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Cessioni di rami aziendali dematerializzati

Cessioni di rami aziendali dematerializzati o leggeri, fattore personale preponderante rispetto ai beni.

Pubblicato il 03 March 2023 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Corte D’Appello di Roma V^ Sezione Lavoro e Previdenza La Corte composta dai signori magistrati:

Il giorno 10/03/2023, nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 3534 R.G. dell’anno 2021 vertente

tra

XXX S.P.A.,

appellante

e

YYY S.P.A. (già ZZZ S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

contumace – appellata

e

KKK, JJJ, SSS, FFF, GGG,

appellati

ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 714/2023 pubblicata il 28/02/2023

Oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 7197/2021 del 11/11/2021.

Conclusioni delle parti: come da atti introduttivi e da verbale di udienza.

Fatto e diritto

1. Con ricorso depositato innanzi al Tribunale di Roma, sezione lavoro, KKK, JJJ, SSS, FFF hanno convenuto la XXX S.p.A ed YYY S.p.a. (già ZZZ S.p.A) chiedendo:

Voglia l’On.le Tribunale adito, ogni contraria istanza ed eccezione reietta, in accoglimento del presente ricorso e per tutti i motivi espressi:

I. accertare e dichiarare l’illegittimità/nullità/inefficacia nei confronti dei ricorrenti della cessione di ramo azienda “***” del 30.04.2018-01-05.2019 da parte di XXX S.P.A. ad ZZZ SpA, stipulata in violazione di legge, per atto Notaio, Repertorio n., Raccolta n. del 30.04.2019, con la conseguente illegittimità/inefficacia del trasferimento/cessione dei rapporti di lavoro dei ricorrenti da XXX Spa ad ZZZ Spa, per l’inesistenza dei presupposti necessari per l’applicabilità dell’art.2112 c.c. e senza il consenso degli stessi ricorrenti ex art.1406 c.c., per tutti i motivi indicati in narrativa, e per l’effetto.

II. accertare la sussistenza e la prosecuzione, senza soluzione di continuità, del rapporto di lavoro subordinato tra i ricorrenti e la cedente XXX s.p.a;

III. condannare la cedente XXX s.p.a, in persona del leg.le rapp.te p.t. al ripristino/ reintegra/riammissione in servizio/ricostituzione, con decorrenza ed effetto dalla data di formale cessione, del rapporto di lavoro dei ricorrenti KKK, GGG, JJJ, SSS, FFF, come sopra individuati e rappresentati, nella sede e nelle mansioni precedentemente occupate, mediante l’adempimento di ogni formalità necessaria per la prosecuzione del rapporto di lavoro;

IV. Con vittoria di spese, competenze ed onorari del giudizio.

1.1. A sostegno della domanda hanno dedotto che:

• in data 22.02.2019 è stata annunciata da parte di XXX (TEI) la creazione dell’organizzazione denominata ***, comunicata ai ricorrenti, tramite mail;

• la suddetta organizzazione sarebbe stata composta da n. 63 lavoratori, in gran parte lavoratori reintegrati a seguito della sentenza del Tribunale di Roma di annullamento del licenziamento del 21.07.2017, considerati da XXX anche dopo la reintegra esuberi; i suddetti 63 venivano asseritamente suddivisi dal febbraio del 2019 in due distinti gruppi: *** con a capo il Sig. ***, e ***, sotto il responsabile sig. *** in forza alla sede di Milano;

• in data 29.03.2019 è stato comunicato ai lavoratori il trasferimento di tale asserita organizzazione in YYY, formalizzato in data 30.04.2019- 01.05.2019, con atto Notaio, repertorio n., raccolta n., del 30.04.2019;

• che il ramo ceduto era sprovvisto di qualsiasi funzione di staff e quindi non era funzionalmente autonomo;

• non è stato comunicato ai lavoratori alcuno scopo e alcuna finalità operativa del ramo ceduto;

• le competenze dei lavoratori asseritamente confluiti nel ramo sono disomogenee e non compatibili ed i lavoratori non sono stati collocati in un ambiente unico, bensì distribuiti all’interno del campus di via; inoltre, tanto i cd. collaboratori di società terze, quanto i dipendenti di YYY, sono stati utilizzati, in assenza di validi contratti di distacco, alle dipendenze e sotto la direzione della XXX s.p.a. presso la sede di Roma in via, nei medesimi uffici e/o open space, ricevendo in particolare ordini e direttive relative allo svolgimento delle medesime attività e mansioni dei dipendenti XXX, da prestare durante la giornata, utilizzando gli strumenti messi a disposizione dalla XXX s.p.a. nel quadro della propria organizzazione aziendale;

