REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Appello di Genova Sezione Prima Civile R.G. 974/2023
La Corte D’Appello di Genova, Prima Sezione Civile, in persona dei magistrati:
NOME COGNOME Presidente NOME COGNOME Consigliere NOME COGNOME Consigliere relatore ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._1324_2024_- N._R.G._00000974_2023 DEL_05_11_2024 PUBBLICATA_IL_05_11_2024
Oggetto: Altri istituti relativi alle persone giuridiche nel procedimento iscritto al n. 974 /2023 promosso da:
(C.F. , nato a Messina , difeso dall’Avvocato COGNOME NOME (C.F. – PEC , con domicilio eletto in Massa alla INDIRIZZO giusta procura in calce all’atto di appello appellante contro (C.F. , in persona del suo legale rappresentante protempore Presidente , rappresentata e difesa dall’ Avvocato COGNOME NOME (C.F. – PEC t), con domicilio eletto in Massa INDIRIZZO giusta procura in calce alla comparsa di costituzione appellato * * * Udienza collegiale di precisazione delle conclusioni del 23/7/2024 nelle forme della trattazione scritta.
CONCLUSIONI
DELLE PARTI -parte appellante ha rassegnato le seguenti conclusioni:
“Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello in accoglimento del presente appello e per i motivi come in esso esposti:
C.F. C.F. C.F. ) riformare integralmente la sentenza n. 545/2023, emessa in data 25.09.2023 dall’ Ecc.mo Tribunale di Massa e pubblicata in data 26.09.2023 e notificata in data 02.10.2023, nella parte in cui il Tribunale di primo grado ha rigettato l’impugnativa proposta da avverso la delibera di esclusione dalla qualità di socio della RAGIONE_SOCIALE *** a rl per intervenuta decadenza dal termine a tal fine prescritto ex art 2527 cc comma 3 e lo ha condannato alla restituzione dell’immobile nonché al pagamento dell’indennità di occupazione oltre interessi maturati e maturandi nonchè alle spese processuali e di CTU e per l’effetto e conseguentemente: 2) nel merito ed in via principale:
2.1 accertata e dichiarata l’insussistenza dei presupposti in fatto e in diritto per deliberare l’esclusione del sig. dalla qualità di socio della RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE ***, annullare e/o dichiarare nulla e/o inefficace la predetta delibera di esclusione emessa in data 04.09.03 (notificata in data 11.09.03) dal C.d.A. della predetta COOPERATIVA perché ingiusta, illegittima, immotivata, in contrasto con le norme statutarie nonché infondata in fatto e in diritto e comunque immotivata e non provata, per i motivi esposti, con ogni statuizione conseguente;
2.2 per l’effetto e conseguentemente e comunque ed in ogni caso, disapplicare e/o se del caso dichiarare nulla e/o inefficace e/o inesistente la decisione della Commissione Regionale di Vigilanza per l’Edilizia Economica per la Toscana del 16.06.2015 ma notificata in data al 13.10.2016, per i motivi di cui in narrativa con ogni statuizione conseguente;
2.3.
accertato e dichiarato che i lavori di realizzazione dell’alloggio assegnato al sig. non sono stati eseguiti a regola d’arte e/o in maniera conforme al capitolato d’appalto e/o alle norme contrattuali, e che comunque l’immobile assegnato risulta gravato dai vizi meglio descritti in premessa, e che comunque i lavori non risultano integralmente eseguiti e che in ogni caso sono stati arrecati gravi e ingenti danni all’odierno attore quale proprietario dell’alloggio assegnato per fatto e colpa esclusivi della condannare quest’ultima, per l’effetto e conseguentemente, al pagamento in favore dell’odierno attore della somma complessiva , oltre interessi legali dal dì del dovuto al saldo effettivo, con ogni statuizione conseguente; 2.4.
in via pregiudiziale, dichiarare nulle, inammissibili ed improcedibili tutte le domande avanzate in via riconvenzionale dalla appellata;
in subordine e nel merito, rigettare le predette domande in quanto infondate in fatto ed in diritto e comunque non provate;
2.5.
