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Prezzo di aggiudicazione immobile inferiore al valore di mercato

La sentenza conferma che un prezzo di aggiudicazione di un immobile inferiore al valore di mercato non costituisce automaticamente un prezzo ingiusto tale da giustificare la sospensione della vendita. È necessario valutare la corretta applicazione delle norme procedurali e l’assenza di elementi che inficino la formazione del prezzo. Inoltre, il pagamento parziale di un debito non determina l’obbligo per il creditore di rinunciare all’esecuzione, potendo proseguire fino al saldo integrale.

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Pubblicato il 20 maggio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

n. 1561/22 R.G.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Firenze, Sezione I Civile, riunita in Camera di Consiglio e composta dai Sig.ri Magistrati:

Dr.ssa NOME COGNOME Presidente Dr.ssa NOME COGNOME Consigliere Dr.

NOME COGNOME

Consigliere rel. nella causa in grado di appello, iscritta a ruolo il 12/09/2022, al n. 1561 del R.G. Affari Contenziosi dell’anno 2022, avverso la sentenza n. 151/2022 del Tribunale di Arezzo, emessa in data 07.02.2022 e pubblicata in data 08.02.2022, nell’ambito del procedimento n. 2548/2018 R.G., promossa da (c.f. ), rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOMEc.f. ) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, sito in Arezzo (AR), INDIRIZZO giusta procura in atti;

APPELLANTE contro (c.f. ), rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOMEc.f. ) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, sito in Gubbio (PG) INDIRIZZO giusta procura in atti;

APPELLATO APPELLATA CONTUMACE all’udienza del 15/04/2025, sulle conclusioni delle parti come rassegnate nei propri scritti difensivi e ribadite oralmente nel corso dell’udienza, ha pronunciato la seguente

SENTENZA_CORTE_DI_APPELLO_DI_FIRENZE N._806_2025_-_N._R.G._00001561_2022 DEL_30_04_2025 PUBBLICATA_IL_30_04_2025

CONCISA ESPOSIZIONE DEI MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Premesso in fatto I.

Con atto di citazione ritualmente notificato, introduceva la fase di merito del giudizio di opposizione al procedimento di esecuzione mobiliare R.G. n. 276/2011, instaurato dinnanzi al Tribunale di Arezzo in forza dell’atto di pignoramento notificatogli da , convenendo in giudizio quest’ultimo, in qualità di creditore procedente, e , nella sua qualità di aggiudicataria dell’immobile oggetto di esecuzione, chiedendo al giudice di “in via preliminare:

dichiarare, anche inaudita altera parte, stante l’imminente emissione da parte del delegato del decreto di trasferimento dell’immobile de quo, che di fatto arrecherebbe un gravissimo pregiudizio al sig. , la sospensione della esecuzione immobiliare n. 276/2011

RGEI Tribunale di Arezzo ritenuto esistere nella fattispecie de quo i presupposti di cui all’art. 586 c.p.c., ordinando la restituzione dell’importo in favore dell’aggiudicatario sig.ra e comunque sospendere la consegna del decreto di trasferimento nei confronti della stessa sig.ra ;

nel merito: dichiarare l’estinzione della procedura immobiliare n. 276/2011

COGNOME Tribunale di Arezzo per eccesso di ribasso del prezzo base di aggiudicazione dell’immobile con conseguenziale restituzione dello stesso al sig. , ordinando la restituzione dell’importo in favore dell’aggiudicataria sig.ra ;

sempre nel merito:

dichiarare l’estinzione della procedura immobiliare n. 276/2011

COGNOME Tribunale di Arezzo per intervenuta cessata materia del contendere con conseguenziale restituzione dello stesso al sig. , ordinando la restituzione dell’importo in favore dell’aggiudicataria sig.ra ;

sempre nel merito:

dichiarare il comportamento tenuto dalla parte procedente sig. gravemente colposo e rientrante nella fattispecie prevista dall’art. 2043 c.c. ed in virtù di ciò condannare il sig. al pagamento a titolo di risarcimento dell’importo di euro 170.000,00 (valore dell’immobile stimato nella perizia redatta dal CTU) e/o comunque in quella somma minore e/o maggiore che l’Ill.mo Giudicante riterrà di giustizia.

In ogni caso: condannare la parte soccombente al pagamento delle spese e competenze di giudizio con distrazione in favore del sottoscritto procuratore antistatario”.

L’attore evidenziava che nelle more del giudizio esecutivo 276/2011 RGE, in data 27/10/2017, aveva provveduto a saldare quanto dovuto e richiesto a titolo di spese legali , atteso che l’importo capitale, interessi e spese quest’ultimo li aveva già riscossi a seguito dell’assegnazione di importi ricavati da una ulteriore esecuzione sin. 276/2011 RGEI già da febbraio 2017.

Invece, spiegava, il solo in data 30/10/2017 depositava rinuncia agli atti della procedura pur sapendo che l’esperimento d’asta era fissato per il 27/10/2017 (il pagamento l’ lo aveva potuto effettuare non prima del 27/10/2017, giorno coincidente con l’esperimento d’asta, perché solo in quella data gli era stato comunicato il quantum);

quando ormai il debito risultava ampiamente saldato, l’immobile pignorato veniva aggiudicato in esperimento d’asta per il prezzo di euro 29.500,00 a e quindi non al prezzo base d’asta, pari ad euro 38.400,00.

