ai mutuatari sia nel caso di usura che in caso di nullità del tasso e quindi dichiarare che i ricorrenti non si sono mai resi inadempienti nel pagamento delle rate ai sensi dell’at. 1218 c.c. Sulle spese:
Con vittoria di spese, diritti, onorari, IVA e cpa come per legge oltre al rimborso delle spese generali nella misura di legge spese da distrarsi a favore del procuratore antistatario ex art. 93 c.p.c..
e pregiudizialmente e contemporaneamente In via istruttoria, con ogni più ampia riserva di integrazione nei termini di legge si chiede:
– che venga disposta apposita CTU contabile volta a determinare i tassi effettivi pattuiti e praticati ai contratti di mutuo sia con riferimento al tasso moratorio, sia con riferimento al tasso corrispettivo avendo cura di analizzare tutte le pattuizioni contrattuali alla stipula.
– In particolare determini il TAE praticato alla stipula, – l’ISC o TAEG e il TEG alla stipula.
– In caso di riscontrato superamento della soglia di usura di qualunque tasso del mutuo oggetto di causa, consideri come valido il piano di ammortamento costituito dalla sola quota di capitale contenuta nelle rate del piano originario;
– determini, in base ai pagamenti effettuati, la somma complessivamente versata, stabilendo a quale rata, del piano di ammortamento depurato dagli interessi, era arrivata a pagare la mutuataria alla data di notificazione del precetto e di la verifica dopo aver valorizzato le somme versate in anticipo, con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, fino a quando i pagamenti iniziano a diventare compensativi del piano di rimborso valido.
– determini il nuovo piano di ammortamento vincolante per la parte mutuataria e la rata di ripresa dei pagamenti;
– In caso di riscontrata nullità del tasso corrispettivo ex art. 117 commi 4- 6 TUB, riformuli per entrambi i contratti il piano di ammortamento al tasso minimo dei Bot ai sensi del successivo comma 7 ricontabilizzando i pagamenti effettuati a tale piano riformulato determinando a quale punto del piano di rimborso valido per legge siano avvenuti i pagamenti.
Effettui la verifica dopo aver valorizzato le somme versate in anticipo, con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, fino a quando i pagamenti iniziano a diventare compensativi del piano di rimborso valido.
– Accerti se si siano verificate in entrambi i casi ( nullità 117 TUB e usura) le condizioni di esecutorietà del titolo esecutivo si fossero verificate quindi se all’atto di notifica del precetto i mutuatari fossero in ritardo con il pagamento delle rate di entrambi i mutui e se alla data di risoluzione dei contratti le condizioni di cui all’art. 40 TUB di almeno 7 rate anche non consecutive e/o anche di una sola oltre 180 gg dalla sua scadenza rispetto ai piani di ammortamento riformulati in conseguenza delle riscontrate nullità si erano verificate; – per l’appellata “Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello adita, adversis reiectis, respingere l’appello perché infondato in fatto ed in diritto e non dimostrato.
Con vittoria di spese, compensi e rimborsi di entrambi i gradi del giudizio.
” – per l’appellata “Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello adita, adversis reiectis, respingere l’appello perché infondato in fatto ed in diritto e non dimostrato.
Con vittoria di spese, compensi e rimborsi di entrambi i gradi del giudizio.
” – per l’appellata “Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello adita, adversis reiectis, respingere l’appello perché infondato in fatto ed in diritto e non dimostrato.
Con vittoria di spese, compensi e rimborsi di entrambi i gradi del giudizio.
– per l’appellata , (già nella sua qualità di procuratore di “Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello di Firenze, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, respingere l’appello eventualmente proposto dai signori nei confronti di confermando sul punto la sentenza del Tribunale di Firenze n. 2528/2020”.
DEL PROCESSO E
MOTIVI DELLA DECISIONE
La presente vicenda trae origine dalla procedura di esecuzione immobiliare, con RGE n. 546/2013 promossa da , nei confronti di.
