N. R.G. 749/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI FIRENZE SEZIONE SECONDA CIVILE –
IMPRESE La Corte di Appello di Firenze, Seconda Sezione, in persona dei Magistrati:
Dott.ssa NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME Consigliere istruttore- relatore Dott. NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._778_2025_- N._R.G._00000749_2023 DEL_28_04_2025 PUBBLICATA_IL_28_04_2025
nella causa civile di II Grado iscritta al n. r.g. 749/2023 con
OGGETTO: Bancari (deposito bancario, cassetta di sicurezza, apertura di credito bancario).
promossa da:
(C.F. (C.F. (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME
COGNOME contro (C.F. rappresenta- ta e difesa dall’Avv. COGNOME
(C.F. ), rappre- sentata e difesa dall’Avv. COGNOME
APPELLATI C.F. C.F. PROVVEDIMENTO IMPUGNATO:
sentenza n. 702/2023 del Tribunale di Firenze pubblicata l’08/03/2023.
CONCLUSIONI
In data 27 marzo 2025 la causa veniva trattenuta in decisione ex 352 c.p.c. sulle seguenti conclusioni.
Per “Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Firenze, accogliere il presente appello e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, Voglia in via preliminare ai sensi e per gli effetti dell’art.351 c.p.c. voglia sospendere con decreto inaudita altera parte l’efficacia esecutiva della Sentenza n. 702/2023 emes- sa in data 08/03/2023, ( cron. 1567/2023) dal Tribunale di Firenze , Sezione Civile, in persona del Giudice Dott. NOME COGNOME in merito al procedimento civile di op- posizione a decreto ingiuntivo n. 14924/2018 R.G. notificata il 08/03/2023 Sempre in via preliminare: dichiarare improcedibile l’opposto decreto ingiuntivo e per l’effetto Revocare l’opposto decreto ingiuntivo per mancata attivazione della procedura di mediazione da parte della Banca creditrice.
In conformità alla sentenza delle Sezioni Unite che hanno enunciano il seguente principio di diritto:
“Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relati- vo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvi- soria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione e di partecipare al primo incontro è a carico della parte opposta;
ne consegue che, ove essa non si attivi, o partecipi al primo incontro ovvero tale non sia effettivo, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiun- tivo”.
In ogni caso , b) dichiarare che niente è dovuto a , a causa dell’avvenuto pagamento, in corso di causa , di Fidi RAGIONE_SOCIALE per il finanziamento partecipativo erogato;
c) Accertare e dichiarare che in ogni caso gli assunti fideiussori non sono debitori, di RAGIONE_SOCIALE a titolo di fideius- sori non avendo gli stessi sottoscritto alcuna fideiussione in favore di RAGIONE_SOCIALE;
d) in ulteriore subordine dichiarare che dovrà sopportare la perdita del credi- to in ragione del 20% così come previsto dalla legge regolatrice il prestito partecipativo per cui è giudizio, e dall’atto di presunto incarico per il recupero del credito;
1.
DICHIARARE nullo, per violazione degli artt. 633, 634 c.p.c. e 50 T.U.B., il decreto ingiuntivo opposto e quindi REVOCARE il medesimo con tutte le conseguenze di legge;
per l’effetto ordinare la cancellazione delle ipoteche eventualmente iscritte sulle pro- prietà degli odierni opponenti ponendo a carico della Banca opposta le relative spese 2.
Accertare e dichiarare la nullità per le ragioni esposte nel presente atto dei contratti di finanziamento dedotti in decreto ingiuntivo e per l’effetto:
– dichiarare non dovuti gli interessi in esso contratto di finanziamento previsti.
– condannare la Banca opposta a restituire gli interessi, di mora, spese sostenute in fa- vore della somme che dovranno essere compensate in tutto ovvero in parte con quanto eventualmente dovuto dalla alla Banca opposta;
– comunque dichiarare, per le ragioni dedotte nel presente atto, nulla, inefficace, ovve- ro annullabile ovvero priva di effetti la fideiussione personale, contrattuali rilasciata dal sig.re a garanzia di RAGIONE_SOCIALE per crediti della opposta e dedotta in giudizio;
– 3. Accertare e dichiarare la nullità per le ragioni esposte nel presente atto dei contratti di finanziamento e per l’effetto:
– dichiarare non dovuti gli interessi in esso contratto di finanziamento previsti.
– condannare la Banca opposta a restituire gli interessi, inte- ressi di mora, spese sostenute in favore della soc.
somme che do- vranno essere compensate in tutto ovvero in parte con quanto dovuto eventualmente dalla soc.
opponente alla Banca opposta;
-comunque dichiarare priva di effetti la fi- dieiussioni personale contrattuali rilasciata dagli opponenti a garanzia del credito vantato da 4 ACCERTARE e DICHIARARE la inefficacia degli addebiti in cc. Per interessi ultrale- gali ed anatocistici applicati nel corso dell’intero rapporto e depurando il saldo dei con- ti correnti dedotti in giudizio da detti interessi usurari;
5. ACCERTARE e DICHIARARE, l’illegittimo ricorso allo ius variandi ai fini della va- riazione unilaterale delle condizioni economiche praticate nel tempo all’impugnato rapporto, 6. ACCERTARE E DICHIARARE la violazione da parte della Convenuta banca delle re- gole di correttezza e buona fede nella esecuzione del complesso contratto di conto cor- rente impugnato nonchè ai finanziamenti dedotti in giudizio e per l’effetto DICHIARA- RE la non debenza dell’interesse ultralegale, delle provvigioni di massimo scoperto trimestrali, dell’anatocismo trimestrale, dei giorni valuta, delle commissioni, delle spe- se applicate; nonchè degli interessi previsti dai contratti di finanziamenti non ipotecari dedotti in giudizio.
7. ACCERTARE e DICHIARARE la nullità ed inefficacia, per violazione degli artt. 1283, 2697 e 14182 c.c., dell’art. 7, commi 2 e 3, delle condizioni generali di contratto relativa alla capitalizzazione trimestrale di interessi, competenze, spese ed oneri applicata nel corso dell’intero rapporto e, per l’effetto, DICHIARARE la inefficacia di ogni e qualsi- voglia capitalizzazione di interessi;
8. ACCERTARE e DICHIARARE la nullità ed inefficacia, per violazione degli artt. 1325, 1175, 1375 e 1418, degli addebiti in c/c per commissioni sul massimo scoperto trimestra- le;
comunque prive di causa negoziale;
9. ACCERTARE e DICHIARARE la nullità ed inefficacia, per violazione degli artt. 1284, 1346, 2697, 1175, 1375 e 14182 c.c., degli addebiti di interessi ultralegali applicati nel corso dell’intero rapporto sulla differenza in giorni – banca tra la data di effettuazione delle singole operazioni e la data della rispettiva valuta;
nonchè per mancanza di vali- da giustificazione causale;
10. ACCERTARE e DICHIARARE, per l’effetto, previa rettifica del saldo contabile, l’esatto dare – avere tra le parti sulla base della riclassificazione contabile sia dei rap- porti attualmente sia di quelli medio tempore girocontati per estinzione, in regime di saggio legale di interesse, senza capitalizzazioni, con eliminazione di ogni ulteriore competenza rilevata;
11.
DETERMINARE il Tasso Effettivo Globale (T.E.G.) dell’indicato rapporto bancario, nonchè quello previsto dai contratti di finanziamento dedotti in giudizio, tenuto conto anche degli interessi di mora;
12. ACCERTARE E DICHIARARE, previo accertamento del Tasso effettivo globale, la nullita e l’inefficacia di ogni e qualsivoglia pretesa della convenuta banca per interessi, spese, commissioni, e competenze, relative ai conti correnti dedotti in giudizio ed ai fi- nanziamenti di cui al decreto ingiuntivo impugnato, per contrarietà al disposto di cui alla legge 7 marzo 1996 n. 108, perchè eccedente il c.d. tasso soglia nel periodo trime- strale di riferimento, con l’effetto, ai sensi degli artt. 1339 e 14192 c.c., della applicazio- ne del tasso legale senza capitalizzazione; 13. ACCERTARE E DICHIARARE La inefficacia, nullità, ovvero l’annullabilità, e co- munque dichiarare la risoluzione della fideiussione omnibus rilasciata in favore della presunta debitrice principale, per tutte le ragioni indicate nella presente opposizione.
14. ACCERTARE E DICHIARARE la illegittima segnalazione in Centrale RAGIONE_SOCIALE esegui- ta dalla convenuta in danno degli istanti, con riserva di agire in separato giudizio per il risarcimento dei danni patrimoniali in via di quantificazione, e per l’effetto ORDINARE la cancellazione con efficacia retroattiva e CONDANNARLA al risarcimento del danno non patrimoniale da quantificarsi in via equitativa oltre alla pubblicazione della rettifica sui principali giornali locali;
15.
