REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE PRIMA CIVILE così composta:
Dott. NOME COGNOME Presidente Dott. NOME COGNOME NOME Consigliere Dott.
NOME COGNOME Consigliere rel. riunita in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._3566_2025_- N._R.G._00003093_2024 DEPOSITO_MINUTA_07_06_2025_ PUBBLICAZIONE_07_06_2025
nella causa civile in grado unico iscritta al numero 3093 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2024, trattenuta in decisione all’udienza del giorno 02/05/2025, vertente TRA dott. , nato a Napoli il 19.10. 1962, res.te in Milano, INDIRIZZO, c.f. , con sede legale in Milano, INDIRIZZO c.f. (già in p. dello stesso dr. , l.r., entrambi rappresentati e difesi giuste procure in calce al proprio atto dagli avvocati NOME COGNOME (PEC del Foro di Milano, NOME COGNOME (PEC del Foro di Roma, nonché prof. NOME COGNOME (PEC e NOME COGNOME (pec rdineavvocatimilano.it) del Foro di Milano, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO COGNOME, 21; C.F. (c.f. ), Istituto di diritto pubblico, con sede in Roma, in persona del suo rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa anche disgiuntamente, giusta procura unita al proprio atto, dagli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, dell’Avvocatura della Banca stessa, ed elettivamente domiciliata Roma, INDIRIZZO, pec:
RESISTENTE OGGETTO:
impugnazione, ai sensi dell’art. 145 T.U.B., avverso i provvedimenti sanzionatori della prot. n. 0672002/24 del 3 aprile 2024 e prot. n. 0672415/24 del 3 aprile 2024, per un valore complessivo di € 82.500,00, di cui euro 30 mila a carico dell’a.d.;
Conclusioni degli opponenti:
“in via principale, annullare e/o dichiarare nulli (a) il provvedimento sanzionatorio della prot. n. 0672002/24 del 3 aprile 2024 nonché tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti a detto provvedimento, ivi inclusi tutti quelli menzionati nel presente atto;
e (b) il provvedimento sanzionatorio della prot. n. 0672415/24 del 3 aprile 2024 nonché tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti a detto provvedimento, ivi inclusi tutti quelli menzionati nel presente atto per: violazione del termine legale di conclusione dei procedimenti sanzionatori di cui in narrativa; violazione dell’art. 24 l. 262/2005, dell’art. 145 TUB e del provvedimento della del 18 dicembre 2012 e ss.mm. in relazione al difetto di motivazione e alle carenze istruttorie risultanti dai provvedimenti sanzionatori di cui in narrativa; carenza di presupposti in fatto e in diritto anche ai sensi dell’art. 144 TUB e della l. n. 689/1981, per violazione del principio di legalità e/o manifesta illogicità e contraddittorietà;
ogni ulteriore vizio o motivo esposto;
2) in subordine, accertare e dichiarare la violazione delle vigenti disposizioni in materia di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie stanti i motivi esposti in narrativa e, per l’effetto, ridurre ai minimi editali le sanzioni comminate dalla resistente Autorità ai ricorrenti, rispettivamente con il provvedimento sanzionatorio della 3) in ogni caso, emettere ogni provvedimento conseguente, disponendo, per il caso di accoglimento in tutto o in parte delle conclusioni di cui sopra, la restituzione da parte della in tutto in parte delle somme versate a titolo di sanzioni dai ricorrenti e la pubblicazione della sentenza ai sensi dell’art. 145 comma 8 TUB. Con vittoria di spese e compensi del procedimento”.
conclusione della resistente:
“rigettare il ricorso in opposizione.
Con vittoria di spese e compensi”.
FATTO I.I fatti che avevano portato alla emissione del provvedimento impugnato, come da ricostruzione dell “Nel periodo compreso tra il 21 novembre 2022 e il 24 gennaio 2023, la ha svolto presso intermediario finanziario già iscritto nell’albo di cui all’art. 106 d.lgs. n. 385/1993 o TUB, un accertamento ispettivo, che si è concluso con un giudizio “sfavorevole”.
Le irregolarità emerse si sono tradotte, quindi, nell’avvio, in data 23 gennaio 2023, di un procedimento di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ex art. 113-ter, comma 1, lett b) fondato sull’eccezionale gravità delle perdite patrimoniali e della tensione di liquidità, con il blocco dell’operatività aziendale da giugno 2022, procedimento non portato a termine avendo Credimi frattanto deliberato la propria liquidazione volontaria, autorizzata dalla in data 19 aprile 2023.
La vulnerabilità del profilo strategico discendente da debolezze strutturali del modello di business, che ha reso da sempre la finanziaria dipendente dalle condizioni imposte dai partner finanziatori era peraltro stata già evidenziata dagli accertamenti ispettivi condotti dalla nel 2021 e conclusi con un giudizio in area sfavorevole.