Alla procedura esecutiva, sono state riunite altre procedure esecutive promosse da altri creditori:
la e la Il presente procedimento costituisce la fase di merito che si è aperta a seguito dell’opposizione, da parte degli esecutati, avverso l’esecuzione immobiliare promossa dalla Gli attori/opponenti hanno promosso opposizione assumendo, in sostanza, che i due contratti in forza dei quali la aveva agito in via esecutiva (nel dettaglio, un contratto di finanziamento in apertura di credito in conto corrente stipulato in data 25.01.2001 e poi modificato con atto pubblico il 14.07.2007 ed un contratto di mutuo fondiario stipulato il 02.08.2010), erano affetti da una serie di vizi idonei a determinarne quanto meno la nullità parziale. Con riguardo al contratto di finanziamento ipotecario di originari £ 1.300.000.000, stipulato il 25.01.2001 e successivamente modificato con atto notarile del 14.09.2007, deducevano quanto segue:
(i) esso non poteva costituire valido titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 cpc, poiché il credito sarebbe stato manchevole dei requisiti di esigibilità, certezza e liquidità;
(ii) il contratto sarebbe stato nullo per assenza dell’ ;
(iii) il contratto sarebbe stato affetto da usura in concreto;
(iv) il tasso pattuito sarebbe stato usurario (il tasso nominale di mora era del 9,624% (6,624% + 3%) > 8,37% TSU);
(iv) sarebbe stata affetta da nullità, la clausola con cui gli interessi erano stati parametrati all’Euribor allora “in vigore”.
Con riguardo al contratto di mutuo fondiario del 02.08.2010 (avente ad oggetto un prestito di € 125.000,00), deducevano quanto segue:
(i) Usurarietà del tasso nominale di mora alla stipula;
(ii) Violazione art. 117 TUB 4° – 6° co, in relazione all’8°co, per mancata indicazione del tasso di interesse praticato e per pattuizione contrattuale di TAEG più sfavorevole rispetto a quello pubblicizzato in contratto tramite ISC;
(iii) Nullità del piano di ammortamento alla francese per violazione del divieto di anatocismo.
Nel giudizio si costituivano:
(quale NOME (quale soggetto subdelegato da mandataria e procuratrice speciale di divenuta nel 2018 cessionaria di un portafoglio di crediti classificati “a sofferenza” della cedente tra cui rientrava quello di finanziamento del 2001/modificato 2007).
Con altra cartolarizzazione in blocco, avente efficacia a partire dal 03.10.2019, la cedeva anche il credito di cui al contratto di mutuo fondiario del 02.08.2010 alla Quest’ultima conferiva mandato alla a compiere tutte le attività necessarie alla gestione dei crediti, tra cui quello de qua.
Quest’ultima si costituiva dunque nel presente giudizio e richiedeva l’estromissione della Con sentenza n. 2528/2020, pubblicata il 18/11/2020 e notificata in data 26/11/2020, il Tribunale di Firenze, così statuiva:
“- rigetta la domanda attorea;
– rigetta la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. proposta da – condanna parte attrice al pagamento delle spese processuali della presente fase di giudizio che liquida, in ragione delle diverse attività difensive espletate in:
– € 2.500 oltre spese generali nella misura del 15%, CAP e IVA di legge se dovuti, in favore della difesa di – € 1.500,00 oltre spese generali nella misura del 15%, CAP e IVA di legge se dovuti, in favore della difesa di ;
– € 1.000,00 oltre spese generali nella misura del 15%, CAP e IVA di legge se dovuti, in favore della difesa di A sostegno della decisione, il giudice motivava come di seguito.
