LA CORTE D’APPELLO DI TORINO II
SEZIONE CIVILE composta da NOME dott.ssa NOME COGNOME rel. COGNOME dott.ssa NOME COGNOME dott. NOME Consigliere nel proc. N. 227/2023 Cont.
promosso da in persona del Dirigente della con sede legale in Torino (TO), INDIRIZZOC.F. ), rappresentata e difesa – tanto congiuntamente, quanto disgiuntamente – per procura speciale ex art. 83 c.p.c., dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Torino (C.F. ) e dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Ivrea (C.F. appellante in riassunzione nei confronti di C.F. e P.IVA , in persona dell’Amministratore Delegato – legale rappresentante pro tempore, RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE con sede in Cerrione (BI), INDIRIZZO 29, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME convenuto in riassunzione , nato a Borgosesia (VC) il 31.10.1970 ed ivi residente in INDIRIZZO (C.F. convenuto in riassunzione contumace ha emesso la seguente
SENTENZA N._536_2025_- N._R.G._00000227_2023 DEPOSITO_MINUTA_16_06_2025_ PUBBLICAZIONE_19_06_2025
CONCLUSIONI
DELLE PARTI:
Conclusioni di parte Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello adita, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così C.F. C.F. – dato atto che la Compagnia assicuratrice appellante in riassunzione, venuto meno a seguito dell’ordinanza n. 37133/2022 emessa dalla Suprema Corte di Cassazione, il titolo giustificativo per il trattenimento delle somme ricevute dalla in esecuzione della sentenza di secondo grado cassata, ha versato in data 27.01.2023, con espressa riserva di ripetizione, alla l’importo di € 124.517,02=; IN VIA PRINCIPALE, – accertata l’intervenuta liberazione della garanzia escussa ai sensi dell’art. 1957 c.c. per tutti i motivi dedotti, statuire che parte attrice appellante in riassunzione nulla deve alla società e, conseguentemente, mandare assolta la da ogni avversaria pretesa;
– per l’effetto, condannare la società a restituire a parte appellante la somma di € 124.517,02= maggiorata degli interessi maturati dal 27.01.2023 e di quelli maturandi fino al soddisfo;
– quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese di lite dei precedenti gradi e della presente fase di giudizio ripartendone il relativo onere fra le parti in relazione all’esito complessivo della lite.
IN SUBORDINE, – nella denegata e non creduta ipotesi in cui l’Ecc.ma Corte adita respingesse la domanda di accertamento negativo e di conseguente condanna alla restituzione delle somme versate dalla Compagnia alla dichiarare tenuto e condannare il sig. in via di rivalsa/regresso/surroga, a rimborsare alla Compagnia assicuratrice appellante in riassunzione tutte le somme già versate e/o che dovessero essere versate alla società in conseguenza dell’emananda sentenza, ivi comprese le spese legali liquidate;
– con il favore delle spese.
Conclusioni di parte N E L M E R I T O I N P R I N C I P A L I T A’
Dato atto che in questa fase non ha riproposto il primo motivo d’impugnazione, accolto con la sentenza della CA di Torino RG n. 1457/19 poi cassata, ritenersi detto motivo implicitamente rinunziato.
Assolversi parte convenuta opposta da ogni domanda ex adverso proposta in quanto infondata in fatto e in diritto, nonché dichiararsi inammissibile e/o respingersi integralmente l’impugnazione proposta in questa fase e l’opposizione a d.i., e confermarsi il decreto ingiuntivo opposto per tutte le ragioni di cui agli scritti difensivi di parte I N S U B O R D I N E Dichiararsi tenuta e condannarsi al pronto pagamento in favore di una somma pari a tutto quanto portato dall’ingiunzione, sia a titolo di capitale che di interessi, spese e accessori, per le causali descritte nel ricorso per ingiunzione e negli altri scritti difensivi di parte I N O G N I C A S O Poste a carico di parte convenuta le spese dei giudizi svoltisi avanti la Corte d’Appello e la Corte di Cassazione, da liquidarsi. Con il favore delle spese, oltre I.V.A., C.A. e rimborso forfettario di questo giudizio di rinvio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
-SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Il Tribunale di Vercelli, accogliendo il relativo ricorso, emetteva in data 05.03.2015 il decreto ingiuntivo n. 207/15 (R.G. 446/15) recante l’intimazione a di pagare, nel termine di 40 giorni, la somma capitale di € 87.500,00= oltre interessi e spese del procedimento.
La Compagnia assicuratrice, con atto di citazione del 30.03.2015, ritualmente notificato alla in data 15.04.2015, spiegava opposizione avverso il decreto.
Il Tribunale con sentenza n. 1047/2015 rigettava l’opposizione e confermava il decreto ingiuntivo n. 207/2015 regolando altresì le spese di lite.