CONDANNARE la banca convenuta al risarcimento dei danni patiti dagli attori, in relazione agli artt. 1337, 1338, 1366, 1376 c.c., da determinarsi in via equitativa;
16. CONDANNARE la convenuta banca, previa rettifica del saldo contabile, alla resti- tuzione in favore della correntista della somme illegittimamente addebitate e/o riscos- se, oltre agli interessi legali creditori e rivalutazione monetaria, prudentemente quan- tificate in €. 315.550,09, somma che dovrà essere compensata anche parzialmente con quanto la soc.
immobiliare dovesse essere riconosciuta debitrice della banca opposta, salva la maggior o minor somma accertata in corso di causa, oltre interessi sino al soddisfo, nonchè spese di consulenza tecnica di parte pari ad € 9.600,00;
17.
CONDANNARE la convenuta banca al risarcimento del danno ex art. 96 cpc 18.
CONDANNARE in ogni caso la parte soccombente al pagamento delle spese e com- petenze di entrambi i gradi di giudizio con distrazione in favore dei sottoscritti procu- ratori antistatari.
Condannare la banca alle spese di CTU eseguita in primo grado”.
Per “IN INDIRIZZO respingere l’appello ex adverso proposto in quanto infondato in fatto ed in diritto e confermare la sentenza n.702/2023 emessa dal Tribunale di Firenze nell’ambito del procedimento 14924/2018 r.g.,”.
Per “piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello di Firenze, ogni contraria istanza, eccezione e dedu- zione reietta IN VIA PRINCIPALE l’appello ex adverso proposto in quanto infondato in fatto ed in diritto”.
Fatti di causa – svolgimento del giudizio Il giudizio di primo grado proponevano opposizione al decreto n. 3930/2018 con il quale il Tribunale di Firenze aveva loro ingiunto in solido ( quale debitore principale, quali fideiussori) il pagamento a di complessivi € 708.550,09 (€ 503.913,87 quale saldo debitore del finanziamento chirografario n. 741585869 per originari € 600.000,00; € 35.097,86 quale saldo debitore del finanziamento chirografario n. 3575411 per originari € 50.000,00; € 160.538,61 quale saldo debitore del conto corrente n. 3662), oltre inte- ressi e spese, rilevando ed eccependo: la nullità delle fideiussioni omnibus rilasciate;
l’applicazione di interessi ultralegali;
l’applicazione di interessi anatocistici;
l’illegittima applicazione della CMS e spese.
Parte attrice chiedeva quindi la revoca del decreto opposto e, in via riconvenziona- le, la condanna dell’istituto di credito in favore della società opponente alla restituzione della somma complessiva di € 315.303,09, a titolo di indebito, come risultante dalla pe- rizia di parte prodotta.
Si costituiva in giudizio la convenuta opposta, chiedendo la conferma del decreto;
interveniva in giudizio x 111 c.p.c. a seguito di scissione.
Istruita la causa con documenti e CTU, il Tribunale di Firenze con sentenza n. 702/2023 pubblicata l’08/03/2023 così statuiva:
“1) in parziale accoglimento dell’opposizione, revoca il decreto ingiuntivo n. 3930/2018;
2) rigetta la domanda avanzata dalla in relazione al saldo debitore del c/c n. CODICE_FISCALE;
3) in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale accerta e dichiara che il saldo di conto corrente n. 3662 alla data del 13.6.2018 ammonta a + € 53.775,07, in favore del correntista, oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo;
4) condanna gli attori opponenti, in solido tra loro, al pagamento in favore della convenuta opposta della somma di € 503.913,87, quale saldo debitore del finanziamen- to chirografario n. 741585869 chiuso in data 14.6.2018, oltre interessi legali dalla data di scadenza delle singole obbligazioni al saldo nonché della somma di € 35.097,86, quale saldo debitore del finanziamento chirografario n. 3575411, da compensarsi con il credito vantato dal correntista di cui al punto n. 3);
5) dichiara le spese di lite compensate nella misura del 50% e condanna parte at- trice alla rifusione dell’ulteriore metà in favore della convenuta liquidando la somma di € 11.228,50 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% IVA e CPA come per legge;
6) pone definitivamente le spese di CTU nella misura del 50% ciascuno;
7) condanna la al versamento all’entrata del bi- lancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato do- vuto per il giudizio (art. 8, comma 4-bis d.lgs. 28/2010)”.
Per quanto ancora rileva in questa sede osservava il Tribunale:
“Nel caso di specie il procedimento di mediazione è stato attivato dall’opponente in conformità a quanto disposto dal Giudice Istruttore sulla base di un precedente orientamento fatto proprio anche dal Tribunale di Firenze per cui non si può ritenere che l’avvio del procedimento di mediazione avesse ad oggetto solo la domanda ricon- venzionale.
In ogni caso, l’opponente non ha fornito alcuna prova in tal senso non ri- sultando prodotta l’istanza di mediazione per cui la stessa, in difetto di esplicita limita- zione, deve ritenersi relativa a tutte le domande proposte.
E’ vero che la non ha aderito alla mediazione ma non per questo si può ritenere che il tentativo di mediazione non sia stato esperito.
La mancata partecipazione dell’istituto di credito, senza giustificato motivo, al primo incontro informativo non è causa di improcedibilità della domanda ma solo presupposto per l’irrogazione della sanzione pecuniaria prevista dall’ art. 8, comma 4 bis, D. Lgs. n. 28/10 , oltre che fatto- re da cui desumere argomenti di prova, ai sensi dell’ art. 116, secondo comma, c.p.c. Sarebbe, del resto, contrario al principio di affidamento sanzionare con la revoca del decreto ingiuntivo la mancata attivazione del procedimento da parte della dal momento in cui vi erano orientamenti giurisprudenziali difformi e il G.I. aveva espressamente posto a carico dell’opponente l’onere di attivazione. 2.
In relazione ai rapporti intercorsi con Fidi Toscana deve rilevarsi prioritaria- mente come, in data 14.12.2010, il sig. in qualità di amministratore unico della abbia sottoscritto un contratto di finanziamento con , convenuta opposta nel presente giudizio, per € 600.000,00.
In data 15.01.2014 ha deliberato la concessione di una garanzia “a prima richiesta” in favore della fino all’importo di € 480.000,00, pari all’80% del finanziamento chirografario concesso dalla Banca con- venuta opposta (cfr. documentazione allegata all’atto di citazione in opposizione).
Dalle produzioni di entrambe le parti in PCT (della parte convenuta in data 14.6.2019, e della parte attrice in data 17.6.2019) risulta che , nelle mo- re del giudizio, ha provveduto alla rifusione della somma di € 399.889,25 in favore del- la Banca convenuta, liquidando parte della posizione della (cfr. delibera , allegata da parte attrice).
A tal proposito, l’art. 22 del Regolamento della Regione Toscana, allegato al De- creto della Direzione Generale per lo Sviluppo Economico n. 6200/2009, prodotto da parte attrice opponente, prevede che:
“Ai sensi dell’articolo 1203 del codice civile, a se- guito della liquidazione ai soggetti finanziatori degli importi dovuti, Fidi Toscana ac- quisisce il diritto di rivalersi sulla PMI (Piccola o media impresa) per le somme paga- te”;
e ancora l’art. 23:
“Il soggetto finanziatore, sostenendo integralmente i relativi oneri, cura integralmente, ferma restando la titolarità del credito da recuperare in ca- po a , ogni attività e/o incombente relativo alle procedure di recupero dei crediti (…)”.
Fermo quanto sopra, atteso l’operare della surrogazione legale, come espressa- mente indicato dal suddetto art. 22 del Regolamento, deve rilevarsi come sia subentrata nella posizione sostanziale della creditrice Banca nei confronti del debi- tore.