Rilevava di aver conseguentemente richiesto la sospensione della procedura al Giudice dell’Esecuzione, rigettata con provvedimento del 05/12/2017, e che, poiché in data 08/02/2018 effettuava il pagamento del saldo dell’aggiudicazione, in data 27/02/2018 venina disposto il decreto di trasferimento.

Esponeva che in data 23/02/2018 aveva depositato quindi atto di opposizione all’ esecuzione ex art. 615, comma 2 c.p.c., deducendo che l’immobile oggetto di procedura era stato posto in vendita nonostante fosse cessata la materia del contendere ed era stato venduto ad un prezzo irrisorio e notevolmente inferiore al prezzo di mercato dello stesso;

che con ordinanza del 29/05/2018 il Giudice dell’Esecuzione rigettava la richiesta di sospensione e fissava il termine perentorio di 60 giorni per la eventuale istaurazione del giudizio di merito il quale veniva introdotto dall’ con la rassegna della conclusioni sopra riportate.

Si costituiva in giudizio il quale contestava, in fatto ed in diritto, le avverse pretese.

Dopo aver ripercorso le diverse fasi della procedura esecutiva 276/2011 RGE – rappresentate da un giudizio di opposizione all’esecuzione ex art. 615 II° comma c.p.c., da un’istanza di conversione del pignoramento, successivamente revocata dal Tribunale adito per omesso versamento delle rate, da una nuova istanza di vendita immobiliare – il convenuto giustificava in diritto le ragioni della sua pretesa richiamando, in particolar modo, alcuni arresti della Corte di Cassazione (Cfr. Cass. Civ. n.23.745 del 14.11.2011; Cass. Civ. Ordinanza n. 27.545 del 2.11.2017).

rimaneva, invece, contumace.

Il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 151/2022 rigettava integralmente la domanda e condannava a rimborsare alla parte convenuta le spese di lite.

II.

impugnava la sentenza dinanzi a questa Corte, sulla base dei seguenti motivi.

1) “Difetto di motivazione per omessa ammissione di mezzi di prova”.

Contestava anzitutto l’appellante la mancata ammissione, da parte del Giudice di prime realtà risultava fondamentale sentire i testi perché presenti ai fatti di cui causa e perché esperti e/o professionisti che avrebbero potuto chiarire aspetti centrali della vicenda.

Criticava inoltre che il Giudice di prime cure aveva ritenuto che la circostanza, secondo cui l’avv. COGNOME solo in data 27/10/2017 avesse comunicato il conteggio di quanto dovuto, era stata tardivamente dedotta e che, pertanto, capitoli di prova finalizzati a dimostrare siffatto elemento erano inammissibili.

Sottolineava infatti l’ di aver esposto, fin dal primo atto utile, come si erano svolti effettivamente i fatti di causa.

2) “Omessa pronuncia da parte del Giudice Estensore della sentenza di primo grado”.

L’appellante sottolineava come fin dalla prima memoria ex art. 183, VI comma c.p.c., avesse rilevato che il Giudice Istruttore della causa di merito era il medesimo Giudice dell’Esecuzione che prese posizione sulla questione.

Aveva dunque chiesto che venisse dichiarata l’incompetenza da parte dello stesso Giudice Istruttore.

Criticava che nella sentenza appellata non veniva presa posizione sull’eccezione sollevata.

3) “Errata applicazione della legge nel caso di specie”.

a) Criticava l’appellante la decisione nella parte in cui riconosceva che il prezzo di vendita dell’immobile oggetto di esecuzione fosse congruo e comunque non inferiore a quel minimo richiesto dalla legge per la sospensione dell’asta e la riconsegna dell’immobile al debitore.

Sul punto deduceva che l’immobile veniva valutato dal CTU in euro 170.000,00;

a fronte di detto valore, indicato in difetto, il bene veniva aggiudicato, dopo una serie di esperimenti di asta rimasti infruttuosi, al prezzo di euro 29.500,00, ad un prezzo pari al 15% circa del valore di stima dell’immobile e in ribasso del 25% sul prezzo base d’asta, indicato in euro 38.400,00 nell’avviso di vendita.

A sostegno della propria tesi richiamava l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la sproporzione tra il giusto prezzo e quello offerto, affinché si realizzi la condizione richiesta dalla legge per la sospensione della vendita, non deve necessariamente derivare da interferenze illecite, ma ben può discendere da fattori del tutto fisiologici, come appunto quello di eccessivi ribassi, conseguenza di una serie di aste deserte (cfr. sentenza 18/07/2011 emessa dal Tribunale di Vicenza; Tribunale di Roma, Sez. Distaccata di Ostia, Giudice COGNOME, sentenza 9/05/2013; Tribunale di Napoli, ordinanza del 23/01/2014; Tribunale di Belluno, con sentenza 3/06/2013; Cass. Civ, sentenza n. 692/12 del 18/01/2012; Cass. Civ., Sezione III del 14/02/2017 n. 3721).