in via subordinata e preliminare, nella denegata ipotesi in cui venisse confermata la decadenza di dall’impugnazione della delibera di esclusione, accertare e dichiarare che i crediti rivendicati dalla convenuta nei confronti dell’odierno appellante sono estinti per intervenuta prescrizione;
2.6.
sempre in subordine:
nella non creduta ipotesi di conferma della condanna alla restituzione dell’immobile e del pagamento dell’indennità di occupazione, previa compensazione di quanto già versato dal Sig. per i titoli di cui in narrativa, e rideterminato l’importo quale valore locativo del compendio immobiliare per le ragioni espresse in parte motiva, accertare e dichiarare l’eventuale somma dovuta dall’odierno appellante alla a titolo di indebita occupazione.
3. In ogni caso:
con vittoria di spese e competenze di entrambi i gradi del giudizio e spese di RAGIONE_SOCIALE”.
* * * -parte appellata ha rassegnato le seguenti conclusioni:
“Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello di Genova, contrariis reiectis, confermata in ogni sua parte la sentenza del Giudice di primo grado:
preliminarmente in rito:
– Accertare e dichiarare la decadenza dal termine di trenta giorni previsto dall’art. 2527, III comma c.c. nel testo vigente al momento della delibera di esclusione e conseguentemente dichiarare legittima la delibera di esclusione del socio dalla società RAGIONE_SOCIALE
In ogni caso:
– Rigettare le domande, istanze ed eccezioni tutte dall’attore appellante promosse in prescritte e dalle quali è decaduto e prescritto il diritto fatto valere in giudizio oltre al difetto di legittimazione ad agire stante la sua esclusione quale socio.
Anche in via riconvenzionale:
– Accertare e dichiarare la legittimità della delibera di esclusione e, conseguentemente, accertare e dichiarare il diritto della società RAGIONE_SOCIALE
a vedersi restituito l’immobile descritto nelle premesse del presente atto e segnatamente l’alloggio sito in Carrara (MS), INDIRIZZO INDIRIZZO contrassegnato dal n. C.5 distinto all’Ufficio del Territorio al Foglio particella n. 1362 sub 9 e sub 10 libero e vuoto di persone e cose da parte dell’attore.
Condannare, conseguentemente, l’attore e chiunque con lui occupi l’immobile a rilasciarlo libero e vuoto di persone e cose nella piena disponibilità della convenuta immediatamente e senza ulteriore indugio.
– Condannare l’attore al risarcimento dei danni tutti subiti e subendi dalla convenuta in conseguenza dell’illegittima occupazione dell’immobile dalla data dell’esclusione da socio fino alla effettiva restituzione del bene con liquidazione in via equitativa secondo il canone corrente di mercato per i locali aventi le medesime caratteristiche da calcolarsi a mezzo idonea C.T.U. oltre la rivalutazione monetaria a titolo di maggior danno e gli interessi sulla somma d’anno in anno rivalutata dal dì della delibera di esclusione fino all’effettiva restituzione. In via subordinata:
– nella non creduta ipotesi di annullamento della delibera di esclusione e di accoglimento delle domande dell’attore, condannare l’attore medesimo al pagamento a favore della di tutte le rate di mutuo non versate, nonché di tutte le somme non pagate in qualità di socio della per ogni titolo previsto dalla normativa vigente e dallo Statuto sociale e Regolamento della stessa;
il tutto, se del caso e se ritenuti esistenti e provati i danni subiti, previa compensazione delle somme eventualmente dovute dalla all’attore con il maggior credito della stessa.
In ogni caso:
– Condannare l’attore alla totale rifusione delle spese e competenze del presente grado di giudizio ivi compreso rimborso forfetario delle spese generali, C.T.U., C.T.P., C.N.P.A. e I.V.A. come per legge con sentenza clausolata.
RAGIONI DI FATTO
E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Sui fatti di causa e sul giudizio di primo grado.
Il presente giudizio trae origine dalla delibera di esclusione dalla qualità di socio di dalla indacato Italiano Unitario dei Lavoratori ) di a responsabilità limitata (da ora aveva ad oggetto la realizzazione di appartamenti destinati ai dipendenti della Polizia, uno dei quali da assegnare a.