Veniva inviata anche agli epigrafati ricorrenti lettera di contestazione notificata cui era allegato il rapporto ispettivo che aveva accertato che, avendo la Società registrato al 31.12.2022 perdite per 41 milioni di euro, i fondi propri erano addirittura arrivati a livelli negativi;
ed ancora che il grave dissesto patrimoniale della Società derivava dalla mancata diversificazione delle fonti di ricavo e dall’irrigidimento della struttura dei costi, fattori rispetto ai quali si sono rivelate inefficaci, estemporanee e tardive le iniziative intraprese dal Consiglio di amministrazione;
che sul piano dei costi (aumentati nel 2021 di ben il 40,5%) è risultata determinante l’assunzione di scelte gestionali non coerenti con i volumi e i risultati reddituali, né che con la struttura variabile dell’attivo, come in particolare la significativa crescita Contr del business sui finanziamenti con garanzia statale, rispetto ai quali è indispensabile il corretto svolgimento dell’iter di perfezionamento della garanzia;
che l’assenza di controlli sulle attività esternalizzate non ha consentito di rilevare tempestivamente la mancata comunicazione al Fondo Centrale di Garanzia delle date di erogazione di 240 finanziamenti entro i termini previsti (tre mesi dall’erogazione), per un importo complessivo di 29,3 milioni di euro, con conseguente decadenza della garanzia pubblica;
che la perdita di € 10,7 milioni di euro evidenziata nel preconsuntivo per il 2022 – che prevedeva accantonamenti per 4,9 milioni di euro a fronte del rischio legale derivante dalla vicenda dinanzi descritta – ha condotto come detto i fondi propri a livelli negativi (-2,7 milioni di euro);
che gli organi aziendali avevano sottostimato il rischio di liquidità e non avevano avviato iniziative volte a contrastare l’elevata concentrazione e l’instabilità delle fonti di provvista, in particolare, la progressiva indisponibilità a perfezionare operazioni di cartolarizzazione o cessione nel secondo trimestre 2022 aveva provocato il prosciugamento della provvista e compromesso la situazione di liquidità, ed infatti, al 23 gennaio 2023, la disponibilità di cassa era pari a € 228.000 e, computando i debiti verso i fornitori per 2,2 milioni di euro per fatture ricevute e non pagate, in deficit di oltre 2 milioni di euro; che, d’altro canto, neppure il Collegio sindacale aveva stimolato il Consiglio di amministrazione a promuovere l’equilibrio reddituale e il rafforzamento della gestione del rischio di liquidità, e non aveva rilevato la mancata applicazione dei necessari controlli alle attività esternalizzate, e solo dopo il manifestarsi dello stato di crisi, con il blocco dell’operatività il Collegio sindacale richiamava il Consiglio di amministrazione sulla necessità di contenere i costi, sulla tenuta del profilo di liquidità e sull’importanza del sostegno finanziario dei soci. Alla luce delle risultanze dell’ispezione, la aveva proceduto a contestare all’intermediario e ai suoi esponenti le violazioni accertate nel rapporto ispettivo, contestando violazioni delle Disposizioni di Vigilanza per gli intermediari finanziari (Circolare n. 288/2015), adottate dalla ai sensi dell’art. 108 del TUB, in materia di organizzazione amministrativa, contabile e controlli interni (Titolo III, Cap. 1 della Circolare) e fondi propri (Titolo IV, Cap. 3 della Circolare), e con riferimento alla posizione dell’amministratore delegato di avere inciso in modo rilevante sulla complessiva organizzazione e sui profili di rischio aziendali ai sensi dell’art. 144-ter TUB.
Effettuata ed accolta istanza di accesso ai documenti del procedimento presentata Esaminata la documentazione acquisita al fascicolo istruttorio e le controdeduzioni degli incolpati, il Servizio “Rapporti istituzionali di vigilanza” (RIV) della – deputato alla conduzione della fase istruttoria del procedimento sanzionatorio ai sensi delle “Disposizioni di vigilanza in materia di sanzioni e procedure sanzionatorie amministrative” di cui al Provvedimento della del 18 dicembre 2012, in ossequio al principio di separazione tra funzione istruttoria e funzione decisoria (ex art. 24 della legge n. 262 del 2005), formulava al Direttorio la proposta di irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti, tra l’altro, della Società e del dr. Le suddette proposte, alle quali era allegato il prospetto recante l’analisi dettagliata delle controdeduzioni presentate, venivano notificate agli incolpati, al fine di consentire loro la formulazione al Direttorio di osservazioni sulla proposta. Con nota del 22 marzo 2024, gli incolpati trasmettevano al Direttorio le osservazioni sulla proposta sanzionatoria.
Il Direttorio della , acquisito il parere dell’Avvocato generale e ritenute le deduzioni degli incolpati non idonee a superare gli addebiti mossi dall’Autorità di vigilanza, adottava, nei confronti della Società, il provvedimento sanzionatorio prot. n. 672002/24 del 3 aprile 2024, con il quale veniva inflitta la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 60.000 e, nei confronti degli altri soggetti (amm.ri e sindaci), ulteriore provvedimento sanzionatorio prot. n. 672415 del 3 aprile 2024, con il quale veniva inflitta, tra gli altri, al suo a.d. dr. sanzione di 22.500 euro”.
Proponevano impugnazione la società in oggetto ed il suo citato a.d. , per i seguenti motivi:
I. violazione del termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio.
II. violazione dell’art. 145 TUB, dell’art. 24 L. 262/2005 e del Provvedimento della del 18 dicembre 2012.
III.
violazione dell’art. 144 TUB e della L. n. 689/1981 in relazione al principio di legalità e tassatività.
IV. violazione e falsa applicazione dell’art. 108 TUB e dell’art. 2392 c.c., in relazione allo strutturale squilibrio reddituale della Società.