L’appellante, considerando anche che al momento dell’esperimento dell’asta non esisteva più alcun debito e/o credito, sosteneva che avrebbe dovuto essere ritenuta giustificata la richiesta di sospensione prevista dall’art. 586 c.p.c., se non addirittura l’estinzione con conseguente restituzione del bene nella piena disponibilità del debitore pignorato e del le argomentazioni adottate dal Giudice Esecutivo a fondamento della congruità del prezzo di vendita e della validità dell’esperimento d’asta, sul presupposto che i numerosi esperimenti d’asta eseguiti e la crisi del mercato immobiliare non avrebbero permesso di poter acquisire un prezzo di vendita migliorativo. Sul punto deduceva che il numero degli esperimenti di vendita eseguiti non poteva essere preso né a indice valutativo della congruità del prezzo né tantomeno a dimostrazione della circostanza che sarebbe stato impossibile ricavare un prezzo migliore:

il presupposto essenziale era piuttosto quello di valutare se gli interessi economici del debitore e del creditore sarebbero statu frustrati dal prezzo troppo basso di aggiudicazione dell’immobile.

Quanto alla crisi del mercato, sottolineava che nel caso di specie la vendita era stata effettuata con un ribasso dell’80% del valore immobiliare (il bene, stimato a 170.000,00, era stato aggiudicato al minore prezzo di euro 29.500,00), nonostante un’indagine sulla crisi del mercato immobiliare avesse dimostrato come la diminuzione del valore degli immobili dal 2012 fosse pari al 25% in meno.

Tale circostanza, a detta dell’appellante, confermava che non poteva essere imputata alla crisi di mercato la diminuzione del valore del bene, perlomeno non nella percentuale dell’80%.

Sottolineava, inoltre, che erano intervenuti elementi nuovi che avrebbero dovuto portare il GE a sospendere l’esecuzione, quali:

a) il pagamento integrale dell’Istituto Bancario b) il deposito – ante esperimento di vendita – da parte del predetto Istituto bancario della rinuncia alla esecuzione e/o al proprio intervento;

c) il credito vantato dall’Istituto bancario era del tutto predominante rispetto a quello vantato dal creditore procedente;

d) il credito vantato dal creditore procedente non era più quello per il quale lo stesso aveva richiesto il pignoramento;

e) il creditore procedente nell’ambito della procedura immobiliare non ha mai corretto detto importo, pari a circa 1.000,00, ammettendo tuttavia che una buona parte l’aveva già riscossa;

f) il pagamento effettuato nella stessa data dell’esperimento d’asta, garantito da terza persona, ossia dal fratello dell’esecutato, Sig. Aggiungeva che l’aggiudicataria dell’immobile, , in data 16/09/2019, aveva trasferito a terzi la proprietà dell’immobile per un importo superiore ad euro 110.000,00:

siffatto atto di compravendita dimostrava inequivocabilmente come il bene fosse stato svenduto.

b) Quanto al rigetto della domanda di cessazione della materia del contendere, l’appellante evidenziava che , al momento in cui veniva effettuato l’esperimento d’asta, aveva già saldato tutto quanto dovuto sia al creditore procedente sia all’intervenuto.

Sul punto ribadiva che:

al era stato corrisposto tutto quanto dovuto attraverso il per la quale l’odierno appellato avrebbe già dovuto a febbraio del 2017 depositare nella esecuzione immobiliare rinuncia agli atti;

il pagamento dei 1.015,04 era stato effettuato il 27/10/2017 alle ore 13:00, a distanza di pochi minuti dalla quantificazione, inviata dall’Avv. COGNOME NOME alle ore 12:08, ciononostante, alle ore 15:00, ora dell’esperimento d’asta, ben due ore dopo, il non depositava la propria rinuncia.

Sottolineava come non fosse vero che l’avvocato del era venuto a conoscenza del versamento solo in data 30/10/2017, atteso che anche il fratello dell’ in data 27/10/2017, ore 13:05, aveva dato comunicazione all’avv. Vispi dell’esecuzione del bonifico.

In definitiva, affermando che per un presunto credito di euro 1.015,04, mai segnalato nella procedura immobiliare, era stato effettuato l’esperimento di vendita ad un prezzo esiguo provocando colposamente un danno ingiusto nei suoi confronti, chiedeva la riforma della sentenza impugnata, con consequenziale accoglimento delle domande attoree di primo grado.

In via istruttoria, chiedeva l’ammissione delle istanze istruttorie non ammesse e/o rigettate in primo grado.

III.

Si costituiva in giudizio il quale, in via preliminare, deduceva l’inammissibilità delle istanze istruttorie reiterate in appello dalla controparte.

Riteneva, infatti, che il rigetto della prova testimoniale da parte del Tribunale risultava correttamente motivata e precisata, tanto da cogliere l’evidente contraddittorietà stessa di alcuni capitoli di prova (quelli in cui l’attore, dopo aver precisato nel proprio atto di citazione che il debitore si era messo in contatto con il legale del creditore pochi giorni prima della definizione del contenzioso, nei capitoli di prova intendeva dimostrare che l’Avv. Vispi soltanto il 27 ottobre 2017 alle ore 12.08 comunicò il conteggio di quanto ancora dovuto dall’ , ed evidenziare per altri la loro inammissibilità perché assolutamente generici (ad esempio: “Vero che nell’occasione l’Avv. NOME COGNOME le confermava che avrebbe parlato con l’assistito ma che credeva che non ci fossero problemi”).

