REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Lecce – Sezione 2^ civile – composta dai signori:
Dott. NOME COGNOME Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Dott. NOME COGNOME Consigliere rel. ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._298_2025_- N._R.G._00000271_2022 DEL_10_04_2025 PUBBLICATA_IL_10_04_2025
nella causa iscritta al n. 271/2022 R.G., introdotta da (C.F. ), rappresentato e difeso dall’Avv.to NOME COGNOME come da mandato in atti;
APPELLANTE (C.F. rappresentato difeso dall’Avv.to NOME COGNOME come da mandato in atti;
APPELLANTE nei confronti di (RAGIONE_SOCIALE , in qualità di unico socio e legale rappresentante p.t. della (già , rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME come da mandato in atti;
APPELLATA
OGGETTO: Appello avverso la sentenza n. 3096/2021 emessa dal Tribunale di Lecce, pubblicata il 16/11/2021, non notificata, pronunciata nel procedimento civile avente R.G.N. 7589/2013.
All’udienza del 11/02/2025 la causa è trattenuta in decisione ai sensi dell’art. 352 c.p.c..
MOTIVAZIONE
1. Con autonomi atti di citazione del 18.11.2013, proponevano opposizione al decreto ingiuntivo n. 1158/2013, emesso dal Tribunale di Lecce il 27.9.2013 su ricorso della con il C.F. C.F. C.F. si ingiungeva ai germani di pagare € 55.902,00 (somma comprensiva di IVA), oltre spese e competenze del procedimento monitorio, quale compenso per lavori di ristrutturazione eseguiti presso l’abitazione (in Lequile, alla INDIRIZZO di , madre dei predetti germani (dichiaratisi, per la stessa, debitori). 1.1.
Con gli atti opposizione proponevano domanda riconvenzionale, così descritta nell’impugnata sentenza.
deduceva che in data 5.1.2008 aveva sottoscritto con un contratto preliminare di permuta di area edificabile con edifici da costruire;
che in virtù di tale contratto, unico proprietario del terreno, aveva promesso di trasferire all’opposta società la proprietà del suolo sito in Lequile, alla INDIRIZZO, di mq. 431, censito in Catasto al fg. 9, p.lla 2145, del valore di € 65.000 oltre IVA, con riferimento al quale aveva già presentato istanza per il rilascio del permesso di costruire;
che l’opposta aveva promesso sia di obbligarsi a costruire sul terreno in questione un edificio composto da piano seminterrato, quattro piani fuori terra e volumi tecnici, sia di trasferire a la proprietà di un appartamento e di un posto auto;
che in virtù del medesimo contratto preliminare la si era obbligata a costruire a sue spese ed a consegnare le unità immobiliari promesse entro tre anni dalla data del rilascio del permesso di costruire (21.1.2008);
che con atto pubblico di compravendita aveva trasferito a la proprietà del terreno oggetto della preliminare permuta per il corrispettivo di € 68.960,00;
che successivamente la società opposta aveva ottenuto la voltura a suo nome del permesso di costruire, procedendo alla costruzione del fabbricato oggetto di permuta che presentava, tuttavia, degli abusi edilizi.
Aggiungeva che in data 7.11.2011 si erano accordati per integrare con scrittura privata l’atto del 5.11.2008 (interamente richiamato);
che in virtù di tale scrittura privata avrebbe ceduto a il contratto preliminare dal medesimo sottoscritto con gli eredi , avente ad oggetto l’impegno al trasferimento della proprietà del terreno in Lequile, censito in Catasto al foglio 9, particella 2198, (proprietà ), adiacente a quello censito alla particella 2145, foglio 9 del Comune di Lequile (oggetto del preliminare del 5.11.2008);
che in cambio, la si era impegnata a corrispondere € 12.000,00 agli eredi , € 2.400,00 al notaio rogante, € 18.000,00 a quale compenso per la cessazione del preliminare di vendita con gli eredi , totale € 55.902,00) dovuta da ;
che con la stessa scrittura in persona del legale rappresentante, si era impegnata a consegnare entro e non oltre 60 giorni lavorativi dalla stipula della scrittura privata integrativa, il posto auto ubicato sotto la proprietà di (in Lequile, alla INDIRIZZO completo di basculante e cemento industriale per la pavimentazione dello stesso e della corsia di manovra, stabilendo una penale pari ad € 200,00 per ogni giorno di ritardo nella consegna;
che di contro si erano impegnati a versare a somme dovute pari ad € 46.200,00 e tutte le eventuali somme aggiuntive per lavori eseguiti, entro e non oltre 90 giorni dalla consegna dell’appartamento oggetto di permuta, ubicato al piano terra e del posto auto rifiniti e funzionanti, stabilendo una penale di € 200,00 per ogni giorno di ritardo;
che la si era impegnata a consegnare l’appartamento oggetto di permuta ubicato al piano terra e il posto auto rifiniti e funzionanti entro e non oltre 180 giorni lavorativi dal ritiro del permesso di costruire in sanatoria stabilendo una penale pari ad euro 200,00 per ogni giorno di ritardo nella consegna, salva possibilità di interruzione e rimodulazione dei termini, in seguito alla quantificazione delle eventuali modifiche interne richieste compresa l’eventuale divisione dell’appartamento consegnare due mini-appartamenti. L’opponente lamentava:
che gli immobili non erano stati ultimati (per mancanza di intonaco, caldaie, ecc…) e che, come conseguenza del mancato rispetto dei tempi di consegna, dovevano operare le clausole penali summenzionate;
che il credito di € 46.200,00 non era liquido ed esigibile;
che era presente ipoteca sulle unità immobiliari.