• il ramo “***” si presentava tutt’altro che preesistente, autonomo e funzionalmente esistente al trasferimento, essendo stata definito ad hoc in occasione del trasferimento, così come l’appartenenza dei ricorrenti ad esso;

• in realtà i ricorrenti appartenevano a diverse aree organizzative ed attività separate, con differenti profili professionali, sostanzialmente per mansioni diverse;

• inoltre i contratti XXX non sono stati ceduti alla cessionaria, a tutt’oggi (ndr: al momento della presentazione del ricorso di 1 grado) ancora in capo alla cedente e non alla cessionaria e comunque giammai all’asserito ramo d’azienda ceduto, privo di autonomia funzionale e giuridica e di capacità tecnica-operativa.

• le risorse cedute sono state assegnate solo formalmente al ramo in cessione il 22.02.2019, senza indicare a chi fossero state allocate gerarchicamente, senza attribuzione di un ruolo specifico, anzi mantenendo nella rubrica interna lo stesso profilo lavorativo precedente alla cessione;

• la cessionaria non ha assegnato alcuna mansione/funzione ai lavoratori ceduti, i quali si sono trovati nella condizione di non espletare alcuna mansione riconosciuta e propria del ruolo professionale assegnato all’interno dell’asserito ramo e propedeutiche al funzionamento dello stesso;

• i compiti da svolgere vengono assegnati tutt’ora ai ricorrenti dalla XXX e non dalla cessionaria, e sono i medesimi che svolgevano prima della cessione del ramo, sostanzialmente presso i dipartimenti XXX nei quali espletavano le proprie attività;

• il ramo d’azienda oggetto di valutazione non ha una propria contabilità separata; inoltre, non sono stati trasferiti alla cessionaria gli assets, i beni strumentali e le risorse in senso tradizionale, il know how necessario per consentire all’asserita unità ceduta di svolgere la propria funzione in maniera autonoma.

2. Le società convenute hanno resistito alla domanda, della quale hanno domandato il rigetto.

3. Con la sentenza di cui all’oggetto il Tribunale ha accolto la domanda dei lavoratori ed accertato la nullità della cessione del ramo di azienda, sulla base della documentazione acquisita e dell’istruttoria svolta.

4. Avverso la suddetta sentenza, con ricorso redatto in violazione del principio di sinteticità degli atti telematici di cui all’art. 16 bis, comma 9 octies, d.l. 179/2012, cnv. in legge 221/2012, dopo avere pedissequamente trascritto in nota la memoria difensiva di primo grado, e descritto i medesimi presupposti di fatto, la XXX s.p.a. ha proposto appello, formulando i seguenti motivi:

I. violazione ed errata interpretazione dell’art. 32, l. 183/2010 e dell’art. 2103 c.c.; decadenza dall’azione per omessa impugnativa dell’assegnazione all’unità organizzativa “***”: la sentenza è viziata nella parte in cui ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa impugnativa da parte del lavoratore dell’assegnazione all’unità organizzativa;

II. violazione ed errata interpretazione degli artt. 2112 e 2697 c.c., nonché degli artt. 132, comma 2, n. 4, 115 e 116 c.p.c. e violazione dell’art. 118 disp. att. c.p.c.; legittimità della cessione del ramo d’azienda controversa. Il giudice di prime cure illogicamente e comunque con carente motivazione ha dichiarato illegittima la cessione. Secondo l’appellante il decorso di oltre due anni dalla cessione e l’evoluzione della collocazione sul mercato internazionale rendono inverosimile la tesi di una volontà espulsiva dei lavoratori occupati dalla cessionaria. Tra cedente e cessionaria è stato sottoscritto un contratto di rete di imprese mentre il percorso argomentativo del giudice di prime cure non consentirebbe di identificare il procedimento logico giuridico posto alla base della decisione. Il giudice non ha tenuto conto delle risultanze istruttorie e documentali, nonché della sussistenza di tutti i presupposti di fatto e di diritto per la regolarità della cessione;

III. violazione ed errata applicazione degli artt. 115 e 116 c pc e dell’art. 2697 c.c.. Errata valutazione delle risultanze istruttorie: il giudice ha malamente valutato le deposizioni rese nel corso dell’istruttoria dalle quali egli avrebbe dovuto ritenere accertato il mantenimento della identità e dell’autonomia funzionale del ramo ceduto, basato anche sul fatto che i lavoratori adesso addetti avessero continuato a svolgere le medesime mansioni; non è emersa la prova della sottoposizione gerarchica ai preposti della appellante dei lavoratori ceduti.

