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Azione revocatoria per crediti futuri

La sentenza chiarisce che l’azione revocatoria, pur esperibile per crediti futuri, richiede che il diritto fatto valere sia sorto prima della proposizione dell’azione stessa. Nel caso di specie, essendo il credito per il rimborso spese giudiziali sorto solo con la sentenza di condanna, l’azione revocatoria è inammissibile.

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Pubblicato il 9 giugno 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 219/2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE APPELLO DI TRIESTE

PRIMA SEZIONE CIVILE La Corte d’Appello di Trieste, composta dai magistrati:

dott. NOME COGNOME Presidente dott. NOME COGNOME Consigliere rel. dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._157_2025_- N._R.G._00000219_2024 DEL_22_05_2025 PUBBLICATA_IL_22_05_2025

nella causa iscritta al n. r.g. 219/2024 promossa con atto di citazione in appello notificato il 24.6.2024 (C.F. (C.F. ), e (C.F. ), tutti rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Trieste, INDIRIZZO per procure apposte su documenti informatici separati congiunti all’atto di citazione in appello mediante strumenti informatici ai sensi dell’art. 83 c.p.c. APPELLANTI contro (C.F. ), rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, presso il cui studio in Udine, INDIRIZZO risulta elettivamente domiciliato, per procura in calce e congiunta alla comparsa di costituzione e risposta in appello APPELLATO C.F. C.F. C.F., avv. NOME COGNOMEC.F. APPELLATO – CONTUMACE OGGETTO: appello avverso la sentenza n. 611/2024 del Tribunale di Udine, pubblicata il 21.5.2024 e notificata il 23.5.2024 – “azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c.”

CONCLUSIONI

Per gli appellanti:

come in atto di citazione in appello, e quindi:

“Nel merito:

in riforma dell’impugnata sentenza n. 611/2024 del Tribunale di Udine accogliersi integralmente la domanda proposta dagli attori e di cui alle conclusioni formulate in primo grado che qui di seguito integralmente si trascrivono:

Nel merito:

in accoglimento dell’azione revocatoria promossa con il presente atto, dichiararsi inefficace nei confronti degli attori l’atto di donazione 11.11.2021 con il quale ha donato a “il diritto di piena proprietà sul conseguente compendio immobiliare che le parti così descrivono:

“- fabbricato da cielo a terra posto in Comune di Udine (UD), INDIRIZZO al civico INDIRIZZO, costituito da deposito attrezzi sviluppantesi al piano terra, il tutto distinto al Catasto Fabbricati del predetto Comune – a seguito della denuncia di variazione in data 27 novembre 1986 prot. n. 13596 – come segue:

in ditta alla parte donante (altresì conforme alle risultanze dei Registri immobiliari ai sensi dell’art. 29, comma 1 bis, secondo periodo, l. n. 52 del 1985),COMUNE DI UDINE Catasto Fabbricati Foglio 3 (tre) particella 701 (settecentouno), INDIRIZZO, piano T, cat. C/2, cl. 5, z.c. 3, consistenza mq. 33, superficie catastale mq. 36, rendita euro 103,96, l’area sulla quale è stato eretto il fabbricato sopra descritto è censita al catasto terreni al foglio 3 con la particella numero 701, ente urbano di mq. 740 e confina da nord proseguendo in senso orario con le particelle numeri 198, roggia, particella 862 del foglio 3 salvo altre del Comune di Udine.

E’ altresì compreso nel presente trasferimento il diritto di piena proprietà sull’area di terreno pertinenziale priva di sovrastanti fabbricati, la cui destinazione risulta dall’allegato certificato di destinazione urbanistica, posta in Comune di Udine (UD) della superficie di mq. 3700, distinta al Catasto Terreni del predetto Comune come segue:

COMUNE DI UDINE Catasto Terreni Foglio 3 (tre) particella 198 (centonovantotto), superficie mq. 2.230, qualità ORTO, cl. 2, reddito dominicale euro 33,40, reddito agrario (duecentoquarantadue), superficie mq. 1.470, qualità ORTO, cl. 2, reddito dominicale euro 22,02, reddito agrario euro 14,80;

confinante a partire da nord e proseguendo in senso orario con le particelle 325, 345, 862, roggia, 515 e 503 del foglio 3, salvo altre del Comune di Udine (UD)”;

spese rifuse.