Questi, socio della , dopo aver versato circa 50.000,00 euro, lamentava che i lavori non erano stati eseguiti a regola d’arte (motivo per cui aveva subito dei danni) e interrompeva i pagamenti.
, ritenendo ingiustificata l’interruzione dei versamenti, deliberava il 4/9/2003 l’esclusione del socio (con comunicazione all’interessato pervenuta in data 11/9/2003).
escluso dalla , impugnava ex art. 2527 c.c. (nella formulazione al tempo vigente) la delibera di esclusione e in data 10/10/2003 adiva il Collegio Arbitrale avvalendosi della clausola compromissoria inserita nell’articolo 38 dello Statuto.
Il Collegio Arbitrale in data 24/6/2004 dichiarava il proprio difetto di giurisdizione a favore della Commissione Regionale di Vigilanza per l’edilizia economica e popolare per la Toscana in virtù dell’art. 113 del Regio Decreto n. 1165/1938.
in data 23/7/2004 adiva tale Commissione chiedendo l’annullamento della delibera di esclusione per carenza di motivi e la condanna della al pagamento di 64.302,54 euro per i vizi e danni presenti nell’alloggio.
si costituiva ed eccepiva il difetto di giurisdizione della Commissione, richiamando la pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 12206/2006.
La Commissione di Vigilanza in data 16/6/2015, ritenendo di non potersi pronunciare sulla giurisdizione e che fosse in giudicato il provvedimento emesso sul punto dal Collegio Arbitrale, decideva nel merito.
La Commissione di Vigilanza si pronunciava in favore della confermando la legittimità del provvedimento di esclusione motivato dalla morosità ingiustificata del socio e rigettava l’impugnazione formulata da.
La Commissione affermava che il ricorrente non aveva provato tutti i versamenti vantati, non aveva dimostrato i vizi lamentati e che non era possibile applicare a quel rapporto negoziale le garanzie proprie della vendita.
, ricevuta la comunicazione della delibera della Commissione il 13/10/2016, con atto di citazione notificato il 12/12/2016 evocava in giudizio la innanzi al Tribunale di Massa, impugnando la delibera di esclusione emessa illo tempore.
si costituiva in giudizio chiedendo la conferma della delibera di esclusione e formulava eccezione di decadenza per tardività dell’impugnazione.
La convenuta riteneva che fosse decaduto dal diritto di impugnare la delibera di esclusione perché tale provvedimento avrebbe dovuto essere opposto entro trenta giorni dalla sua comunicazione, così come previsto dall’art. 2527 comma terzo c.c. vigente all’epoca dei fatti (“Contro la deliberazione di esclusione il socio può, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione, proporre opposizione davanti al tribunale.
Questo può sospendere l’esecuzione della deliberazione”).
deduceva inoltre che le Sezioni Unite avevano affermato che “il termine di decadenza di trenta giorni per l’impugnazione della delibera di esclusione del socio di una società previsto dall’art. 2527, comma 3, c.c., nella sua formulazione antecedente alla modifica introdotta dall’art. 8 del D.Lgs. n. 6 del 2003, è in ogni caso applicabile anche in presenza di una clausola compromissoria nello statuto” (cfr. Cass. SS.UU. 13722/2016).
La convenuta affermava, quindi, che, Lodo Arbitrale, si doveva ritenere comunque spirato il termine di decadenza che era decorso dopo che il socio aveva appreso il contenuto della pronuncia emessa dalla Commissione di Vigilanza.
, nel merito, affermava che la propria decisione di estromettere dalla qualità di socio si fondava sulla mancata corresponsione delle rate dovute.
Infine, la proponeva domanda riconvenzionale al fine di ottenere il riconoscimento dell’indennità di occupazione poiché decaduto dalla qualità di socio dal settembre 2003, non aveva più provveduto a versare alcun importo e chiedeva il rilascio del bene.