In particolare, il giudice di prime cure:
– sotto il primo dei profili dell’opposizione, riteneva provata la coincidenza del rapporto contrattuale di fornitura dedotto in giudizio dalla a fondamento dell’escussione della polizza fideiussoria con quello per il quale si era costituita fideiubente della RAGIONE_SOCIALE & RAGIONE_SOCIALE;
– sotto il secondo dei profili dell’opposizione promossa da affermava, invece, che l’art. 1957 c.c. non fosse applicabile alla fattispecie di causa e conseguentemente respingeva l’eccezione di intervenuta decadenza e liberazione della garanzia assumendo che la non avesse perso l’azione nei confronti della Compagnia assicuratrice sul presupposto in base al quale la durata della fideiussione sarebbe stata correlata all’integrale soddisfacimento dell’obbligazione principale e non alla scadenza della stessa.
proponeva appello nei confronti della predetta sentenza.
In particolare, chiedeva la riforma integrale della sentenza del giudice di prime cure sulla base di due motivi mediante i quali censurava:
A) l’errore in cui era incorso il Tribunale di Vercelli nel ritenere provata ed effettiva la coincidenza del rapporto contrattuale di fornitura dedotto in giudizio dalla a fondamento dell’escussione della polizza fideiussoria con quello per il quale si costituì fideiubente di RAGIONE_SOCIALE nonostante le numerose discrepanze messe in luce tra i due rapporti;
B) l’errore in cui era incorso il medesimo Tribunale nel non ritenere, in ogni caso, applicabile alla fattispecie sub iudice il disposto di cui all’art. 1957 c.c. sul –documentalmente smentito – presupposto in base al quale la durata della fideiussione sarebbe stata correlata all’integrale soddisfacimento dell’obbligazione principale e non alla scadenza della stessa.
Con sentenza n. 1457/2019 del 03.05.2019 e pubblicata in data 03.09.2019, la Corte d’Appello così decideva:
“Visti gli artt. 359 e 279 c.p.c. .., in accoglimento dell’appello, revoca il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Vercelli in data 5 marzo 2015.
” In particolare, il giudice di secondo grado accoglieva il primo dei due motivi di appello in allora dedotti dall’odierna appellante in riassunzione, dichiarando assorbito il secondo attinente all’eccezione di liberazione dalla garanzia sollevata da ex art. 1957 c.c..
proponeva ricorso avanti la Suprema Corte di Cassazione articolato in sette motivi dei quali il primo e il terzo erano accolti dalla Corte.
Con il primo denunciava violazione degli art. 132 c.p.c.,
118 att. Cod. proc. , 111 Cost. ai sensi dell’art. 360 c.p.c. affermando che la decisione impugnata, non indicando le norme di diritto applicate, non consentiva di cogliere la ratio decidendi.
Con il terzo motivo denunciava violazione e/o falsa applicazione degli art. 1362 seg. c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c. per essersi arrestata la Corte territoriale nell’interpretazione del contratto al senso letterale delle parole senza indagare la comune intenzione delle parti, il comportamento posteriore alla conclusione da parte della il complesso delle clausole.
Con ordinanza n. 37133/22 – pubblicata in data 19.12.2022 – resa nel procedimento recante R.G. 33861/2019, la Suprema Corte di Cassazione accoglie il primo e terzo motivo e annullava per vizio di motivazione la sentenza n. 1457/19 rinviando la causa alla Corte territoriale ex art. 383, primo comma, c.p.c..
Con atto di citazione in riassunzione depositato il 23 febbraio 2023 la proponeva le conclusioni sopra riportate.
si costituiva proponendo le conclusioni sopra indicate.
Con ordinanza del 5.7.2023 veniva dichiarata la contumacia di La causa veniva assunta a decisione all’udienza del 4 dicembre 2024.
-LE ARGOMENTAZIONI DI NOME COGNOME dopo avere riportato i principi che regolano il giudizio di rinvio conseguente alla cassazione della sentenza di appello e dato atto di avere restituito alla società le somme già percepite in forza della sentenza cassata, dichiarava che era proprio interesse riassumere il giudizio affinché:
“a) venga riesaminata da codesta Corte l’eccezione già sollevata in primo grado, di liberazione della garanzia di cui si discute ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1957 c.c., eccezione che, in quanto respinta dal Tribunale, è stata successivamente oggetto del secondo motivo di impugnazione presentato dalla avverso la sentenza di primo grado, ritenuto assorbito con la pronuncia successivamente cassata:
l’eccezione, pertanto, viene espressamente in questa sede riproposta, affinchè venga accertata l’avvenuta liberazione ai sensi del citato articolo della garanzia fideiussoria a suo tempo rilasciata a favore della con conseguente liberazione da ogni avversaria pretesa e condanna della società beneficiaria alla restituzione di tutto quanto versatole dalla Compagnia oltre interessi e spese;
b) venga, in subordine – ed ove non dovesse ritenersi già sceso il giudicato sul punto – accolta la domanda condizionata di rivalsa e manleva – che qui, ad ogni buon conto, si ripropone espressamente – nei confronti del sig. coobbligato di polizza, terzo chiamato nel aveva già sollevato e riproponeva in questa sede l’eccezione di intervenuta liberazione – ex art. 1957 c.c. – della fideiussione rilasciata a favore della sia per aver quest’ultima proposto tardivamente le proprie istanze di rivendica/restituzione nei confronti della debitrice principale, sia per non averle diligentemente coltivate. Nello specifico, la predetta afferma nella citazione in riassunzione di avere espressamente limitato la sua fideiussione a favore di controparte allo stesso termine previsto per l’adempimento dell’obbligazione principale (il termine finale della garanzia previsto in polizza e nelle successive proroghe, ovvero il 30.09.2013 – cfr.