V. violazione e falsa applicazione dell’art. 108 TUB e del Titolo III, Capitolo I, della Circolare della n. 288/2015, nonché dell’art. 2932 c.c., in relazione alla mancata diversificazione delle fonti di ricavo e all’asserito irrigidimento della struttura dei costi.
VI. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 108 TUB e del titolo III, capitolo 1, VII.
violazione/falsa applicazione dell’art. 108 TUB e dell’art. 2392 cod. civ., in relazione alla presunta carenza di presidi per la gestione del rischio di liquidità.
VIII.
violazione/falsa applicazione dell’art. 108 TUB e dell’art. 2392 cod. civ., in relazione alla presunta assenza di iniziative volte alla diversificazione delle fonti di provvista.
IX. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 108 TUB e del Titolo III, Capitolo 1, della circolare della n. 288/2015, nonché dell’art. 2407 cod. civ., in relazione alla presunta inerzia del Collegio sindacale con riferimento ai presidi dei rischi di liquidità e operativi.
XI. violazione dell’art. 108 TUB e del titolo III, Cap. 1, della Circolare della n. 288/2015, nonché dell’art. 2392 cod. civ., in relazione all’intempestività e all’inadeguatezza delle iniziative proposte dall’amministratore delegato e alla carente informativa al consiglio di amministrazione con riguardo alla compromessa situazione aziendale.
X. violazione dell’art. 144-quater TUB in relazione alla quantificazione delle sanzioni a carico della società e dell’ex esponente, e motivo relativo alla connessa eventuale XII.
domanda di restituzione da parte della dell’importo delle sanzioni (laddove già corrisposte nelle more).
Si costituiva l chiedendo rigetto della opposizione.
Alla udienza del 2 maggio 2025, dopo discussione dei procuratori delle parti, il procedimento veniva trattenuto in decisione, e deciso con la presente sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I motivi di opposizione sono infondati.
I. Violazione del termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio.
Si dolgono i ricorrenti che i provvedimenti sanzionatori sono illegittimi in quanto adottati oltre il termine di 240 giorni previsto dalle Disposizioni della materia di procedura sanzionatoria.
La doglianza non ha fondamento.
È infatti dirimente rilevare che il termine di 240 giorni stabilito dalle Disposizioni emanate dalla non ha natura perentoria, come costantemente ribadito dalla Corte di Cassazione.
Si vedano in tal senso, da ultimo, Cass. civ, sez. II, 07.05.2024, n. 12323, secondo cui “lin tema di sanzioni amministrative previste con riguardo all’attività di intermediazione finanziaria, il termine ex art.145 del d.l.vo 385/93 (nel testo applicabile “ratione temporis”) non ha natura perentoria e, pertanto) non può comportare alcuna decadenza dall’esercizio del potere sanzionatorio, attesa dall’art.14 legge 689/81, ove si prevede un termine perentorio soltanto per la contestazione differita” Ed inoltre secondo l’insegnamento della Corte di Cassazione in materia, le sanzioni pecuniarie irrogate per le violazioni di cui all’art. 144 TUB non avendo natura penale, non sono equiparabili “per tipologia, severità ed idoneità ad incidere sulla sfera patrimoniale e personale dei destinatari, a quelle previste nel caso esaminato dalla CEDU nella sentenza COGNOME Stevens” (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. II, 24 febbraio 2016, n. 3656), da cui pure ricavabile la natura non perentoria del termine citato. E comunque, in fatto, nel procedimento sanzionatorio condotto nei confronti della Società, la notifica dell’atto di contestazione si è perfezionata in data 16 maggio 2023, ma quanto agli altri soggetti interessati, le notifiche perfezionatasi per ultime, in ordine di tempo, risalgono al 19 maggio 2023 (cfr., sub doc. 19 e 20 le relate di notifica relative agli atti di contestazione indirizzati ai soggetti attinti dal procedimento, dal fascicolo della resistente).
A partire da quella data è iniziato a decorrere il termine di 30 giorni per la presentazione delle controdeduzioni, cui si sono però aggiunti ulteriori 30 giorni per effetto della concessione, da parte dell’Amministrazione, della proroga richiesta dalla Società e dagli esponenti.
Con il che la data ultima per la formalizzazione delle controdeduzioni, corrispondente al dies a quo per il calcolo del termine di 240 giorni di conclusione del procedimento, è venuta a coincidere, per la Società, con il 15 luglio 2023 (sessantesimo giorno successivo al 16.5.2023) e, per gli esponenti, con il 18 luglio 2023 (sessantesimo giorno successivo al 19.5.2023).
Ma in realtà vi è unica decorrenza del detto termine, nei confronti di tutti i soggetti interessati alla verifica, dalla scadenza per il soggetto che ha ricevuto la per ultimo la notificazione del provvedimento (così Cass. sez.II n.9835/20, per cui “… .il regolamento della entro 240 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle controdeduzioni da parte del soggetto che ha ricevuto per ultimo la notificazione della contestazione;
il termine si considera ultimo per tutti i destinatari delle contestazioni, anche a prescindere dal concorso nella medesima violazione….
”).
Il termine di 240 giorni è rimasto successivamente sospeso per 30 giorni a partire dal 21 febbraio 2024, giorno a cui risale la comunicazione agli incolpati delle proposte sanzionatorie.
II.