Il Tribunale di Massa istruiva la causa escutendo solo il professionista che aveva redatto una perizia di parte per e licenziava due CTU.
Il Giudice di prime cure definiva, quindi, il giudizio emettendola sentenza n. 545/2023.
* * * 2. Sulla sentenza impugnata.
Il Giudice di prime cure accoglieva l’eccezione di decadenza formulata dalla poiché non aveva opposto tempestivamente la delibera di esclusione.
Questi, di conseguenza, aveva occupato l’alloggio da settembre 2003 sine titulo, motivo per cui ne veniva disposto il rilascio con termine al 29/12/2023.
Il Giudice di primo grado osservava che era stato notiziato della delibera della RAGIONE_SOCIALE del 4/9/2003 in data 11/9/2003.
Il Tribunale rilevava che da quel momento avrebbe avuto trenta giorni, per impugnare la decisione della così come previsto ex art. 2527 comma terzo c.c. secondo il testo vigente all’epoca dei fatti e prima della modifica apportata con il D.lgs. 17.01.2003 n. 6, in vigore dal 1/1/2004.
Il Giudice di prime cure appurava che la Corte di Cassazione in merito all’esclusione dei soci aveva affermato che particolare, il socio escluso “è tenuto, in ogni caso, a proporre l’opposizione all’esclusione dinanzi al tribunale nel rispetto del termine decadenziale previsto dalla citata norma”, facendo valere in tale sede, se del caso, l’eventuale invalidità della clausola compromissoria” (cfr. Cass. n. 7877/2014) (cfr. pag. 8 sentenza impugnata).
Tribunale riteneva, quindi, che anche in presenza del ricorso al Collegio Arbitrale, non si fosse interrotto o sospeso il termine decadenziale previsto dalla legge per opporsi alla delibera di esclusione.
Il Giudice di primo grado osservava poi che anche a voler considerare quale dies a quo il giorno della comunicazione della decisione della Commissione di Vigilanza (ossia il 13/10/2016), aveva notificato il ricorso al Tribunale di Massa solo il 12/12/2016 e quindi ben oltre i trenta giorni previsti dall’art. 2527 comma terzo c.c., come vigente all’epoca dei fatti.
Il Tribunale di Massa per quantificare gli importi dovuti da alla si rifaceva alle stime effettuale dalle CTU che avevano stabilito il valore locativo dell’immobile dal 2004 al 2020 in 197.956,67 euro, oltre a 970,37 euro al mese per ulteriori 33 mesi (da gennaio 2021 a settembre 2023) per un totale di 233.860,88 euro.
Il Giudice di primo grado riconosceva poi ulteriori 4 mesi ossia altri 3.881,48 euro per il periodo dalla comunicazione della delibera di esclusione fino a dicembre 2003.
Il Tribunale di Massa riteneva poi infondata anche la domanda attorea di risarcimento del danno per i difetti costruttivi dell’immobile, pari a 4.000,00 euro, “stante la mancata dimostrazione del rispetto dei termini prescrizionale e decadenziale previsti ex artt. 1490 e 1495 c.c., a fronte delle rispettive eccezioni proposte da (cfr. pag. 10 sentenza impugnata).
Il Tribunale di Massa, quindi, respingeva ogni domanda proposta dal ricorrente lo condannava al rilascio dell’immobile, al pagamento dell’indennità da indebita occupazione per il totale importo di 233.860,88 euro oltre la refusione delle spese di lite.
* * * 3. Sul giudizio di appello.
proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Massa 545/23 pubblicata in data 26/9/2023 formulando diverse censure:
a. erroneità della sentenza impugnata che aveva accolto l’eccezione di decadenza del termine;
erroneità della sentenza impugnata che aveva disposto il rilascio dell’immobile e la condanna al pagamento per l’indebita occupazione; c.
erroneità della sentenza impugnata che aveva omesso di pronunciarsi sull’eccezione di prescrizione dei crediti vantati dalla d. erroneità della sentenza nella parte in cui non si era pronunciata sulle istanze istruttorie;
e. erroneità della sentenza in punto spese.