In via istruttoria:

ogni istanza riservata”;

spese anche del presente grado del giudizio rifuse;

condannarsi inoltre alla restituzione agli appellanti della somma di € 7.012,15 con gli interessi moratori dal 11.6.2024”.

Per l’appellato:

come da note ex art. 127 ter c.p.c. dd. 17.3.2025 e quindi:

“per i motivi esposti in narrativa, contrariis rejectis, fatto salvo l’onere della prova incombente sugli Appellanti e senza inversione dello stesso, voglia la Corte d’Appello di Trieste, con riferimento all’impugnazione della sentenza del Tribunale di Udine di data 21 maggio 2024, n. 611/2024:

1) respingersi l’appello perché inammissibile e infondato, confermando in ogni sua parte e prestazione la sentenza impugnata;

2) compensi, spese (anche generali) e CNA rifusi per questo 2° grado;

3) preso atto dell’avvenuta trascrizione immobiliare dell’atto di citazione di 1° grado (cfr. doc.10° depositato a console in data 19/01/2023), condannarsi l’Appellante alla relativa cancellazione, ordinando al Conservatore (Ufficio di Pubblicità Immobiliare di Udine – Agenzia del Territorio) la cancellazione di detta trascrizione a spese delle Appellanti”.

RAGIONI DI FATTO

E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione innanzi al Tribunale di Udine, notificato il 3-4.11.2022, esponevano di essere proprietari dell’edificio a uso abitativo sito a Udine, INDIRIZZO il quale aveva subito gravi danni a seguito dei lavori di demolizione parziale dell’immobile confinante già di proprietà di censito nel Catasto Fabbricati del Comune di Udine al Fg.

3, mapp. 325/156, sub 5, danni accertati e quantificati dal c.t.u. nominato nel procedimento per accertamento tecnico preventivo (di seguito anche A.T.P.) ex art. 696 c.p.c. promosso davanti allo stesso Tribunale, e all’esito del quale essi avevano convenuto in giudizio, con atto notificato il “19.11.2021”1, , chiedendone la condanna all’esecuzione degli interventi di ripristino dell’immobile di loro proprietà e al risarcimento degli ulteriori danni.

Nella causa così si era costituita resistendo alla domanda, ma era deceduta poco dopo.

Essi avevano quindi riassunto la causa nei confronti degli eredi impersonalmente e collettivamente, accertando peraltro che i quattro chiamati avevano rinunciato all’eredità, e che in data 11.11.2021, venti giorni prima della sua morte, a mezzo del figlio e procuratore aveva donato al nipote l’immobile censito nel Catasto Fabbricati del Comune di Udine al Fg. 3, p.c. 701, sito in Udine, INDIRIZZO nonché l’area di pertinenza dello stesso, rimanendo proprietaria del solo rudere al confine con la proprietà attorea.

Ciò esposto, i tre allegando che la donazione – comportando la dismissione del solo bene di un qualche valore nel patrimonio della responsabile dei danni e stipulata quando era già stata accertata attraverso la relazione del c.t.u. in sede di A.RAGIONE_SOCIALE. la responsabilità di – avesse l’effetto di privarli della possibilità di recupero dei loro crediti nei confronti di quest’ultima, evocavano in giudizio il donatario e il curatore dell’eredità giacente di , agendo per la dichiarazione di inefficacia ex art. 2901 c.c. dell’atto di donazione. 2.

Si costituiva il solo , il quale insisteva per il rigetto della domanda attorea.

Allegava che attraverso la donazione la nonna aveva inteso beneficiarlo avendo riguardo alla sua condizione familiare e lavorativa non ancora stabilizzata, e precisava che la non era nuova ad atti di liberalità nei confronti dei propri congiunti, avendo effettuato una donazione in favore del figlio nel 2014.