Violazione dell’art. 145 TUB, dell’art. 24 L. 262/2005 e del Provvedimento della del 18 dicembre 2012.
Sostiene parte ricorrente che avrebbe violato i propri obblighi in materia di motivazione e completezza dell’istruttoria avendo omesso di considerare taluni elementi difensivi asseritamente decisivi apportati dagli incolpati nel corso del Come reso palese dalla lettura del ricorso, essa rappresenta un’illustrazione meramente sintetica degli stessi rilievi poi più diffusamente riproposti dai ricorrenti nei successivi motivi di ricorso (quanto alla motivazione vi è nel provvedimento compiuta analisi in punto di diversificazione delle fonti di ricavo ed irrigidimento della struttura dei costi, rischio di liquidità, violazione degli obblighi di vigilanza previsti dalla normativa prudenziale, oltre che dal diritto commerciale generale, quanto a valutazione delle controdeduzioni sono stati considerati gli argomenti difensivi relativi alla posizione dell’Amministratore delegato, alle scelte gestionali promosse da quest’ultimo, e acriticamente approvate dal Consiglio di amministrazione, considerate infatti come intempestive e inadeguate a salvaguardare il valore della Società, mentre le prospettive di volta in volta formulate per superare i vincoli di funding non sono state ritenute ispirate a principi di sana e prudente gestione, in quanto non supportate da analisi adeguate circa la concreta perseguibilità, incidendo sulla stessa continuità operativa della Società). III.
Violazione dell’art. 144 TUB e della L. n. 689/1981 in relazione al principio di legalità e tassatività.
Anche tale doglianza appare infondata.
Si rileva che le condotte contestate nell’ambito del procedimento sanzionatorio in oggetto non attengono al merito delle scelte imprenditoriali quanto, piuttosto, alla violazione di norme di settore poste a presidio della corretta gestione e valutazione dei rischi e, dunque, della sana e prudente gestione degli intermediari finanziari.
Nel caso di specie alla Società è stata imputata la violazione della normativa prudenziale e la mancata tempestiva adozione di decisioni idonee a preservare il valore aziendale nonostante la progressiva emersione di evidenti segnali di allarme che suggerivano l’urgenza degli interventi, segnali di allarme peraltro già posti in luce dalla nell’ambito della precedente azione di vigilanza;
gli atti del procedimento individuano in modo puntuale le disposizioni violate, richiamando in particolare – come detto – le Disposizioni di Vigilanza per gli intermediari finanziari (Circolare n. 288/2015), adottate dalla ai sensi dell’art. 108 del TUB, in materia di organizzazione amministrativa, contabile e controlli interni (Titolo III, Cap. 1 della Circolare) e fondi propri (Titolo IV, Cap. 3 della Circolare).
Nel caso di specie, peraltro, la violazione ha assunto connotati di particolare gravità, in quanto le perdite si sono rivelate addirittura superiori al capitale sociale della Società e hanno reso negativi i fondi propri (- 2,27 milioni a fine 2022), al punto che l’Autorità di vigilanza, come detto, aveva disposto l’avvio del procedimento di revoca dell’autorizzazione ex art. 113-ter, comma 1, lett. b), TUB, e dunque la necessaria Società ha deliberato la propria liquidazione volontaria.
Discende da quanto sopra che non sussiste la dedotta violazione del principio di legalità sostanziale, né alcun eccesso di potere dell’Autorità di vigilanza, con conseguente infondatezza del terzo motivo di ricorso.
IV.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 108 TUB e dell’art. 2392 c.c., in relazione allo strutturale squilibrio reddituale della Società.
Con il quarto motivo di ricorso, i ricorrenti contestano l’affermazione del rapporto ispettivo secondo cui la società avrebbe “operato in condizioni di strutturale squilibrio reddituale dall’avvio dell’attività”.
Anche tale censura è destituita di fondamento.
Nel merito, rilevava la già nel corso del procedimento sanzionatorio, che la Società avesse infondatamente invocato i mutamenti improvvisi dei mercati finanziari come elemento determinante della crisi di liquidità in cui la stessa è incorsa.
Tuttavia, rispetto al dovere dell’intermediario di strutturare politiche di governo e procedure per la gestione e il controllo dei rischi aziendali idonee ad assicurare la sana e prudente gestione, non era stato correttamente ritenuto sufficiente per esentare la Società da responsabilità invocare pretesi fattori esogeni della situazione di crisi aziendale, in quanto i rischi connessi con il mutamento del contesto avrebbero dovuto essere considerati dagli organi sociali nell’ambito di una pianificazione prudente e realistica. Né comunque lo squilibrio reddituale in cui ha costantemente operato la Società può essere contestato richiamando l’avvenuta diversificazione del modello di business mediante il ricorso a finanziamenti a medio-lungo termine (MLT).
Infatti un simile intervento, come già rilevato in maniera specifica nel corso del procedimento sanzionatorio, non può essere considerato rilevante nell’ottica del superamento delle criticità aziendali, non avendo eliminato la dipendenza da cartolarizzazioni e cessioni, che si è riflessa negativamente sugli equilibri tecnici dell’intermediario.
D’altronde, il progetto di acquisizione della licenza bancaria, che avrebbe consentito l’emancipazione dagli accordi di cartolarizzazione, non è stato perseguito con tempistiche idonee né assistito da attendibili analisi di fattibilità.