5. Ha concluso chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, l’integrale rigetto delle avverse domande, vinte le spese del doppio grado.

6. Gli appellati KKK, SSS, FFF si sono costituiti, resistendo al gravame, del quale -ad eccezione di JJJ costituito al solo fine di chiedere l’avvenuta cessazione della materia del contendere nei propri confronti per intervenuta conciliazione stragiudiziale- hanno domandato il rigetto, facendo proprie le motivazioni della sentenza impugnata

7. La appellata YYY è rimasta contumace nonostante la rituale notificazione del ricorso.

8. All’odierna udienza la causa è stata discussa e decisa mediante pubblica lettura del dispositivo.

9. L’appello è fondato e merita accoglimento.

In via preliminare deve essere dichiarata cessata la materia del contendere nei confronti di JJJ, alla luce della conciliazione stragiudiziale conclusa tra le parti. Le relative spese del doppio grado, come concordato tra le parti, debbono essere compensate.

10. Quanto al merito, il primo motivo è manifestamente infondato.

In atti, allegati sotto i nn. da 29 a 32 del fascicolo di primo grado degli appellati, sono presenti le lettere di impugnativa inviate all’appellante in date comprese tra il 17 al 23 maggio 2019; l’atto di cessione è stato stipulato il 30/4/2019 e pertanto la decadenza è stata tempestivamente impedita.

11. Sono viceversa fondati i restanti due motivi di appello, che dovranno essere esaminati congiuntamente in quanto logicamente connessi.

12. In tema di cessione di ramo di azienda e degli elementi di fatto che la caratterizzano, è intervenuta di recente la S.C., con la pronuncia n. 7364 del 16/3/2021, nella quale, in espressione di un indirizzo consolidato, trovasi affermato che <<secondo un risalente principio di legittimità la cessione di ramo d’azienda è configurabile ove venga ceduto un complesso di beni che oggettivamente si presenti quale entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica funzionalizzata allo svolgimento di un’attività volta alla produzione di beni o servizi (Cass. n. 17919 del 2002; Cass. n. 13068 del 2005; Cass. n. 22125 del 2006).

12.1. Detta nozione di trasferimento di ramo d’azienda è coerente con la disciplina in materia dell’Unione Europea (direttiva 12 marzo 2001, 2001/23/CE, che ha proceduto alla codificazione della direttiva 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, come modificata dalla direttiva 29 giugno 1998, 98/50/CE) secondo cui “è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di un’entità economica che conserva la propria identità, intesa come un insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria” (art. 1, n. 1, direttiva 2001/23). La ratio della disciplina comunitaria è intesa ad assicurare la continuità dei rapporti di lavoro esistenti nell’ambito di un’attività economica indipendentemente dal cambiamento del proprietario e, quindi, è finalizzata a proteggere i lavoratori nella situazione in cui siffatto cambiamento abbia luogo (Corte di Giustizia, 7 febbraio 1985, C-186/83, Botzen e a., punto 6; Corte di Giustizia, 18 marzo 1986, C-24/85, Spijkers, punto 11); essa, infatti, riguarda il “ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti”, per cui non è direttamente incidente nelle ipotesi in cui non si controverta del “mantenimento dei diritti dei lavoratori trasferiti” presso la cessionaria, in difetto dei presupposti previsti dal diritto dell’Unione (cfr. Corte di Giustizia, 6 marzo 2014, C-458/12, Amatori ed a., punti 35 e 37).

12.2. La Corte di Giustizia, cui compete il monopolio interpretativo del diritto comunitario vivente (ex plurimis: Cass. n. 19740 del 2008), ha ripetutamente individuato la nozione di entità economica come complesso organizzato di persone e di elementi che consenta l’esercizio di un’attività economica finalizzata al perseguimento di un determinato obbiettivo (cfr. Corte di Giustizia, 11 marzo 1997, C- 13/95, Súzen, punto 13; Corte di Giustizia, 20 novembre 2003, C- 340/2001, Abler, punto 30; Corte di Giustizia, 15 dicembre 2005; C- 232/04 e C-233/04, Guney-Gorres e Demir, punto 32) e sia sufficientemente strutturata ed autonoma (cfr. Corte di Giustizia, 10 dicembre 1998, Hemandez Vidal e a., C-127/96, C-229/96, C-74/97, punti 26 e 27; Corte di Giustizia, 13 settembre 2007, Jouini, C-458/05, punto 31; Corte di Giustizia, 6 settembre 2011, C-108/ 10, Scattolon, punto 60; Corte di Giustizia, 20 luglio 2017, C-416/16, Piscarreta Ricardo, punto 43; Corte di Giustizia, 13 giugno 2019, C-664/2017, Ellinika Nafpigeia AE, punto 60).