Contestava, in secondo luogo, l’esistenza, in capo agli attori, di un credito tutelabile con azione revocatoria, rilevando che non sussisteva alcuna situazione di asservimento del fabbricato al fabbricato tanto che il proprietario dell’edificio pure contiguo al primo e situato sul lato opposto rispetto al secondo mai aveva lamentato alcunché a seguito dei lavori di demolizione, e sostenendo che la pretesa risarcitoria azionata dai fosse volta a migliorare il loro immobile a spese della , senza limitarsi a pretendere la mera rimessione in pristino. 3. Con sentenza n. 611/2004 dd. 21.5.2024

il Tribunale di Udine respingeva la domanda, condannando gli attori alla rifusione delle spese di lite.

Il giudice di primo grado – premesso che nelle more era stata decisa la causa di risarcimento attori e a rifondere le spese di lite e dell’ ante causam, respingendo invece la domanda di risarcimento dei danni per equivalente – rilevava che non sussisteva in capo agli attori alcun credito tutelabile con l’azione revocatoria, in quanto:

a) la prestazione di fare dedotta in giudizio dagli attori nella causa risarcitoria e alla quale era stato condannato il curatore dell’eredità giacente non è tutelabile con azione revocatoria, la quale è strutturalmente destinata alla tutela dell’esecuzione di obbligazioni esclusivamente pecuniarie;

b) il credito a titolo di risarcimento dei danni per equivalente era stato negato dalla sentenza e quindi non sussisteva;

c) il diritto alla rifusione delle spese legali, pur di carattere pecuniario, sorge solamente con la sentenza che pronuncia la relativa condanna a carico del soccombente, sentenza nella specie successiva alla proposizione dell’azione revocatoria.

Il credito quindi, al momento dell’azione revocatoria, non sussisteva.

hanno proposto tempestivo appello, affidato a cinque motivi, tutti afferenti all’errata applicazione dell’art. 2901 c.c..

4.1

Con il primo, hanno allegato come le domande proposte contro la fossero di carattere risarcitorio, e ciò era sufficiente ai fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria, irrilevante essendo che le stesse fossero state accolte nella forma del risarcimento in forma specifica, anziché in quella per equivalente.

4.2 Con il secondo, hanno rilevato che le spese sostenute nel procedimento per RAGIONE_SOCIALE costituivano oggetto della causa risarcitoria, essendone stata chiesta la rifusione.

Esse, rientrando nelle spese stragiudiziali, integrano specifica posta risarcitoria, sotto forma di danno emergente, costituendo pertanto un credito tutelabile ex art. 2901 c.c..

4.3

Con il terzo, hanno contestato la decisione con cui il Tribunale aveva ritenuto che il diritto alla rifusione delle spese per l’ fosse sorto solo dopo la proposizione della domanda revocatoria, rilevando che le spese stesse erano già interamente maturate e pagate all’epoca della donazione, con la conseguenza che il relativo credito era già sorto, non dipendendo dalla sentenza.

4.4 Con il quarto, gli appellanti, considerato che l’art. 2901 c.c. tutela anche i crediti “eventuali”, hanno sostenuto che, poiché l’atto di donazione era stato concluso quando già esperibile sia con riguardo al credito a titolo di rimborso delle spese di sia a quello relativo alle spese della predetta causa.

4.5

Con l’ultimo motivo, hanno allegato che nella specie ricorrerebbe comunque l’ipotesi del pregiudizio arrecato a un credito futuro, disciplinata dall’art. 2901, n. 1 c.c., che prevede la revoca dell’atto anteriore al sorgere del credito, se lo stesso sia dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento, posto che, anche a ritenere che il loro credito non fosse ancora sorto all’epoca della donazione, quest’ultima era diretta a pregiudicarlo, evidente essendo, sulla base delle univoche risultanze della c.t.u. espletata nel procedimento per ARAGIONE_SOCIALE, che la causa di risarcimento dei danni si sarebbe conclusa sfavorevolmente per la Gli appellanti hanno quindi richiesto, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento della domanda ex art. 2901 c.c. formulata in primo grado. si è costituito, rilevando l’infondatezza dei motivi di appello, di cui ha chiesto il rigetto.

5.1

Quanto al primo, ha osservato che i avevano esperito nei confronti di due azioni, la prima di condanna in forma specifica, la cui esecuzione non era tutelabile, per le ragioni correttamente esposte dalla sentenza appellata, ai sensi dell’art. 2901 c.c., e la seconda di condanna per equivalente, la quale era stata ritenuta infondata con sentenza passata in giudicato, non sussistendo conseguentemente il relativo diritto preservabile con l’azione revocatoria.