concludeva chiedendo:
preliminarmente di sospendere l’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto;
di dichiarare l’illegittimità, la nullità e l’inefficacia del decreto ingiuntivo e per l’effetto di revocarlo;
di dichiarare, per le medesime causali, che l’opponente nulla doveva alla società opposta;
in accoglimento della domanda riconvenzionale di condannare la società opposta, in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento a titolo di penale della somma di € 91.600,00, nonché dell’ulteriore somma che sarebbe risultata dovuta al medesimo titolo per il tempo trascorso dal 18.11.2013 fino alla consegna del posto auto;
in accoglimento della domanda riconvenzionale di condannare la società opposta, in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento di una somma a titolo di risarcimento danni, quantificata dal Giudice, ai sensi degli artt. 91 e 96 c.p.c.; con vittoria di spese di lite, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.
deduceva esattamente quanto riportato nell’opposizione presentata da e concludeva chiedendo di:
dichiarare l’illegittimità, nullità ed inefficacia del decreto ingiuntivo opposto e, per l’effetto, revocarlo;
dichiarare per le medesime causali che l’opponente nulla doveva alla società opposta;
in accoglimento della domanda riconvenzionale, condannare la società opposta, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento a titolo di penale della somma di € 46.800,00, nonché della ulteriore somma che sarebbe risultata dovuta al medesimo titolo per i giorni che sarebbero trascorsi dal 18.11.2013 fino alla consegna degli immobili;
con vittoria di spese e competenze di lite”.
2.
Nel contraddittorio con la società opposta e riuniti i due giudizi di opposizione, il Tribunale adito con sentenza n. 3096/2021 pubblicata il 16/11/2021, ha revocato il decreto ingiuntivo opposto e condannato gli opponenti al pagamento in favore di di € 37.902,00, oltre interessi dalla domanda sino al soddisfo;
ha rigettato le domande riconvenzionali proposte dai medesimi opponenti, ponendo a carico degli stessi in solido i due terzi delle spese di lite, liquidate in € 3.200,00 oltre accessori.
2.1.
In ordine alle domande riconvenzionali dirette ad ottenere il pagamento delle penali di cui al contratto del 7.11.2011, integrativo della precedente scrittura privata del 5.1.2008, il Tribunale rileva come i termini per l’adempimento, rappresentato dalla consegna delle unità immobiliari indicate in detto contratto, dovevano essere rivisti sulla base delle varianti richieste dai.
Queste ultime, osserva il giudicante, sarebbero consistite, quanto meno, nella “divisione in due mini appartamenti dell’appartamento oggetto di contratto, come evidenziato nella scrittura privata, non contestata dagli opponenti”, e pertanto “i termini per la consegna dovevano decorrere dalla data effettiva di inizio lavori, ossia dal 10.12.2012”.
Sul punto, in sentenza viene rilevato come dalla deposizione resa da , teste indifferente, emerga che “gli appartamenti risultavano ultimati nel mese di gennaio 2013 e che tali appartamenti erano privi di caldaie, in quanto queste sarebbero state installate al momento della presa di possesso da parte degli acquirenti, per evitare furti.
Pertanto, la lettera di invito a stipulare datata 20.2.2013, inviata dalla società opposta, appare tempestiva.
” Per ciò che riguarda gli abusi edilizi, il Tribunale ha rilevato che non risulta sia intervenuta sentenza di condanna definitiva irrevocabile.
Dai capi di imputazione emerge che la contestazione concerneva permessi di costruire, anche in sanatoria, illegittimi:
cioè l’accusa aveva sostenuto l’illegittimità del “permesso di costruire originario, presentato da e volturato in favore della società opposta, giurata redatta da che conteneva false dichiarazioni”.
Pertanto, secondo il Tribunale, entrambi gli opponenti erano a conoscenza dei permessi asseritamente illegittimi, in virtù dei quali gli appartamenti erano stati realizzati.