Nel merito, esponeva quanto segue.

a) Anzitutto, deduceva l’infondatezza della tesi dell’appellante secondo cui, il 22/02/2017, data coincidente con la liquidazione dell’importo di € 14.927,06 del pignoramento presso terzi (R.G. n. 1033/16) – di cui € 12.595,31 per quota capitale ed interessi ed € 2.331,75 per diritti/funzioni, spese CPA ed IVA della procedura di pignoramento presso terzi -, avrebbe dovuto depositare istanza di rinuncia all’esecuzione ex art. 629 cpc perché “non esisteva alcun altro debito insinuato nella procedura”.

Sottolineava, infatti, che con la riscossione del suddetto importo nell’ambito del e interessi relativi al giudizio di opposizione all’esecuzione, di quelle relative alla procedura di conversione ex art. 495 c.p.c., nonché di quelle dovute a seguito dell’intervenuta decadenza dal beneficio della conversione del pignoramento e della successiva fase di riattivazione della procedura esecutiva immobiliare di vendita.

Inoltre, aggiungeva parte appellata, il non avrebbe potuto depositare alcuna istanza di rinuncia all’esecuzione immobiliare anche in ragione delle spese liquidate in favore del Professionista Delegato alle vendite, quelle in favore dell’IVG e di pubblicità che, seppur provvisoriamente a carico del creditore procedente, non erano ricomprese nell’iniziale atto di precisazione del credito del 22.11.2014, poi azionate con l’atto di precetto e con il successivo atto di pignoramento presso terzi, atteso che furono liquidate dal G.E. soltanto dopo la data del 22.11.2014. Riteneva pertanto pacifico che l’ nel pignoramento presso terzi, avesse effettuato un pagamento parziale del suo debito, posto che lo stesso non aveva corrisposto tutte le altre spese, diritti e funzioni sopra citate relative alla procedura esecutiva immobiliare R.G. n. 276/11.

b) Contestava la ricostruzione di parte appellante secondo cui l’ avrebbe appreso, solo qualche giorno prima dell’asta fissata per il 27.10.2017, che il avrebbe depositato la propria rinuncia all’esecuzione immobiliare n. 276/11 solo dietro versamento dell’ulteriore somma di € 1.015/04 imputabile “ad altro giudizio non oggetto del pignoramento immobiliare”.

Deduceva infatti l’appellato che non esisteva altra procedura tra le parti, quindi l’importo non poteva che riferirsi all’esecuzione immobiliare 276/2011 RG. Ciò, a detta dell’appellato, trovava conferma nella mail inviata all’avv. COGNOME:

“Preg.mo Collega, come d’intesa ti invio l’importo degli onorari relativi alla procedura esecutiva immobiliare …”, nonché a pag. 3 del ricorso, ove l’appellante ricordava che l’ aveva bonificato all’Avv. Vispi l’ulteriore importo di € 1.015,04 “con la dicitura estinzione procedimento n.276/11”.

Chiarito ciò, rappresentava la propria ricostruzione dei fatti:

pochi giorni prima dell’esperimento di vendita del 27.10.2017, l’avvocato di parte appellante contattava telefonicamente il procuratore di parte appellata per conoscere l’importo dovuto dal debitore per ottenere l’estinzione anticipata della procedura immobiliare n. 276/11;

il creditore, al solo fine di agevolare la chiusura del giudizio, comunicava – a titolo di saldo e stralcio – l’importo di € 3.000/00 (oltre accessori di legge), subordinando il deposito della rinuncia in Tribunale all’invio per mail o fax della copia della anziché ricevere tale documentazione, il difensore del la sera prima dell’asta, veniva ripetutamente contattato per telefono dal fratello di il quale, lamentando delle difficoltà economiche nel reperire la somma richiesta, invitava ad un ulteriore sconto; l’appellato acconsentiva alla richiesta, arrivando a pretendere il minor importo di € 1.500/00 oltre accessori di legge;

nonostante ciò, anziché ricevere copia del versamento, la mattina dell’esperimento d’asta, il fratello dell’ telefonava nuovamente l’avvocato di parte appellata, comunicandogli di non essere riuscito a reperire più di mille euro;

alla luce di ciò, il procuratore di parte appellata inviava all’Avv. COGNOME nota con la quale confermava l’importo da ultimo concordato, subordinando la rinuncia all’invio della copia del bonifico;

parte appellata non riceveva comunque alcuna prova di pagamento, tanto da far pensare che il debitore avesse definitivamente desistito dall’operazione;

solo in data 30 ottobre 2017, tre giorni dopo l’esperimento d’asta, il procuratore del riceveva per mail dall’Avv. COGNOME copia del bonifico e, lo stesso giorno, veniva depositata di conseguenza atto di rinuncia all’esecuzione immobiliare n. 276/11.