In ordine al contratto di finanziamento fondiario sotto forma di apertura di credito in c/c del 2001 e al successivo e modificativo atto pubblico del 14.09.2007, rilevava quanto segue:
1) il titolo esecutivo sulla cui base l’istituto di credito aveva intentato l’azione esecutiva era, per l’esattezza, l’atto notarile del 14.09.2007, con cui le parti avevano rinegoziato la durata dell’originario contratto di anticipazione di credito in c/c del 25/01/2001, mediante nuova previsione di rimborso rateale ed espressa ricognizione di debito € 617.000,00;
2) l’omessa indicazione dell’ nel contratto de qua non incideva sulla sua validità, perché l’ svolge unicamente una funzione informativa e non costituisce una specifica condizione economica da applicare al RAGIONE_SOCIALE rilevare al più sotto il profilo della responsabilità contrattuale e/o precontrattuale;
3) il contratto de qua non poteva ritenersi nullo per usura in concreto, poiché le parti non avevano provato le condizioni di difficoltà economico – finanziarie di cui all’a. 644 cp, come meglio specificati dalla Cass. pen. n. 18778/2014;
4) il contratto non poteva ritenersi nullo neppure per nullità della clausola che determinava il tasso utilizzando come parametro l’Euribor (in un’epoca in cui esso sarebbe stato afflitto da manipolazione per violazione norme Antitrust), perché la normativa Antitrust non era invocabile nel caso di specie, in quanto posta a presidio degli interessi degli imprenditori commerciali e perché non risultava che l’istituto di credito avesse partecipato all’intesa illecita anticoncorrenziale;
5) il tasso di mora contrattualmente stabilito dalle parti, pari a 9,624% (derivante dalla seguente somma:
6,624% + 3%), non superava il tasso soglia di cui alla l. n. 108/96 pro tempore in vigore pari a 11,52% (calcolato nel seguente modo: somma del TEGM terzo trimestre 2007 per mutuo a tasso variabile pari a 5,58% a 2,1 punti, aumentata del 50%) ed era, quindi, valido.
In ordine al contratto di mutuo fondiario concluso nel 2010, invece, rilevava quanto segue:
1) Il contratto non poteva ritenersi nullo per violazione dell’a. 117 TUB sulla trasparenza bancaria;
in particolare, non poteva dirsi che l’istituto di credito aveva fornito un ICS inferiore rispetto a quello concretamente praticato, atteso che, nella determinazione dell’ICS, non dovevano essere computati i costi relativi alla cancellazione ipotecaria e quelli relativi all’imposta sostitutiva;
a sostegno, il primo giudice rilevava che tali voci non erano funzionali a remunerare il credito, ma trovavano la loro causa nella diversa funzione di garanzia e nell’imposizione tributaria;
2) Il tasso di mora contrattualmente stabilito dalle parti, pari a 6,25% (derivante dalla seguente somma:
3,25% + 3 punti), non superava il tasso soglia di cui alla l. n. 108/96 pro tempore in vigore pari a 6,99% per mutuo a tasso variabile pari a 2,56% a 2,1 punti, aumentata del 50%) ed era, quindi, valido;
3) Il piano di ammortamento alla francese previsto nel contratto non doveva ritenersi produttivo di anatocismo ai sensi dell’a. 1283 cc, poiché il meccanismo di calcolo non determinava la capitalizzazione degli interessi moratori.
Avverso la sentenza de qua, hanno proposto appello i sig.ri per i seguenti motivi:
1) Col primo motivo, hanno censurato la decisione del Tribunale per aver contraddittoriamente motivato in ordine all’idoneità del contratto modificativo del 2007, qualificabile come “mutuo fondiario”, a fungere da titolo esecutivo, in particolare per mancanza della dazione di denaro;
chiedono, quindi, che sia:
“Accertato che il contratto notarile del 14/9/2007, sebbene denominato “atto modificativo di apertura di credito”, in realtà è un contratto di mutuo ipotecario, in assenza del requisito della dazione di denaro, dichiara la nullità del contratto, con conseguente assenza di esecutività dello stesso e impossibilità di proseguire l’esecuzione immobiliare sulla base del predetto titolo stragiudiziale”;
2) Col secondo motivo, hanno censurato la decisione del giudice per non aver considerato l’ quale elemento contenutistico indispensabile ai fini della validità del contratto di finanziamento ex a. 117, co. 8 TUB (a mente del quale:
“i contratti e i titoli difformi (dal modello legale) sono nulli”);
chiedono, dunque, la riforma della sentenza impugnata nei seguenti termini:
“Accertato che nel contratto del 14/9/2007 manca l’indicazione dell’ con conseguente violazione dell’art. 117 comma 8 TUB, dichiara la nullità del contratto con conseguente impossibilità di proseguire l’esecuzione immobiliare sulla base del predetto titolo stragiudiziale”;
3) Col terzo motivo, hanno censurato la decisione del giudice per non aver rilevato la nullità derivata del contratto del 14.09.2007, poiché il piano restitutorio è stato parametrato al tasso Euribor e dunque per via dell’illiceità dell’intesa sanzionata dall’Antitrust a valle;
chiedono dunque la riforma della sentenza impugnata nei seguenti termini:
“Accertata la manipolazione del parametro Euribor e la conseguente violazione della normativa antitrust ne consegue la nullità della clausola relativa al tasso Par Parperiodo dell’accertata manipolazione del parametro variabile Euribor dal 29/9/2005 al 30/5/2008”;
4) Col quarto motivo, hanno censurato la decisione del giudice per non aver rilevato l’usurarietà del tasso di mora alla stipula di entrambi i contratti oggetto di causa (quello del 14/9/2007 e quello del 2/8/2010);
in particolare, gli appellanti hanno dato atto del fatto che le SSUU del 2020 medio tempore intervenute in materia di usura, pur essendo coerenti con la lettura del Tribunale, dovevano essere disattese per tutta una serie di argomentazioni analiticamente esposte;
in tale ottica, gli appellanti hanno affermato che il tasso di mora pattuito avrebbe dovuto essere rapportato al tasso soglia previsto dalla legge e non anche al tasso di “mora” statisticamente rilevato;
per le ragioni suddette, gli stessi hanno chiesto la riforma della sentenza nei seguenti termini:
“Accertata la nullità del tasso di mora pattuito nei contratti oggetto di causa perché superiore alla soglia usura di legge alla stipula, dichiara che nessun interesse corrispettivo è dovuto ai sensi dell’art. 1815 comma 2 c.c.”;
5) Col quinto motivo, hanno censurato la decisione del giudice per non aver rilevato la mancata indicazione del tasso di interesse praticato nel contratto di mutuo del 2010 e dunque per non aver accertato la violazione della normativa in tema di trasparenza bancaria da parte del contratto stesso;
secondo gli appellanti, una corretta applicazione dell’a. 117, co. 4 avrebbe condotto il giudice a decretare la nullità della clausola di pattuizione degli interessi e la sua sostituzione automatica col tasso minimo BOT ex a. 117, co. 7 TUB;
6) Col sesto motivo, hanno censurato la decisione del giudice per non aver rilevato una discrepanza tra l’ICS indicato nel contratto e quello effettivo, non dando rilevanza ai fini del calcolo del primo, all’imposta sostitutiva e alle spese per la cancellazione dell’ipoteca;
chiedono dunque che la sentenza sia riformata nei seguenti termini:
“Accertata la nullità del tasso corrispettivo per errata indicazione dell’ISC ex art. 117 comma 6 TUB nel contratto di mutuo dichiara, ai sensi del successivo comma 7, la nullità della clausola dell’interesse corrispettivo e la sua sostituzione di imperio con il tasso minimo dei Bot”;
7) Col settimo motivo (rubricato per errore “ottavo”), hanno censurato la ammortamento alla francese nel contratto di mutuo, escludendo la violazione dell’a. 1283 cc;
secondo gli appellanti, una verifica a monte anziché a valle del piano di ammortamento, consentiva di apprezzare l’emersione dell’anatocismo;
concludono, quindi, per la modifica della sentenza nei seguenti termini:
“Accertata la nullità del calcolo di determinazione del piano di rimborso alla francese adottato nei contratti di mutuo, 14/9/2007 e 2/8/2010, e la nullità della pattuizione economica per indeterminatezza e indeterminabilità dell’oggetto, posta l’assenza di specificazione del regime finanziario di rimborso e dei parametri in base ai quali la rata potrà variare nel tempo, dichiara nulla la pattuizione economica ai sensi e per gli effetti dell’art. 1283 c.c. e dell’art. 1346 cc e 1418 c.c., con sostituzione del tasso convenzionale con il tasso legale, depurato da qualunque calcolo anatocistico”. Tanto premesso, gli appellanti assumono che le nullità rilevate (per usura e per violazione della legge in materia di trasparenza bancaria) comportano la necessaria rideterminazione minus delle prestazioni dovute.
conseguenza, secondo gli stessi, avendo la richiesto delle somme superiori a quelle dovute, non si sarebbe mai realizzato l’inadempimento di cui al co. 2 dell’a. 40 del che legittima appunto la risoluzione dei contratti e la restituzione integrale del capitale prestato.