Sulla base di queste considerazioni il primo giudice ha rigettato le domande riconvenzionali relative alle penali da ritardo spiegate dagli opponenti, rilevando come gli stessi non abbiano proposto alcuna domanda di risoluzione del contratto.
2.2.
Quanto al credito azionato in via monitoria, il Tribunale ha rilevato che i sono espressamente debitori di € 55.902,00, somma oggetto del decreto ingiuntivo opposto, giusto riconoscimento del debito contenuto nella scrittura privata del 7/11/2011;
ha ritenuto che da tale importo debbano essere detratti € 18.000,00 come compenso per la cessione alla società opposta del compromesso di vendita tra e gli eredi.
Quindi ha revocato il decreto ingiuntivo e condannato gli opponenti al pagamento della minor somma “di € 37.902,00 inclusa IVA, oltre interessi dalla domanda sino al soddisfo”.
3.
Avverso la sentenza i hanno proposto due distinti atti di appello, successivamente riuniti.
L’appellante ha rassegnato le seguenti conclusioni:
“1) Dichiarare per i motivi dedotti nel presente atto di appello, la nullità ed inefficacia del decreto ingiuntivo opposto e, per l’effetto, revocarlo;
2) dichiarare per le medesime causali che l’appellante nulla deve alla appellata;
3) in accoglimento della domanda riconvenzionale, dichiarare tenuta e condannare la società opposta, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento a titolo di penale della somma di € 432.000,00, nonché della ulteriore somma che sarà dovuta al medesimo titolo per i giorni che trascorreranno fino alla consegna degli immobili;
4) Con vittoria di spese e competenze di lite….In via istruttoria:
Si ripropongono ai sensi dell’art. 346 c.p.c. tutte le domande ed eccezioni non accolte con la sentenza di primo grado….
Si chiede l’acquisizione del fascicolo del primo grado con tutta la documentazione allegata.
”.
ha chiesto “preliminarmente sospendere l’efficacia esecutiva della sentenza impugnata;
nel merito 2) dichiarare per i motivi dedotti nel presente atto di appello, la nullità ed inefficacia del decreto ingiuntivo opposto e, per l’effetto, revocarlo;
3) dichiarare per le medesime causali che l’appellante nulla deve alla non avendo l’impresa mai consegnato l’immobile oggetto di permuta al Sig. ;
4) in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata in primo grado, dichiarare tenuta e condannare l’odierna appellata, al pagamento a titolo di penale della somma di € 626.600,00, ovvero di quella somma maggiore o minore che verrà ritenuta di giustizia;
5) Con vittoria di spese e competenze di lite del doppio grado di giudizio.
.
In entrambi i giudizi di appello si è costituita nella sua qualità di unica socia di già società cancellata dal Registro delle Imprese di Lecce in data 12/01/2021.
L’appellata ha dedotto preliminarmente l’inammissibilità della contestazione del quantum monetario per cui è condanna osservando come il Tribunale abbia correttamente preso atto della ricognizione di debito di euro 46.200,00, oltre IVA, operata dalle parti con la scrittura 07/11/2011, e della obbligazione di pagamento assunta dai a soddisfazione del debito che la genitrice aveva nei riguardi della per le opere di costruzione effettuate presso l’immobile di sua proprietà.
Quanto alla riproposizione da parte degli appellanti delle domande riconvenzionali, l’appellata ne ha dedotto l’infondatezza e ne ha chiesto l’integrale rigetto.
* * * * 5.
Con un unico motivo di gravame gli appellanti deducono vizio di “violazione di legge:
carenza, incongruità e illogicità della motivazione nella sentenza impugnata relativamente alla errata ricostruzione ed interpretazione dei fatti di causa, nonché alla errata valutazione delle circostanze emerse durante la fase istruttoria ed alle norme di diritto applicabili”.
A sostegno vengono articolate le seguenti censure.
5.1.
Sul mancato avveramento della condizione sospensiva.
Mancata consegna dell’appartamento e mancata consegna del box auto a Gli appellanti contestano che nella sentenza impugnata nulla è statuito “sulla mancata consegna dell’appartamento ubicato al piano terra oggetto di permuta … e del box auto completo di basculante e cemento industriale, …che costitutiva ulteriore condizione per il pagamento della somma ingiunta e per la quale era stata stabilita una penale di € 200,00 per ogni giorno di ritardo rispetto alla data concordata per la consegna”.
Il Tribunale ha fondato la decisione circa lo stato di ultimazione degli immobili sulla falsa testimonianza di , secondo il quale gli appartamenti risultavano essere ultimati già nel mese di gennaio 2013 (sul punto, è stato depositato presso la Procura della Repubblica di Lecce, atto di denuncia querela per falsa testimonianza da parte del da quanto affermato in sentenza, la non è mai stata in grado di consegnare l’appartamento ed il box auto oggetto di permuta né il box ubicato sotto l’abitazione del.