In generale, come detto, la mancanza di concretezza delle soluzioni nel tempo proposte in via gestionale avrebbe dovuto sollecitare incisive misure di intervento, che non sono mai state poste in essere, come emerge dalle varie riunioni del CdA indicate nelle contestazioni.
Del resto, la presenza di segnali di allarme, come già notato nella narrativa dei fatti che avevano portato alle contestazioni, era stata già confermata nell’ambito dell’ispezione condotta nel 2021, che aveva riscontrato rilevanti carenze sotto il profilo della pianificazione strategica ed i citati problemi di redditività legati alla dipendenza dalle vigilanza, la frequente rimodulazione dei piani e lo scostamento dalle previsioni avrebbero dovuto mettere in guardia gli organi sociali, spingendoli a verificare l’adeguatezza delle soluzioni operative prospettate e pretendendo solidi elementi a riscontro della loro concreta realizzabilità. Ed infatti non può che prendersi nota poi, che dopo pochi mesi dalla ispezione, la denotata assenza di corretti presidi da parte dello aveva causato una perdita, che aggravava in misura rilevante la situazione aziendale, e conduceva i fondi propri ad un valore addirittura negativo.
V. Violazione e falsa applicazione dell’art. 108 TUB e del Titolo III, Capitolo I, della Circolare della n. 288/2015, nonché dell’art. 2932 c.c., in relazione alla mancata diversificazione delle fonti di ricavo e all’asserito irrigidimento della struttura dei costi.
Anche sul quinto motivo di ricorso, anche esso da considerarsi infondato, valga anzitutto quanto notato sopra sub.IV.
Nel merito, poi, con specifico riferimento alla mancata diversificazione del modello di business, si rileva come le risultanze ispettive avevano attestato che il passaggio dal factoring ai finanziamenti a medio/lungo termine non era valso ad eliminare la dipendenza dalle cartolarizzazioni/cessioni dei crediti quale unica fonte di provvista.
Sicché tale intervento si era rivelato del tutto inadeguato nell’ottica della diversificazione del modello di business.
Emerge, in particolare, dai verbali del CdA una situazione di forte dipendenza dalla conclusione di accordi di cartolarizzazione, sul cui buon esito gli organi sociali avevano fatto affidamento.
Così, nel corso della riunione del Consiglio di amministrazione del 25 maggio 2022 veniva rappresentato che è “essenziale che a luglio sia avviata almeno una tra la cartolarizzazione CitiRAGIONE_SOCIALE e DB2”.
Senonché, nel CdA del successivo 22 giugno 2022, nonostante nessuna delle citate cartolarizzazioni si fosse realizzata, la situazione dell’intermediario veniva ancora presentata, apoditticamente, come “non allarmante”.
VI.
Dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 108 TUB e del titolo III, capitolo 1, della Circolare della n. 288/2015, nonché dell’art. 2392 cod. civ., in relazione all’insufficiente presidio dei rischi operativi.
Con il sesto motivo di ricorso, i ricorrenti contestano le valutazioni della assunte a fondamento dei provvedimenti sanzionatori, in merito ai rischi operativi.
Anche tale censura è infondata.
Sul punto, va rilevato che la aveva inteso specificamente considerare nella sua censura i rischi operativi legati all’attività esternalizzata di gestione delle risultanze ispettive.
In fatto, esponeva nel provvedimento l’Istituto di vigilanza, come, nell’ambito dell’ispezione, fosse stato accertato che la Società avesse trascurato il rischio correlato alla focalizzazione del business sui finanziamenti con garanzia statale, attività rispetto alla quale risulta ovviamente indispensabile il corretto svolgimento dell’iter di perfezionamento della garanzia.
In particolare, sempre in punto di fatto (ed in relazione all’accertamento di una situazione di rischio) rilevava Bankitalia come a causa dell’assenza di controlli adeguati sulle attività esternalizzate, la Società non aveva notato tempestivamente la mancata comunicazione al Fondo Centrale di Garanzia delle date di erogazione di 240 finanziamenti entro i termini previsti (tre mesi dall’erogazione), per un importo complessivo di ben 29,3 milioni di euro, con conseguente decadenza della garanzia pubblica.
Era stata quindi accertata una perdita di € 10,7 milioni di euro evidenziata nel preconsuntivo per il 2022 – che prevedeva accantonamenti per 4,9 milioni di euro a fronte del rischio legale correlato alla suddetta decadenza – ed aveva condotto i fondi propri a livelli negativi (-2,7 milioni di euro).
Non ha efficacia escludente sul punto che all’esito di un successivo confronto tra , si sarebbe convenuto di escludere la decadenza dalla garanzia dei finanziamenti rispetto ai quali si era verificato il difetto di comunicazione.
Ciò, infatti, non esclude comunque che l’evento si sia verificato e che, a fronte di esso, l’intermediario sia stato costretto a effettuare accantonamenti in bilancio per far fronte al connesso rischio legale, rendendo così negativi i fondi propri di vigilanza a fine 2022.
VII.
Dedotta violazione/falsa applicazione dell’art. 108 TUB e dell’art. 2392 cod. civ., in relazione alla presunta carenza di presidi per la gestione del rischio di liquidità.