Di qui, l’impossibilità di riconoscere l’obbligo restitutorio avente ad oggetto il capitale e quindi l’invalidità dei titoli esecutivi.
Al fine di rideterminare il quantum debeatur, gli appellanti hanno reiterato la richiesta di espletamento della CTU.
Si è costituita la (quale cessionaria di ), contestando tutto quanto ex adverso dedotto in fatto ed in diritto e chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
Si è costituita la (quale procuratore della richiamando integralmente gli scritti depositati in primo grado e ribadendo che l’appello non attiene alla sua posizione creditoria e comunque chiedendone il rigetto con condanna alle spese del giudizio.
Si è costituita la quale procuratrice della (cessionaria della rispetto al credito di cui al contratto di mutuo fondiario del 02.08.2010), la quale ha svolto difese con riguardo ai motivi 4, 5, 6 e 7 dell’atto di appello.
Ha quindi concluso per la conferma della sentenza Parte è infine costituita la quale soggetto subdelegato da mandataria e procuratrice speciale di (cessionaria della rispetto al credito di cui al contratto di finanziamento del 25.01.2001, modificato il 2007), la quale ha svolto difese con riguardo ai motivi 1, 2, 3, 4 e 8 dell’atto di appello.
Ha quindi anch’essa concluso per la conferma della sentenza impugnata.
All’udienza del 19.03.2024, tenutasi in modalità cartolare, la Corte ha trattenuto la causa in decisione, concedendo i termini di cui all’a. 190 cpc. L’appello è infondato.
Col primo motivo, gli appellanti contestano la decisione del primo giudice nella parte in cui avrebbe omesso di dichiarare quale fosse il titolo esecutivo in base al quale la aveva agito e comunque rilevando l’inidoneità, a tale scopo, dell’atto notarile del 14.09.2007, qualificabile come “mutuo fondiario” o “mutuo ipotecario”, per mancanza del requisito essenziale della dazione/erogazione di denaro, assumendo in sostanza il contratto non conteneva un obbligo restitutorio attuale.
La decisione del primo giudice, sul punto, è corretta.
È chiaro innanzitutto che il Tribunale, nell’evocare “i due titoli esecutivi posti a fondamento dell’esecuzione” stava facendo riferimento, da un lato, all’atto notarile del 14.09.2007, dall’altro, seppur implicitamente, al contratto di mutuo fondiario del 2010.
Il contratto di apertura di c/c stipulato il 25.01.2001 rilevava, invece, come causa giustificativa della ricognizione di debito e non come titolo esecutivo in sé considerato.
In secondo luogo, non colgono nel segno le censure relative all’esatta qualificazione del contratto e all’assunta mancata dazione della somma mutuata, atteso che il credito menzionato nell’atto pubblico doveva ritenersi certo, liquido ed esigibile in forza dell’espresso riconoscimento del debito contenuto nelle premesse dell’atto stesso, effettuato per tabulas dagli stessi sig.ri Col secondo motivo, gli appellanti censurano la sentenza per non aver rilevato la nullità del contratto del 14.09.2007 per mancata indicazione dell’ICS e dunque per violazione dell’a. 117, co. 8 del TUB.
A sostegno, hanno evidenziato che l’indicatore sintetico di costo assurgerebbe a “contenuto credito” (richiamando sul punto le Istruzioni della Banca d’Italia e altra normativa secondaria).
Il Tribunale ha escluso la conseguenza della nullità, rilevando in sostanza che il vizio di omessa indicazione dell’ICS costituirebbe al più la violazione di un dovere informativo e non anche di una regola di validità del contratto.
Il ragionamento è da condividere.
Può osservarsi che la giurisprudenza di legittimità ha escluso che la mancata o scorretta indicazione del TAEG/ICS possa determinare ex se la nullità del contratto bancario.