12.3. Anche nel testo modificato dall’art. 32 del d.lgs. n. 276 del 2003, la S.C. ha ribadito che, ai fini del trasferimento di ramo d’azienda previsto dall’art. 2112 c.c., rappresenta elemento costitutivo della cessione “l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere – autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione” (sul tema v. diffusamente Cass. n. 11247 del 2016; di analogo tenore, assunte in decisione nella medesima udienza pubblica del 26 febbraio 2016, Cass. nn. 9682, 10243, 10352, 10540, 10541, 10542, 10730, 11248 del 2016; tra le successive conformi v.: Cass. n. 19034 del 2017; Cass. n. 28593 del 2018).

12.4. Tali pronunce hanno confermato la sentenza d’appello che aveva escluso l’operatività dell’art. 2112 c.c., nella sua formulazione successiva al 2003, tra l’altro, per “la mancata cessione dei programmi e dei sistemi informatici che venivano utilizzati dai dipendenti prima dello scorporo”, sancendo poi, nel principio di diritto enunciato in funzione nomofilattica, l’indipendenza “dal coevo contratto di fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato tra le parti” (analogamente v. poi Cass. n. 1316 del 2017 e Cass. n. 19034 del 2017, in ipotesi di cessione di un call center in cui i programmi informatici erano rimasti nella proprietà esclusiva della cedente).

Si è inoltre sottolineato che il “fatto che la nuova disposizione abbia rimesso al cedente e al cessionario di identificare l’articolazione che ne costituisce l’oggetto non significa che sia consentito di rimettere ai contraenti la qualificazione della porzione dell’azienda ceduta come ramo, così facendo dipendere dall’autonomia privata l’applicazione della speciale disciplina in questione, ma che all’esito della possibile frammentazione di un processo produttivo prima unitario, debbano essere definiti i contenuti e l’insieme dei mezzi oggetto del negozio traslativo, che realizzino nel loro insieme un complesso dotato di autonomia organizzativa e funzionale apprezzabile da un punto di vista oggettivo”; tanto in continuità con una tradizionale impostazione secondo cui non è consentita la creazione di una struttura produttiva ad hoc in occasione del trasferimento o come tale identificata dalle parti del negozio traslativo, essendo preclusa l’esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate fra loro, di semplici. reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà dell’imprenditore e non dall’inerenza del rapporto ad un ramo di azienda già costituito (tra altre, Cass. n. 2429 del 2008; Cass. n. 21711 del 2012; Cass. n. 8757 del 2014; Cass. n. 19141 del 2015).

12.5. Negli arresti in discorso non si è poi disconosciuta la legittimità di cessioni di rami aziendali “dematerializzati” o “leggeri” dell’impresa, nei quali il fattore personale sia preponderante rispetto ai beni, in conformità con principi, anche comunitari (Corte di Giustizia 11 marzo 1997, Siizen, C-13/95, punto 18; Corte di Giustizia, 10 dicembre 1998, C-127/96, C-229/96, C-74/97, Hernandez Vidal e a., punto 31; Corte di Giustizia, 20 gennaio 2011, C-463/09, CLECE, punto 36), che si sono affermati essenzialmente nel campo della successione negli appalti laddove sono i lavoratori ad invocare l’applicazione dell’art. 2112 c.c. per transitare nell’impresa subentrante, per i quali principi oggetto del trasferimento del ramo può essere anche un gruppo organizzato di dipendenti specificamente e stabilmente assegnati ad un compito comune, senza elementi materiali significativi (in precedenza, tra molte, v. Cass. n. 17207 del 2002; Cass. n. 206 dél 2004; Cass. n. 20422 del 2012; Cass. n. 5678 del 2013; Cass. n. 21917 del 2013; Cass. n. 9957 del 2014); ma si è tuttavia confermato il compito del giudice del merito di verificare quando il gruppo di lavoratori trasferiti sia dotato “di un comune bagaglio di conoscenze, esperienze e capacità tecniche, tale che proprio in virtù di esso sia possibile fornire lo stesso servizio”, così “scongiurando operazioni di trasferimento che si traducano in una mera espulsione di personale, in quanto il ramo ceduto dev’essere dotato di effettive potenzialità commerciali che prescindano dalla struttura cedente dal quale viene estrapolato ed essere in grado di offrire sul mercato ad una platea indistinta di potenziali clienti quello specifico servizio per il quale è organizzato” (in . termini Cass. n. 11247/2016 cit.; di recente anche Corte di Giustizia, 13 giugno 2019, C-664/2017, Ellinika Nafpigeia AE, punto 69, ha sottolineato come l’autonomia del ramo ceduto, dopo il trasferimento, non debba dipendere da scelte economiche effettuate “unilateralmente” da terzi, senza che vi siano garanzie sufficienti che le assicurino l’accesso ai fattori di produzione).