L’esame delle controdeduzioni presentate dagli opponenti sul punto aveva in effetti portato l’istituto di vigilanza ad una rettifica/integrazione degli addebiti, focalizzando nell’ambito degli stessi l’attenzione su ulteriori profili:
(i) l’eccessiva dipendenza dell’operatività aziendale dalle terze parti sottoscrittici degli accordi di cartolarizzazione, di cui la prassi di posticipare l’erogazione dei finanziamenti è chiaro elemento sintomatico;
(ii) le possibili tensioni di liquidità cui l’intermediario intendeva far fronte per mezzo dell’anzidetta prassi;
(iii) l’assenza di buffer di liquidità sufficienti “almeno a tenere al sicuro la società in (iv) le contraddittorie affermazioni sulla incidenza della crisi di mercati “affermando, da un lato, l’impossibilità di prevedere le variazioni del mercato e sostenendo, dall’altro, di aver correttamente identificato il rischio ma di non aver fatto in tempo a presidiarlo adeguatamente”;
(v) il sistematico scostamento tra dati aziendali e budget, che avrebbe dovuto sollecitare l’adozione di incisive misure di intervento con l’urgenza che si rendeva necessaria in relazione al progressivo e repentino deterioramento della situazione aziendale.
Per cui l esprimeva nell’atto sanzionatorio le seguenti condivisibili considerazioni:
“(i) l’elevata concentrazione e l’instabilità delle fonti di provvista (totalmente rimessa agli accordi di cessione/cartolarizzazione con terze parti) ha accentuato il rischio di liquidità cui era esposto l’intermediario, che non è stato tempestivamente individuato e misurato dagli organi aziendali;
(ii) in presenza di una provvista gestita mediante accordi-quadro con le controparti, non vincolanti per queste ultime, il CdA ha assecondato la proposta dell’amministratore delegato di adottare, quale strumento per fronteggiare possibili tensioni di liquidità, la prassi di “continuare a firmare i contratti ma posticiparne leggermente l’erogazione, me nei limiti di tolleranza dei clienti”, (iii) stante la progressiva indisponibilità, manifestatasi nel secondo trimestre 2022, delle controparti a perfezionare ulteriori operazioni di cessione/cartolarizzazione, l’intermediario ha subito un repentino prosciugamento della provvista; (iv) alla chiusura degli accertamenti ispettivi la situazione di liquidità era dunque gravemente compromessa, con una disponibilità di cassa di soli € 228 mila e, computando, anche i debiti verso i fornitori per fatture ricevute e non pagate per € 2,2 mln, un deficit complessivo di liquidità superiore a € 2 mln”.
Anche tale doglianza non è quindi da ritenersi fondata.
Invero, oggetto della contestazione in parte qua era da considerarsi in effetti la concreta gestione del rischio derivante dal modello di business adottato dall’intermediario, non l’alea fisiologicamente connessa all’attività di impresa svolta;
si rilevava invece nel provvedimento sanzionatorio che il rischio di liquidità (inteso alla stregua di impossibilità di far fronte ai propri impegni di pagamento) ben potrebbe concretizzarsi – come in questo caso – rispetto ai costi di struttura che, anche in assenza di erogazioni, l’intera macchina aziendale continuava produrre.
VIII.Dedotta violazione/falsa applicazione dell’art. 108 TUB e dell’art. 2392 cod. civ., in relazione alla presunta assenza di iniziative volte alla diversificazione delle fonti provvista.
Sempre in relazione al rilievo n. 2 di cui al rapporto ispettivo, i ricorrenti appuntano poi l’attenzione sulla crisi di liquidità dell’intermediario e sulle iniziative che esso avrebbe assunto fine diversificare fonti della provvista.
Parte ricorrente lamentava, a tal fine, l’infondatezza della contestazione relativa all’inerzia del CdA nella ricerca di fonti di “funding” alternative alle operazioni di cartolarizzazione.
Essa richiamava nell’ordine:
— l’obiettivo di ottenere una “licenza bancaria”, che però – “non ha avuto buon esito – pesando sull’iniziativa il forte calo delle quotazioni di mercato delle aziende fintech e, nello specifico, di quelle di lending (tra cui rientrava Credimi)”;
– interventi urgenti sui costi e sulla efficienza commerciale “pur continuando a basarsi sul funding proveniente dalle cartolarizzazioni”, – l’elaborazione di un piano “consistente nel ritornare sul mercato dei capitali”, che – così come le altre iniziative – è stato “riconsiderato alla luce dell’improvviso cambiamento del mercato dei tassi di interesse che ha causato un gravissimo effetto sul business di e sulle soluzioni ipotizzate dalla stessa e dai relativi amministratori per superare la crisi contingente”; – la c.d. ‘RAGIONE_SOCIALE’ (con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), “tuttavia rimasta subordinata al perfezionamento di un aumento di capitale da parte di ;
– la ricerca, a partire dal maggio 2022, di investitori “interessati a partecipare ad un aumento di capitale di Credimi funzionale alla trasformazione in banca”;
– l’operazione di aumento di capitale proposta da RAGIONE_SOCIALE, fallita per il ritiro di alcuni investitori privati, determinato dal “fatto che le perdite accumulate da nel periodo agosto-settembre erano più consistenti delle loro previsioni”.
Ma anche tale doglianza non coglie nel segno.