5.2 e 5.3

Quanto al secondo e il terzo, esaminati congiuntamente, ha rilevato che la tesi degli appellanti relativa alla natura di danno emergente delle spese di A.T.P. era infondata, in quanto tale natura era riconoscibile, come del resto chiarito dalla stessa giurisprudenza citata ex adverso, alle spese del diverso procedimento ex art. 696 bis c.p.c..

5.4

Relativamente al quarto motivo, il ha contestato che i crediti dei possano considerarsi “eventuali”, tali potendo considerarsi solo quelli “geneticamente nati prima dell’azione revocatoria” (pag. 12 della comparsa di risposta) e non dopo, e cioè al momento del deposito della sentenza di condanna, come nel caso di specie.

5.5

Né, infine, al momento della notifica della citazione ex art. 2901 c.c. il credito da preservarsi poteva qualificarsi “futuro”, essendo esso inesistente, in quanto la sentenza che ne ’appellato ha inoltre riproposto le questioni, già svolte in primo grado, riguardanti da un lato l’inesistenza del credito per essere la sentenza che aveva definito la causa risarcitoria promossa dai inutilmente resa per pretermissione di un litisconsorte necessario destinatario dell’obbligo di fare, e dall’altro il difetto del requisito del consilium fraudis. 6.

Dichiarata la contumacia del curatore dell’eredità giacente, disposto lo scambio degli atti previsto dall’art. 352, co.

1, nn. 1, 2 e 3 c.p.c., e scaduto il 1.4.2025 il termine assegnato ex art. 127 ter c.p.c. in sostituzione dell’udienza, la causa è stata riservata dall’istruttore alla decisione del collegio.

7. Il Tribunale ha respinto la domanda proposta dai rilevando come non sussistesse, in capo agli attori, alcun credito tutelabile con l’azione revocatoria, tale non potendo considerarsi quello, riconosciuto dalla sentenza n. 840/2023 (doc. 12 di parte attrice), conseguente alla condanna del curatore dell’eredità giacente all’esecuzione delle opere necessarie all’eliminazione delle case del deterioramento dell’immobile di loro proprietà e al ripristino delle condizioni di sicurezza, stabilità e isolamento dell’edificio. 7.1

Con il primo motivo, gli appellanti hanno sostenuto che le domande proposte contro nel giudizio poi proseguito, a seguito della morte della convenuta, nei confronti del curatore dell’eredità giacente, fossero di carattere risarcitorio, e ciò era sufficiente ai fini dell’esperibilità dell’azione pauliana, irrilevante essendo che il Tribunale le abbia accolte “nella forma del risarcimento in forma specifica anziché nella forma del risarcimento per equivalente” (pag. 7 dell’atto di appello).

7.2

Si osserva che nella predetta causa risarcitoria i tre attori formularono espressamente (vedi le conclusioni ritrascritte nell’epigrafe della sentenza n. 840/2023) due distinte domande di condanna nei confronti della convenuta, una “all’esecuzione degli interventi necessari per eliminare le cause delle condizioni di deterioramento della proprietà attorea e per il ripristino delle condizioni di stabilità, sicurezza, isolamento dell’immobile degli attori”, accolta2, la seconda “al risarcimento in favore degli attori dei danni derivanti dai 2 “CONDANNA la ad eseguire sull’immobile di proprietà degli attori, sito nel N.C.E.U. del Comune di UDINE al Foglio 3, mapp. 503, tutte le opere necessarie per eliminare le cause del deterioramento dell’immobile medesimo e per il ripristino delle sue dell’immobile e dalla ridotta utilizzabilità dello stesso danni questi ultimi da quantificarsi eventualmente anche in via equitativa”, respinta dal Tribunale. Quanto alla prima, è quindi palesemente smentita l’affermazione degli appellanti, secondo cui “Anziché condannare la al pagamento delle somme necessarie per l’esecuzione degli interventi diretti alla eliminazione dei danni nella casa dei (come avevano richiesto i , il Tribunale ha ritenuto di accogliere la domanda ma sotto il profilo del risarcimento in forma specifica e cioè condannando la parte convenuta all’esecuzione degli interventi necessari per l’eliminazione dei danni” (pag. 7 dell’atto di appello). La condanna della controparte al risarcimento in forma specifica non costituì frutto di una valutazione discrezionale del Tribunale a fronte di una domanda di condanna di risarcimento per equivalente (“come avevano richiesto i ), ma conseguì pianamente alla ritenuta fondatezza della domanda attorea, espressamente e inequivocamente formulata quale domanda di condanna all’eliminazione delle cause del danno e all’esecuzione dei lavori di rimessione in pristino.