12.6. Nel complesso di pronunce assunte in decisione nel febbraio del 2016, l’elemento costitutivo rappresentato dall’autonomia funzionale del ramo d’azienda ceduto viene letto in reciproca integrazione con il requisito della preesistenza di esso, “nel senso che il ramo ceduto deve avere la capacità di svolgere autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario il servizio o la funzione cui esso risultava finalizzato già nell’ambito dell’impresa cedente anteriormente alla cessione”, perché l’indagine non deve “basarsi sull’organizzazione assunta dal cessionario successivamente alla cessione, eventualmente grazie alle integrazioni determinate da coevi o successivi contratti di appalto, ma all’organizzazione consentita già dalla frazione del preesistente complesso produttivo costituita dal ramo ceduto”.

A conforto si richiama anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo cui l’impiego del termine “conservi” nell’art. 6, par. 1, commi 1 e 4 della direttiva, “implica che l’autonomia dell’entità ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento”, (Corte di Giustizia, 6 marzo 2014, C-458/12, Amatori ed a., punto 34).

12.7. È proprio la Corte dell’Unione a ribadire costantemente che, per determinare se siano soddisfatte o meno le condizioni per l’applicabilità della direttiva in materia di trasferimento d’impresa, occorre “prendere in considerazione il complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione di cui trattasi, fra le quali rientrano in particolare il tipo d’impresa o di stabilimento in questione, la cessione o meno degli elementi materiali, quali gli edifici ed i beni mobili, il valore degli elementi materiali al momento del trasferimento, la riassunzione o meno della maggior parte del personale da parte del nuovo imprenditore, il trasferimento o meno della clientela, nonché il grado di analogia delle attività esercitate prima e dopo la cessione e la durata di un’eventuale sospensione di tali attività”, ma “questi elementi, tuttavia, sono soltanto aspetti parziali di una valutazione complessiva cui si deve procedere e non possono, perciò, essere valutati isolatamente” (v. Corte di Giustizia, 9 settembre 2015, C-160/14, Joào Filipe Ferreira da Si/v5 e Brito e altri, punto 26; Corte di Giustizia, 18 marzo 1986, C-24/85, Spijkers, punto 13; Corte di Giustizia, 19 maggio 2002, C-29/91, Redmond Stichting, punto 24; Corte di Giustizia, 11 marzo 1997, C-13/95, Súzen, punto 14; Corte di Giustizia, 20 novembre 2003, C-340/01, Abler e a., punto 33); si è altresì evidenziato che “l’importanza da attribuire rispettivamente ai singoli criteri varia necessariamente in funzione dell’attività esercitata, o addirittura in funzione dei metodi di produzione o di gestione utilizzati nell’impresa, nello stabilimento o nella parte di stabilimento di cui trattasi” (v. Corte di Giustizia, 11 marzo 1997, C-13/95, Súzen, punto 18; Corte di Giustizia, 10 dicembre 1998, C-127/96, C-229/96 e C-74/97, Hernàndez Vidal e a., punto 31; Corte di Giustizia, 10 dicembre 1998„ C-173/96 e C-247/96, Hidalgo e a., punto 31).

12.8. È quanto in questa sede intende ribadirsi avuto riguardo al presente giudizio di legittimità ed ai suoi limiti – al cospetto di doglianze di parte che invocano una rivalutazione atomistica degli eventi storici – alla luce del mai superato insegnamento (Cass. SS.UU. n. 379 del 1999) secondo cui, allorquando ai fini di una certa qualificazione giuridica di un rapporto controverso occorre avvalersi di una serie di elementi fattuali sintomatici ai quali i giudici del merito hanno affidato la propria valutazione, ciò che deve negarsi è soltanto l’autonoma idoneità di ciascuno di questi elementi, considerato singolarmente, a fondare la riconduzione ad una certa qualificazione, non anche la possibilità che, in una valutazione globale dei medesimi, essi vengano assunti, come concordanti, gravi e precisi indici rivelatori di ciò che si intende dimostrare.