Nella relazione, infatti, evidenziava l’organo ispettivo come la ricerca di partner per le cartolarizzazioni non potesse ritenersi volta all’individuazione di “fonti alternative di provvista” poiché, insistendo sullo stesso modello di funding, tale soluzione non era di certo in grado di spezzare la dipendenza da quell’unico canale di finanziamento.
In ogni caso, si nota, i citati tentativi, ritenuti tardivi, di far decollare nuove iniziative non affievolirebbero la responsabilità degli amministratori, i quali avrebbero dovuto rilevare dal fallimento dei progetti e dalla varietà delle nuove proposte presentate dall un chiaro segnale di difficoltà ad individuare efficaci e risolutive misure correttive.
I costi per lo sviluppo di progetti, poi rimasti puntualmente incompiuti in quanto rivelatisi aleatori, avevano peraltro contribuito ad appesantire ulteriormente gli oneri della struttura, rappresentando un ostacolo aggiuntivo al duraturo raggiungimento della soglia di pareggio, come rilevato dall’istituto di vigilanza.
Esso faceva riferimento, soprattutto, alla riunione del CdA del 30 settembre 2020, nel cui verbale non v’era traccia del dovuto dibattito “ampio, approfondito e intenso”, limitandosi piuttosto il CdA a prendere atto degli aggiornamenti e ad approvare le linee guida del relativo piano strategico. .
Del resto, non sarebbe sufficiente a dimostrare un “agire informato” da parte degli amministratori (soprattutto quanto all’a.d.
) la loro partecipazione alle riunioni del Consiglio o ai management meeting, poiché emergeva come, nonostante le numerose occasioni di discussione, l’organo con funzione di supervisione (ciò che rileva quanto alla posizione della società) non avesse svolto un’attività di analisi mirata a individuare concrete prospettive di soluzione delle problematiche di carattere strategico che da tempo erano state poste all’attenzione dei responsabili aziendali anche dalla. .
IX.
Dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 108 TUB e del Titolo III, Capitolo 1, della circolare della n. 288/2015, nonché dell’art. 2407 cod. civ., in relazione alla presunta inerzia del Collegio sindacale con riferimento ai presidi dei rischi di liquidità e operativi.
– Ai membri del Collegio sindacale ed alla Società (rileva per la posizione di questa ultima, in questa sede), oltre ai rilievi 1 e 2, è stato specificamente contestato il rilievo 3 per non avere il Collegio sindacale svolto una tempestiva azione volta a stimolare il CdA ad attuare azioni finalizzate a raggiungere l’equilibrio reddituale e a rafforzare la gestione del rischio di liquidità, perché solo dopo il manifestarsi dello stato di crisi, con il blocco dell’operatività, il Collegio sindacale ha intensificato la propria azione, richiamando l’attenzione del Consiglio sulla necessità di contenere i costi, sulla precaria tenuta del profilo di liquidità e sull’importanza del sostegno finanziario da Cont puntuale adempimento delle attività esternalizzate (cfr. rilievo 1). Quanto all’eccezione svolta dalla società, essa muove da una interpretazione del tutto riduttiva del ruolo assegnato all’organo di controllo per quanto concerne gli intermediari finanziari e pertanto non può essere accolta.
L’ordinamento assegna al Collegio sindacale, in via principale, la funzione di controllo sulla corretta amministrazione della società, che nell’ambito degli intermediari ex art. 106 TUB assume un ruolo ancor più incisivo, operando in un contesto normativo e di vigilanza pubblica per il perseguimento di interessi diversi e più ampi rispetto a quelli affidati al Collegio nelle società ordinarie.
Non v’è dunque alcuna ‘confusione’ tra il dovere di controllo gravante sui sindaci e l’attività di gestione rimessa all’organo di amministrazione;
si censuravano nel provvedimento opposto i sindaci della in quanto, contrariamente ai doveri loro imposti dalla normativa applicabile, non avevano vigilato sull’osservanza della legge e della regolamentazione di settore da parte degli organi di supervisione strategica e di gestione, né sul rispetto dei principi di corretta amministrazione sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo dell’intermediario.
Perché a fronte di un piano strategico 2021/2024, deliberato dal CdA del 27 gennaio 2021, che prevedeva obiettivi di crescita dei volumi e dei margini d’intermediazione di oltre il 300% nel primo biennio e di ritorno all’utile già a partire dal 2021, e di accertamenti ispettivi, che, nel corso del 2021, avevano evidenziato l’elevata esposizione al rischio derivante dall’adozione del modello di business basato sulla concessione di finanziamenti contestuali alla cartolarizzazione del relativo credito, il Collegio sindacale si era sostanzialmente limitato ad accettare chiarimenti che confermavano le debolezze del modello, senza svolgere attività critica nella sede. Gli accertamenti ispettivi avevano dunque evidenziato, piuttosto, come i sindaci non avessero avvertito la necessità di esercitare un’azione di stimolo nonostante le costanti, ripetute ed eterogenee proposte di rilancio verso nuovi settori, dal factoring alla licenza bancaria, sino alle ultime proposte di riconversione del business;
le proposte sono state sempre accolte senza destare particolare allarme anche in momenti nei quali era già emerso il reiterato fallimento dei programmi formulati (cfr. verbali del CdA del 20.10.2021; 25.5.2022; 24.6.2022).