Anche di recente, ha infatti chiarito che:
“in tema di contratti bancari, l’indice sintetico di costo (ISC), altrimenti detto tasso annuo effettivo globale (TAEG), è solo un indicatore sintetico del costo complessivo dell’operazione di finanziamento, che comprende anche gli oneri amministrativi di gestione e, come tale, non rientra nel novero dei tassi, prezzi ed altre condizioni, la cui mancata indicazione nella forma scritta è sanzionata con la nullità, seguita dalla sostituzione automatica ex art. 117 d.lgs. n. 385 del 1993, tenuto conto che essa, di per sé, non determina una maggiore onerosità del finanziamento, ma solo l’erronea rappresentazione del suo costo globale, pur sempre ricavabile dalla sommatoria degli oneri e delle singole voci di costo elencati in contratto” (Cassazione, sent. n. 39169/2021). Detto altrimenti, la Cassazione ha messo in evidenza come l’ICS sia un indicatore, un parametro che agevola colui che si trova a stipulare un contratto di finanziamento nella comprensione del costo del finanziamento stesso, e non rappresenta il tasso d’interesse effettivamente praticato.
Per questo, l’erronea indicazione/rappresentazione di detto indicatore non può essere assimilata – ai fini della nullità di cui all’a. 117 del TUB – all’erronea indicazione nel contratto del tasso d’interesse.
Tanto premesso, è condivisibile il rilievo del primo giudice, che ha osservato che la violazione dei doveri informativi può al più determinare una responsabilità di natura precontrattuale e/o aquiliana, e non anche incidere sulla validità e l’efficacia del contratto.
Col terzo motivo, gli appellanti hanno ribadito che anche il tasso pattuito nel contratto del 14.09.2007 era da ritenersi nullo, nello specifico per violazione della normativa Antitrust, dovuta all’accertata manipolazione dell’Euribor nel periodo che va dal 29.09.2005 al 30.05.2008.
Anche in questa parte, la decisione del primo giudice deve trovare conferma in quanto corretta sul piano giuridico.
La lettura promossa dagli appellanti è interessi, era considerarsi nulla come conseguenza derivata dell’accertamento dell’illecito anticoncorrenziale che si pone a monte della vicenda.
La lettura non può essere condivisa, poiché tra l’intesa a valle ed il contratto a monte non è ravvisabile quel collegamento negoziale che consente al giudice di riscontrare la c.d. “nullità derivata”.
Osta in tal senso sia la diversità soggettiva tra coloro che hanno preso parte all’intesa e coloro che hanno preso parte al contratto, sia la mancanza del nesso teleologico, ossia l’intento unitario che le parti avrebbero inteso perseguire.
Il fatto che la giurisprudenza di legittimità abbia esteso la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni anche a tutti coloro che, pur non espressamente presi in considerazione dalla normativa Antitrust, abbiano subito gli effetti pregiudizievoli dell’intesa anticoncorrenziale, non sposta i termini della questione.
Essi potranno agire per il risarcimento del danno derivante da illecito, ma non possono invece invocare la nullità derivata del contratto che avrebbe dato effetto a quell’intesa.
Col quarto motivo, gli appellanti reiterano l’eccezione di usura dei tassi nominali di mora applicati tanto nel contratto del 14.09.2008, quanto nel contratto del 02.08.2010.
Preliminarmente, occorre dar conto del fatto che, pur non essendo ancora intervenute le SSUU del 2020 (n. 19597/2020) sul computo degli interessi moratori ai fini dell’usura, il Tribunale aveva già aderito all’indirizzo che è poi risultato prevalente:
gli interessi moratori devono essere computati ai fini dell’usura, tuttavia, per valutare il superamento del tasso soglia da parte del TEG, occorre tener conto delle rilevazioni dei tassi di mora da parte della Banca d’Italia.
Il primo giudice ha dunque individuato il c.d. “tasso soglia di mora” per entrambi i contratti, maggiorando il TEGM di riferimento di 2,1 punti percentuali (individuati dalla Banca d’Italia quale maggiorazione mediamente stabilita per i casi di ritardato pagamento) ed operando un aumento del 50% a titolo di spread.
Gli appellanti invocano, in sostanza, il discostamento dalla pronuncia a SSUU, portando a sostegno tutte quelle ragioni che furono evidenziate da altri orientamenti giurisprudenziali per escludere la manipolabilità del tasso soglia legale, mediante aggiunta al tasso – soglia del tasso di mora così come rilevato corretti e non vi sono ragioni per discostarsi dall’indirizzo esegetico de qua, essendo oramai pedissequamente seguito dalla giurisprudenza di merito e non smentito dalle successive pronunce della Corte di Cassazione. Con il quinto motivo, gli appellanti reiterano l’eccezione di nullità del contratto di mutuo del 2010 per mancata indicazione del tasso di interesse praticato (c.d. TAE), rilevando in proposito che tale dato informativo sarebbe diverso dal TAN (invece indicato) e che quindi difetterebbe del contenuto richiesto dall’a. 117, co. 4 TUB.
