REPUBBLICA ITALIANA
in nome del popolo italiano La Corte di Appello di Firenze Sezione Lavoro composta da dr. NOME COGNOME Presidente dr. NOME COGNOME Consigliera dr.
NOME COGNOME Consigliera rel. nella causa iscritta al n. r.g. 66/2024 promossa da:
con gli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME appellante contro con gli Avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME appellata avente ad oggetto: appello avverso la sentenza n. 209/2023 del Tribunale di Siena pubblicata il 17.11.2023 all’esito della camera di consiglio dell’udienza del 19 novembre 2024, ha pronunciato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA N._650_2024_- N._R.G._00000066_2024 DEL_28_04_2025 PUBBLICATA_IL_28_04_2025
Il Tribunale di Siena aveva accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 12/2020 emesso dal medesimo Tribunale contenente ingiunzione di pagamento alla per l’importo di € 727.443,47 (somma richiesta a titolo di rimborso spese legali ex artt. 6 e 7 CCNL), oltre interessi, dichiarando infondata la pretesa creditoria di aveva quindi condannato tale ultima parte al pagamento delle spese di lite per € 22.237,00, per compensi professionali, oltre accessori.
Il Tribunale aveva dato atto delle seguenti circostanze in fatto, ossia che:
– l’opposto era stato dipendente della con qualifica di Dirigente responsabile dell’Area Finanza dal 26.6.2001 al 22.2.2012 -in data 15.3.2012 aveva sottoscritto con la un verbale di conciliazione sulla risoluzione del rapporto dirigenziale che prevedeva a suo favore il mantenimento della tutela ex art 6 e 7 CCNL – a seguito di un suo coinvolgimento nel procedimento penale (iscritto al RG 1582/2013) della Procura delle Repubblica di gli veniva contestato il reato di cui all’art 2638, comma 2, cc, ostacolo alla vigilanza, per avere concorso nell’occultamento di talune informazioni alla Banca d’Italia relative ad una operazione strutturata compiuta nel 2009 tra sentenza della Corte di Cassazione n. 29377/2019 (che aveva cassato la sentenza della Corte di Appello di assoluzione perché il fatto non costituisce reato) aveva rimesso alla Corte di Appello di Firenze per un nuovo esame in merito alla sussistenza dell’elemento oggettivo della mancata ostensione alla funzione ispettiva del Mandate Agreement -la Corte di Appello di Firenze (in sede di rinvio), in data 15.7.2022, aveva definitivamente assolto perché il fatto non sussiste, escludendo che anche sotto il profilo oggettivo vi fosse stata una condotta di ostacolo alla vigilanza, di occultamento del profilo finanziario e del collegamento negoziale nelle operazioni interessate -il aveva sostenuto per tali giudizi spese legali per cui aveva chiesto l’emissione del decreto ingiuntivo. Ciò premesso, il Tribunale di Siena aveva quindi richiamato le disposizioni di cui all’art 6 del CCNL 2008, la corrispondente previsione del CCNL 29.2.2012, rilevando come – se la prima previsione era applicabile al momento dei fatti penalmente contestati – al tempo del verbale di conciliazione con (del 15.3.2012) era divenuta applicabile la seconda previsione:
peraltro, nella stessa conciliazione veniva ribadita la salvezza dei casi di dolo e colpa grave, escludenti il rimborso delle spese legali.
Ad avviso del primo giudice, sussisteva una condotta del in conflitto con l’azienda, in violazione di istruzioni e disposizioni dalla stessa emanate alla luce del Codice Etico del Gruppo Monte dei Paschi e delle regole dallo stesso poste (art. 2.2 “considerata la diversa tipologia e natura delle attività del Gruppo, ogni comportamento, ancorché non espressamente considerato dal Codice, deve essere ispirato a criteri di buon senso ed etica personale, in coerenza con i valori, i principi guida e le procedure aziendali, e con la consapevolezza di non esporre il Gruppo a rischi reputazionali”; art 3.2, “Riferire ogni comportamento all’etica della responsabilità, che impegna ad essere sempre orientati al servizio, all’integrità e alla trasparenza, alla correttezza negli affari, alla Contr [..