doc. 5 – 9 fascicolo monitorio – risulta, infatti, coincidere con il termine finale di adempimento dell’obbligazione di consegna – cfr. p. 2 ricorso monitorio , sicché la era tenuta a proporre l’istanza giudiziale nei confronti della società debitrice principale nel termine di due mesi dalla scadenza del termine per l’adempimento, così come previsto dall’art. 1957, commi secondo e terzo, c.c..
Rileva come la tesi in base alla quale la durata della fideiussione sarebbe stata correlata all’integrale soddisfacimento dell’obbligazione principale e non alla scadenza della stessa (proposta in primo grado dal Tribunale di Vercelli), risulti documentalmente smentita sia dal testo contrattuale, sia dalle difese svolte (e, dunque, dal comportamento) dalla stessa.
Il documento negoziale contenente la garanzia – cfr. doc.1 fascicolo di parte del giudizio di primo grado prodotto sub doc. 5 – infatti, riportava:
– quale condizione particolare, articolata nel frontespizio e denominata “clausola d’improrogabilità”, la specifica previsione secondo cui “A deroga di quanto previsto dalle Condizioni Generali di Assicurazione si dà atto che la polizza scadrà improrogabilmente al 15/07/2012.
Pertanto, dopo tale data, la Società non prenderà in considerazione alcuna chiamata in garanzia per inadempienze della Contraente”;
– l’ulteriore previsione, contenuta nell’art. 8, comma secondo, c.g.a., secondo la quale l’eventuale risarcimento sarebbe stato corrisposto alla beneficiaria-acquirente soltanto dopo l’escussione della debitrice principale.
Pertanto, il richiamo alla clausola di cui all’art. 5. c.g.a. rubricata “Liberazione del Contraente dagli obblighi di polizza” e ritenuta erroneamente dal Tribunale idonea a inferire la volontà di di impegnarsi fino all’estinzione dell’obbligazione principale e, dunque, a giustificare la deroga alle previsioni di cui all’art. 1957 c.c. – oltre a non regolamentare affatto la durata della fideiussione bensì i rapporti interni fra la Compagnia assicuratrice ed il contraente disciplinando le modalità che dovevano essere soddisfatte perché quest’ultimo potesse liberarsi dagli obblighi assunti verso la garante (pagamento supplementi premio; rivalsa, etc.) – risulta del tutto inconferente, dal momento che, anche a voler opinare, in contrasto con il tenore letterale della suindicata condizione generale, che essa potesse avere il senso indicato dal giudice di primo grado, la polizza conteneva nel suo frontespizio, in deroga alle condizioni generali, la condizione particolare relativa alla scadenza poc’anzi citata.
Il dato testuale di tale condizione particolare è inequivoco e rende del tutto evidente come esulasse dalla polizza qualsivoglia manifestazione di volontà ed impegno della Compagnia assicuratrice di far permanere l’obbligazione di garanzia, così come erroneamente ritenuto dal Tribunale, fino all’integrale adempimento dell’obbligazione principale (id est, la sua estinzione per adempimento o A riprova di ciò vi è il fatto che in tutte e cinque le successive appendici di proroga della garanzia, la durata della fideiussione è stata, di volta in volta, correlata al nuovo termine di consegna prorogato in base agli accordi intercorsi fra la e e la RAGIONE_SOCIALE & P (cfr. ancora doc.ti 5 – 9 fascicolo monitorio D’altronde, che la durata della fideiussione per cui è causa fosse correlata al termine di scadenza dell’obbligazione di consegna e non al suo integrale soddisfacimento risulta non soltanto dall’inequivoco dato testuale della citata condizione particolare di polizza, ma costituisce, altresì, circostanza incontestata e pacificamente riconosciuta dalla stessa Al riguardo, è sufficiente leggere quanto riportato a pagina 2 del ricorso monitorio in cui la dichiarava:
“La durata della polizza in oggetto era inizialmente di tre mesi e 10 giorni, con effetto quindi dal 05.04.2012 al 15.07.2012.
Il termine di consegna delle macchine veniva più volte prorogato su accordo delle parti acquirente/venditrice e, correlativamente, la durata della polizza cauzioni veniva più volte prorogata con apposita appendice di polizza rilasciata dalla Agenzia Reale Mutua di Borgosesia, a fronte del versamento di supplemento di premio da parte della contraente;
l’ultima proroga dei due termini (di consegna delle macchine e della durata della polizza) avveniva con appendice N. 8 del 13.6.2013 ove il termine era fissato al 30.9.2013 (docc. Nn. 5-9)”.