Parte appellata, a sostegno di siffatta ricostruzione e della correttezza del proprio comportamento, richiamava l’ordinanza del 29.05.2018 del GE secondo cui “dal raffronto fra la copia del versamento di € 1.015/42 ed il verbale delle operazioni peritali (entrambi del 27.10.2017) si evince che queste ultime si sono chiuse alle ore 9,45, mentre non è dato conoscere l’orario del pagamento di cui sopra, per il quale dunque non è legittimo presumere alcuna anteriorità:

ne deriva che, al momento dell’aggiudicazione del bene alla sig.ra ossia alle ore 9,45 (di mattina) del 27.10.2018 il debito in epigrafe non era stato interamente saldato, ciò che legittimava la prosecuzione della procedura esecutiva con l’effettuazione dell’ulteriore tentativo di vendita e la successiva aggiudicazione…

Unico dato certo è che la contabile del pagamento è stata inviata solo il successivo 30.10.2018 con ciò legittimandosi solo a tale data il deposito (effettivamente avvenuto) dell’atto di rinuncia”.

Conseguentemente, il sostenendo l’infondatezza anche nel merito dell’appello, ne chiedeva il rigetto, rassegnando le seguenti conclusioni:

“Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, disattesa ogni contraria domanda, eccezione e deduzione, 1) in via preliminare e di rito, dichiarare inammissibile il mezzo di prova per testi dedotto per le ragioni ampiamente spiegate dal Giudice di prima cure;

2) nel merito, respingere l’appello proposto dal sig. , perché infondato in fatto e in diritto e, per l’effetto, confermare integralmente la sentenza gravata;

3) condannare l’appellante al pagamento di tutte le spese, diritti ed onorari IV.

Nonostante la regolarità della notifica alla parte appellata già contumace in primo grado, la stessa non si costituiva nel presente giudizio.

V.

Con ordinanza del 10.10.2024, venivano rigettate tutte le istanze istruttorie di parte appellante causa veniva rinviata all’udienza collegiale del 01.04.2025, successivamente differita all’udienza del 15/04/2024, per la trattazione ex art. 281 sexies c.p.c..

VI.

All’udienza del 15/10/2024, all’esito della discussione delle parti e della camera di consiglio, dichiarata la contumacia dell’appellata , la causa era decisa mediante la pubblicazione della presente sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

– Con il primo motivo d’appello, l’ lamenta l’erroneità della sentenza impugnata per non aver il giudice di prime cure accolto le prove testimoniali richieste dall’allora opponente.

La censura è infondata.

Il rigetto veniva infatti giustificato dal primo giudicante alla luce – in parte – della superfluità delle prove richieste e – in parte – della tardiva deduzione di fatti posti alla base dei capitoli di prova formulati dall’appellante.

In effetti, come già evidenziato nell’ordinanza del 10.10.2024 di questa Corte, la ricostruzione dei fatti poteva essere desunta dai documenti prodotti e dalla consultazione dei fascicoli delle due procedure esecutive (quella immobiliare RG 271/2011 e quella presso terzi).

Risulta inoltre corretta la valutazione di contraddittorietà e tardività della circostanza secondo cui l’avv. Vispi solo in data 27/10/2017 avrebbe comunicato il conteggio di quanto dovuto al creditore procedente:

l’ nell’atto di citazione, aveva infatti diversamente affermato di essersi messo in contatto con la controparte pochi giorni prima della vendita e che, in tale occasione, gli sarebbe stato comunicato che “l’atto di rinuncia sarebbe stato depositato solo a seguito del pagamento di un’ulteriore somma pari ad euro 1.015.04”.

La sentenza appare quindi adeguatamente motivata in punto di rigetto delle richieste istruttorie.

Parimenti non accoglibile risulta il secondo motivo d’appello con il quale l’ critica la sentenza per non aver preso posizione sulla lamentata incompatibilità del giudice istruttore designato per la causa di opposizione all’esecuzione, avendo lo stesso altresì ricoperto le funzioni di giudice dell’esecuzione.

A tal proposito, si evidenzia che, in occasione dell’udienza del 17.01.2019, il giudice sensi dell’art. 186 bis disp. att. c.p.c. “i giudizi di merito di cui all’articolo 618, secondo comma, del codice sono trattati da un magistrato diverso da quello che ha conosciuto degli atti avverso i quali è proposta opposizione”;

manda il fascicolo al Presidente del secondo collegio dott. NOME COGNOME per la eventuale assegnazione a diverso giudice”.

A seguito della rimessione al Presidente, il fascicolo veniva riassegnato ad altro giudice con provvedimento del 28.01.2019, con ciò superando la problematica sollevata dall’opponente il quale, infatti, non ha né reiterato l’eccezione in sede di precisazione delle conclusioni, comparse conclusionali e repliche né, tantomeno, presentato ricorso per la ricusazione del giudice ai sensi degli artt. 51, comma 1, n. 4), e 52 c.p.c., condizione peraltro imprescindibile per dedurre la violazione dell’obbligo di astensione ex art. 51, n. 4, c.p.c. in sede di impugnazione come motivo di nullità della sentenza (cfr. Cass. Civ. sez. VI, 28/10/2014, n. 22854). Conseguentemente, e correttamente, la questione non è stata affrontata nella sentenza appellata, risultando ormai superata dalla nomina di altro giudice istruttore.