Sul punto, gli appellanti fanno presente che, nel giudizio pendente tra (procedimento civile n. 8181/2015 RG avente ad oggetto azione di adempimento in ordine all’appartamento promesso in permuta dalla società), è “emerso che alla data del 5.6.2018 (e quindi a distanza di ben 5 anni dalla presunta ultimazione dell’appartamento), il Comune di Lequile, su richiesta del Giudice Istruttore, ha fornito una certificazione con la quale rilevava come “Agli atti non risulta presentata alcuna comunicazione di fine lavori né istanza per il rilascio del certificato di agibilità, né tantomeno presentata segnalazione certificata di agibilità (SCA)”. Inoltre i fratelli richiamano a sostegno della propria tesi i seguenti documenti:
– nota del 04/03/2013, con cui il dava riscontro all’invito a stipulare richiamato in sentenza chiedendo alla società costruttrice di visionare l’immobile per verificare l’esecuzione a regola d’arte dei lavori e ricevere la consegna dei documenti necessari per la stipula e che tuttavia non riceveva risposta alcuna dalla con la medesima nota “si comunicava che le somme dovute per i lavori eseguiti a casa della madre (oggetto del decreto ingiuntivo opposto), sarebbero stati pagati entro il novantesimo giorno dalla consegna dei predetti immobili (così come previsto nella richiamata scrittura). ”;
– ulteriore missiva del 24/05/2013, con cui invitava la suddetta società costruttrice a comparire innanzi al Notaio in data 07/06/2013 per procede alla stipula degli immobili previa consegna della documentazione necessaria;
tuttavia, l’impresa dava riscontro con lettera del 04/06/2013, “riconoscendo che gli immobili non erano ultimati e rifiniti e chiedendo al Sig. di provvedere, prima di procedere alla stipula, ad un presunto conguaglio di € 152.000,00 per presunte migliorie mai richieste, nonché l’ulteriore somma di € 28.200,00 oltre IVA per lavori eseguiti presso l’appartamento della Sig.ra.
”.
– nota del 10/06/2013, con cui la chiedeva il pagamento non più di € 28.200,00 oltre I.V.A., ma di € 46.200,00, oltre IVA;
nella stessa data l’impresa di costruzioni inoltrava altra missiva a “indicando soltanto la somma di € 152.200,00, non dovuta dall’esponente, e chiedendo la restituzione dell’assegno di € 68.000,00.
– nota del 29.6.2013, con cui i eccepivano di non essere tenuti al dell’assegno di € 68.000,00, poiché con scrittura privata del 7 novembre 2011 era stato convenuto che il versamento delle somme previste in detto accordo, sarebbe stato effettuato dall’esponente entro novanta giorni dalla consegna degli immobili in questione;
consegna che si ribadiva non essere mai avvenuta e che l’immobile risultava essere “privo di accatastamento, dell’agibilità e di tutte le altre certificazioni, ivi comprese quella energetica e quella relativa alla prevenzione incendi del fabbricato di cui fa parte, che consentirebbero la stipula dell’atto pubblico di trasferimento della proprietà.
”.
– In data 30.10.2013, infine, invitava la società opposta a comparire innanzi al notaio dott.ssa per il giorno 13 novembre 2013 per procedere alla stipula del contratto con cui trasferire la proprietà dell’appartamento e del box censiti nel Catasto del Comune di Lequile (Le), così come previsto nel contratto preliminare di permuta sottoscritto in data 5.1.2008 e dalla successiva scrittura privata del 7.11.2011… Nella data fissata per la comparizione innanzi al notaio la non compariva.
”.
In disparte da tali rilievi, gli appellanti evidenziano come il primo giudice abbia omesso di considerare che il trasferimento degli immobili in favore di era condizionato al pagamento della somma di € 152.000,00 oltre IVA, “per presunte migliorie mai richieste dal ”.
Gli appellanti contestano la suddetta pretesa come non provata ed infondata, atteso che, come risulta dalla scrittura integrativa del 7.11.2011, ogni eventuale modifica doveva essere preventivamente concordata dalle parti.
E non vi è alcun documento in atti che provi accordi tra le parti per apportare modifiche il cui valore sarebbe addirittura superiore al valore dell’immobile stesso.
Viene censurata inoltre la motivazione addotta dal giudice per superare l’eccezione relativa alla presenza di un’iscrizione ipotecaria sull’immobile che doveva essere trasferito.