La surrogazione si è verificata, tuttavia, dopo la proposizione della domanda giu- diziale per cui essa si inquadra nel fenomeno della successione a titolo particolare nel diritto controverso ex art. 111, comma 1 c.p.c. per cui il processo prosegue regolarmente tra le parti originarie senza che assumano rilievo i rapporti interni tra Fidi Toscana e Ad ogni buon conto, come già rilevato dal precedente giudice assegnatario del procedimento nell’ordinanza del 3.7.2019, l’art. 23 del Regolamento prevede che la si faccia carico del recupero del credito nei confronti del debitore, in favore di , con ogni “attività e/o incombente” necessari al recupero del credito; il mandato per le attività di recupero del credito alla da parte di , co- me previsto nel Regolamento, è stato comunicato alla società attrice con lettera del 10.5.2019, allegata da parte attrice in PCT in data 17.6.2019, e confermato alla nella delibera di liquidazione del 17.4.2019 della allegata in PCT da parte convenuta in data 14.6.2019;
alla luce di quanto sopra, risulta che abbia acquisito, nelle more del giudizio, la titolarità del credito escusso dalla per € 399.889,25, del cui recupero dovrà però occuparsi la Banca convenuta, mediante ogni attività che si renda necessaria in tal senso, compresa la coltivazione del presente giu- dizio Quanto al rapporto con i fideiussori posto che per l’operare della surrogazione legale è subentrata nella posizione sostanziale della creditrice nei confronti del debitore, l’art. 1204 c.c. prevede espressamente l’estensione dell’efficacia della surrogazione nei confronti dei terzi garanti del debitore che rispondono eccezionalmente anche nei confronti del nuovo creditore. Tale effetto è ribadito nel Regolamento citato, all’art. 23, comma 3, ove si legge che “semestralmente il soggetto finanziatore deve provvedere a comunicare per iscritto lo stato delle azioni intraprese nei confronti della PMI e degli eventuali coobbligati (…)”, lasciando inteso che i soggetti già coobbligati con il soggetto debitore principale non restano estranei alle azioni di recupero del credito.
Per tali ragioni, non può ritenersi che, a fronte della surroga di nella posizione della Banca convenuta, sia cessata la materia del contendere relativamente all’obbligazione assunta dai fideiussori.
3.
L’eccezione di nullità integrale della fideiussione omnibus è infondata Nel caso di specie non è provato che i contraenti, in mancanza delle clausole n. 2-6-8, non avrebbero stipulato il contratto e ciò è comunque da escludere sul piano logico sulla base delle stesse considerazioni enunciate dalle Sezioni Unite.
Non essendo state neppure dedotte le conseguenze che la caducazione delle tre clausole avrebbero sulla pretesa vantata dalla , rigettata l’eccezione di nullità della fideiussione, resta preclusa ogni ulteriore pronuncia in ordine alla validità delle singole clausole per carenza di interesse ex art. 100 c.p.c..
Nel caso di specie, tuttavia la società opponente non si è limitata a dedurre la sus- sistenza di invalidità contrattuali e indebiti operati dalla banca al solo fine di contesta- re il rapporto di dare/avere e paralizzare la pretesa della convenuta, rimanendo nei limiti della domanda formulata dalla , ma ha avanzato domanda riconvenziona- le sostenendo di essere essa stessa creditrice di una somma maggiore rispetto a quella oggetto del decreto ingiuntivo (limitatamente al saldo debitore di conto corrente).
Si pone quindi il problema della ripartizione dell’onere probatorio in presenza di domande contrapposte se in linea generale il correntista che agisce in ripetizione non può giovarsi del criterio del cd. saldo zero non appare congruo che benefici della neutralizzazione dell’importo risultante dal primo estratto conto quando l’azione di ri- petizione sia formulata in via riconvenzionale Nel caso di specie, il contratto concluso il 16.3.1999 prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e annuali degli interessi attivi per cui, in assenza di una successiva pattuizione bilaterale, il rapporto è stato correttamente ricalcolato dal ctu escludendo la capitalizzazione. 7. In ordine all’applicazione di interessi ultralegali si osserva che il contratto del 16.3.1999 prevede l’indicazione del tasso debitore intra fido (7%) ed extra fido (10%).
Non essendo tuttavia indicato l’ammontare dell’affidamento, in assenza di contratti di apertura di credito, il tasso risulta indeterminato.
Conseguentemente è corretta l’applicazione del tasso sostitutivo previsto dall’art. 117 TUB Nel caso di specie, la CMS è stata convenuta in modo indeterminato nel contratto di conto corrente essendo indicate esclusivamente il tasso di interesse e la periodicità dell’addebito ma senza una specifica indicazione dei criteri e della base di calcolo Il CTU ha verificato, per il periodo successivo all’entrata in vigore della legge n. 108 del 1996, il rispetto del tasso soglia sia al momento della stipula del tasso origina- riamente convenuto, sia del tasso convenzionale anche unilateralmente modificato al momento della variazione stessa, tenendo conto dei principi di diritto affermati dalle Sezioni Unite n. 16303/2018 e n. 24675/2017 10. Venendo quindi alla rideterminazione del rapporto di dare-avere, per valuta- re la fondatezza della domanda monitoria avanzata dalla Banca, occorre fare riferi- mento all’ipotesi indicata come “scenario 4” (con applicazione del saldo zero). Il risulta- to è positivo per il correntista (€ 302.671,79) per cui la pretesa avanzata dalla con riferimento al rapporto di conto corrente, è infondata e va rigettata.
Passando ad esaminare la domanda riconvenzionale, come detto, il correntista non può tuttavia giovarsi di tale calcolo, ovvero della neutralizzazione del saldo debi- tore risultate dal primo estratto conto prodotto, essendo il medesimo onerato, quando agisce in qualità di attore sostanziale, della produzione degli estratti conto.
Occorre quindi fare riferimento allo “scenario 2”, che tiene fermo il saldo debitore del primo estratto disponibile, per cui il saldo ricalcolato, a credito per il correntista, risulta pari ad € 53.775,07.
14.
In conclusione, l’opposizione va parzialmente accolta con revoca del decreto ingiuntivo opposto.
Va accertato e dichiarato che il saldo di conto corrente n. 3662 alla data del 13.6.2018 ammonta a + € 53775,07
oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo.
Gli opponenti vanno condannati al pagamento della somma di € 503.913,87, quale saldo debitore del finanziamento chirografario n. 741585869 chiuso in data 14.6.2018, oltre interessi legali dalla data di scadenza delle singole obbligazioni al sal- do nonché € 35.097,86, quale saldo debitore del finanziamento chirografario n. NUMERO_DOCUMENTO, detratto il credito vantato dal correntista pari ad € 53.775,07 oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo, opposto in compensazione.
15.
Quanto alle spese di lite, “nel procedimento per ingiunzione, la fase monitoria e quella di cognizione che si apre con l’opposizione, fanno parte di un unico processo, nel quale l’onere delle spese è regolato in base all’esito finale del giudizio di opposizione ed alla complessiva valutazione dello svolgimento di esso e della soccombenza;
di con- seguenza, l’accoglimento parziale dell’opposizione avverso il decreto ingiuntivo, sebbe- ne implichi la revoca dello stesso, non comporta necessariamente il venir meno della condanna dell’ingiunto (poi opponente) al pagamento delle spese di lite” (ex multis Cass. 11606/2018).
Nel caso di specie, le spese possono essere compensate nella misura del 50% in ra- gione dell’accoglimento parziale della domanda riconvenzionale in relazione al rap- porto di conto corrente ed alla prevalente soccombenza (anche avuto riguardo al quan- tum debeatur) in ordine ai contratti di finanziamento.
Per le medesime ragioni si ritiene congruo porre le spese di CTU a carico delle parti nella misura del 50% ciascuna, in applicazione del principio di causalità tenuto conto che la quantificazione delle somme indebitamente applicate dalla , sia pure in misura largamente inferiore a quella indicata dagli opponenti, ha richiesto l’espletamento delle indagini peritali.
Le spese vanno liquidate in base ai valori medi dei compensi di cui alla Tabella al- legata al DM 147/2022”.
L’appello.
2. Proponevano appello ritenendo la sentenza gravata errata e ingiusta, formu- lando in sintesi i seguenti motivi di impugnazione:
1) improcedibilità dell’opposto decreto ingiuntivo per mancata partecipazione della banca alla mediazione;
2) erronea attribuzione dell’intero debito ai fideiussori, nonostante il pagamento effettuato da Fidi Toscana;
3) errata valutazione del saldo di conto corrente, con mancata applicazione del cri- terio del saldo zero;
4) nullità delle fideiussioni omnibus per violazione della normativa antitrust;
5) illegittima compensazione delle spese processuali e ripartizione errata delle spe- se di CTU.
Si costituivano in giudizio che contestavano le censure mosse da parte appellante nei confronti della senten- za impugnata, della quale chiedevano la conferma con vittoria delle spese.
Acquisito il fascicolo di ufficio del procedimento di primo grado, la causa, senza at- tività istruttoria, veniva trattenuta in decisione previa assegnazione dei termini ex 352 c.p.c. in data 27 marzo 2025 a seguito di trattazione scritta, sulle conclusioni delle parti, precisate come in epigrafe trascritte.
Motivi della decisione L’appello è parzialmente fondato.
3. Con il primo motivo (“1) Improcedibilità dell’opposto decreto ingiuntivo per mancata partecipazione della banca alla mediazione”) parte appellante in sintesi deduce:
“nel caso che ci occupa la banca opposta non solo non ha promosso il procedimento di mediazione come era suo preciso onere, ma non si è neppure presentata alla media- zione.