, inoltre, proponeva istanza di sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza ex art. 283 e 351 c.p.c..
si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’atto di appello e la conferma dell’impugnata sentenza.
La Corte accoglieva l’istanza di sospensione dell’esecutorietà della sentenza impugnata e rinviava all’udienza del 23/5/2024 innanzi al Consigliere Istruttore per la formulazione di una proposta conciliativa.
Le parti all’udienza del 23/5/2024 comparivano innanzi al Consigliere Istruttore che rilevata l’impossibilità di conciliare la controversia rimetteva la causa al Collegio e assegnava i termini per il deposito delle precisazioni delle conclusioni, delle comparse conclusionali e delle note di replica.
* * * 4. Sulla quarta censura di appello.
Occorre, in via preliminare esaminare la quarta censura relativa alla reiterazione delle istanze istruttorie.
ha, infatti, censurato la pronuncia di primo grado in relazione agli accertamenti tecnici eseguiti e ha chiesto che i Consulenti Tecnici che hanno depositato gli elaborati nel giudizio di primo grado fossero chiamati a fornire ulteriori chiarimenti e in via subordinata ha domandato la rinnovazione delle CTU.
Parte appellante, inoltre, nel rassegnare le proprie conclusioni ha richiamato istanze istruttorie per testi non ammesse dal Giudice di prime cure.
La censura è infondata.
Quanto alle istanze istruttorie, sia relative alla CTU che ai capitoli dedotti per testi, la Corte osserva che non ha reiterato tali richieste precisando le CTU in sede di comparsa conclusionale di primo grado ma sotto profili non dirimenti ai fini del decidere.
Invero si è lamentato solo dell’erroneo rilievo dei vizi legati ai difetti costruttivi (la relativa domanda risarcitoria come si vedrà è però inammissibile) e della carenza di documentazione contabile che, ad avviso dell’appellante, avrebbe dovuto produrre la controparte ( non ha però formulato alcuna istanza volta ad ottenere un ordine di esibizione nel giudizio di primo grado).Quanto poi al valore di locazione, utile a determinare l’ammontare dell’indennità di occupazione, la Corte osserva che è possibile far riferimento alle tabelle pubbliche OMI utili a determinare tale parametro, risultano superfluo procedere a supplementi di CTU. Quanto alle istanze istruttorie per testi la Corte rileva che non solo non ha reiterato tali richieste precisando le proprie conclusioni nel giudizio di primo grado, ma non ha fatto alcun cenno alle istanze istruttorie non ammesse né nelle comparse conclusionali né nelle note di replica del giudizio di primo grado.
L’appellante non ha formulato specifiche critiche al provvedimento che non ha ammesso le prove dedotte, né ha indicato per quali ragioni l’assunzione di tale prova sarebbe stata dirimente ai fini del decidere.
La quarta censura è, quindi, infondata e va rigettata.
* * * 5. Sulla prima censura di appello.
con la prima censura si duole del fatto che il Giudice di primo grado ha accolto l’eccezione di decadenza sollevata dalla L’appellante lamenta inoltre che il Giudice di primo grado avrebbe errato nell’applicare l’art. 2527 comma 3 c.c. (nella formulazione antecedente alla modifica introdotta dall’ art. 8 D. Lgs 6/2003) e nell’interpretazione del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13722/16.
afferma che il Giudice di primo grado avrebbe errato nel ritenere che, l’introduzione del giudizio arbitrale in data 10/10/2003 e poi il successivo ricorso innanzi la Commissione Regionale di Vigilanza, non avrebbero sospeso il termine di 30 giorni ex art. 2527 c.c..
Corte ritiene il momento dal quale far decorrere i trenta giorni per proporre opposizione così come previsto dall’art. 2527 c.c. (nella formulazione vigente all’epoca) è la comunicazione della delibera della che ha escluso dalla qualifica di socio.
Il termine di decadenza risulta spirato anche ove si ritenesse che i vari atti di impugnazione avessero avuto effetto sospensivo o interruttivo del termine stesso.