Al riguardo la difesa insiste sulla tesi che il trasferimento del bene sarebbe dovuto avvenire senza ulteriore esborso di denaro con la conseguenza che l’ipoteca, iscritta successivamente all’accordo intercorso tra le parti, doveva essere cancellata ad opera della società deduce che la consegna del box auto non solo rappresentava una ulteriore condizione sospensiva per il pagamento delle somme oggetto di ingiunzione, ma anche il presupposto per l’addebito delle penali previste nella scrittura del 7.11.2011. Lo stesso rappresenta di aver ottenuto la consegna delle chiavi della basculante solo in data 8/10/2020 a seguito di due giudizi di merito, a tale data, l’appellante assume di essere creditore nei confronti dell’impresa della complessiva somma di € 626.600,00, data dalla moltiplicazione dei giorni di ritardo rispetto al termine di consegna (3133 giorni) per € 200,00 giornaliere.
L’appellante produce e chiede l’ammissione dei seguenti documenti di formazione successiva rispetto alla sentenza impugnata e ritenuti “indispensabili ai fini del decidere”:
1. Ricorso ex art. 303 c.p.c. tra depositato in data 18.2.22;
2. Ordinanza di interruzione del procedimento civile n. 8181/15 RG – Tribunale di Lecce.
3. Atto di denuncia querela depositato nei confronti di 5.2.
Sugli abusi edilizi riscontrati dalla Procura della Repubblica e sulla presunta conoscenza degli stessi da parte dei germani Gli appellanti contestano il rigetto della domanda riconvenzionale lamentando che il Tribunale abbia errato nel fondare tale rigetto sul presupposto che i germani fossero “a conoscenza dei permessi illegittimi, in virtù dei quali gli appartamenti erano stati realizzati”.
I permessi originari rilasciati a non erano illegittimi;
lo stesso , così come l’ing. il geom. (progettisti dell’edificio), non sono mai stati indagati.
Sul punto ribadisce di non aver avuto alcun ruolo attivo durante l’esecuzione dei lavori di realizzazione dell’edificio poiché “ha assunto la carica di direttore lavori, solo ed esclusivamente nel marzo del 2011, peraltro limitatamente alle opere marginali e di finitura dell’edificio” già realizzato con gli annessi abusi.
Sulla richiesta di permesso di costruire per variante in corso d’opera al permesso n. 12/08 e sulla perizia giurata di richiamata in sentenza, lo stesso rammenta che la perizia è stata consegnata due mesi dopo la richiesta di PdC da parte della e la stessa “conferma i rilievi e le misurazioni effettuate dalla e non riporta dati falsi e/o alterati e, comunque, non tali da incidere sulla regolarità delle autorizzazioni”.
La difesa sottolinea che il processo nei confronti del legale rappresentante della e del , si è concluso con l’eliminazione dell’ordine di demolizione in quanto è stato accertato che “sono state eliminate tutte le difformità, come riconosciuto altresì dal Tribunale del Riesame”.
Si rileva inoltre come , se fosse stato a conoscenza della presunta illegittimità dei permessi rilasciati dal Comune, avrebbe chiesto un corrispettivo in denaro per detta cessione e non certo un appartamento in permuta in siano stati i successivi abusi edilizi perpetrati dalla portare al sequestro dell’edificio osservando come a tali conclusioni sia giunto il “Tribunale di Lecce nella sentenza resa nell’ambito del procedimento civile n. 3927/2014 RG, tra la società (attrice) contro i germani (convenuti), nonché contro (terza chiamata)”. Il germani osservano come dalla sentenza citata emerga che i danni lamentati nel giudizio citato dalla (domanda rigettata) non siano “etiologicamente correlati agli errori eventualmente inficianti i permessi a costruire, ma sono dovuti anzitutto ad un’attività volontariamente posta in essere dalla stessa parte attrice che, rispetto a quanto formalmente assentito, ha realizzato molteplici abusivismi, sanati nel corso del tempo attraverso diversi permessi in sanatoria”.
Il procuratore dell’appellante produce e chiede l’acquisizione dei seguenti documenti:
– Atto di citazione a firma dell’Avv. NOME COGNOME redatto nell’interesse di del 27.3.2014 che ha dato origine al procedimento civile n. 3927/2014 RG – Tribunale di Lecce;
– Sentenza n. 790/2021 RG – Tribunale di Lecce resa nel procedimento civile n. 3927/14 Rg. 5.3.
Erroneo calcolo delle somme liquidate con il decreto ingiuntivo opposto.
Con l’atto di impugnazione i germani deducono che la sentenza vada riformata nella parte in cui liquida in favore dell’impresa la complessiva somma di € 55.902,00, quale risultante dalla somma liquidata oltre IVA, dalla quale detrarre la somma di € 18.000,00 relativa al compenso per la cessione del compromesso relativo all’acquisto del terreno di proprietà Gli appellanti obiettano l’errata applicazione dell’imposta in misura ordinaria, “mentre deve essere applicata quella ridotta al 10% trattandosi di lavori di ristrutturazione di immobile residenziale (peraltro prima casa). Ne consegue, pertanto, che l’eventuale importo dovuto dai germani , dovrà essere ricalcolato tenendo conto di tali circostanze”.