Acclarato, dunque, come la polizza rientri nell’area di operatività dell’art. 1957 c.c., risulta evidente che la abbia perso l’azione verso non avendo proposto, entro il termine decadenziale di due mesi decorrente dal 30.09.2013 (termine finale di adempimento dell’obbligazione di consegna), le proprie istanze giudiziali nei confronti della RAGIONE_SOCIALE. Il suddetto termine bimestrale, infatti, giunse a scadenza il 30.11.2013 ed entro quella data nessuna iniziativa giudiziale fu avviata dalla nonostante non sussistesse alcun impedimento. Peraltro, il fallimento della debitrice principale venne dichiarato dal Tribunale di Biella in data 21.03.2014 e la propose il ricorso ex art. 103 L.F. soltanto in data 13.06.2014.
Pertanto, anche a voler ritenere applicabile alla fattispecie di causa il termine semestrale di cui al comma 1 dell’art. 1957 c.c., anziché, come più correttamente, il termine bimestrale di cui al combinato disposto dei due commi successivi, nemmeno nel semestre successivo alla scadenza dell’obbligazione principale (30.09.2013) la diede corso all’iniziativa giudiziale che le avrebbe permesso di far salva l’azione verso la Compagnia assicuratrice.
Per altro verso, la oltre a non aver rispettato i termini decadenziali richiamati, risulta non aver neppure adempiuto all’obbligo su di lei gravante ex lege e contrattualmente di continuare con diligenza l’azione tardivamente proposta.
In particolare, infatti, a livello contrattuale, si rileva come il testo di polizza contenga l’ulteriore previsione di cui all’art. 8, comma secondo, c.g.a., in base alla quale l’eventuale risarcimento sarebbe stato corrisposto alla beneficiaria-acquirente soltanto dopo l’escussione della debitrice principale (cfr. ancora doc. 1 fascicolo di parte giudizio di primo grado prodotto sub doc. 5).
Orbene, l’odierna appellata in riassunzione, oltre ad aver proposto tardivamente l’istanza di restituzione/rivendica nei confronti della debitrice principale, risulta che neppure proseguì con diligenza l’azione promossa in sede fallimentare, dal momento che – come già evidenziato nel corso del giudizio di primo grado ed in atto di citazione in appello – a fronte della reiezione della domanda Il rigetto della rivendica/restituzione avvenne nonostante le due macchine astucciatrici – di cui non venne minimamente contestata la proprietà in capo all’odierna appellata in riassunzione – fossero state regolarmente rinvenute ed apprese all’attivo fallimentare. Sotto tale profilo, è appena il caso di osservare che la circostanza indicata nel provvedimento di reiezione ovvero che i due macchinari fossero stati rinvenuti smontati ed in fase di ricostruzione non escludeva certo il diritto della quale proprietaria, di rientrarne in legittimo possesso.
Peraltro, sul punto, è giustificato inferire dalla lettura del provvedimento di rigetto dell’istanza di rivendica/restituzione, che fu la stessa in sede di presentazione della memoria di osservazioni al progetto di stato passivo redatto dal Curatore, a non contestare la prospettata esclusione ripiegando sulla domanda subordinata di ammissione del suo credito al passivo fallimentare (doc. 13 fasc. monitorio In sintesi, acclarato:
• che la durata dell’obbligazione fideiussoria era correlata alla scadenza dell’obbligazione principale e non all’integrale soddisfacimento di questa;
• che, pertanto, alla garanzia fideiussoria rilasciata dalla Compagnia risulta applicabile il dettato di cui all’art. 1957 c.c.;
• che la non propose tempestivamente le proprie istanze nei confronti della debitrice principale non rispettando né il termine di due mesi previsto dai commi due e tre del citato articolo, né il termine semestrale di cui al primo comma del medesimo articolo;
•che, peraltro, oltre a non aver rispettato i termini decadenziali sopra richiamati, la neppure coltivò con diligenza la tardiva azione proposta nei confronti della debitrice principale, in spregio tanto delle previsioni di cui sempre all’art. 1957 c.c., quanto delle condizioni contrattuali di polizza richiamate, risulta evidente, secondo parte attrice, che debba dichiararsi che la società odierna appellata in riassunzione ha perso l’azione verso la Compagnia sulla scorta delle incontestate risultanze documentali di cui sopra, con conseguente liberazione di da ogni avversaria pretesa. -LE MOTIVAZIONI DI Afferma che l’assicuratore, dall’inesatta lettura dei patti, giunge a conclusioni errate circa la portata della prestata garanzia assicurativa sulla base delle argomentazioni che seguono.
– La Clausola di improrogabilità Muovendo dalla condizione particolare intitolata Clausola di improrogabilità (frontespizio di polizza, in basso), la sostiene che la seconda parte di detta clausola sia operante nonostante le intervenute proroghe.
La clausola, non più riprodotta in nessuna delle plurime appendici di proroga, ha esaurito la sua efficacia con gli intervenuti accordi di proroga (con essa incompatibili);
l’avvenuta proroga consensuale costituisce implicita abrogazione dell’intero patto che regolava il divieto di proroga ed i conseguenti suoi effetti.