Invero, nell’ipotesi più favorevole all’odierno appellante, considerando solo la delibera della Commissione Regionale di Vigilanza, risulta che questa si è pronunciata il 16/6/2015, con provvedimento comunicato a il 13/10/2016.
Questi da quel momento avrebbe, quindi, avuto 30 giorni per impugnare la delibera di esclusione innanzi al competente Tribunale.
L’appellante ha però evocato in giudizio la innanzi al Tribunale di Massa con atto di citazione notificato il 12/12/2016 e quindi, quasi 60 giorni, ben oltre i termini decadenziali di cui all’art. 2527 c.c. applicabile ratione temporis.
Risulta, inoltre, che il ragionamento logico giuridico seguito dal Giudice di prime cure, che ha rigorosamente applicato il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione (cfr. Cass. SS.UU. 13722/16), è immune da vizi.
La prima censura è, quindi, infondata e va rigettata.
* * * 6. Sulla seconda e terza censura di appello.
La seconda e la terza censura di appello devono essere trattate congiuntamente perché relative agli importi richiesti per l’occupazione senza titolo dell’immobile.
Parte appellante con la seconda censura impugna la pronuncia di primo grado sotto tre profili:
A) l’erroneità della decisione nella parte in cui il Giudice di prime cure, dopo aver accolto l’eccezione di decadenza della , ha disposto il rilascio dell’immobile e il pagamento di un’indennità per indebita occupazione senza tener conto delle variazioni di valore del mercato e sulla base di una CTU non congrua;
B) l’erroneità della decisione nella parte in cui il Tribunale ha omesso di scomputare dall’indennità di occupazione gli importi già versati dall’appellante e di compensare tali ) l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha omesso di riconoscere a il risarcimento dei vizi riconosciuti dal CTU all’immobile.
Parte appellante con la terza censura si duole del fatto che il Giudice di prime cure ha omesso di pronunciarsi sull’eccezione di prescrizione dei crediti vantati dalla L’appellata, invece, sostiene che il proprio diritto non potrebbe ritenersi prescritto alla luce del fatto che il termine prescrizionale dovrebbe ricorrere dal momento in cui diviene definitiva la decisione sulla legittimità dell’esclusione dell’appellante dalla qualità di socio.
* * * Quanto al primo profilo (A) della seconda censura, si duole del fatto che il Giudice di primo grado, da un lato ha disposto il rilascio dell’immobile e, dall’altro, ha ritenuto immune da vizi l’elaborato del consulente tecnico peritale che avrebbe proceduto all’esame dei luoghi mediante un’ispezione meramente visiva compiuta diversi anni dopo i danni lamentanti.
L’appellante asserisce che il mancato raffronto da parte del CTU tra ciò che ha potuto visionare personalmente e la documentazione degli anni 2002 e 2003 non gli avrebbe permesso di fornire una valutazione realistica sul bene.
aggiunge che il CTU, Ingegnere avrebbe attribuito il valore locativo all’immobile pari a 970,00 euro al mese dall’anno 2003 al 2020 senza tenere conto delle variazioni dei prezzi degli immobili e della zona periferica di costruzione, dato fondamentale utile ad incidere sulla valutazione del canone.
La censura, quanto alla doglianza relativa al rilascio, è infondata La Corte rileva come tale pronuncia è consequenziale al rigetto della opposizione alla delibera di esclusione.
Invero, , a far data dalla delibera di esclusione, non è più socio della , titolo presupposto per poter detenere l’alloggio.
L’immobile deve, quindi, essere rilasciato con conseguente pagamento dell’indennità di occupazione per l’illegittima detenzione dell’immobile.
La censura è, invece, fondata in relazione alla doglianza sulla determinazione del canone.
al canone di locazione, utilizzato quale parametro per determinare l’indennità di occupazione, il CTU ha indicato l’importo di 970,00 euro al mese dal 2003 al 10/3/2021 senza alcuna variazione.
Il CTU ha stimato il canone di locazione moltiplicando la rendita catastale per i coefficienti di rivalutazione e calcolando la mensilità dovuta in un importo non superiore al 10% del valore catastale del bene.