L’organismo di mediazione attesa la mancata giustificazione dell’assenza di con- troparte e del suo difensore concludeva il procedimento senza darne avvio, per manca- ta presentazione della parte invitata tale mancata partecipazione implica la ineffi- cacia/improcedibilità con conseguente revoca dell’opposto decreto ingiuntivo”.
Il motivo è infondato.
È pacifico e documentale che il tentativo di mediazione, a seguito dell’ordinanza del Tribunale del 3 luglio 2019, sia stato esperito, sia pure su iniziativa della parte attrice in opposizione e che il procedimento si sia chiuso a seguito della mancata partecipazione della banca, come da verbale del 7 agosto 2019 prodotto in causa.
Ciò posto l’art. 5, comma 2 bis del D. Lgs. 28/2010 nel testo allora vigente (intro- dotto dal D.L. 69/2013 convertito con L. 98/2013) e corrispondente all’attuale comma 4) dispone:
“Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di proce- dibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incon- tro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”;
la mancata partecipazione ad un procedimento era disciplinata dall’art. 8, comma 5 del D. Lgs. 28/2010 vigente ratione temporis (“Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile.
Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”;
vedi adesso l’art. 12 bis come introdotto dal D. Lgs. 149/2022), disposizione della quale il Tri- bunale ha fatto applicazione (“condanna la al versa- mento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”).
Quindi la condizione di procedibilità è stata correttamente ritenuta integrata a se- guito della conclusione del primo incontro senza accordo;
la mancata partecipazione ha comportato la condanna al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo uni- ficato.
4. Con il secondo motivo (“2) Erronea attribuzione dell’intero debito ai fideiussori, nonostante il pagamento effettuato da Fidi Toscana”) parte appellante in sintesi dedu- ce:
“Questa difesa contesta l’assunto secondo il quale il mandato per le attività di recu- pero del credito alla da parte di Fidi Toscana sarebbe stato comunicato con lettera.
La lettera in questione non può certamente essere considerato un mandato né il difensore di ha ricevuto un nuovo mandato in tal senso.
Si deve a tale mo- tivo rappresentare che RAGIONE_SOCIALE è anch’essa debitrice in forza di garanzia fideius- soria, e l’interpretazione fatta dal giudicante finirebbe per rendere nulla la garanzia prestata da RAGIONE_SOCIALE la quale una volta pagato avrebbe il diritto di riscuotere il 100% di quanto pagato e non la quota spettante agli altri garanti in solido Se di coobbligazione si tratta allora la richiesta in regresso potrà avvenire solo con le regole delle obbligazioni solidali.
Siffacendo il giudice di prime cure finisce per annullare la fideiussione di Fidi Toscana in danno di asseriti coobbligati La norma invocata dal sig.re Giudice non dice affatto che il recupero verso i cogaranti (e gli appellanti non so- no tali) sia pari all’intera somma in spregio dei principi della garanzia solidale e non anche pro-quota Ne consegue quindi che Fidi RAGIONE_SOCIALE non poteva e non ha in effet- ti conferito procura alcuna a di agire nei confronti dei supposti CO-Garanti.
Laddove Fidi Toscana intenderà procedere retroagendo pro-quota nei confronti dei garanti dovrà iniziare un nuovo giudizio avente ad oggetto il supposto rapporto di obbligazione in solido.
Va da se che in ogni caso Fidi Toscana non potrà ottenere l’intero ammontare della garanzia in quanto se tre sono i soggetti garanti (FIDI TOSCANA;
ognuno di loro dovrà corrispondere 1/3 della somma garantita”.
Il motivo è parzialmente fondato.
In corso di causa ha attivato la garanzia di RAGIONE_SOCIALE per il finanziamento chirografario n. 741585869 di originari € 600.000,00 (residuo dovuto azionato con il ricorso monitorio € 503.913,87) concesso a ;
RAGIONE_SOCIALE ha corrisposto a € 399.889,25 (riducendo quindi il residuo dovuto per tale finanziamento ad € 104.024,62: 503.913,87 – 399.889,25=104.024,62).
Come osservato dal Tribunale l’art. 22 del Regolamento della Regione Toscana, al- legato al Decreto della Direzione Generale per lo Sviluppo Economico n. 6200/2009 di- spone:
“Ai sensi dell’articolo 1203 del codice civile, a seguito della liquidazione ai sog- getti finanziatori degli importi dovuti, Fidi Toscana acquisisce il diritto di rivalersi sul- la PMI (Piccola o media impresa) per le somme pagate”;
il successivo art. 23 precisa:
“Il soggetto finanziatore, sostenendo integralmente i relativi oneri, cura integralmente, ferma restando la titolarità del credito da recuperare in capo a Fidi Toscana, ogni atti– vità e/o incombente relativo alle procedure di recupero dei crediti (…)
Semestralmente il soggetto finanziatore deve provvedere a comunicare per iscritto lo stato delle azioni intraprese nei confronti della PMI e degli eventuali coobbligati, specificando le relative possibilità di recupero”.
Fidi Toscana nella delibera di liquidazione della garanzia ha espressamente con- fermato, in applicazione delle previsioni regolamentari citate, che la banca avrebbe do- vuto provvedere ad ogni attività relativa al recupero del credito (ferma la titolarità a se- guito di surroga);
tale circostanza è stata altresì specificata anche nella comunicazione diretta a (vedi documenti prodotti da parte attrice con me- moria del 17 giugno 2019).
Ciò posto appare corretto quanto evidenziato dal Tribunale circa la permanente le- gittimazione di non solo con riferimento al residuo credito non estinto a seguito del pagamento di Fidi Toscana (€ 104.024,62 per il finanziamento chi- rografario n. 741585869; € 35.097,86 quale saldo debitore del finanziamento RAGIONE_SOCIALE fario n. 3575411 per originari € 50.000,00;
€ 160.538,61 quale preteso saldo debitore del conto corrente n. 3662), ma anche quale procuratrice di Fidi Toscana, quale soggetto che si è parzialmente surrogato ex 1205 c.c. in relazione al pagamento effettuato.
Quindi manteneva la legittimazione alla richiesta delle somme, salvo l’obbligo, come da regolamento e convenzione, di riversare a Fidi Toscana quanto utilmente recuperato (vedi ancora art. 23:
“Il soggetto finanziatore provvede a riversare a Fidi Toscana, entro 60 giorni dall’effettuazione del recupero, le somme re- cuperate nella percentuale coperta dalla garanzia, tenendo conto delle valute dei recu- peri introitati, al netto della quota di spese legali di competenza”).
È invece fondato il rilievo relativo alla possibilità di recupero solo parziale dell’importo per il quale è intervenuta surroga di Fidi Toscana nei confronti degli altri garanti fideiussori surrogazione “anche contro i terzi che hanno prestato garanzia per il debitore” ex art. 1204 c.c. non esclude infatti la limitazione dell’art. 1299 c.c. alla “parte di ciascuno di es- si”.
Quindi in parziale riforma della sentenza impugnata la condanna nei confronti di per il finanziamento chirografario n. 741585869 quantificata dal Tribunale in € 503.913,87 (“condanna gli attori opponenti, in solido tra loro, al pagamento in favore della convenuta opposta della somma di € 503.913,87, quale saldo debitore del finanziamento chirografario n. NUMERO_DOCUMENTO”) deve rideterminarsi in € 237.321,03 (€ 104.024,62 quale residuo non estin- to da Fidi Toscana;
€ 133.296,41 quale quota parte dovuta in regresso:
399.889,25/3).
5. Con il terzo motivo (“3) Errata valutazione del saldo di conto corrente, con mancata applicazione del criterio del saldo zero”) parte appellante in sintesi deduce:
“il giudice di prime cure ha ritenuto di disattendere la copiosa e cospicua giurisprudenza della cassazione che depone per l’applicazione del c.d. saldo zero Non è del resto nemmeno ipotizzabile che, in presenza di contrapposte domande della banca e del correntista, il giudice possa attribuire al corredo documentale della causa un valore differenziato in funzione degli oneri probatori delle parti:
e ciò in quanto nel sistema processual-civilistico vigente opera il principio di acquisizione della prova, in forza del quale un elemento probatorio, una volta introdotto nel processo, è definitivamente ac- quisito alla causa In particolare, la Suprema Corte ha sancito che, in caso di mancata produzione degli estratti conto integrali, il saldo iniziale del rapporto deve essere azzerato (Cass. 35979/2022), con la conseguenza che tutte le operazioni successive devono essere valutate alla luce di un saldo pari a zero”. Il motivo è infondato.
5.1.