6.
Quest’ultima censura, l’unica relativa al credito azionato in INDIRIZZO, risulta inammissibile, in quanto non proposta nel giudizio di opposizione conclusosi con la gravata sentenza.
Le doglianze relative al presunto errato computo dell’aliquota IVA, con riferimento ai compensi dovuti alla società appellata dai germani per l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile della madre , non pertanto proposte in violazione dell’art. 345 c.p.c..
In altre parole, le contestazioni sul quantum del compenso dovuto alla società costruttrice, così come determinato a seguito del procedimento monitorio, avrebbero dovuto essere svolte come motivi di opposizione al decreto ingiuntivo;
circostanza, questa, che non risulta verificatasi, stante il tenore delle domande proposte nei giudizi di opposizione introdotti dai germani nei riguardi della società E’ appena il caso di aggiungere che il calcolo e l’importo della somma dovuta a titolo di imposta sul valore aggiunto per le prestazioni dedotte nel decreto ingiuntivo non possono essere in alcun modo imputati ad un’errata valutazione del giudice essendo cristallizzati come voce della fattura posta alla base dell’emessa ingiunzione.
Quanto alla pretesa azionata in INDIRIZZO, negli atti di opposizione i non hanno mai contestato l’importo dei lavori, il quale è stato riconosciuto nella scrittura del 7/11/2021, che pertanto, come annotato nella sentenza impugnata (per questo aspetto non contestata) ha chiaramente natura di atto di riconoscimento di debito.
7. Le prime due censure, da esaminarsi congiuntamente in quanto connesse, sono infondate.
Dette censure afferiscono alla domanda riconvenzionale diretta ad ottenere dalla parte appellata il pagamento di penali previste dalle parti nella scrittura privata in data 7.11.2011, con riferimento alla omessa o ritardata consegna di unità immobiliari, oggetto di obbligazioni assunte dalla nei confronti dei 7.1.
Preliminarmente, va evidenziato che nel fascicolo cartaceo di primo grado, acquisito d’ufficio (ma privo dei fascicoli di parte), e nel fascicolo telematico (contenente l’attività processuale espletata dal 2015 in avanti), non è dato rinvenire i documenti allegati agli atti di opposizione e richiamati nel motivo di appello a sostegno della domanda riconvenzionale posposta dagli appellanti.
Né, occorre sottolineare, tali documenti risultano allegati agli atti di impugnazione (vi sono soltanto delle fotografie con un giornale appoggiato a degli edifici al rustico, dalle quali non è dato individuare di quali immobili si tratti).
Ne discende che, questa Corte, non potendo verificare e valutare direttamente il contenuto dei contratti e dei documenti prodotti in primo grado e non rinvenibili nel presente giudizio, potrà apprezzarli solo nella misura in cui sono stati trascritti o richiamati nella sentenza impugnata (v. Cass. S.U. n. 4835/2023, Rv. 666889 – 04).
circostanza rileva ai fini dell’assolvimento dell’onere probatorio a carico degli appellanti circa la dimostrazione della fondatezza del motivo di gravame.
A sostegno è possibile richiamare l’insegnamento della S.C., secondo cui il giudizio di appello non consiste più in un riesame pieno di merito, ma ha assunto le caratteristiche di una impugnazione a critica vincolata, assumendo l’appellante la veste di attore con l’onere di dimostrare la fondatezza dei motivi di gravame indipendentemente dalla posizione assunta dalle parti nel primo giudizio (Cass. SU n.3033/2013).
Pertanto, ove l’appellante si dolga dell’erronea valutazione, da parte del primo giudice, di documenti da lui prodotti ha l’onere di allegarli all’atto di impugnazione;
così come, ove si tratti di documenti prodotti dalla controparte e da questa non depositati in appello, l’appellante ha l’onere di estrarne copia ex art. 76 disp. att. c.p.c. e di produrli in secondo grado.
7.2.
Ciò posto, la valutazione della complessa vicenda negoziale su cui è incentrata la domanda riconvenzionale deve necessariamente prendere le mosse dalla scrittura del 7.11.2011, con la quale – a quanto sembra di comprendere dalle indicazioni su di essa contenute nella sentenza impugnata – i germani richiamando un precedente contratto di permuta concluso con la di un suolo appartenente a ed un atto di cessione di analogo negozio di permuta stipulato dal con gli eredi , si riservavano il diritto di richiedere modificazioni e/o migliorie dei talune unità da edificare (oggetto delle permute suddette), e, dall’altra, riconoscevano il loro debito nei confronti della per lavori di ristrutturazione relativi ad un immobile di proprietà della loro madre. La difesa appellante pone in collegamento il pagamento del debito relativo ai lavori di ristrutturazione in favore della con l’adempimento degli autonomi negozi di permuta stipulati direttamente dai (e in parte oggetto di analogo negozio concluso con altra ditta e poi ceduto alla , richiamati e rinegoziati nella scrittura del 7.11.2011.