Il CTU ha eseguito poi una valutazione del canone sul valore di costruzione considerando la media nell’arco di tempo oggetto di occupazione e giungendo al medesimo risultato fornito dal valore catastale.
La Corte osserva che entrambi i parametri impiegati dal consulente tecnico non permettono di quantificare correttamente il canone di locazione con riferimento allo specifico bene, alle condizioni nelle quali si trovava e a valori di locazione coerenti con il mercato.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella pronuncia n. 33645/2022 ha affermato che “nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo, che è andata perduta”, e che “se il danno da perdita subita di cui il proprietario chieda il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato” (Cass. SS.UU. 33645/2022). I criteri utilizzati dal CTU non rispondono in concreto alla stima del valore di mercato in quanto attengono ai meri valori catastali, relativi alle vicende tributarie del bene, e privi di significato nel mercato delle locazioni immobiliari.
Si deve quindi procedere ad una valutazione equitativa del danno tramite i valori OMI, specifici per le locazioni immobiliari, che tengono conto delle condizioni del bene e della zona in cui esso è ubicato.
La Corte ritiene di dover far riferimento agli importi indicati dall’OMI per immobili analoghi, siti nella zona ove si trova il bene di cui si discute, considerando i valori minimi, attesa la natura della costruzione di edilizia residenziale cooperativa, valori ulteriormente ridotti per le condizioni in cui si trovava il bene come risultante dalle fotografie allegate alla CTP dell’architetto (cfr. doc. 18 ) e alla CTU dell’ingegnere (cfr. pagg. 8-16 CTU Il valore di locazione, impiegando le tabelle OMI e i criteri sopra indicati va determinato al maggio del 2012 in 3,00 euro al metro quadrato, a fronte della superficie utile del bene, individuata dalla CTU dell’ingegnere (cfr. pag. 23 CTU , di 183,14 mq. Il canone mensile al maggio 2012 è, quindi, pari a 549,42 euro (cioè 3,00 euro x 183,14 mq). Quantificato il canone mensile di locazione, occorre esaminare la terza doglianza di appello relativa alla prescrizione del diritto azionato dalla.
Infatti, con la terza censura si duole del fatto che il Giudice di prime cure avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione di prescrizione dei crediti vantati dalla L’appellata sostiene che il proprio diritto non potrebbe ritenersi prescritto alla luce del fatto che il termine prescrizionale dovrebbe ricorrere dal momento in cui diviene definitiva la decisione sulla legittimità dell’esclusione dell’appellante dalla qualità di socio.
La Corte osserva che gli effetti della delibera di esclusione decorrono dal momento della inopponibilità della stessa, ovvero, decorsi trenta giorni dalla comunicazione della esclusione che va tassativamente impugnata davanti all’autorità giudiziaria ordinaria (Cass. SS.UU. 12206/2006).
La delibera di esclusione è stata comunicata a in data 11/9/2003 e tale provvedimento è divenuto esecutivo dopo trenta giorni in mancanza di una idonea opposizione.
Ciò premesso, l’occupazione senza titolo è un illecito extracontrattuale che si protrae nel tempo e che si prescrive in cinque anni ai sensi dell’art. 2947 c.c..
La ha provveduto a richiedere l’indennità di occupazione solo con la comparsa di costituzione in via riconvenzionale del 23/4/2017, né ha formulato difese sull’esistenza di anteriori atti interruttivi del decorso del termine prescrizionale.
Risulta, quindi, prescritto il diritto ad ottenere l’indennità di occupazione per il periodo che va dal 11/10/2003 al 23/4/2012.
Va, di conseguenza, accolta la doglianza dell’appellante relativa all’omessa impugnata con condanna dell’appellante al versamento dell’indennità di occupazione dal maggio 2012 sino all’effettivo rilascio.
Il canone mensile, come sopra indicato, calcolato al maggio del 2012 è pari a 549,42.
Euro, va computato, come detto, per tutte le mensilità da maggio 2012 sino all’effettivo rilascio ed è produttivo di rivalutazione (trattandosi di debito di valore) e interessi legali dalle singole scadenze al saldo.