Contr vietato promettere e ottenere vantaggi impropri che possano pregiudicare la correttezza e l’imparzialità delle decisioni, danneggiando la reputazione aziendale.
Non è consentito svolgere incarichi e attività incompatibili con il ruolo aziendale o in contrasto con gli interessi morali ed economici del Gruppo”;
art 4.4.3.
, “in coerenza con tale principio devono essere evitate situazioni in cui l’attività dell’Azienda possa essere influenzata dagli interessi personali, di familiari o terzi collegati”;
art 4.6 “tutti i soggetti apicali devono evitare ogni possibile situazione di conflitto d’interessi che possa pregiudicare la correttezza e l’imparzialità delle decisioni”).
In proposito, la sentenza della Corte di Appello in sede di rinvio, sebbene avesse assolto il escludendo anche sotto il profilo oggettivo l’occultamento contestato, nelle medesime motivazioni aveva affermato che:
“per dirla in modo figurato mancava la tessera di un puzzle, che presentava un’immagine sufficientemente chiara e dalla quale si poteva intuire il contenuto del pezzo mancante”;
che “le attività ispettive sarebbero state senz’altro agevolate dalla lettura del documento in questione”, sussistendo un “mero ritardo nell’attività di vigilanza”.
A fronte di ciò, il Tribunale di Siena riteneva quindi da condividersi il rilievo difensivo, secondo cui “ancorché senza esiti sotto il profilo penale, la condotta del dott. è stata indubbiamente carente rispetto ai doveri di massima correttezza e collaborazione nei confronti delle Autorità di Vigilanza e Controllo prescritti dalle fonti regolamentari aziendali, risolvendosi in ultima istanza in una violazione delle istruzioni e disposizioni emanate dalla Banca”.
Secondo la norma collettiva, la garanzia per il lavoratore si arrestava di fronte a condotte in conflitto con l’ stessa:
nella specie, il comportamento del aveva spezzato il patto di solidarietà esistente tra datore di lavoro e lavoratore a cui si ispirava la tutela di cui agli artt 6 e 7 del CCNL che copriva la negligenza del lavoratore, ma non il dolo e la colpa grave che escludevano il rimborso spese per effetto della conciliazione 15.3.2012.
Nella specie, sebbene il dolo fosse stato escluso dalla sentenza assolutoria, lo stesso riguardava la fattispecie penale, non anche la circostanza rilevante in questa sede della mancata ostensione del Mandate Agreement che aveva ritardato la funzione ispettiva.
Condotta con la quale il considerato anche il ruolo dirigenziale elevatissimo, aveva violato i doveri di massima correttezza e collaborazione nei confronti delle Autorità di Vigilanza e Controllo prescritti dalle fonti regolamentari della Banca.
appella la sentenza chiedendo che sia condannata al pagamento della somma portata dal decreto ingiuntivo, oltre interessi decorrenti dal deposito del relativo ricorso, vinte le spese del doppio grado:
1) la sentenza del Tribunale di Siena non aveva ricostruito la vicenda correttamente:
al Contr collegamento tra le operazioni compiute tra Ma tali circostanze erano state smentite dalle sentenze penali:
la sussistenza dell’occultamento del documento era stata esclusa dalla motivazione della sentenza della Corte di Appello di Firenze del 15.7.2022;
l’essenzialità del documento in questione era stata esclusa dalle acquisizioni documentali effettuate nel primo processo di appello, tanto che la Cassazione aveva rilevato che agli ispettori erano stati consegnati i documenti necessari per valutare il collegamento tra le operazioni:
in sostanza, sia le Corti di merito che la Cassazione avevano motivato in merito all’irrilevanza del Mandate agreement.
Alla luce di tali conclusioni, non si comprendeva quali carenze rispetto ai doveri di correttezza e collaborazione potevano imputarsi al al quale veniva addebitato dal Tribunale di Siena una condotta che aveva reso più difficoltoso il compito degli ispettori e un immotivato dolo, circostanze smentite dalle risultanze processuali penali che erano state dallo stesso Tribunale ignorate (tanto che era stata inutile la sospensione del giudizio in attesa della conclusione del giudizio di rinvio il cui esito era stato poi ignorato) 2) quanto alla violazione del patto di solidarietà menzionato in sentenza, non si individuavano le presunte carenze rispetto ai doveri di massima correttezza e collaborazione nei confronti delle autorità di controllo:
in realtà, il vincolo di solidarietà era stato violato dallo stesso datore di lavoro che non aveva tutelato il proprio dipendente privandolo della tutela legale nonché di quella documentazione che, se fornita, avrebbe impedito il rinvio a giudizio.