Tuttavia, non sono chiari i contenuti di questo collegamento, accennati negli atti di gravame in termini di condizione, senza fornire prova adeguata della fondatezza di una tale qualificazione.
7.3.
Sulla base della ricostruzione del contenuto della citata scrittura operata dal primo giudice, risulta non contestata l’assunzione da parte dell’impresa costruttrice di obblighi di consegna in favore di di un box auto completo di basculante e pavimentazione entro 60 giorni dalla data della scrittura citata, nonché di consegna in favore di di un appartamento a piano terra e posto auto entro 180 giorni lavorativi dal ritiro del permesso di costruire in sanatoria, “salva la possibilità di interruzione e rimodulazione dei termini, in seguito , compresa l’eventuale divisione dell’appartamento da consegnare in due mini-appartamenti”. Rispetto a tali obblighi gravanti sulla impresa costruttrice, “di contro si erano impegnati a versare a somme dovute pari ad € 46.200,00 e tutte le eventuali somme aggiuntive per lavori eseguiti, entro e non oltre 90 giorni dalla consegna dell’appartamento oggetto di permuta, ubicato al piano terra e del posto auto rifiniti e funzionanti” (così la sentenza di primo grado).
7.4.
Nel presente giudizio non sono state compiutamente provate le vicende della edificazione degli immobili oggetto delle richiamate obbligazioni di “consegna”, stante anche l’instaurazione, nel corso degli anni, di altri giudizi (civili e penali) tra le parti, correlati alla medesima vicenda (sono state prodotte sentenze pronunciate in detti giudizi, senza tuttavia esplicitare se da esse possano ricavarsi statuizioni aventi efficacia di giudicato o comunque rilevanti nella presente controversia).
In relazione agli obblighi a carico dell’impresa non risultano confutati gli elementi posti a base del Tribunale a fondamento del rigetto della domanda riconvenzionale.
In particolare, la tesi degli opponenti secondo cui gli immobili non erano stati ultimati (per mancanza di intonaco, caldaie, ecc…) e quindi il mancato rispetto dei tempi di consegna, non risulta suffragata da idonei elementi di prova, posto che:
dalle fotografie prodotte dagli appellanti (relative ad un giornale quotidiano in data 25.7.2013 appoggiate ad un edificio in costruzione) non né possibile identificare l’immobile in esso raffigurato, in modo da stabilire un confronto con quello oggetto delle scritture richiamate nella sentenza impugnata;
dalle dichiarazioni rese all’udienza del 22.3.2018 dal teste si evince che gli appartamenti in questione risultavano ultimati nel mese di gennaio 2013 e che gli stessi erano privi di caldaie, in quanto queste sarebbero state installate al momento della presa di possesso da parte degli acquirenti, per evitare furti;
gli appellanti hanno protestato di falso il teste ed hanno prodotto atto di denuncia-querela, ma, allo stato, questa sola circostanza non è sufficiente per privare di valore dimostrativo la deposizione, considerato che il dichiarante, per essere stato dipendente della all’epoca dei fatti, era nelle condizioni di riferire sulla realizzazione degli immobili.
7.5.
I riferimenti fatti dagli appellanti alle vicende penali relative alla di un ritardo imputabile all’impresa , dal momento che, almeno in parte, la documentazione in questione proviene dagli stessi.
Infatti, non è contestato che il permesso di costruire originario era stato ottenuto da e poi volturato in favore della società di costruzione;
così come il successivo permesso in sanatoria del 18.2.2009, è stato rilasciato sulla base di una perizia giurata redatta dal geom. NOME
Non risultano documentati gli esiti del procedimento penale, per cui non è possibile verificare in questa sede se e quali interferenze (specie sul piano temporale) possano essersi verificate tra l’illegittimità dei premessi di costruire (e connessi abusi edilizi) e i tempi di realizzazione degli edifici oggetto di permuta.
Appare pertanto corretta l’annotazione del primo giudice, secondo cui entrambi gli opponenti erano a conoscenza delle possibili criticità dei permessi di costruire relativi agli appartamenti in questione.
Ne discende che, nella ipotesi del tutto verosimile che i lamentanti ritardi nella realizzazione e consegna degli immobili siano correlati al procedimento penale per abusi edilizi (negli scritti difensivi di parte appellante si accenna al dissequestro dell’edificio per opera del Tribunale del riesame), alla causazione di tali ritardi non possono chiamarsi estranei i Risulta non contestato che , come parte della sua obbligazione originaria assunta con il contratto del 2008, aveva trasferito il progetto di edificazione del fabbricato e chiesto al Comune di volturare a il relativo permesso di costruire. Ne consegue che anche i ritardi sanzionati con le penali previste nella scrittura del 7.11.2011, integrativa del contratto del 2008, del tutto verosimilmente vanno ascritti alla concorrente condotta degli appellanti.