Ancor di più quando il patto in forza del quale “… dopo tale data, la Società non prenderà in considerazione alcuna chiamata in garanzia …” è conseguente al solo divieto di Eventuali dubbi interpretativi debbo essere risolti alla luce di quanto dispongono gli art. 1369 e 1370 c.c. e, quindi, per la totale abrogazione del patto.
– Non applicabilità delle norme sulla fideiussione Sin dal primo grado (cfr. cdr.
primo grado – pagg. da 7 a 10) ha contestato l’applicabilità delle norme sulla fideiussione al caso di specie.
Il negozio di cui alla polizza intitolata “RAGIONE_SOCIALE”, sotto il profilo genetico, si distingue dalle convenzioni fideiussorie perché stipulato tra debitore principale assicuratore e assicurato, a titolo oneroso, a favore dell’assicurato, con obbligo per l’assicuratore di dare prestazioni diverse dalla obbligazione del debitore principale.
La prestazione dell’assicuratore è resa quindi a fronte di un corrispettivo, pagato dal contraente e fissato dall’assicuratore, a remunerazione delle di lui obbligazioni.
Nella fideiussione il terzo garante garantisce, invece, l’adempimento della obbligazione del debitore (art. 1936 c.c.).
Come risulta dal testo contrattuale le parti non vollero fideiussore di RAGIONE_SOCIALE&RAGIONE_SOCIALE prevedendo invece che la costituisse una cauzione.
Del resto in polizza non sono richiamate le normative codicistiche della fideiussione;
diritti e obblighi delle parti sono espressamente regolamentati, in modo pieno ed esaustivo (art. 8 delle C.G.A.), sì da escludere ogni eventuale diversa regolamentazione, stante l’atipicità del contratto.
Neppure sussistono “vuoti” di disciplina a cui si debba porre rimedio con l’applicazione analogica delle norme sulla fideiussione.
Esaminando le varie clausole contrattuali la afferma che l’obbligo di non è sottoposto alla condizione di escussione del debitore, essendo essa alternativa alla insinuazione del credito, senza limiti temporali e senza indicazione di obbligo di iniziare le azioni e/o di coltivarle diligentemente e, ancor meno di impugnare provvedimenti scaturenti da dette azioni.
Inoltre la non ha dato prova di avere fornito informazioni precontrattuali in punto decadenze/obblighi contrattuali, ipotizzati solo in questo giudizio, in violazione tra l’altro del regolamento Isvap n. 35 del 26 maggio 2010.
ben consapevole del proprio obbligo indennitario verso ha persino insinuato, in forza della polizza, il proprio credito nel Fallimento di RAGIONE_SOCIALE, insinuazione ammessa dagli organi della procedura.
Anche le modalità di esecuzione del contratto da parte di confermano l’assunto della deducente.
E’ pacifico l’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE all’obbligo di riconsegna alla delle due macchine astucciatrici.
Con comunicazione in data 04.10.2013 denunciava a il sinistro, nei 10 gg. dalla data di scadenza della obbligazione di consegna dei due macchinari, così come previsto dall’art. 8 di polizza.
Le ricerche effettuate circa l’aggredibilità della debitrice RAGIONE_SOCIALE non deponevano favorevolmente;
nell’ultimo bilancio noto di RAGIONE_SOCIALE erano evidenziate significative perdite;
Da ultimo si apprendeva che era stata avviata procedura per declaratoria di fallimento di RAGIONE_SOCIALE poi pronunziato dal Tribunale di Biella (a cagione dell’intervenuto trasferimento della sede sociale effettiva a Pray).
All’udienza di verifica dei crediti, in data 16.07.2014, il Giudice Delegato ammetteva la ricorrente al passivo del Fallimento per la somma di € 68.000,00 per ciascuna delle due macchine (non veniva accolta la domanda, svolta in principalità, di rivendica “in quanto il bene è stato rinvenuto smontato ed in fase di ricostruzione” (motivazione identica per ciascuna delle due macchine).
In data 18.09.2014 a veniva inviata la domanda di insinuazione del credito;
veniva contestualmente informata che era ammessa al passivo del fallimento di RAGIONE_SOCIALE
neppure in questo caso svolgeva osservazioni.
Avendo adempiuto agli oneri a suo carico previsti dalla polizza e avendo fatto valere tempestivamente le sue ragioni nei confronti del debitore principale (secondo le modalità e i termini previsti dalla polizza) deve essere ritenuta e condannata al pagamento dell’indennizzo.
Con riferimento alla non applicabilità dell’art. 1957 c.c., rileva come la sentenza di primo grado perviene alla articolata motivazione dell’inapplicabilità di tale articolo;
chiede che, se tale motivazione fosse ritenuta non totalmente appagante, potrà essere integrata dalla Corte stessa per quanto ritenuto di giustizia.