Negli atti consegnati agli ispettori dalla peraltro vi era anche il c.d Deed of Amendment che rendeva palese il collegamento negoziale che si assumeva occultato;
inoltre, come rilevato dalla prima sentenza della Corte di Appello, il documento non fornito dal era stato oggetto di scannerizzazione e inserito nel computer aziendale 3) la tutela di cui agli artt 6 e 7 del CCNL poteva venire meno, con onere della prova a carico del datore di lavoro, solo ove le condotte fossero state poste in essere in contrasto con le istruzioni impartite, in violazione delle funzioni stesse e in danno dell’azienda;
circostanze non ricorrenti nella specie 4) era poi da ritenersi applicabile il CCNL del 2008 e non quello del 2012 (entrato in vigore prima dell’accordo conciliativo), dovendosi avere riguardo alla data in cui i fatti erano stati commessi, considerato che il CCNL 2008 era rimasto in vigore sino alla cessazione del rapporto di lavoro del avvenuto il 22.2.2012.
In ogni caso, a prescindere dal CCNL applicabile, la condotta del era stata legittima e aderente ai precetti del Codice Etico Aziendale, tanto che vi era stata assoluzione pe insussistenza del fatto.
Si è costituita che ha chiesto la conferma della sentenza di primo Contr -preliminarmente era corretta l’applicazione della versione del CCNL 2012 entrato in vigore il 29.2.2012, dovendosi fare riferimento non alla data di commissione dei fatti penalmente rilevanti, ma al momento in cui la tutela veniva pattiziamente recepita (verbale di conciliazione del 15.3.2012):
peraltro, tutti gli ulteriori fatti processuali rilevanti erano successivi al vigore del secondo CCNL, il cui contenuto era più puntuale;
in ogni caso, qualunque CCNL si considerasse, la tutela ivi prevista non poteva applicarsi -come dedotto dal Tribunale, anche sulla base del tenore della sentenza della Corte di Appello del 15.7.2022, una maggiore collaborazione del avrebbe impedito l’instaurarsi del procedimento penale, essendo stata comunque tenuta una condotta carente sotto il profilo dei doveri di massima correttezza e collaborazione nei confronti dell’autorità di vigilanza alla luce delle prescrizioni del Codice Etico (di cui agli articoli richiamati dalla sentenza del Tribunale). Nella specie, sicuramente vi era stata una violazione di istruzioni o disposizioni emanate dall’azienda, con una condotta che aveva ritardato l’esercizio delle funzioni ispettive -in via subordinata, ribadiva le seguenti difese:
il non aveva comunicato tempestivamente alla Banca di trovarsi nelle condizioni di cui all’art 6 CCNL, comunicazione avvenuta oltre un anno dalla conoscenza del procedimento penale, in violazione della regola che richiedeva l’“immediata notizia”;
le fatture delle spese depositate o si riferivano ad altri procedimenti o non era chiaro quali procedimenti riguardassero, onde la necessità di ridurre l’importo eventualmente dovuto, oltre al fatto che la somma richiesta era abnorme e sproporzionata rispetto alla complessità della difesa e alle tariffe professionali;
quanto alle spese per la consulenza svolta dal prof non era provata la nomina del professionista e, in ogni caso, doveva escludersi la refusione delle spese di mera assistenza tecnica, così come doveva contestarsi la richiesta di interessi.
Infine, doveva tenersi in conto dell’eccezione di compensazione come analiticamente formulata.