Quella oggetto di condanna è un’obbligazione di facere e, come correttamente evidenziato dal giudice di primo grado con il conforto della pertinente giurisprudenza (Cass.. n. 22915/2016), la tutela della sua esecuzione non può essere assicurata dall’azione revocatoria, la quale “non è strutturalmente destinata alla tutela dell’esecuzione in forma specifica di obbligazioni diverse da quelle pecuniarie, avendo la sola funzione di ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore, ex art. 2740 c.c., ove la sua consistenza si riduca, per uno o più atti dispositivi, così pregiudicando la realizzazione coattiva del diritto del creditore, ed è pertanto correlata all’eventuale esercizio, al suo esito, all’azione esecutiva sul bene trasferito, per soddisfare le ragioni pecuniarie del creditore”.

7.3

La seconda domanda formulata dai nella causa promossa contro essa sì di risarcimento del danno per equivalente, venne respinta dal Tribunale di Udine, non sussistendo quindi il relativo credito.

Va pertanto respinto il primo motivo di appello.

8. Il Tribunale, pur riconoscendo che il credito vantato dagli attori per la rifusione delle spese di lite e del procedimento per A.T.P. ante causam ha natura pecuniaria, ha rilevato che lo però stata depositata solo successivamente alla proposizione dell’azione revocatoria, momento nel quale difettava in capo a parte attrice la necessaria qualità di creditore.

8.1 L’impugnazione, con il secondo motivo, ha riguardo alle sole spese del procedimento di A.T.P., che gli appellanti sostengono rivestire natura stragiudiziale e integrare oggetto di danno emergente, oggetto come tale di domanda risarcitoria di carattere pecuniario.

8.2 Le argomentazioni degli appellanti e la giurisprudenza di legittimità dagli stessi citata (ma non conferente) a supporto hanno a oggetto la ben diversa fattispecie delle spese del procedimento di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite di cui all’art. 696 bis c.p.c., che effettivamente “non hanno natura giudiziale”, in quanto “la ATP preventiva di cui al novellato art. 696- bis cod. proc. civ., per quanto in parte “giurisdizionalizzata”, è pur sempre finalizzata al componimento della lite e, non potendosi intendere come una fase giudiziale, non dà nemmeno luogo a una autonoma liquidazione delle spese processuali da parte del giudice che l’ha disposta, rientrando esse nel complesso delle spese stragiudiziali sopportate dalla parte prima della lite”, con la conseguenza che “dette spese attengono tutte alla fase stragiudiziale e vanno liquidate come danno emergente, purché provate e documentate” (Cass. n. 30584/2023). Le spese di cui gli attori avevano chiesto la rifusione erano invece relative al procedimento, diverso da quello di cui all’art. 696 bis c.p.c. cui si riferisce la pronuncia testé citata, per accertamento tecnico preventivo ex art. 696 c.p.c. (v. ricorso, doc. 1 di parte attrice), con riferimento al quale è del tutto consolidato l’indirizzo che qualifica le relative spese come “giudiziali e non componenti del danno da risarcire” (Cass. n. 12759/1993), come tali da porre, salva l’ipotesi di compensazione, a carico del soccombente (v., tra le altre, Cass. n. 15672/2005, che ha affermato che “Le spese dell’accertamento tecnico preventivo “ante causam” vanno poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente e vanno prese in considerazione nel successivo giudizio di merito (ove l’accertamento stesso venga acquisito) come spese giudiziali, da porre, salva l’ipotesi di possibile compensazione totale o parziale, a carico del soccombente e da liquidare in un unico contesto”; v. anche Cass. n. 1690/2000; Cass. n. 14268/2017; Cass. n. 21085/2023).