Sicché, quando gli elementi fattuali da valutare sono, in via sintomatica ed indiziaria, molteplici al fine di verificare l’autonomia funzionale del ramo d’azienda ceduto, trattandosi di una decisione che è il frutto di selezione e valutazione di una pluralità di circostanze, che – per dirla con la Corte di Giustizia – “sono soltanto aspetti parziali di una valutazione complessiva cui si deve procedere e non possono, perciò, essere valutati isolatamente”, chi ricorre, per ottenere la cassazione della sentenza impugnata, non può invocare una diversa combinazione di tali elementi oppure un diverso apprezzamento rispetto a ciascuno di essi, sollecitando questa Corte ad un controllo estraneo al sindacato di legittimità (sui limiti di tale sindacato in materia di ragionamento presuntivo, per tutte, v. Cass. n. 29781 del 2017 e la giurisprudenza ivi richiamata).

12.9. <<Per l’ordinamento comunitario il trasferimento deve riguardare una entità economica organizzata in modo stabile (la cui attività non si limiti all’esercizio di un’opera determinata) la quale sia costituita da qualsiasi complesso organizzato di persone e di elementi, che consenta l’esercizio di una attività economica che sia finalizzata al perseguimento di uno specifico obiettivo e sia sufficientemente strutturata ed autonoma, di talché l’entità economica deve, in particolare, godere, anteriormente al trasferimento, di una autonomia funzionale sufficiente (v., per tutte, Corte di Giustizia, 6 marzo 2014, C458/12, Amatori ed a., punto 34).

Il requisito della preesistenza (secondo la CGUE) sta, quindi, ad indicare che il complesso organizzativo deve essere già concretamente preordinato presso il cedente all’esercizio dell’attività economica, in una sintesi tra elemento strutturale e profilo funzionale>>.

13. Passando ad applicare alla fattispecie i principi sopra enucleati, questa Corte non condivide le affermazioni che si leggono nella sentenza impugnata, relative alla mancanza di autonomia del ramo di azienda ceduto.

Nella specie la cedente YYY è una società di scopo (circostanza pacifica tra le parti), appositamente costituita da TEI in data 19.12.2017 (v. doc. 3 della produzione YYY I grado), con la finalità dichiarata di affidarle la gestione dello specifico settore del “***” prima facente capo alla relativa Area aziendale (FSO): ad essa quindi è stato ceduto il ramo di azienda denominato “***”.

13.1. Sulla base delle risultanze processuali può essere superata l’eccezione degli appellati concernente la brevità del tempo trascorso tra la costituzione del ramo d’azienda e la sua cessione poiché il ramo d’azienda ceduto era senz’altro preesistente alla intervenuta cessione.

Difatti, sulla base della documentazione versata agli atti, confermata nel corso dell’istruttoria orale condotta, risulta provato che il ramo ceduto fosse dotato di autonomia funzionale e operativa: tanto si evince dalla relazione del dott. – limitatamente ai fatti non specificamente contestati ed a quelli confermati nel corso delle deposizioni testimoniali- datata 23.4.2010 (cfr. all. 11 fascicolo parte TEI), e, in particolare:

A. alla pagina 53 vengono descritti i compiti della nuova unità costituita, che si occupa delle attività di gestione dei progetti nelle fasi regionali di installazione e integrazione delle reti di telecomunicazione (regional customer project management network roll out), della pianificazione e monitoraggio delle operazioni di manutenzione (operation assurance), del monitoraggio del rispetto dei livelli di servizio convenuti con i clienti e delle pianificazioni interne (service delivery management), nonché delle attività anche accessorie di costruzione e manutenzione di reti di telecomunicazione. Dette affermazioni hanno trovato conferma nelle deposizioni rese dai testi *** e *** (cfr. verbali di udienza 1° grado);

B. sono stati esclusi dal trasferimento i rapporti commerciali attivi e passivi (pag. 71; circostanza pacifica tra le parti) (pag. 71 all. 11 prod. 1° grado TEI);