In tema di restituzione di quanto pagato, afferma l’applicabilità del tasso legale degli interessi pari a quello delle transazioni commerciali dalla proposizione della domanda giudiziale.
chiede inoltre, in subordine, qualora non si ritenga rinunziato il primo motivo di impugnazione di cui alla sentenza della Corte di Appello di Torino n. 1457/2019, che venga dichiarata la piena corrispondenza tra l’obbligazione contrattuale tra e RAGIONE_SOCIALE (come modificata in corso di esecuzione) e quella che coinvolge siccome la polizza recepisce tutti gli elementi del contratto, comprese le intervenute variazioni contrattuali.
-LA DECISIONE Le domande di non possono essere accolte e la predetta deve essere condannata al pagamento a favore di delle somme già contenute nel decreto ingiuntivo.
Il contratto per cui è causa deve essere qualificato quale cauzione e non quale contratto di fideiussione.
La giurisprudenza, a seguito di un’evoluzione, riconosce infatti oggi come centrale l’autonomia contrattuale ai sensi dell’art. 1322 comma 2 cc ritenendo quindi che il criterio interpretativo di un contratto sia quello della ricostruzione della volontà delle parti.
Come correttamente sostenuto e riportato da parte della soc.
le SU sulla base di tale principio sin dal 2010 hanno individuato nella tipologia di polizza di cui si tratta un rapporto geneticamente diverso dalla fideiussione e non ad essa assimilabile.
Afferma infatti la sentenza di Cassazione S.U., 18/02/2010, n.3947, a proposito della tipologia contrattuale per cui è causa, che “La cd. polizza fideiussoria è un negozio che, sotto il profilo genetico, si distingue dalle convenzioni fideiussorie sia perché necessariamente oneroso, mentre la fideiussione favore di terzo… ed è funzionalmente caratterizzato dall’assunzione dell’impegno, da parte di una banca o di una compagnia di assicurazione (promittente), di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta dal contraente. ” Sempre secondo tale sentenza si ha “… una funzione di tipo “cauzionale” – mentre la sua più frequente utilizzazione rispetto al deposito di una vera e propria cauzione trae linfa proprio in ragione della sua minore onerosità e della possibilità di evitare una lunga e improduttiva immobilizzazione di capitali (conseguenza ineludibile del deposito cauzionale):
è in conseguenza di tali aspetti funzionali che la garanzia muta “geneticamente” da vicenda lato sensu fideiussoria in fattispecie atipica che, ai sensi dell’art. 1322 c.c., comma 2, persegue un interesse certamente “meritevole di tutela“, identificabile nell’esigenza condivisa di assicurare l’integrale soddisfacimento dell’interesse economico del beneficiario vulnerato dall’inadempimento del debitore originario e, di conseguenza, di conferire maggiore certezza allo scorrere dei rapporti economici …”… “Emerge così, in via definitiva, sotto il profilo causale, la disarmonia morfologica e funzionale con la fideiussione (volta a garantire l’adempimento di un debito altrui), sopravvivendo resti di omogeneità tra i due “tipi” negoziali soltanto nella misura in cui, attorno alle due le fattispecie, orbiti ancora il concetto di garanzia, pur nelle non riconciliabili differenze di gradazioni …”. Con particolare riguardo alle polizze fideiussorie “… si è più volte sottolineato come esse concretino un rapporto di un soggetto (una compagnia di assicurazioni o un istituto bancario) che, dietro pagamento di un corrispettivo, si impegna a garantire in favore di altro soggetto l’adempimento di una determinata obbligazione assunta dal contraente della polizza, strumento contrattuale che, pur non essendo espressamente disciplinato dal codice del ’42, è menzionato in molte leggi speciali che lo prevedono come forma di garanzia sostitutiva della cauzione reale, normalmente richiesta per chi stipula – come nel caso di specie – contratti con la P.A.. ” La citata decisione afferma infine che:
“La funzione individuale del singolo, specifico negozio (id est della polizza fideiussoria) è stata dunque quella di sostituire la traditio del denaro tipica della cauzione con l’obbligazione di corrispondere una somma di denaro, da parte del garante, a richiesta del creditore, senza alcuna possibilità, per il primo, di invocare il meccanismo, tipicamente fideiussorio, di cui all’art. 1957 c.c…..
”.
I principi contenuti nella sentenza sopra citata sono stati riaffermati dalla giurisprudenza successiva che ha anch’essa posto come centrale l’autonomia contrattuale.
La Cass. 29/04/2020, n. 8399, riguardante un caso di contratto stipulato da un Comune con una società assicurativa a garanzia dell’esatta esecuzione di un contratto di appalto, afferma in merito:
“La sua funzione è di tipo reintegratorio (non del tutto aliena da un modello assicurativo);
il che incide sull’interpretazione della clausola per cui è causa, proprio in ragione del fatto che la natura accessoria tipica della fideiussione nel caso di specie è allentata e comunque deve essere intesa in termini diversi da quelli relativi al contratto tipico di fideiussione, potendosi ravvisare tutt’al più un semplice collegamento/coordinamento tra obbligazioni, che induce a ragionare di una fattispecie quoad effecta assimilabile al contratto autonomo di garanzia, la cui funzione è stata dunque quella di sostituire la traditio del denaro tipica della cauzione con l’obbligazione di corrispondere una somma di denaro, da parte del garante, a richiesta del creditore, senza alcuna possibilità, per il primo, di invocare il meccanismo, tipicamente fideiussorio, di cui di cui all’art. 1957 c.c.. ”.