8.3 Non conduce a diverse conclusioni l’esame della recente pronuncia della Cassazione (sentenza n. 34540/2024), citata dagli appellanti nella memoria di replica a sostegno della tesi Nella fattispecie oggetto di tale sentenza, al procedimento per RAGIONE_SOCIALE non era seguito alcun giudizio di merito, nel cui ambito le spese potessero essere liquidate sulla base della soccombenza.

In tale ipotesi, e solo per tale ipotesi, la Cassazione ha precisato che, essendo inapplicabile il regime della solidarietà delle parti nel pagamento del compenso del consulente tecnico d’ufficio data la natura strumentale dell’accertamento preventivo e la consequenziale assenza dei presupposti che fondano la regolamentazione delle spese nel giudizio, come previsti dagli artt. 91 e 92 c.p.c, “il giudice è tenuto unicamente a liquidare il compenso del tecnico nominato, ponendolo a carico della sola parte richiedente nel cui interesse è stato svolto l’accertamento, ex art. 8 del d.P.R. n. 115 del 2002, senza alcuna statuizione sulle spese della procedura che restano propriamente stragiudiziali”. Ma la stessa sentenza in esame ha precisato che “quando (come avvenuto nel caso qui in rilievo) sia instaurato il giudizio di merito queste spese sono rimborsabili come spese di lite, se vittoriosa è la parte ricorrente in accertamento tecnico, perché si tratta di spese che, seppure anteriori al giudizio, sono state affrontate in un procedimento strumentalmente collegato alla domanda e alla sua decisione (cfr. Cass. Sez. 2, n. 15492 del 2019) e l’indagine che vi è stata svolta è stata utilizzata per la risoluzione della controversia”. Viene così ribadito che, qualora il procedimento per RAGIONE_SOCIALE sia seguito dal giudizio di merito, le relative spese rivestono natura giudiziale e devono essere liquidate in quest’ultimo.

8.4 Trattandosi di spese giudiziali, il credito per il loro rimborso nei confronti del soccombente sorge quindi solo al momento della sentenza che definisce il giudizio di merito, e non prima, quando neppure esiste ancora una ragione di credito tutelabile con l’azione revocatoria.

In questo senso è l’ordinanza n. 9609/2023, citata nella sentenza appellata, e dalla quale non v’è ragione di discostarsi, la quale ha affermato che “A fondamento dell’azione revocatoria contro un atto dispositivo posto in essere nel corso di un giudizio non può essere posta la sussistenza di un pregiudizio per il credito afferente alla refusione delle relative spese processuali, dal momento che il corrispondente diritto sorge solo con la sentenza che pronunci la condanna al pagamento delle stesse a carico della parte soccombente”. In motivazione la Cassazione ha avuto cura di precisare che, sorgendo il diritto della parte vittoriosa, all’esito d’una lite giudiziaria, ad ottenere la rifusione delle spese sostenute per condanna alle spese manchi, la sentenza dovrà essere impugnata), posto anche che al giudice è consentito, invece che pronunciare condanna alle spese, compensarle”, e che, conseguentemente, “il credito per il rimborso delle spese processuali non costituisce dunque neanche ragione di credito in senso lato al momento della domanda ai sensi dell’art. 2901 cod. civ.”. Va quindi respinto anche il secondo motivo di appello.

9.

Il fatto che il diritto al rimborso delle spese del procedimento di accertamento tecnico preventivo sorga solo al momento della pronuncia della sentenza che definisce il merito priva di rilevanza la circostanza, oggetto del terzo motivo, che è quindi parimenti infondato, che gli attori avessero già sostenuto il pagamento di dette spese.

Al momento di tale anticipazione, il diritto alla rifusione verso la controparte ancora non sussisteva, essendo esso subordinato alla relativa condanna, non ancora intervenuta, da parte del giudice del merito.

10. Con il quarto motivo gli appellanti hanno sostenuto che, essendo la donazione oggetto della domanda di revoca stata stipulata in pendenza del giudizio di risarcimento del danno, il loro credito per le spese di ARAGIONE_SOCIALE. e per quelle del giudizio di merito doveva considerarsi, se non certo, eventuale, e come tale tutelabile con l’azione revocatoria, pacificamente esperibile in relazione a crediti eventuali.