Ad ogni modo, la doglianza non aveva fondamento, considerando l’interpretazione fornita dalla Suprema Corte (cfr. Cass. Civ. sez. VI, 22/10/2018, n. 26551) all’art. 186 bis disp. att.

c.p.c., secondo cui la norma è finalizzata ad escludere unicamente la coincidenza fra i magistrati persone fisiche che debbano trattare le due fasi (sommaria e ordinaria) del procedimento di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., e non implica quindi che il magistrato persona fisica, cui sia demandata la trattazione della fase di merito dell’opposizione suddetta, non possa coincidere con quello designato quale giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 484 c.p.c..

Poiché nel caso di specie l’ordinanza cautelare, con cui è stata rigettata l’istanza di sospensiva, è stata emessa da magistrato-persona fisica diversa da quella dell’estensore, mentre la coincidenza ha riguardato il magistrato persona fisica dell’esecuzione e quello inizialmente designato come giudice istruttore nella fase di merito dell’opposizione, l’incompatibilità di cui all’art. 186 bis disp. att. c.p.c. non è andata configurandosi.

Quanto al lamentato eccessivo ribasso del prezzo, che a detta dell’appellante avrebbe dovuto giustificare la sospensione della vendita, si osserva quanto segue.

Posto che l’art. 586 c.p.c. prevede che il giudice dell’esecuzione possa sospendere la vendita dopo l’aggiudicazione quando ritiene che il prezzo conseguito sia notevolmente inferiore a quello giusto, la Corte di Cassazione, nel tracciare i presupposti di operatività della facoltà in questione, ha chiarito che essa può essere esercitata allorquando:

a) si verifichino fatti nuovi successivi all’aggiudicazione;

b) emerga che nel procedimento di vendita si siano verificate interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento, del processo esecutivo, fatti o elementi che essa sola conosceva anteriormente all’aggiudicazione, non conosciuti né conoscibili dalle altre parti prima di essa, purché costoro li facciano propri, adducendo tale tardiva acquisizione di conoscenza come sola ragione giustificativa per l’esercizio del potere del giudice dell’esecuzione (cfr. Cass. civ. 21/09/2015, n. 18451; Cass. civ. sez.

III, 12/02/2024, n. 3887).

Ha altresì più volte affermato la Suprema Corte che “non integra un prezzo ingiusto di aggiudicazione, idoneo a fondare la sospensione prevista dall’art. 586 cod. proc. civ., quello che sia anche sensibilmente inferiore al valore posto originariamente a base della vendita, ove questa abbia avuto luogo in corretta applicazione delle norme di rito, né si deducano gli specifici elementi perturbatori della correttezza della relativa procedura elaborati dalla giurisprudenza, tra cui non si possono annoverare l’andamento o le crisi, sia pure di particolare gravità, del mercato immobiliare” (tra le tante, cfr. Cass. 23/06/2016, n. 13014; Cass. 12/12/2016, n. 25324; Cass. 10/01/2017, n. 268; Cass. 14/02/2017, n. 3791; Cass. 10/06/2020, n. 11116; Cass. 06/05/2021, n. 27071; Cass. 20/10/2021, n. 29018; Cass. 26/11/2021, n. 36857; Cass. 06/07/2022, n. 21408; Cass. 19/01/2023, n. 1639; Cass. 25/01/2023, n. 2224; Cass. 20/04/2023, n. 10718; Cass. 08/06/2023, n. 16336; Cass. 21/08/2023, n. 24913) e ciò poiché è l’interazione col mercato dei beni oggetto della vendita giudiziaria a costituire idonea garanzia di ottenimento del massimo risultato giusto ed utile possibile (cfr. Cass. 10/06/2020, n. 11116).

Da tali principi è possibile ricavare che il “giusto prezzo” è un concetto non economico, correlato cioè al valore venale o al miglior risultato di collocazione dell’immobile conseguibile in base ai parametri del mercato, bensì giuridico, che designa l’esito ottenuto da una sequenza procedimentale della fase liquidatoria svolta in maniera conforme alle regole che la presidiano, cioè in assenza di fattori devianti o interferenze illegittime incidenti sulla formazione del prezzo.

Nel caso di specie, nonostante il bene sia stato venduto per un importo (pari a 29.500,00 euro) inferiore a quello di base d’asta (fissato, per l’ultimo esperimento di vendita, in 38.400,00 euro) e significativamente lontano dal valore di mercato del bene individuato dal CTU (pari a 170.000,00 euro, cfr. perizia del 20.08.2012), il prezzo di aggiudicazione non può qualificarsi ingiusto.

Esso, infatti, è frutto di legittimi e progressivi ribassi effettuati in occasione di sequenziali esperimenti di vendita, avvenuti nel rispetto della corretta applicazione delle norme di rito (art. 591 c.p.c.).

In particolare, come disposto nell’ordinanza del 27.10.2015 con cui il GE forniva le istruzioni relative alle operazioni di vendita, la prima vendita si è tenuta al prezzo corrispondente al valore di stima del bene (già decurtato dall’esperto di una percentuale, all’ottavo esperimento – nonché l’ultimo – del 27.10.2017, in cui la base d’asta è stata fissata a 38.400,00 euro.

Il tutto, peraltro, nel rispetto del limite ultimo di 20.000,00 euro, raggiunto eventualmente il quale il delegato non avrebbe potuto fissare ulteriori tentativi di vendita e avrebbe dovuto rimettere le parti innanzi al Giudice dell’Esecuzione.