La sentenza della Cassazione n. 18780/17, che la indicato quale giurisprudenza favorevole alle proprie tesi, afferma in realtà che “La specifica qualificazione del contratto dipende ricorrente creditore contesta l’interpretazione e la ricostruzione della concreta volontà negoziale delle parti svolta dalla Corte di Appello.
Riafferma peraltro che “….
La decisione impugnata, d’altronde, è in diritto del tutto conforme all’ormai consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui “la cosiddetta assicurazione fideiussoria costituisce una figura contrattuale intermedia tra il versamento cauzionale e la fideiussione ed è contraddistinta dall’assunzione dell’impegno, da parte di una banca o di una compagnia di assicurazione, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta dal contraente; peraltro, essendo caratterizzata dalla stessa funzione di garanzia della fideiussione, ad essa è applicabile, ove non derogata dalle parti, la disciplina legale tipica di tale contratto.
“.
Anche in questo caso dunque si afferma che il principio che deve guidare l’interpretazione del contratto è quella della volontà delle parti (principio più volte ripreso dalla Cassazione, vedasi ad es. Cass 31105 del 2024 fonte Italgiureweb).
In applicazione di tali principi, ritiene la Corte che nel contratto per cui è causa la dettagliata regolamentazione pattizia dei rapporti e in particolare delle conseguenze dell’inadempimento del fornitore esclude che lo stesso possa e debba essere integrato con un regolamentazione esterna, ossia dall’art. 1957 c.c., non voluta dalle parti.
L’analisi del contratto dimostra che le parti hanno voluto dare una compiuta, autonoma ed esaustiva regolazione dei reciproci rapporti nascenti dal contratto, regolamentazione che esclude ogni necessità di ricorso alla normativa prevista per la fideiussione.
In primo luogo le stesse parti utilizzano il termine “cauzione” oltre che nel titolo del documento nell’art. 1 e nell’art. 7. Con riferimento al tema che qui interessa, ossia le attività che la soc.
era tenuta a compiere ai fini di ottenere “il pagamento del risarcimento”, esse sono regolate dall’art. 8 del contratto che, contrariamente a quanto affermato dalla prova la totale autonomia dello stesso rispetto alla fattispecie legale della fideiussione.
Infatti detto articolo afferma che l’ ha diritto al risarcimento del danno dopo “l’escussione del debitore principale” , “escussione” che si deve svolgere attraverso una delle attività indicate ai punti a) e b), ossia esecuzione infruttuosa ovvero “ ammissione del credito dell’Assicurato nell’eventuale procedura fallimentare o in altra procedura concorsuale a carico del Contraente”.
Lo stesso termine “risarcimento” pone il contratto al di fuori della fideiussione.
Va osservato che le attività previste ai punti a) e b) dell’articolo non hanno limiti temporali né indicazioni di modalità con cui debbono essere effettuate.
Quindi l’Assicurato ha diritto al “risarcimento” qualora, dopo avere dato la comunicazione alla Compagnia del sinistro entro 10 giorni, proponga istanza di insinuazione al passivo e venga ammesso al passivo della procedura concorsuale.
Non applicandosi l’articolo 1957
c.c., non può avere alcun rilievo la cd “clausola di improrogabilità”, che proverebbe, secondo la Compagnia Assicurativa, che essa “aveva limitato la sua fideiussione a favore della controparte allo stesso termine previsto per l’adempimento dell’obbligazione Peraltro, la clausola in oggetto, così come espressa letteralmente, risulta priva di senso, in quanto evidentemente la “chiamata in garanzia” non può essere effettuata nel termine previsto per l’adempimento, ma solo successivamente a tale termine.
Il termine in essa utilizzato di “garanzia” non è poi corretto, essendo l’assicuratore chiamato non già a prestare una garanzia ma a pagare una somma (cauzione).
Essa deve quindi essere interpretata, alla luce di quanto sopra scritto, come termine successivo a quello previsto per l’adempimento, senza limiti di tempo, dovendosi solo rispettare, come già detto, la procedura di cui all’art. 8. Va anche rilevato che la cd “clausola di improrogabilità”, che prevedeva che “…dopo tale data, la Società non prenderà in considerazione alcuna chiamata in garanzia…” non era contenuta nell’appendice di proroga scadente il 30 settembre 2013;
essa risulta legata alla singola scadenza, come dimostra il termine successivo “pertanto”.