Anche tale motivo è infondato.
Correttamente in sentenza si legge che il contratto conteneva:
“il TAEG, l’importo della somma data a mutuo, la durata, il tasso d’interesse nominale annuo, il parametro di indicizzazione, lo spread, il tasso di mora, le spese per la stipula del contratto, le spese di gestione, la tipologia di ammortamento, la periodicità e la tipologia delle rate ed anche l’ultima rilevazione dei parametri di riferimento ed calcolo dell’importo della rata”.
In altre parole, il Tribunale ha escluso la rilevanza dell’omessa indicazione del TAE in ragione del fatto che il documento contrattuale e i relativi allegati restituivano un’agevole individuazione delle condizioni economiche del contratto (si veda, sul punto, il documento di sintesi allegato al contratto, dove vengono indicate in modo analitico le condizioni economiche).
Del resto, può osservarsi come la stessa giurisprudenza di legittimità abbia escluso che anche la mancata indicazione del TAN e l’esclusiva indicazione del TAEG potesse rilevare ai sensi dell’a. 117, co. 4 TUB, quando comunque l’insieme delle informazioni fornite dalla banca consentono la valutazione del costo del finanziamento (cfr. Cass. sentenza n. 26051/2024, pubbl. il 13.06.2024).
Per tutte le ragioni suddette, anche tale motivo dev’essere rigettato.
Col sesto motivo, gli appellanti censurano la decisione del Tribunale nella parte in cui, sempre con riguardo al contratto del 2010, ne ha escluso la nullità parziale per erronea indicazione del TAEG/ISC effettivamente praticato.
Sul punto, hanno osservato che l’istituto di credito non avrebbe computato, ai fini del calcolo, l’imposta sostitutiva e le spese di cancellazione di ipoteca, di talché, a fronte di un ICS indicato pari al 3,34%, nel contratto si sarebbe dovuto indicare un ICS effettivo pari a 3,414%.
Anche tale motivo è infondato.
Sul punto, possono integralmente richiamarsi le considerazioni espresse con riguardo al secondo motivo di appello, che attiene all’omessa indicazione dell’ICS nel contratto del 2007.
In aggiunta, può osservarsi come l’ipotesi de qua debba comunque essere tenuta distinta da quella evocata co.
6 dell’a. 117 del TUB, che testualmente fa riferimento
ai:
“tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati”.
La norma evoca l’ipotesi in cui la banca pubblicizza un tasso d’interesse minore di quello effettivamente praticato, dove il problema è rappresentato dalla maggiore onerosità del finanziamento rispetto a quanto previsto.
Nel caso di specie, invece, l’errata indicazione dell’ICS non impedisce al cliente di valutare il costo globale dell’operazione, che è comunque ricavabile dalle singole voci del contratto.
Né determina una maggiore onerosità del finanziamento.
Oculatamente, poi, gli appellati evidenziano come la sanzione della nullità per la scorretta indicazione del TAEG è prevista specificamente per i contratti di credito al consumo dall’a. 125 bis co. 6 del TUB.
Conseguentemente, gli appellanti osservano che se il legislatore avesse voluto comminare la sanzione della nullità per mancata indicazione dell’ICS nell’ambito del contratto di mutuo fondiario, lo avrebbe fatto esplicitamente (gli appellanti evocano l’applicabilità dell’a. 125 bis co. 6 del TUB anche al contratto de qua, ma è evidente che siamo al di fuori delle ipotesi di “credito al consumo”, che riguardano finanziamenti compresi tra i 200 € e i 75.000 € per soddisfare esigenze familiari o personali del consumatore).
Infine, col settimo motivo (rubricato come “ottavo” dagli appellati), viene reiterata la censura relativa all’asserito anatocismo legato al piano di ammortamento alla francese sempre relativamente al contratto del 2010.