Sul punto il Tribunale ha così, diffusamente motivato:
“In caso di mancanza della serie iniziale di estratti conto, “ove sia il correntista ad agire in giudizio per la ripetizione e il primo degli estratti conto prodotti rechi un saldo iniziale a suo debito, è del pari legittimo ricostruire il rapporto con le prove che offrano indicazioni certe e complete e che diano giustificazione del saldo riferito a quel momento;
è inoltre possibile prendere in considerazione quegli ulteriori elementi che consen- tano di affermare che il debito nel periodo non documentato sia inesistente o inferiore al saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti, o che addirittura in quell’arco di tempo sia maturato un credito per il cliente stesso;
in mancanza di elementi nei due sensi indicati dovrà assumersi, come dato di partenza per la rielaborazioni delle suc- cessive operazioni documentate, il detto saldo” (Cass. 11543/2019; Cass. 9140/2020).
Tale conclusione viene convincentemente argomentata nel senso che, quando la banca assume la veste di convenuta, è il correntista a dover dissolvere l’incertezza relativa al pregresso andamento del rapporto, sicché, in assenza di contrari riscontri, la base di calcolo potrà attestarsi sul saldo iniziale del primo degli estratti conto acquisiti al giudizio, che, nel quadro delle risultanze di causa, è il dato più sfavorevole allo stesso attore.
(Cass. 6063/2021).
Nel caso di specie, tuttavia la società opponente non si è limitata a dedurre la sus- sistenza di invalidità contrattuali e indebiti operati dalla banca al solo fine di contesta- re il rapporto di dare/avere e paralizzare la pretesa della convenuta, rimanendo nei limiti della domanda formulata dalla , ma ha avanzato domanda riconvenziona- le sostenendo di essere essa stessa creditrice di una somma maggiore rispetto a quella oggetto del decreto ingiuntivo (limitatamente al saldo debitore di conto corrente).
Si pone quindi il problema della ripartizione dell’onere probatorio in presenza di domande contrapposte.
Secondo un primo orientamento (Cass. 500/2017) “chi propone una domanda ri- convenzionale, di natura creditoria, deve provare l’esistenza e l’entità del credito.
L’op- ponente a decreto ingiuntivo, convenuto in senso sostanziale rispetto alla domanda creditoria formante oggetto del provvedimento monitorio, assume la posizione, anche sotto il profilo dell’onus probandi, di attore, in ordine alla proposizione della domanda riconvenzionale (…) Nella specie, i principi regolatori dell’onus probandi, così come sanciti dall’art. 2697 c.c., si coniugano con il principio dell’acquisizione della prova, se- condo il quale possono costituire idoneo supporto probatorio dei fatti costitutivi della pretesa azionata dall’attore anche i documenti od i mezzi di prova prodotti o richiesti (ed ammessi ed espletati) da controparte. Tale principio non determina tuttavia alcuna inversione dell’onere probatorio che permane a carico dell’attore con la sola peculiarità di poter utilizzare a sostegno della propria pretesa anche le produzioni documentali e le altre prove di controparte (…) con la conseguenza che “per poter procedere alla determinazione del credito azionato dalla società correntista fin dall’inizio del rapporto, partendo dal cd. saldo zero, era necessa- rio che gli attori in riconvenzionale producessero gli estratti conto, senza soluzione di continuità fin dal sorgere del rapporto medesimo”. In difetto, il calcolo del credito del correntista “prendere le mosse dalle risultanze del primo (in senso cronologico) estrat- to conto prodotto”.
Secondo un secondo e più recente orientamento (Cass. 23852/2020; Cass. 22387/2021 Cass. 35979/2022) “nei rapporti bancari di conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a ca- rico del correntista e si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, il primo dei quali rechi un saldo iniziale a debito del cliente, la proposizione di contrapposte domande da parte della banca e del correntista implica che ciascuna delle parti sia onerata della prova della propria pretesa; in conseguenza, in assenza di elementi di prova che consentano di accertare il saldo del conto nel periodo non documentato, e in mancanza di allegazioni delle parti che permettano di ritenere pacifica l’esistenza di un credito o di un debito di un certo importo con riferimento a tale arco temporale, deve procedersi alla determinazione del rapporto di dare e avere, con riguardo al periodo successivo, per cui constano gli estratti conto, procedendosi all’azzeramento del saldo iniziale del primo di estratti conto”. Non si potrebbe invece “procedere a due ricalcoli del dovuto, l’uno partendo dal saldo zero e l’altro dal primo saldo debitore documentato.
Un tale criterio si mostra in- capace di ricondurre a un esito unitario l’applicazione del principio dell’onere della prova nella subiecta materia e produce l’effetto, inaccettabile dal punto di vista logico, prima che giuridico, di generare, con riferimento al medesimo rapporto, due diversi saldi (l’uno riferito alla domanda della banca e l’altro a quella del correntista).
Non è del resto nemmeno ipotizzabile che, in presenza di contrapposte domande della e del correntista, il giudice possa attribuire al corredo documentale della causa un valore differenziato in funzione degli oneri probatori delle parti:
e ciò in quanto nel sistema processualcivilistico vigente opera il principio di acquisizione della prova, in forza del quale un elemento probatorio, una volta introdotto nel processo, è definitivamente acquisito alla causa, sicchè il giudice è tenuto a utilizzare le prove rac- colte indipendentemente dalla provenienza delle stesse dalla parte gravata dell’onere probatorio (Cass. Sez. U. 23 dicembre 2005, n. 28498).
E così, ad esempio, la domanda di ripetizione del correntista non potrà essere respinta in ragione dell’integrale manca- ta produzione, da parte dello stesso, degli estratti conto qualora una parte di questi (ta- le da rendere possibile la ricostruzione delle movimentazioni bancarie da un certo mo- mento in poi, e da permettere l’accoglimento della pretesa di detto soggetto, partendo dal saldo zero) sia stata comunque acquisita al processo grazie alla banca”.
Ritiene il giudicante di aderire al primo orientamento in quanto maggiormente rispettoso del principio dell’onere probatorio.
Infatti, se in linea generale il correntista che agisce in ripetizione non può giovarsi del criterio del cd. saldo zero non appare congruo che benefici della neutralizzazione dell’importo risultante dal primo estratto conto quando l’azione di ripetizione sia formulata in via riconvenzionale.
Non sussiste infatti alcuna differenza in ordine alla ripartizione dell’onere probatorio tra l’ipotesi della proposizione della domanda in via di azione o in via riconvenzionale.
Non sussiste alcun problema di “ricondurre a un esito unitario l’applicazione del principio dell’onere della prova” trattandosi quella della banca e quella del correntista di domande contrapposte ma autonome.
Quanto alla produzione di “due diversi saldi, l’uno riferito alla domanda della banca e l’altro a quella del correntista” l’obiezione sollevata dalla Suprema Corte nelle pronunce più recenti appare superabile se si considera che i due calcoli si rendono ne- cessari solo nella fase di rielaborazione contabile ma il saldo accertato con sentenza, e che fa stato tra le parti, è solo uno.
In altri termini, il CTU effettuerà un duplice calcolo (con saldo zero e partendo dal saldo a debito del primo estratto disponibile) elaboran- do due risultati.
Il risultato frutto dell’applicazione del cd. saldo zero servirà esclusi- vamente per esaminare la domanda di pagamento formulata dalla Banca per cui il correntista potrà essere condannato solo nei limiti della somma accertata con tale mo- dalità stante l’onere probatorio incombente sulla Laddove il risultato con applicazione del cd. saldo zero sia positivo per il correnti- sta quest’ultimo non si potrà tuttavia giovare di tale criterio correttivo al fine di otte- nere la condanna della Banca essendo onerato, quale attore in riconvenzionale, di for- nire la prova del proprio controcredito. Il rapporto di dare/avere andrà quindi ride- terminato partendo dal saldo del primo estratto conto disponibile così da verificare se risulti e in che misura un credito nei confronti dell’istituto di credito.
Non sembra inoltre che tale metodologia comporti una violazione del principio di acquisizione della prova dal momento che non si tratta di attribuire un diverso valore probatorio a documenti comunque acquisiti al processo ma di attribuire diverse conse- guenze processuali a lacune documentali, risultato che appare coerente con la diversa ripartizione dell’onere probatorio della domanda principale e di quella riconvenzionale che mantengono una loro autonomia si ritiene invece di fare applicazione della me- todologia di calcolo sopra esposta secondo i principi affermati da Cass. 500/2017 che appaiono maggiormente rispettosi del criterio di ripartizione dell’onere della prova ex art. 2967 c.c.” Tale articolata e razionale motivazione merita integrale conferma. 5.2.