7.6.
In sostanza, si è in presenza di una operazione negoziale incentrata sulla promessa di permuta di beni presenti (suolo edificabile e progetto di costruzione già approvato) con beni futuri (appartamento e box da edificare), formalizzata già con la scrittura del 5/1/2008 e successivamente rinegoziata con quella del 7/11/2011.
Quest’ultimo contratto, sulla base dei richiami alle sue clausole contenuti nella sentenza di primo grado, non sembra porre delle condizioni di efficacia, ma piuttosto è finalizzato a fissare in maniera compiuta i termini di adempimento delle obbligazioni a carico delle parti, sia in ordine alla “consegna” degli immobili e sia al pagamento del debito relativo alla ristrutturazione in favore della madre dei Anzi, il termine di consegna dell’appartamento destinato a era, a sua volta, collegato al ritiro del permesso di costruire in sanatoria, anche se i relativi tempi non venivano indicati (né dalla documentazione prodotta è ricavabile tale dato). aggiunga che le parti facevano espressamente salva la possibilità di “interruzione e rimodulazione dei termini, in seguito alla quantificazione delle eventuali modifiche interne richieste da , compresa l’eventuale divisione dell’appartamento da consegnare in due mini-appartamenti”.
Anche su questi aspetti, gli elementi di prova forniti dalle parti non consentono di verificare l’esatta entità di tali modificazioni, sebbene non risulti contestata l’affermazione del primo giudice in ordine alla divisione in due miniappartamenti dell’appartamento oggetto di contratto.
7.7.
Valutando queste circostanze nel loro complesso, assume certamente rilievo la missiva contenente l’invito a stipulare in data 20.2.2013 inviata dalla ai germani (invito, questo, espressamente richiamato dal primo giudice).
La missiva comporta l’offerta di consegna del bene, da ritenersi tempestiva alla stregua dei termini fissati dai contraenti nella scrittura del 7.11.2011.
Sul punto, gli appellanti si sono limitati a contestare l’attendibilità del teste che ha confermato che “gli appartamenti erano stati ultimati a gennaio 2013” e ha aggiunto di aver preparato gli incartamenti necessari per la stipula (verbale udienza 22.3.18).
Allo stato, non emergono elementi di fatto idonei a smentire la circostanza riferita dal teste.
La circostanza che gli immobili, anche nel periodo successivo alla data dell’offerta, non fossero ancora accatastati o difettassero certificazioni in ordine all’agibilità o alla classe energetica, si desume da documentazione prodotta per la prima volta in appello e pertanto inutilizzabile.
Allo stesso modo, rappresenta una circostanza nuova (peraltro non provata) dedotta per la prima volta in appello quella secondo cui nel giudizio pendente tra (procedimento civile n. 8181/2015 RG relativo ad azione di adempimento circa la permuta dell’appartamento) il Comune di Lequile, su richiesta del Giudice Istruttore, in data 5.6.2018 abbia fornito una certificazione con la quale rilevava che “Agli atti non risulta presentata alcuna comunicazione di fine lavori né istanza per il rilascio del certificato di agibilità, né tantomeno presentata segnalazione certificata agibilità (SCA)”. Appare altresì meritevole considerazione l’osservazione della parte appellata, secondo cui l’obbligo integrativo, il cui inadempimento risulta sanzionato dal pagamento di cospicue penali, assunto da non era quello di trasferire con rogito notarile la proprietà dell’immobile entro 180 giorni lavorativi (e quindi di approntare tutte le certificazioni richieste dalla legge) ma, più semplicemente, di consegnare il possesso dei beni ai promissari della permuta.
’appello deve pertanto essere rigettato con integrale conferma della sentenza impugnata.
Al rigetto dell’impugnazione consegue la condanna al pagamento delle spese del grado.
Va dato atto – ai sensi del comma 1-quater dell’art. 13 DPR 115/2002 – della sussistenza, a carico degli appellanti, dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo, se dovuto, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione.
La Corte, decidendo sugli appelli avverso la sentenza n. 3096/2021 emessa dal Tribunale di Lecce, pubblicata il 16/11/2021, proposti da nei confronti di in qualità di unico socio e legale rappresentante della già così provvede:
1. respinge l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata;
2. condanna parte appellante a pagare le spese in favore della parte appellata liquidate in euro 5.000,00 oltre rimborso forfetario spese di studio nella misura del 15%, iva e cap;
3. dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1-quater DPR 115/2002, della sussistenza dell’obbligo a carico degli appellanti di versamento dell’ulteriore importo, se dovuto, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo.
Lecce, 1 aprile 2025 Il Consigliere est. Il Presidente (dott. NOME COGNOME (dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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