La verifica ispettiva aveva rilevato che i componenti dell’organo di controllo si erano sostanzialmente allineati in modo acritico alla gestione aziendale portata avanti dall’Amministratore Delegato e approvata dal Consiglio di amministrazione, avallando le iniziative di volta in volta intraprese e mancando di esercitare un ruolo di vaglio critico delle proposte avanzate dall’AD e dall’organo di supervisione strategica, anche quando evidenti segnali di allarme avrebbero suggerito una doverosa e diversa condotta. Sul punto è pure da considerarsi dimostrando una consapevole presa d’atto delle proprie responsabilità, contestata invece solo dalla società per quanto essa afferente.
XI.dedotta violazione dell’art. 108 TUB e del titolo III, Cap. 1, della Circolare della n. 288/2015, nonché dell’art. 2392 cod. civ., in relazione all’intempestività all’inadeguatezza delle iniziative proposte dall’amministratore delegato e alla carente informativa al consiglio di amministrazione con riguardo alla compromessa situazione aziendale.
Il motivo si riferisce, specificamente, agli addebiti mossi dalla nei confronti del ricorrente dr. , nella sua qualità di ex Amministratore Delegato di ed è infondato per le ragioni che si vanno ad esporre.
Gli atti del procedimento danno conto analiticamente del ruolo centrale concretamente assunto dal dr. (a.d. della società) nella conduzione e nella gestione dei rischi aziendali, ruolo del resto coerente con il mandato ricoperto di amministratore delegato.
Ferma restando la responsabilità degli altri organi sociali per aver acriticamente approvato le scelte gestionali dell ha specificamente contestato al ricorrente di aver violato il principio di sana e prudente gestione mediante, tra l’altro, la continua proposizione nel tempo di asserite “soluzioni” ai fattori di debolezza strategica aziendale, rivelatesi non solo intempestive ed inefficaci, ma soprattutto non ponderate alla luce di attendibili analisi di fattibilità.
A fronte delle responsabilità dell’amministratore delegato, già enunciate in relazione ai vari motivi che precedono relativi alla sua posizione quale persona fisica, e che vanno ribadite quanto alla posizione di garanzia dell’organo apicale dal punto di vista gestionale, è sufficiente rinviare a quanto supra esposto, in relazione alla posizione della società, con riferimento precedenti motivi.
X.dedotta violazione dell’art. 144-quater TUB in relazione alla quantificazione delle sanzioni carico della società dell’ex a.d.
Con il presente motivo di ricorso si lamenta che la quantificazione delle sanzioni irrogate, rispettivamente, all’intermediario finanziario ed al suo ex amministratore delegato non terrebbe adeguatamente conto, tra gli altri, della gravità, dell’elemento soggettivo, dell’assenza di vantaggi ottenuti e della chiusura in bonis dell’attività, e delle, successivamente documentate, vicende della liquidazione della società attualmente ancora in corso.
Anche tale subordinata doglianza è da considerarsi infondata.
Alla società intermediaria è stata comminata una sanzione di euro 60.000;
all’ex amministratore delegato di euro 22.500.
Si tratta di importi di certo superiori ai rispettivi minimi edittali (euro 30.000 per gli intermediari;
euro 5.000 per gli esponenti aziendali), ma assai inferiori ai massimi (10% del fatturato per gli intermediari;
euro 5 mln per gli esponenti aziendali), secondo quanto previsto dagli artt. 144 e 144-ter TUB.
Si tratta altresì di importi la cui quantificazione è in linea coi criteri previsti all’art. 144-quater TUB e dal provvedimento della del 18 dicembre 2012, recante “Disposizioni di vigilanza in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa”.
Nello specifico, la sanzione irrogata all’intermediario è stata espressamente quantificata “tenuto conto della portata delle irregolarità rilevate e della capacità finanziaria della società desunta dall’ultimo fatturato annuo netto (relativo all’esercizio 2022), considerate altresì le iniziative successivamente poste in essere al fine di attenuare le conseguenze dell’infrazione e agevolare l’ordinata uscita dal mercato della società”.
Quella all’ex-esponente è basata, anzitutto, sulla circostanza che le “condotte – poste in essere in violazione dei doveri propri e dell’organo di appartenenza – hanno inciso in modo rilevante sulla complessiva organizzazione e sui profili di rischio della società”, e tiene conto parimenti “della portata della violazione contestata e della capacità finanziaria dei singoli esponenti (quale risulta dalla remunerazione media annua e da ogni altro compenso percepito, negli ultimi tre anni, per lo svolgimento dell’incarico), considerate altresì le iniziative successivamente poste in essere al fine di attenuare le conseguenze dell’infrazione e agevolare l’ordinata uscita dal mercato della società”. Il motivo di opposizione va dunque rigettato, anche rispetto alla domanda subordinata di riduzione del “quantum” ai minimi edittali, avendo congruamente l’istituto ragguagliato la sanzione, anche tenendo conto della situazione della società successiva alla sua messa in liquidazione.
Pertanto, va del tutto disattesa la presente opposizione con riferimento ad entrambi i soggetti opponenti.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, avuto riguardo al diverso valore delle sanzioni comminate ai due ricorrenti.
la Corte d’Appello liquidazione alla rifusione delle spese di giudizio in favore della , che liquida in euro 16.000,00 oltre accessori di legge, ripartite nei rapporti interni nella misura di ¼ e di ¾ di tale importo.
Roma, 6 giugno 2025 il consigliere est. (dr.NOMECOGNOME il Presidente (dr.NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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