I giudici di legittimità hanno da tempo chiarito che il correntista che agisce in ripetizione è onerato della prova dei pagamenti indebiti eseguiti e qualora manchino gli estratti conto iniziali la domanda potrà trovare accoglimento ma nei limiti della prova fornita, muovendo dal primo saldo disponibile, in ipotesi a debito e non dal “saldo zero” (vedi Cass. 02/05/2019 11543, Rv. 653906 – 01; Cass. 07/12/2022 n. 35979, Rv. 666249 – 01; vedi, anche in motivazione Cass. sez. I, 26/07/2023, n.22468; Cass. sez. I, 15/02/2025, n.3837:
“l’onere di provare le movimentazioni del conto gravava sul ri- corrente, quale attore in ripetizione.
L’applicazione del criterio del c.d. saldo zero, che in caso di conto in passivo premia il correntista, è conseguentemente esclusa”;
Cass. sez. I, 03/03/2025, n.5577:
“correttamente, invero, la Corte d’Appello ha considerato quale saldo di partenza per il ricalcolo il primo estratto conto prodotto dal correntista (anche se non era quello iniziale) che recava un saldo a suo debito”).
5.3.
Tale consolidata regola di giudizio è stata dai giudici di legittimità applicata in alcune pronunzie anche nell’ipotesi di contrapposta domanda della banca (vedi, oltre a Cass. sez. I 11/01/2017, n.500 citata dal Tribunale nella pronunzia impugnata, anche Cass. sez. I, 07/05/2015, n.9201 in motivazione:
“Va premesso che la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente ritenuto che qualora l’attore proponga domanda di accertamento negativo del diritto del convenuto e quest’ultimo non si limiti a chiedere il rigetto della pretesa avversaria ma proponga domanda riconvenzionale per consegui- re il credito negato dalla controparte, ambedue le parti hanno l’onere di provare le rispettive contrapposte pretese.
(Cass. 3374/07; Cass. 12963/05; Cass. 7282/97) In tal senso, la Corte d’appello ha ritenuto che l’onere probatorio in ordine al saldo zero gravava sugli allora appellanti ed ha ritenuto che tale prova non fosse stata fornita, per cui ha provveduto all’inizio del calcolo degli interessi dal primo estratto conto pro- dotto dagli appellanti risalente all’1.1.91.
Tale valutazione appare corretta”;
Cass. sez. I, 07/08/2023, n.24032:
“1.1.4 In conclusione, può dunque affermarsi come pacifico e consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui nei rapporti bancari di conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, il primo dei quali rechi un saldo iniziale a debito del cliente, la proposizione di contrapposte domande da parte della banca e del correntista implica che ciascuna delle parti sia onerata della prova della propria pretesa (cfr. an- che Cass., Sez. 1, Sentenza n. 23852 del 29/10/2020). 1.1.5 Ciò posto e ricordato, le obie- zioni sollevate dalla società correntista, oggi ricorrente, in ordine alla necessità di por- re a carico della banca l’onere della dimostrazione dei fatti costitutivi del diritto invece azionato dal cliente, in omaggio ad un principio di vicinanza della prova ovvero di uti- lità probatoria, si pongono in evidente contrasto con quanto affermato dalla giuri- sprudenza di questa Corte nella materia in esame e vanno dunque disattesi”).
5.4.
In alcune più recenti pronunzie della Suprema Corte si è invece ritenuto che questa regola non trovi applicazione in caso di contrapposte domande della banca di pa- gamento del saldo finale e del correntista di ripetizione indebito:
in simili ipotesi, secon- do questo orientamento, dovrebbe comunque muoversi dal “saldo zero”, non solo per la domanda della banca, ma anche per la domanda di ripetizione del correntista (vedi Cass. sez. I, 15/05/2023, n.13139, Cass. 17/01/2024 n. 1763 , Rv. 669907 – 04:
“In tema di rapporti bancari regolati in conto corrente, ove la banca agisca in giudizio per il pagamento dell’importo risultante a saldo passivo ed il correntista chieda, a sua volta, la rideterminazione del saldo, concludendo per la condanna dell’istituto di credito a pa- gare la differenza in proprio favore o per l’accoglimento della domanda principale in misura inferiore, l’eventuale carenza di alcuni estratti conto o, comunque di altra documentazione che consenta l’integrale ricostruzione dell’andamento del rapporto, comporta che: per quanto riguarda il correntista che lamenti l’illegittimo ad- debito di importi non dovuti a vario titolo e ne chieda la restituzione, il calcolo del dovuto potrà farsi tenendo conto che: b.1) nell’ipotesi in cui non ci sia in atti documenta- zione che risalga all’inizio del rapporto, egli o dimostra l’eventuale vantata esistenza di un saldo positivo in suo favore, o di un minore saldo negativo a suo carico o beneficia comunque dell’azzeramento del saldo di partenza del primo estratto conto disponibile (ove quest’ultimo non coincida, appunto, con il primo estratto del rapporto) e della successiva rideterminazione del saldo finale avvenuta utilizzando la completa documenta- zione relativa al periodo successivo fino alla chiusura o alla data della domanda” ; di- chiarano di aderire a tale indirizzo, sia pure a fronte di particolarità relative alla concrete fattispecie, tra le altre, Cass. sez. I, 14/02/2024, n.4043, Cass. sez. I, 03/03/2025, n.5577; Cass. sez. I, 08/01/2025, n.405, pur richiamando Cass. 1763/2024, in realtà, contraddicendosi, se ne discosta, accogliendo il motivo che censurava l’utilizzo del “saldo zero” per la domanda del correntista:
“la sentenza impugnata ha erroneamente affermato che l’onere della prova fosse a carico della banca che aveva azionato monitoria- mente il credito, sebbene i fideiussori avessero richiesto il rigetto della domanda della creditrice ingiungente, formulando a loro volta domanda di accertamento negativo della sussistenza del debito del debitore principale assistito da garanzia fideiussoria, con conseguente onere della prova a loro carico.
Pertanto, i fideiussori, così come , non hanno assolto all’onere su di loro incombente di provare il loro credito sulla scorta degli estratti di conto corrente relativamente al periodo del 1982 al 31/01/2003 atteso che il primo estratto conto acquisito al giudizio risulta quello pro- dotto dall’istituto di credito relativo al 01/02/2003.
In sintesi, le pretese contrapposte delle parti risultano entrambe sfornite di prova”).
5.4.
L’orientamento da ultimo citato secondo il quale in caso di “domande contrapposte” il criterio del “saldo zero” opererebbe pure per la domanda di ripetizione del correntista muove dalla ritenuta necessità di fare riferimento ad un unico saldo iniziale, valido per entrambe le parti.
I giudici di legittimità hanno infatti confermato pronunzie di merito che muoveva- no dal principio “secondo cui, stante l’unicità del thema probandum, l’onere della prova non poteva che essere unitariamente collocato, in forza del principio cd. di vicinanza della prova, a carico alla banca, che agiva in via riconvenzionale, da ciò derivando che, nel caso di incrocio delle domande, doveva essere la banca tenuta a fornire la dimostrazione delle modalità con cui il suo presunto credito si fosse venuto formando, at- traverso la produzione in giudizio di tutti gli estratti conto, pena l’utilizzo, quale primo saldo, di un “saldo zero”, vale a dire azzerato a prescindere da quanto indicato dalla banca stessa”; “la diversa giurisprudenza di legittimità secondo la quale, in caso di domande contrapposte, ambedue le parti avevano l’onere di provare le rispettive contrapposte pretese, non risultava invero soddisfacente, posto che, se entrambe le parti fossero risultate gravate dall’onere di dimostrare le contrapposte domande, si sarebbe giunti al paradossale risultato di ritenere che, nell’ambito della medesima causa, il saldo da prendere in considerazione potesse essere diverso a seconda che si valutasse la domanda principale ovvero quella riconvenzionale” (vedi Cass. 17/01/2024 n. 1763, nella parte in cui richiama la motivazione della sentenza della Corte di Appello di Napoli, poi confermata). La Suprema Corte evidenzia che con la regola giudizio enunziata “il problema del rischio di due saldi difformi viene meno e, in buona sostanza, il meccanismo dell’azzeramento (anche di quello, prima definito intermedio, per eventuali intervalli temporali in cui mancano gli estratti conto) funziona allo stesso modo sia per la banca che per il correntista” (così, ancora, in motivazione, Cass. 17/01/2024 n. 1763).
5.5.
La conclusione secondo la quale per la domanda del correntista in ripetizione, in caso di mancanza degli estratti conti iniziali, dovrebbe muoversi dal primo estratto conto disponibile a debito se non vi è contrapposta domanda della banca, mentre se vi è contrapposta domanda della banca dovrebbe muoversi dal “saldo zero” non può essere condivisa.