C. Alla pagina 93 della perizia di cui sopra viene affermato che l’apporto del ramo di azienda agli utili della società non hai mai stato contabilmente determinato in modo separato, ma incluso nel più ampio calcolo della generale redditività aziendale. Detta circostanza ha trovato conferma nella deposizione resa dal teste ***, il quale ha aggiunto che dalla contabilità aziendale si possono estrarre i conti delle unità, compresa quella oggetto di trasferimento e che è stata elaborata la situazione reddituale previsionale relativamente alle attività del quinquennio 2019/2023 con annessa relazione di commento denominata descrizione business case denominata network build & field Services;

D. assieme al ramo di azienda sono stati trasferiti tre softwares: E- Soft, OMNIA, e Sol Maintenance. Il primo è relativo alla gestione logistica delle parti di scorta dei prodotti da fornire ai clienti; il secondo finalizzato alla gestione dei turni di reperibilità del personale dedicato ed il terzo utilizzato per pianificare le attività di manutenzione sentiva, l’inventario delle infrastrutture presenti sui siti radio e le certificazioni di legge (pag. 97 della perizia, all. 11 prod TEI). Detta circostanza ha trovato conferma nella deposizione dei testi Carino e Morandi. Il valore del suddetto software è stato stimato in 76.296,30 € (pag. 99; fatto non contestato specificamente);

E. assieme al ramo di azienda, al fine di sostenere le spese dei dipendenti e stata trasferita la somma di euro 1.450.000,00 (pag. 99 Perizia; circostanza altresì pacifica tra le parti perché mai contestata);

F. con il ramo d’azienda sono stati trasferiti altresì 63 dipendenti, con tutti i crediti ed i debiti relativi alle rispettive posizioni, quantificati dal consulente di parte in euro 1.143.237,04 € (pag. 101 perizia; circostanza pacifica tra le parti);

G. costituisce circostanza non contestata che il consulente ha quantificato la previsione reddituale del ramo ceduto in euro 124.000,00 nel 2019, € 114.000 nel 2020, € 100.000 nel 2021, 96.000 nel 2022 e 94.000 nel 2023. Dagli atti inoltre risulta, come accertato dal perito, che la particolarità del ramo consiste nell’essere basato sulle capacità tecnico professionali del personale preposto alla produzione dei servizi, mentre il capitale è costituito dai beni immateriali, ossia dei softwares trasferiti e dal capitale messo a disposizione per il ripianamento delle passività (circostanze, queste ultime, confermate nel corso delle deposizioni dei testi *** e ***);

H. i testi escussi hanno confermato che successivamente alla cessione dell’azienda le mansioni non sono cambiate testi (*** e ***);

I. il teste *** ha altresì riferito in dettaglio i compiti svolti dagli odierni appellati, e che nessuno di essi, prima della cessione del maggio 2019, risultava distaccato in YYY, che la loro attività è proseguita in continuità anche dopo il 1° maggio 2019, il tutto sotto la propria personale responsabilità gerarchica, con decorrenza dal 22 febbraio 2019. Gli appellati sono quindi rimasti dove erano e rispondevano funzionalmente ai propri superiori. Il teste ha infine rilasciato un’ importante dichiarazione, ossia che le attività di field and maintenance possono essere svolte da remoto, non in ufficio, direttamente in campo e non c’è bisogno di un ufficio specifico dove poter lavorare. Lo stesso teste ha riferito di avere sempre gestito persone anche in altre regioni ed in altri territori, senza doverle mettere tutte in un unico open space; ha aggiunto che in XXX non tutti gli uffici, ma in molti di essi prima della pandemia, vi erano i free desk, ossia scrivanie libere per postazioni libere.

14. È altresì documentalmente provato (cfr. doc. 4 fascicolo TEI) che le due società abbiano stipulato tra loro un contratto di rete di impresa, in forza del quale alcune attività vengono gestite in comune, tanto giustificando la condivisione, da parte della cedente e della cessionaria, di una medesima direzione e di medesimi uffici, stante l’impegno delle stesse nell’esecuzione della medesima opera. Nessuno specifico vizio di invalidità è stato eccepito in relazione al suddetto contratto.

14.1. Evidenzia la Corte che l’art. 42 del d.l. n.78/2010 convertito con modificazioni in l. n. 122/2010 prevede che più imprenditori possano costituire una rete di imprese allo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e, a tal fine, possano obbligarsi, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme ed in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese, ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica, ovvero, ancora, ad esercitare una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa.