****** Così riassunta in sintesi la vicenda processuale, si impone in via preliminare di valutare il regime di tutela in punto di spese legali astrattamente applicabile alla presente fattispecie nella successione delle disposizioni contrattuali collettive (del 2008 e del 2012), considerato altresì che nel verbale di conciliazione tra le parti del 15.3.2012 si affermava:
“Resta convenuto che all’esito del riconoscimento delle somme suddette il Dirigente medesimo si riterrà pienamente soddisfatto di ogni suo diritto o pretesa comunque collegata con il rapporto di lavoro in oggetto e con la cessazione del rapporto medesimo, con la sola esclusione dei diritti tutti derivanti dagli artt 6 e 7 del CCNL per i Dirigenti dipendenti dalle imprese creditizie, finanziarie e strumentali, rinunziando ad ogni ulteriore della stessa, con corrispettiva rinunzia da parte della Banca nei confronti del Dirigente, salvo i casi di dolo o colpa grave”. Invero, mentre l’art 6 CCNL 2008 recitava:
“Qualora nei confronti del dirigente venga notificata informazione di garanzia o provvedimento analogo ovvero esercitata azione penale in relazione a fatti commessi nell’esercizio delle sue funzioni, le spese giudiziali, comprese quelle di assistenza legale, sono a carico dell’impresa, fermo restando il diritto dell’interessato a scegliersi un legale di sua fiducia…….Il dirigente che si trovi nelle condizioni di cui al presente articolo
deve darne immediata notizia all’impresa”, l’art 6 del CCNL 2012 conteneva una previsione aggiuntiva al comma 2, secondo cui “La tutela di cui alla presente norma non si attua in presenza di azioni penali conseguenti a fatti o ad atti commessi in violazione di istruzioni o disposizioni emanate dall’azienda ed in tutti i casi in cui il comportamento del lavoratore sia in conflitto con l’azienda stessa……”.
Ad avviso della Corte, alla presente fattispecie deve applicarsi l’art 6 del CCNL 2012 in considerazione del fatto che nel verbale di conciliazione si confermava il mantenimento della tutela in punto di spese legali, esclusa solo per le ipotesi di dolo e colpa grave;
ciò, in linea con l’inciso di cui all’art 6 CCNL 2012 che non prevedeva l’operatività della medesima tutela in caso di violazioni di istruzioni o disposizioni emanate dall’azienda o in caso di conflitto di interessi.
La pattuizione in questione dava quindi atto della volontà delle parti di recepimento dell’ultima versione del CCNL nella disciplina dei loro rapporti, versione peraltro entrata in vigore il 29.2.2012 precedentemente al verbale di conciliazione sottoscritto il 15.3.2012.
Ciò premesso e nel merito, non appaiono condivisibili le argomentazioni di parte appellante i cui motivi di impugnazione possono esaminarsi congiuntamente.
In relazione all’imputazione contestata all’appellante in concorso con altri ( Presidente, e , Direttore generale) per il delitto di cui all’art 2638 , commi 1 e 3, cc (per avere occultato con mezzi fraudolenti consistiti nel celare per circa tre anni nella cassaforte del il contratto Mandate Agreement stipulato nel 2009 tra attraverso il quale si realizzava un collegamento finanziario e giuridico tra le operazioni realizzate tra tali parti, così consapevolmente ostacolando le funzioni di vigilanza di Banca Italia), la sentenza della Corte di Appello di Firenze del 15.7.2022 (in sede di rinvio dalla Cassazione) aveva escluso l’occultamento del collegamento negoziale con assoluzione per insussistenza del fatto, sia perché a favore degli organi ispettivi erano stati messi a disposizione tre atti significativi (Deed of Amendement, Asset Exchange Deed, Master Framework Agreement) sia perché la aveva sottolineato la rilevanza del Deed of Contr La medesima sentenza aveva altresì affermato che la mancata messa a disposizione del Mandate of Agreement non aveva comportato una considerevole difficoltà nell’esercizio delle attività ispettive che tuttavia sarebbero state senz’altro agevolate dalla lettura del documento in questione: “Per dirla in modo figurato mancava la tessera di un puzzle che presentava una immagine sufficientemente chiara e della quale si poteva intuire il contenuto del pezzo mancante.
Non si è trattato dunque di una difficoltà di considerevole spessore……”.
Ad avviso di questa Corte, le argomentazioni dell’appellante appaiono censurabili laddove sovrappongono le motivazioni che si rinvengono nelle sentenze penali alle sussistenti violazioni di rilevanza civilistica nella specie verificatesi, in termini quanto meno di colpa grave.