È infatti una conclusione che:
a) è del tutto contraddittoria rispetto alle stesse premesse enunziate dalla Suprema Corte;
b) conduce ad un assetto processualmente inaccettabile, ovvero ad un diverso esito della medesima domanda, sulla base dello stesso materiale probatorio acquisito, a seconda che sia proposta in via autonoma ovvero in via riconvenzionale ;
c) non è comunque giustificata dalla (erroneamente) ritenuta necessità di adottare un medesimo saldo iniziale di partenza, per accertare il finale dare/avere tra le parti.
5.5.a).
La stesse pronunzie sul “beneficio” del saldo zero per il correntista in caso di domande contrapposte ricordano l’onere a carico del correntista di fornire la prova delle singole rimesse suscettibili di ripetizione;
la conseguente necessità di muovere “dal primo saldo a debito del cliente documentalmente riscontrato dall’attore”;
il rilievo che in caso di domande contrapposte ciascuna delle parti è “onerata della relativa prova” assumendo la veste di attore all’interno del giudizio, rimanendo “inconcepibile che l’una e l’altra possano giovarsi delle conseguenze del mancato adempimento dell’onere probatorio della controparte” (vedi la motivazione della già citata Cass. 1763/2024, punto 2.6.1.
dove è richiamato il “principio, affatto consolidato, secondo cui il correntista che agisca in giudizio per la rideterminazione del saldo del proprio conto corrente e/o per la ripetizione dalla banca dell’indebito è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida causa debendi:
egli, quindi, ha l’onere di documentare l’andamento del rapporto con il deposito di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme di danaro non dovute (cfr. Cass. n. 30789 del 2023; Cass. n. 30661 del 2023; Cass. n. 12993 del 2023; Cass. n. 7697 del 2023; Cass. n. 30822 del 2018; Cass. n. 24948 del 2017; Cass. n. 7501 del 2012; Cass. n. 3387 del 2001; Cass. n. 2334 del 1998; Cass. n. 7027 del 1997; Cass. n. 12897 del 1995)”; punto 2.6.2.
della medesima motivazione:
“dovendo, invece, il sollecitato accertamento del dare e dell’avere fra le parti del cessato rapporto essere effettuato dal giudice di merito partendo dal primo saldo a debito del cliente documentalmente riscontrato dall’attore”;
punto 2.6.5 della motivazione:
“Questo indirizzo ermeneutico, peraltro, ha subito una precisazione da parte di Cass. n. 23852 del 2020 e di Cass. n. 22387 del 2021, secondo cui:
nei rap- porti bancari di conto corrente, ove alla domanda principale diretta al pagamento del saldo del rapporto, proposta dalla banca, si contrapponga la domanda riconvenzionale del correntista di accertamento del saldo e di ripetizione dell’indebito, ciascuna delle parti è onerata della prova delle operazioni da cui si origina il saldo, con la conseguenza che la mancata documentazione di una parte delle movimentazioni del conto, il cui saldo sia a debito del correntista, non esclude una definizione del rapporto di dare e avere fondata sugli estratti conto prodotti da una certa data in poi: la mancata produzione degli estratti conto assume, infatti, una colorazione neutra sul piano della ricostruzione del rapporto di dare e avere e giustifica, come tale, un accertamento del saldo di conto corrente che non è influenzato dalle movimentazioni del periodo non documentato.
Invero, proprio in quanto ognuna delle parti assume la veste di attore all’interno del giudizio, è inconcepibile che l’una e l’altra possano giovarsi delle conseguenze del mancato adempimento dell’onere probatorio della controparte”).
Ebbene tali premesse non possono che condurre, logicamente, ad una conclusione diametralmente opposta da quella poi sostenuta, ovvero la necessità di differenziare le conseguenze della mancanza iniziale di alcuni estratti conto a seconda delle domande e del soggetto che assume la veste di attore, con i correlati oneri probatori.
5.5.b).
Inoltre, come lucidamente osservato dal Tribunale nella pronunzia impugnata, per la domanda del correntista in ripetizione non può incongruamente differenziarsi l’onere probatorio ed il conseguente esito a seconda che tale domanda sia proposta autonomamente oppure in via riconvenzionale, pur sulla base delle stesse acquisizioni documentali.
Nella fattispecie:
non è dato comprendere perché il credito restitutorio del correntista debba essere quantificato in € 302.671,79, azzerando totalmente il saldo iniziale a debito (che non si sa se ed in quale misura sia pure frutto di addebiti illegittimi ovvero, in ipotesi di altri pagamenti e disposizioni del correntista), solo perché la banca ha formulato una contrapposta domanda, quando, pacificamente, il medesimo credito restitutorio, sulla base della stessa identica documentazione acquisita, in ipotesi di sovrapponi- bile domanda proposta “isolatamente” dal solo correntista condurrebbe al riconosci- mento del minor credito di € 53.775,07, muovendo, come da univoca giurisprudenza, dal primo saldo a debito. Il “beneficio” del saldo zero spetta al correntista convenuto, ma non può essere riconosciuto quando lo stesso assuma la veste di attore, anche in riconvenzionale, per la restituzione degli indebiti, posto che condurrebbe, incongruamente, al riconoscimento di indebiti che non sono stati documentati, alla condanna della banca per un (contro)credito non provato.
Del resto, il c.d. principio di vicinanza della prova prevede che l’onere della prova riguardo a un determinato fatto dovrebbe ricadere sul soggetto che ha la disponibilità degli elementi probatori che occorrono alla sua dimostrazione, mentre, invece, nella fattispecie, risultando il primo estratto conto con saldo negativo risulta essere nella piena disponibilità del correntista, non si vede perché applicando alla banca il saldo zero, si debba prescindere da tale documento, che seppure relativo ad un periodo successivo a quello in cui si colloca il primo estratto conto, comunque costituisce oggetto dell’onere della prova gravante sul correntista. In altri termini:
se il thema probandum è lo stesso poiché gli oneri della prova gra- vanti sulle parti in causa si atteggiano di regola in maniera diversa non si vede perché il principio di vicinanza della prova debba supplire all’onere della prova assolto dal correntista.
5.5.c).
Infine, contrariamente a quanto ritenuto, in caso di domande contrapposte non è necessario muovere comunque dallo stesso saldo iniziale;
infatti ciò che rileva non è il saldo inziale ma la finale, corretta, rideterminazione del dare/avere tra le parti, alla quale può giungersi attraverso la valutazione progressiva ma autonoma delle due do- mande:
1) individuati gli addebiti ritenuti illegittimi la prima verifica, matematicamente e logicamente prioritaria, avrà ad oggetto l’eventuale sussistenza di un credito residuo del- la banca muovendo dal “saldo zero”;
l’accertamento di un credito residuo della banca muovendo dal saldo zero (anziché dall’iniziale saldo iniziale negativo documentato) comporterà l’accoglimento della domanda della banca (nel minor importo accertato) ed il conseguenziale rigetto della domanda del correntista volta a far accertare un positivo credito restitutorio;
2) se invece muovendo dal “saldo zero” si giunge ad un finale saldo positivo per il cliente la domanda del correntista non sarà accolta in tale (maggiore) importo (con estensione incongrua del “beneficio” all’attore in ripetizione, come ritenuto dal più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità), ma occorrerà procedere ad una ulteriore verifica, muovendo questa volta dal primo saldo negativo disponibile:
2A) se anche muovendo dal primo saldo a debito è accertato un saldo positivo, al rigetto della domanda della banca si accompagnerà l’accoglimento della domanda del correntista di accertamento di tale positivo (minor) credito;
2B) se invece muovendo dal saldo a debito il saldo finale risulta comunque negativo nessuna delle due parti avrà provato i rispettivi crediti positivi dedotti, con finale azzeramento del dare/avere alla data considerata.
In tal modo si giungerà comunque alla determinazione in modo univoco del rispettivo dare-avere tra le parti (credito della banca con saldo finale a debito;
credito del correntista con saldo finale a credito;
mancata prova dei rispettivi crediti positivi, con saldo finale azzerato), attraverso la valutazione della medesima documentazione acquisita, ma correttamente differenziando gli esiti a seconda della posizione processuale assunta e dei correlati oneri probatori (indipendentemente dalla proposizione della stessa domanda in via principale o riconvenzionale), secondo il lineare e condivisibile procedimento già adottato nella fattispecie dal Tribunale (vedi motivazione:
“Venendo quindi alla ride- terminazione del rapporto di dare-avere, per valutare la fondatezza della domanda monitoria avanzata dalla Banca, occorre fare riferimento all’ipotesi indicata come “scenario 4” (con applicazione del saldo zero).