Né nel caso concreto sono rinvenibili – e neppure sono stati dedotti dall’appellante – specifici elementi perturbatori della correttezza della relativa procedura elaborati dalla giurisprudenza, tra cui non si possono annoverare la crisi, sia pure di particolare gravità, del mercato immobiliare.

Parte appellante allega la sopravvenienza di alcune circostanze (quali: la rinuncia alla esecuzione e/o al proprio intervento dell’Istituto bancario, in quanto integralmente soddisfatto;

il fatto che il credito vantato dal creditore procedente non fosse più quello per il quale il aveva richiesto il pignoramento;

il fatto che il creditore procedente nell’ambito della procedura immobiliare non avesse mai corretto detto importo;

il fatto che nella stessa data dell’esperimento d’asta era stato effettuato il pagamento) che non possono tuttavia considerarsi nuove rispetto all’aggiudicazione, né tantomeno idonee ad interferire e influenzare il procedimento e la stima del bene, come ritenuto necessario dalla sopracitata giurisprudenza di legittimità ai fini della sospensione ex art 586 c.p.c..

In virtù delle superiori considerazioni, la sentenza impugnata, nella quale il Tribunale ha fatto applicazione dei medesimi principi giurisprudenziali richiamati, dev’essere confermata nella parte in cui ha rigettato la domanda dell’opponente sotto il profilo della mancata sospensione della vendita per eccessivo ribasso del prezzo.

Questo Collegio ritiene altresì infondata la richiesta di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. nonché quella di cessazione della materia del contendere per intervenuta estinzione della procedura, con conseguenziale restituzione dell’immobile all’ e restituzione dell’importo in favore dell’aggiudicataria In primo luogo, occorre chiarire che l’ nonostante ponga in contestazione la sussistenza di un debito residuo pari a 1.015,04 ed il suo collegamento alla procedura esecutiva 276/2011 RG, poi si contraddice in più occasioni. Infatti, nell’appello, a pag. 4, si legge:

“In data 27/10/2017 il sig. provvedeva ad effettuare anche il saldo di quanto dovuto e richiesto quali spese legali dal sig. attraverso il proprio Avvocato NOME COGNOME con email 27/10/2017 ore 12:08, atteso che l’importo capitale, interessi e spese il creditore procedente li aveva già riscossi a seguito dell’assegnazione di importi ricavati da una ulteriore esecuzione sin dal febbraio 2017”;

a pag. 19 si legge:

“c) il credito vantato dall’Istituto bancario era del tutto predominante rispetto a quello vantato dal creditore procedente;

d) il credito vantato dal mai corretto detto importo facendo presente che appunto, seguendo quanto riferisce lo stesso, una buona parte, anzi la parte predominante, l’aveva già riscossa Quindi nella fattispecie e tutto ciò non è stato contestato da nessuno, la totalità del credito di entrambi i creditori era stata ampiamente soddisfatta, rimanevano probabilmente interessi e rivalutazioni per circa euro mille che colposamente controparte non aveva mai segnalato”;

a pag. 26 si legge:

“definitiva l’Ill.mo Giudicante era al corrente solo dell’importo per cui parte convenuta aveva posto in essere il pignoramento immobiliari e non di quell’importo minore che era dovuto dall’ (euro 1.015,04)”.

Appare inoltre determinante la mail del 27.10.2017, inviata dall’avv. COGNOME all’Avv. COGNOME, di seguito riportata, ove si coglie la sussistenza del debito residuo in questione – rimodulato al solo fine di favorire la chiusura della procedura – ed il collegamento dello stesso all’esecuzione immobiliare promossa dinnanzi al Tribunale di Arezzo:

nella mail prodotta in atti si legge “Preg.mo Collega come di intesa telefonica ti invio gli importi degli onorari relativi alla procedura esecutiva immobiliare promossa avanti al Tribunale di Arezzo.

Per correttezza ti rammento che unitamente alla procedura di cui sopra il signor aveva promosso altra procedura tesa all’opposizione del credito, anche quella respinta ai danni dell’ Senza voler conteggiare gli importi, i cui onorari sarebbero decisamente superiori, ma al solo fine di favorire la chiusura della procedura in favore del Tuo assistito, l’importo complessivo ammonta ad euro 1015/04 di cui euro 800/00 per onorari

; euro 32/00 per CPA ed euro 183/04 per IVA come per legge.

Detto importo potrà essere bonificato al seguente codice Iban IT21Q0103038480000063186947.

Di seguito verrà rimesso atto di rinuncia all’esecuzione che, in ogni caso subordinatamente al pagamento di cui sopra viene sin d’ora accettato.

In attesa di un tuo cortese riscontro invio cordiali saluti.

” Ancora, deve sottolinearsi l’inequivocabile causale del bonifico di € 1.015,04, effettuato in favore dell’Avv. COGNOME in data 27.10.2017, con la dicitura “estinzione procedimento n. 276/11”.