Anche quest’ultimo motivo è infondato.
Le considerazioni espresse dal Tribunale su tale ultima questione, possono trovare conferma nella recente pronuncia a SSUU (n. 15130 del 2024) che ha affrontato il tema del carattere anatocistico del piano di ammortamento alla francese e più in generale del rapporto con la trasparenza bancaria.
Riprendendo le considerazioni espresse dalla Procura Generale, le SSUU hanno evidenziato:
«l’ammortamento alla francese prevede che l’obbligazione per interessi sia calcolata sin da subito sull’intero capitale erogato benché quest’ultimo non sia ancora integralmente esigibile» «ma non prevede che sugli interessi scaduti maturino rata il debito per interessi si estingue a condizione ovviamente che il pagamento sia avvenuto nel termine prestabilito.
È, perciò, anche solo astrattamente inipotizzabile che siffatto ammortamento sia fondato su un meccanismo che trasforma l’obbligazione per interessi… in base di calcolo di successivi ulteriori interessi».
Ed ancora:
«nessuna contraddizione può essere ravvisata fra l’utilizzo [da parte del giudice di merito] dell’aggettivo “composto”, da intendersi come evocato in correlazione con la natura del mutuo in esame, e il successivo rilievo del fatto che la quota di interessi dovuta per ciascuna rata “è calcolata applicando il tasso convenuto solo sul capitale residuo, il che esclude l’anatocismo”» (Cass. n. 34677/2022);
«la capitalizzazione composta è quindi, nel caso di specie, del tutto eterogenea rispetto all’anatocismo ed è solo un modo per calcolare la somma dovuta da una parte all’altra in esecuzione del contratto concluso tra loro;
è, in altre parole, una forma di quantificazione di una prestazione o una modalità di espressione del tasso di interesse applicabile a un capitale dato» (Cass. n. 27823/2023 in materia fiscale)».
Infine, hanno concluso affermando che:
“Il maggior carico di interessi del prestito non dipende – e comunque non è stato accertato dal giudice di merito in causa e non è una caratteristica propria dei piani di ammortamento «alla francese» standardizzati – da un fenomeno di produzione di «interessi su interessi», cioè di calcolo degli interessi sul capitale incrementato di interessi né su interessi «scaduti» (propriamente anatocistici), ma dal fatto che nel piano concordato tra le parti la restituzione del capitale è ritardata per la necessità di assicurare la rata costante (calmierata nei primi anni) in equilibrio finanziario, il che comporta la debenza di più interessi corrispettivi da parte del mutuatario a favore del mutuante per il differimento del termine per la restituzione dell’equivalente del capitale ricevuto”. Per tutte le ragioni che precedono, l’appello dev’essere rigettato.
Ogni altra questione è da ritenersi assorbita.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, secondo i parametri aggiornati di cui al D.M. n. 55/2014, con riferimento allo scaglione di valore della causa indeterminato – complessità media (esclusi i compensi previsti per la fase istruttoria che non si è svolta).
Trattandosi di giudizio di impugnazione, infine, stando alla lettera della norma, deve ritenersi sussistano i presupposti di cui all’art. 13 del D. P. R. 30 maggio 2002, n. 115, comma 1 quater e, pertanto, gli appellanti sono tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
La Corte d’Appello di Firenze, definitivamente pronunciando sull’impugnazione in oggetto, ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, – RESPINGE le domande come in atti proposte nell’atto di appello avverso la sentenza n. 2528/2020 emessa dal Tribunale di Firenze, che conferma integralmente;
– CONDANNA (anche quali eredi di a rimborsare a ciascuna parte costituita le spese del presente grado di giudizio, che liquida, per compenso, in € 8.470,00 oltre alle spese generali e agli altri accessori di legge;
– DICHIARA (anche quali eredi di.
tenuti ex art. 13 comma 1 quater del D. P. R. 30 maggio 2002, n. 115, a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la presente impugnazione.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Firenze, 29 aprile 2025 La Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Il Cons. relat.
, estens.
Dott.ssa NOME COGNOME Nota:
La divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell’ambito strettamente processuale, è condizionata all’eliminazione di tutti i dati sensibili in esso contenuti ai sensi della normativa sulla privacy di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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