Il risultato è positivo per il correntista (€ 302.671,79) per cui la pretesa avanzata dalla , con riferimento al rapporto di conto corrente, è infondata e va rigettata.
Passando ad esaminare la domanda riconvenzionale, come detto, il correntista non può tuttavia giovarsi di tale calcolo, ovvero della neutralizzazione del saldo debitore risultate dal primo estratto conto prodotto, essendo il medesimo onerato, quando agisce in qualità di attore sostanziale, della produzione degli estratti conto.
Occorre quindi fare riferimento allo “scenario 2”, che tiene fermo il saldo debitore del primo estratto disponibile, per cui il saldo ricalcolato, a credito per il correntista, risulta pari ad € 53.775,07”).
In conclusione, merita conferma la statuizione del Tribunale che, escluso il credito della banca muovendo dal “saldo zero”, ha accertato il credito restitutorio del correntista in riconvenzionale in € 53.775,07, muovendo (non dal “saldo zero” ma) dal primo estratto conto disponibile.
6.
Il quarto motivo di appello (“4) Nullità delle fideiussioni omnibus per violazione della normativa antitrust”) è infondato.
L’eventuale nullità delle fideiussioni correlata alla conformità allo schema ABI oggetto del provvedimento della Banca di Italia n. 55/2005 (provvedimento peraltro nep- pure prodotto) sarebbe comunque parziale, riferita a clausole che non assumono concreto rilievo in causa.
Anche in recenti pronunzie i giudici di legittimità hanno chiarito:
che “la rilevazione della nullità – sia pure d’ufficio – presuppone che la parte abbia tempestivamente al- legato, nel corso del giudizio di merito, le circostanze fattuali tali da consentire la rilevazione medesima (v. da ultimo Cass. n. 16102/2024), poiché anche la rilevazione d’ufficio della nullità per violazione di norme imperative ha come condizione che i relativi presupposti di fatto, sebbene non dedotti sotto forma di eccezione della parte interessa- ta, siano stati acquisiti al giudizio di merito nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie”; che la rilevazione officiosa della nullità (comunque parziale) del contratto “a valle” dell’intesa anticoncorrenziale “richiede che risultino dagli atti tutte le circostanze fattuali necessarie alla sua integrazione, e cioè:
i) l’esistenza del provvedimento della Banca d’Italia;
ii) la natura della fideiussione, giacché il provvedimento della Banca d’Italia è riferito solo ed esclusivamente alle fideiussioni omnibus, non a quelle prestate per un affare particolare, fideiussioni omnibus le quali vengono specificamente prese in considerazione per la loro attitudine, evidenziata dall’Associazione Bancaria Italiana, quale strumento di tutela macroprudenziale del sistema bancario, sicché l’accerta- mento effettuato dall’allora Autorità Garante è stato limitato a tale tipologia di fideiussione, e solo rispetto ad essa può possedere l’efficacia probatoria privilegiata che l’ordinamento gli riconosce; iii) l’epoca di stipulazione della fideiussione, che deve essere stata stipulata entro l’ambito temporale al quale può essere riferito l’accertamento del- la Banca d’Italia, evidente essendo che detto accertamento, operato nel 2005, non può affatto consentire di reputare esistente, e cioè persistente, in epoca successiva il pregresso accordo anticoncorrenziale, di guisa che, in caso di compresenza delle tre clausole successivamente al 2005, l’interessato ben può dedurre e comprovare che l’intesa anticoncorrenziale c’è, ma non certo in base al provvedimento precedente, bensì offrendone altra e specifica prova; iv) il contenuto delle clausole contrattuali di cui si in- voca la nullità e la loro esatta corrispondenza con quelle oggetto di esame da parte del- la Banca d’Italia nel provvedimento in precedenza richiamato, esatta corrispondenza da riguardare, beninteso, in termini di compresenza, giacché, nella prospettiva seguita dal provvedimento n. 55, è la compresenza delle clausole ad essere lesiva della concorrenza;
v) la concreta ricaduta della nullità delle clausole contrattuali sulla sussistenza, in tutto o in parte, del debito gravante sul fideiussore, sempre che tale ricaduta possa ancora essere invocata, il che impone di rammentare, quanto alla rinuncia ai termini di cui all’articolo 1957 c.c., che, come questa Corte ha ribadito numerosissime volte, l’eccezione di estinzione della garanzia fideiussoria ha natura di eccezione propria e non di mera difesa (a mero titolo di esempio Cass. n. 8023/2024), di guisa che il rilievo officioso della nullità della clausola non interferisce con la eventualmente ormai consumata preclusione dell’eccezione fondata sulla stessa” (così in motivazione Cass. sez. I, 25/11/2024, n.30383; vedi anche, da ultimo, Cass. sez. I, 17 gennaio 2025 n. 1170).
7. Il quinto motivo risulta assorbito della necessità comunque, in correlazione con la riforma parziale, di procedere a nuovo regolamento delle spese processuali.
“Il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base a un criterio unitario e globale” (vedi tra le al- tre Cassazione civile sez. II – 23/02/2022, n. 5890 ; Cassazione civile sez. II – 03/09/2021, n. 23877).
Secondo la costante giurisprudenza dei giudici di legittimità, “la valutazione di soccombenza, ai fini della condanna alle spese, va rapportata all’esito finale della lite, anche nell’ipotesi di giudizio seguìto ad opposizione ex art. 645 c.p.c. sicché il creditore opposto che veda conclusivamente riconosciuto, sebbene in parte (quand’anche mini- ma) rispetto a quanto richiesto ed ottenuto col monitorio, il proprio credito, se legittimamente subisce la revoca integrale del decreto ingiuntivo e la condanna alla restituzione di quanto, eccedente rispetto al dovuto, percepito in dipendenza della sua provvisoria esecutività, non può tuttavia qualificarsi soccombente” (vedi Cass. civile sez. VI, 27/08/2020, n. 17854; vedi anche Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 26/02/2024, n. 4982, Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 23/02/2024, n. 4860).
Nella fattispecie il credito della banca azionato in INDIRIZZO ha trovato riconoscimento in larga misura, salvo che per il saldo del conto corrente;
la rideterminazione dell’importo dovuto dai fideiussori per il finanziamento chirografario n. 741585869 è correlata al pagamento, intervenuto in corso del giudizio di opposizione, da parte dell’altro garante Fidi Toscana;
le spese di entrambi i gradi di giudizio possono conclusivamente compensarsi nella misura di due terzi;
il residuo terzo segue la prevalente soccombenza e si liquida, per tale frazione, unitariamente per le parti appellate, per il primo grado in € 7.485,66 (fase di studio € 3.544,00;
fase introduttiva € 2.338,00;
fase istruttoria € 10.411,00;
fase decisionale € 6.164,00;
totale € 22.457,00;
riduzione di due terzi € 7.485,66) e per il giudizio di appello in € 4.746,33 (fase di studio € 4.389,00; fase introduttiva € 2.552,00;
fase decisionale € 7.298,00;
totale € 14.239,00;
riduzione di due terzi € 4.746,33), oltre 15% spese generali, esborsi, IVA e CPA come per legge;
analoga ripartizione può seguirsi per le spese di CTU.
la Corte di Appello di Firenze, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, eccezione, istanza e deduzione, sull’appello proposto da nei confronti di avverso la sentenza n. 702/2023 del Tribunale di Firenze pubblicata l’08/03/2023, così provvede:
IN
PARZIALE RIFORMA
della sentenza impugnata – ridetermina la condanna nei confronti di quale saldo debitore del finanziamento chirografario n. 741585869 nel minor importo di € 237.321,03, oltre interessi legali dalla data di scadenza delle singole obbligazioni al saldo;
– dichiara parzialmente compensate le spese di entrambi i gradi di giudizio nella misura di due terzi;
condanna gli appellanti a rimborsare alle parti appellate il residuo terzo delle spese di giudizio che liquida, unitariamente, per tale frazione, per il primo grado in € 7.485,66 e per il giudizio di appello in € 4.746,33 (fase di studio € 4.389,00;
fase introduttiva € 2.552,00;
fase decisionale € 7.298,00;
totale € 14.239,00;
riduzione di due terzi € 4.746,33), oltre 15% spese generali, esborsi, IVA e CPA come per legge;
pone definitivamente le spese di CTU di primo grado per due terzi a carico delle parti appellate e per il residuo terzo a carico degli appellanti;
– conferma per il resto la sentenza impugnata.
Così deciso nella camera di consiglio del 22 aprile 2025.
Il Consigliere relatore – estensore Il Presidente Dott. NOME COGNOME Dott.ssa NOME COGNOME La divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell’ambito strettamente processuale, è condizionata all’eliminazione di tutti i dati personali in esso contenuti ai sensi dell’art. 52 D. Lgs 30 giugno 2003 n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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