Va infine sottolineato che non ha provato né affermato di avere rispettato il codice delle assicurazioni e il regolamento ISVAP n. 35 del 26 maggio 2010 che prevede “… obbligo dell’assicuratore di fornire oltre alle indicazioni relative all’impresa, le informazioni sul contratto con particolare riguardo alle garanzie e alle obbligazioni assunte dall’impresa, alle nullità, alle decadenze, alle esclusioni e alle limitazioni della garanzia e alle rivalse, ai diritti e agli obblighi in corso di contratto e in caso di sinistro, alla legge applicabile ed ai termini di prescrizione dei diritti …”, il che concorre a far ritenere che il contratto non prevedeva le decadenze affermate dall’Assicuratore. Con riferimento alle contestazioni mosse in merito da risulta che la soc.
ha dato piena esecuzione alla clausola contrattuale prevista dall’art. 8 del contratto.
Essa ha pacificamente effettuato la comunicazione alla Compagnia del sinistro entro 10 giorni.
La società convenuta ha maturato il diritto al risarcimento in quanto ha svolto l’attività che corrisponde ad una delle modalità con cui si deve realizzare contrattualmente la “escussione ” del debitore principale, ossia quella di cui al punto di cui al punto b), proponendo domanda di rivendica dei macchinari e, in subordine, di ammissione al passivo del fallimento per la corrispondente somma.
All’udienza di verifica dei crediti, in data 16.07.2014, il Giudice Delegato ammetteva la ricorrente al passivo del Fallimento per la somma di € 68.000,00 per ciascuna delle due macchine mentre non veniva accolta la domanda, svolta in principalità, di rivendica delle stesse “in quanto il bene è stato rinvenuto smontato ed in fase di ricostruzione”.
Non può essere condivisa l’asserzione di parte attrice in riassunzione secondo cui la aveva l’obbligo di proporre opposizione allo stato passivo con riferimento al rigetto della domanda di rivendica non essendo previsto in merito alcun obbligo contrattuale, trattandosi di opposizione che non necessariamente sarebbe stata accolta e potendovi non esservi interesse alla restituzione delle macchine dopo che erano state smontate integralmente, senza sapere se fossero neppure disponibili tutti i pezzi delle stesse. D’altra parte evidentemente riconoscendo un proprio obbligo risarcitorio, si è insinuata al passivo del fallimento.
presente giudizio, il tema della corrispondenza tra il contratto di vendita intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e il contratto di cauzione stipulato tra le predette parti con In ragione dell’applicazione delle regole ermeneutiche indicate dalla Cassazione, la erronea indicazione del mese sul contratto con deve essere ritenuta frutto di mero errore materiale.
Vi è infatti coincidenza tra i documenti relativi alla vendita e il contratto di cauzione.
Tra e RAGIONE_SOCIALE non risulta essere stipulato alcun altro contratto (teste , la fattura di vendita indica due macchine astucciatrici Mod. TARGA_VEICOLO, che sono quelle indicate nel contratto di cauzione.
Il decreto ingiuntivo è stato revocato con la sentenza di secondo grado;
la deve pertanto essere condannata al pagamento dell’importo di euro 87.500,00 oltre ad accessori, secondo quanto indicato nel dispositivo.
Spettano gli interessi commerciali a decorrere dalla data della domanda.
Su tale base dovrà essere calcolato il dovuto tra le parti;
dovrà anche restituire l’importo di euro 208,75 per imposta di registro della sentenza di appello.
ha riproposto, per scrupolo defensionale, la domanda condizionata di garanzia e manleva nei confronti del sig. , nonostante la mancata impugnazione della sentenza di primo grado da parte dello stesso, affinchè, in denegata ipotesi di reiezione della domanda svolta nel presente giudizio nei confronti dell’appellata in riassunzione e, dunque, di accertamento e/o di condanna della Compagnia al versamento in tutto o in parte delle somme escusse, quest’ultimo venga condannato a tenerla indenne da qualunque effetto negativo della sentenza, compresa la liquidazione delle spese. Sul punto non vi è luogo a provvedere in quanto è passato in giudicato il capo della sentenza di primo grado che condanna al rimborso a favore di di ogni somma erogata dalla stessa a favore di soc.
Le spese legali di tutti i gradi di giudizio seguono la soccombenza.
Si conferma la statuizione delle spese contenuta nella sentenza di primo grado.
Le spese legali sono liquidate secondo lo scaglione tra euro 52.000,01 e 260.000,00, valore medio, tenuto conto della media difficoltà della controversia, esclusa la fase di trattazione-istruttoria in appello, in quanto non espletata.
La Corte d’Appello di Torino – Sezione Seconda
Civile,
disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, definitivamente pronunciando sul ricorso in riassunzione proposto da rigettata ogni domanda di dell’art. 1284 c.c. dalla domanda giudiziale al saldo nonché a rimborsare a l’importo di euro 208,75;
dichiara tenuta e condanna a rimborsare a tutte le spese legali sostenute per i diversi gradi del giudizio che si liquidano:
-in primo grado come indicato nella relativa sentenza;
-in euro 9.901,00 oltre rimb. forf. 15%, iva e cpa per ciascun grado di appello;
-in euro 1.766,89 per spese non imponibili, euro 9,90 per spese imponibili, euro 7.655,00 per onorari, oltre rimb. forf. 15%, iva e cpa per il giudizio di cassazione.
Torino, 30 aprile 2025 IL PRESIDENTE Dott. ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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