Violazioni evidenziate dalla stessa Corte di Appello penale citata, laddove aveva sottolineato l’effettiva verificazione dell’occultamento, seppur un tale fatto non aveva la rilevanza penale richiesta per non avere causato una difficoltà di notevole spessore nell’attività ispettiva;
con la precisazione che l’atto celato avrebbe comunque agevolato l’accertamento.
Non vi è dubbio che il ricopriva un ruolo apicale e di responsabilità all’interno dell’azienda che gli imponeva l’uso di una particolare diligenza, tanto più in presenza di una attività ispettiva in corso che, per la sua delicatezza, richiedeva la messa a disposizione di tutti i documenti necessari per rendere detta operazione più agevole e per il conseguimento di utili risultati.
In proposito, non appare decisivo il passaggio di cui alla prima sentenza della Corte di Appello penale (richiamato dall’appellante) in cui si affermava che il Mandate Agreement, oltre ad essere custodito in una cassaforte a disposizione del direttore generale era stato anche inserito nel computer in uso alla sua segreteria, previa scannerizzazione, e ivi rubricato sotto la voce , tanto che al momento della sua ricerca era stato rinvenuto con facilità.
Tale circostanza non appare significativa, dal momento che la avvenuta sua scannerizzazione non era attività equivalente all’obbligo che il aveva (per il suo ruolo) di mettere comunque a disposizione il documento originale contenuto in cassaforte:
peraltro, non essendoci neppure prova che tale scannerizzazione fosse stata comunque segnalata dal dipendente agli organi ispettivi.
E’ pertanto evidente che, ai sensi dell’art 6 CCNL 2012, l’appellante ebbe a violare “istruzioni o disposizioni emanate dall’azienda….
”, tenendo un “….comportamento …..
in conflitto con l’azienda stessa”, con violazione del patto di solidarietà tra le parti.
In particolare, dal dipendente erano state violate le seguenti disposizioni del Codice Etico:
– l’art 4.4.
secondo cui “nello svolgimento delle proprie funzioni, i Destinatari del Codice devono comportarsi con diligenza, professionalità e onestà. È vietato promettere e ottenere vantaggi reputazione aziendale.
Non è consentito svolgere incarichi e attività incompatibili con il ruolo aziendale o in contrasto con gli interessi morali ed economici del Gruppo”.
-l’art. 4.4.3, secondo cui “in coerenza con tale principio devono essere evitate situazioni in cui l’attività dell’Azienda possa essere influenzata dagli interessi personali, di familiari o terzi collegati” -l’art. 4.6 per cui “tutti i soggetti apicali devono evitare ogni possibile situazione di conflitto d’interessi che possa pregiudicare la correttezza e l’imparzialità delle decisioni”.
Ne consegue che deve ritenersi integrata la disposizione contrattuale collettiva che esclude la sussistenza della tutela legale in presenza di violazioni di regole impartite dall’azienda a prescindere dalla loro rilevanza penalistica.
In ragione delle considerazioni che precedono, l’appello va dunque respinto nella sua interezza.
Le spese del grado vengono liquidate ex DM n. 55/2014 e successivi aggiornamenti, in considerazione del valore della causa e delle attività compiute, nei valori minimi (per la prossimità del valore della causa al valore minimo dello scaglione di riferimento), per l’importo di € 9.256,00, oltre 15% per spese generali, oltre Iva e Cap come per legge.
A norma del comma 17 dell’art. 1 legge 29.12.2012, n.228 deve darsi atto che sussistono i presupposti processuali per l’applicazione all’appellante dell’art. 13 del Testo Unico di cui al DPR 30 maggio 2002, n. 115
La Corte, definitivamente pronunciando, così provvede:
-respinge l’appello avverso la sentenza di primo grado;
-condanna l’appellante al pagamento delle spese del grado che liquida in € 9.256,00, oltre 15% per spese generali, oltre Iva e Cap come per legge;
-dichiara che a carico dell’appellante sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1- quater, D.P.R. 30.5.2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, L. 24.12.2012 n. 228, per l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Firenze, 19 novembre 2024 La Consigliera est. La Presidente dott.ssa NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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