10.1

In contrario, va richiamato il principio espresso dalla citata ordinanza n. 9609/2023 della Cassazione:

il credito a titolo di rimborso delle spese processuali non costituisce neppure ragione di credito in senso lato al momento della domanda ai sensi dell’art. 2901 c.c., e quindi nessun credito eventuale poteva dirsi sorto in capo agli attori nel momento in cui venne conclusa la donazione.

11.

Infine, con l’ultimo motivo i hanno lamentato l’errata applicazione dell’art. 2901 c.c. in relazione all’ipotesi del pregiudizio del credito futuro.

In particolare, richiamando la norma di cui al n. 1 del primo comma dell’art. 2901 c.c., che prevede la revoca dell’atto anteriore al sorgere del credito, se dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento, hanno dedotto che la donazione fosse diretta a recare pregiudizio al loro futuro diritto, essendo la stessa stata stipulata in pendenza del giudizio di risarcimento dei danni il cui esito finale in senso sfavorevole alla convenuta doveva.1 Anche tale motivo è infondato.

Il principio, espressamente previsto dalla norma sopra citata, che il credito tutelato dall’azione revocatoria possa essere anche posteriore rispetto all’atto di disposizione non è stato posto in discussione dal giudice di primo grado, il quale ha negato, nel caso in esame, l’esperibilità dell’azione revocatoria sotto il diverso profilo della posteriorità del credito rispetto all’azione stessa (“Il credito tutelato con l’azione revocatoria, se può essere posteriore rispetto all’atto di disposizione, non può però sorgere in un momento successivo alla proposizione dell’azione ex art. 2901 c.c.”; pag. 7 della sentenza).

La circostanza che alla data di introduzione della revocatoria il credito dei a titolo di spese legali non fosse ancora sorto, dipendendo esso – per le ragioni sopra esposte – dalla sentenza che condanna i soccombenti alla relativa rifusione, rende evidente che gli attori non rivestissero la qualità di creditori (né di titolari di una mera ragione di credito), difettando quindi, come ben rilevato dal giudice di primo grado, uno dei presupposti dell’azione revocatoria (art. 2901, co. 1 c.c.: <>).

12. Disatteso anche l’ultimo motivo, l’appello viene pertanto respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

13. Al rigetto della domanda attorea consegue ai sensi dell’art. 2668, co. 2 c.c., l’ordine, richiesto dall’appellato, di cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale (v. doc. 10 di parte attrice).

14.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, con applicazione dei valori medi previsti dal D.M. 55/2014 (e aggiornati dal D.M. 147/2022) per lo scaglione di riferimento, da individuarsi – sulla base della domanda, che non contiene una quantificazione dell’ammontare dei crediti per i quali gli attori hanno agito – in quello indeterminabile, esclusa la fase istruttoria, in mancanza di un suo effettivo svolgimento, e applicata la chiesta maggiorazione ex art. 4, co. 1 bis D.M. 55/2014, nella misura del 10%, per i collegamenti ipertestuali ai documenti prodotti contenuti nella comparsa di risposta e nella comparsa conclusionale.

14.1 Si dà infine atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte degli appellanti in solido,

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Trieste, nella suindicata composizione collegiale, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 219/2024 R.G., ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

– rigetta l’appello proposto da avverso la sentenza n. 611/2024 del Tribunale di Udine che, per l’effetto, conferma;

– ordina al Conservatore (Direzione Provinciale di Udine Ufficio Provinciale – Territorio Servizio di Pubblicità Immobiliare) la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale (nota di trascrizione:

presentazione n. 13 del 10.11.2022, reg. gen. n. 31145, reg. part. n. 23151) a spese degli appellanti in solido;

– condanna gli appellanti in solido alla rifusione in favore dell’appellato delle spese di lite, liquidate in Euro 9.317,00 per compensi, oltre a rimborso spese generali, CPA e IVA – se dovuta – ex lege;

– dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte degli appellanti in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’appello a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.

Trieste, 6 maggio 2025

Il Consigliere estensore Il Presidente dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME

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