14.2. Rileva poi la Corte che la costituzione di una società di scopo con capitale integralmente controllato dalla costituente, l’esternalizzazione alla stessa di taluni servizi e la stipula di un contratto di rete di imprese per la gestione in comune di determinate attività, lungi dal rivelare il carattere fittizio dell’operazione e la sua preordinazione a scopi diversi da quelli dichiarati, costituiscono tutti strumenti di manifestazione della libertà di iniziativa economica.

15. Risulta altresì documentalmente provato ed è fatto pacifico tra le parti che anche successivamente al trasferimento, il detto ramo d’azienda abbia ha conservato la propria identità, atteso che è stata ceduta non solo la titolarità dei rapporti di lavoro ma, anche tutto quanto necessario e sufficiente per continuare la normale attività di impresa fino a quel momento esercitata dallo stesso. Ed infatti con la cessione del ramo d’azienda, oltre ai dipendenti, sono stati trasferiti i softwares gestionali, che hanno continuato ad utilizzare, continuando a svolgere le medesime mansioni. Dette circostanze, risultanti dagli allegati sono altresì state provate a mezzo dell’escussione dei testi, il cui esito è stato in precedenza riassunto.

16. Tali essendo le risultanze istruttorie diviene del tutto irrilevante la circostanza che il ramo di azienda trasferito non avesse una propria contabilità separata, giacché la stessa poteva essere tranquillamente desunta dalle risultanze contabili e dal bilancio dell’intera azienda. Allo stesso modo non è risolutiva la circostanza del mantenimento del precedente profilo lavorativo, fatto giustificato dalla circostanza che è stato ceduto il ramo di azienda, mentre risulta seccamente smentita (ossia falsa) la circostanza che non sia stata assegnata ai lavoratori ceduti alcuna mansione, come confermato da tutti i testi escussi nel corso del giudizio di primo grado. Altresì rilevante il fatto che il ramo ceduto non avesse nemmeno le funzioni di staff, poiché per l’ordinamento comunitario il trasferimento deve riguardare una entità economica organizzata in modo stabile (la cui attività non si limiti all’esercizio di un’opera determinata), la quale sia costituita da qualsiasi complesso organizzato di persone e di elementi che consenta l’esercizio di una attività economica finalizzata al perseguimento di uno specifico obiettivo, e che sia sufficientemente strutturata ed autonoma, di talché l’entità economica deve, in particolare, godere anteriormente al trasferimento di una autonomia funzionale sufficiente, cosa questa che risulta perfettamente provata nell’odierna fattispecie: oggetto del trasferimento del ramo è stato un gruppo organizzato di dipendenti specificamente e stabilmente assegnati ad un compito comune, anche con elementi materiali significativi ( Cass. n. 17207 del 2002; Cass. n. 206 dél 2004; Cass. n. 20422 del 2012; Cass. n. 5678 del 2013; Cass. n. 21917 del 2013; Cass. n. 9957 del 2014).

17. La legittimità della cessione è altresì evidenziata dal fatto che entrambe le Società hanno un organico largamente al di sopra del c.d. requisito dimensionale e che i dipendenti delle stesse godevano (prima che fosse di fatto parzialmente abolito) indistintamente della garanzia di un regime di stabilità reale e soprattutto dal fatto che è stato stipulato un contratto di rete di imprese tra le stesse. (all. 5 XXX) la cui validità non è stata oggetto di alcuna contestazione.

Come già in precedenza affermato, l’art. 42 del Decreto legge n.78/2010 convertito con modificazioni dalla legge n. 122/2010 prevede che più imprenditori possano costituire una rete di imprese allo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e, a tal fine, possano obbligarsi, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme ed in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese, ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica, ovvero, ancora, ad esercitare una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa. Tale è la fattispecie oggetto del presente gravame.

18. Le considerazioni di cui sopra determinano l’accoglimento dell’appello, con conseguente assorbimento di ogni altro motivo di gravame e rigetto di ogni ulteriore difesa della parte appellata.

19. L’esistenza di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, valutata unitamente al comportamento processuale della parte appellante, che ha violato il principio di sinteticità degli atti telematici, costituiscono più che gravi motivi per compensare interamente tra le parti le spese del doppio grado (cfr. Cass.SS.UU. n. 20598/2008). Non luogo a provvedere sulle spese verso la contumace.

P.Q.M.

– Dichiara cessata la materia del contendere in relazione alla domanda proposta da JJJ;

– in accoglimento dell’appello, in riforma della appellata sentenza, respinge le domande proposte dagli altri appellati;

– compensa le spese del doppio grado; – nulla sulle spese verso la contumace.

Roma, 17 febbraio 2023.

Il Consigliere est.

Il Presidente

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