Premesso ciò, appare corretto il richiamo del giudice di primo grado alle sentenze della Suprema Corte secondo cui “sussiste il diritto del creditore pignorante di proseguire il processo esecutivo fintantoché il debitore esecutato non abbia pagato per intero l’importo dovuto, in forza del titolo esecutivo posto a base dell’esecuzione, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, con la conseguenza che il pagamento parziale di tale importo non osta a che il creditore se ne avvalga per ottenere il credito residuo, inclusi interessi e spese, nella medesima esecuzione iniziata in forza dello stesso unico titolo esecutivo” (cfr. Cass. n. 27545/2017, Cass. n. 23745 del 14/11/2011). Ebbene, nonostante gran parte del credito del fosse stato soddisfatto nella sua pretesa, quando, cioè, gli è pervenuta la copia del bonifico ossia in data 30.10.2017.

A tal proposito, giova sottolineare che la tesi dell’appellante secondo cui il 27.10.2017 era stato saldato il debito e che ciò era stato comunicato all’odierna parte appellata anteriormente all’esperimento d’asta, non trova alcun riscontro.

Dalla mail precedentemente richiamata, si evince che quello stesso giorno, alle ore 12.08, il creditore riquantificava l’importo dovuto e dichiarava che avrebbe rinunciato all’esecuzione solo subordinatamente al pagamento, di cui non ha avuto notizia fino alla ricezione della contrabile del bonifico in data 30.10.2017.

È lo stesso procuratore di parte appellante che con mail del 30.10.2017 scrivendo “come da accordi invio la contabile del bonifico effettuato.

Attendo cortese conferma dell’avvenuto deposito della rinuncia”, lascia intendere che la rinuncia alla procedura esecutiva del creditore non era attesa prima di quel momento.

Non può di conseguenza essere censurato il comportamento del al quale non può essere addebitata alcuna responsabilità.

Deve pertanto rigettarsi la domanda di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. Infine, stante la mancata prova che il pagamento del 27.10.2021 sia stato effettuato anteriormente alla chiusura del verbale di vendita emesso in pari data (dall’ordine di bonifico non si ricava l’orario dell’operazione), non sussistevano i presupposti per dichiarare la cessazione materia contendere ed estinzione nei termini prospettati dall’appellante il quale ha insistito per la restituzione in suo favore dell’immobile e in favore dell’aggiudicatario del prezzo versato. L’art. 629 c.p.c. prevede infatti che “il processo si estingue se, prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, il creditore pignorante e quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo rinunciano agli atti.

Dopo la vendita il processo si estingue se rinunciano agli atti tutti i creditori concorrenti”;

l’art. 632 c.p.c., nel disciplinare gli effetti dell’estinzione, distingue a seconda che avvenga prima dopo l’aggiudicazione:

“Con l’ordinanza che pronuncia l’estinzione è disposta sempre la cancellazione della trascrizione del pignoramento.

Con la medesima ordinanza il giudice dell’esecuzione provvede alla liquidazione delle spese sostenute dalle parti, se richiesto, e alla liquidazione dei compensi spettanti all’eventuale delegato ai sensi dell’articolo 591bis.

Se l’estinzione del processo esecutivo si verifica prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, essa rende inefficaci gli atti compiuti;

se avviene dopo l’aggiudicazione o l’assegnazione, la somma ricavata è consegnata al debitore.

Avvenuta l’estinzione del processo, il custode rende al debitore il conto, che è discusso e chiuso davanti al giudice dell’esecuzione.

Si applica la disposizione dell’articolo 310 ultimo provvisoria, o l’assegnazione, restano fermi nei confronti dei terzi aggiudicatari o assegnatari, in forza dell’articolo 632, secondo comma, del codice, gli effetti di tali atti.

Dopo il compimento degli stessi atti, l’istanza di cui all’articolo 495 del codice non è più procedibile”.

Deve dunque concludersi anche per il rigetto di tale ultima domanda.

Alla luce di quanto esposto, l’appello deve essere integralmente rigettato, con conferma della sentenza impugnata.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate sulla base del DM 10.03.2014 n. 55 e successive modifiche, in complessivi €. 2.605,00 (di cui €. 1029,00 per fase di studio della controversia, €. 709,00 per fase introduttiva del giudizio, €. 867,50 – ossia il 50% di €. 1.735,00 che, in ragione del rito, si è svolta senza il deposito delle comparse ex art. 190 c.p.c. – per fase decisionale, esclusa la fase istruttoria in quanto non tenutasi), secondo lo scaglione relativo a procedimenti dinanzi alla Corte d’Appello, di valore indeterminato e complessità bassa con parametro pari al minimo; spese, queste, che vanno poste a carico dell’appellante nonostante l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato (Cfr. Cass. Sez. VI , Ordinanza n. 10053 del 19/06/2012).

La Corte di Appello di Firenze, ogni altra domanda reietta, definitivamente decidendo nel procedimento istaurato da nei confronti di respinge l’appello e per l’effetto conferma integralmente la sentenza n. 151/2022 del Tribunale di Arezzo;

condanna parte appellante alla refusione delle spese di lite in favore di parte appellata, liquidate in €. 2.605,00 per compensi professionali, oltre 15% spese generali, Iva e Cap come per legge;

dà atto che ricorrono nei confronti dell’appellante i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ex art. 13, comma 1 quater, DPR 113/2002.

Firenze, lì 30/04/2025 Il Cons. RAGIONE_SOCIALE

COGNOME COGNOME Presidente Dr.ssa NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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