* * * Quanto al secondo profilo di doglianza (B) della seconda censura, l’appellante lamenta che il Giudice di prime cure nel calcolare l’indennità di occupazione avrebbe errato non scomputando gli importi già corrisposti alla L’appellante ha formulato la propria censura nei seguenti termini:
“… avendo dunque il versato le suddette somme, se queste ultime non fossero debitamente considerate, ossia detratte dal calcolo del dovuto a titolo d’indennità di occupazione, ne deriverebbe un ingiustificato arricchimento a favore dell’odierna appellata;
il si troverebbe a dover pagare un’indennità di occupazione dal 2004 in poi oltre ad aver già versato relativamente all’alloggio che ci occupa, dalla data del proprio ingresso nella cooperativa fino alla data della proposizione dell’impugnativa della delibera di esclusione a socio innanzi al Collegio Arbitrale, la somma complessiva di € 44.833,67, di cui € 39.476,17 per quota capitale sociale, avanzamento lavori della casa, interessi passivi avanzamento lavori casa, saldo unità immobiliare “C5” , interessi passivi avanzamento e allacci Enel e GasRAGIONE_SOCIALE e di cui € 5.357,50 quali rate di mutuo fondiario accesso presso la (cfr. docc. 3-13 fascicolo parte attrice primo grado). Somma che porta al totale di circa 104.000,00 Euro come sopra indicato poichè dovranno considerarsi anche Euro circa 60.000,00 di contributi ministeriali, percepiti a nome del socio da parte della cooperativa che quest’ultima non ha mai rendicontato, nonostante più volte sollecitata sul punto dall’odierno appellante e dal suo difensore e che nemmeno il Ctu ha potuto considerare come sopra detto.
… il si troverebbe ad aver corrisposto una somma capitale per un alloggio assegnatoli ma mai trasferitogli e che oggi sarebbe obbligato a restituire ed al tempo stesso a pagare una somma per l’indebita occupazione.
Ma delle due l’una o è tenuto a di mutuo) o è tenuto a pagarne un’indennità di occupazione” (cfr. pagg. 17 e 18 appello).
La Corte osserva che la doglianza è solo in parte fondata.
Invero, a seguito della delibera di esclusione, che, come detto, risulta legittima perché non opposta tempestivamente, trova applicazione l’articolo 14 dello Statuto della COOPERATIVA che, in relazione al socio che sia receduto o che sia stato escluso, precisa che “ha diritto, previa deduzione di ogni debito di qualsiasi natura verso la società, al rimborso delle quote versate, dedotte delle spese di Amministrazione e di Costituzione” (cfr. doc.
1 È stata disposta CTU contabile in primo grado e il consulente , esaminati tutti i documenti prodotti in giudizio, ha così riepilogato la controversia sotto il profilo economico:
“(a) la quota sociale da versare alla per acquisire la qualifica di socio, così come determinata nello statuto modificato con atto del 22.09.1999, è pari a Lire 500.000;
(b) la Cooperativa stipula un mutuo finalizzato alla costruzione di alloggi da assegnare ai soci e, usufruendo delle disposizioni di cui al Testo Unico sull’Edilizia Economica Popolare del 1938 (e successive modifiche), a stato avanzamento lavori percepisce contributi Ministeriali da ridistribuire in quota parte ai soci assegnatari;
(c) la consegna al sig. alloggio avente un costo (IVA compresa) pari a Lire 303.307.411 (€ 156.645,20) a fronte del quale lo stesso sottoscrive un contratto di “frazionamento mutuo” per Lire 230.000.000 (€ 118.785,09);
(d) il sig. , a seguito di varie contestazioni rivolte alla Società, non rispetta il pagamento del suddetto mutuo e delle spese amministrative e di gestione della Cooperativa, cosicché quest’ultima si vede costretta a pagare anche il debito residuo dovuto dal sig. , nonché le spese inerenti il “Lodo Arbitrale” sostenute per Suo conto in quanto poste a Suo carico dal Collegio Giudicante (per un totale di € 16.082,00 oltre accessori di legge).
” (cfr. CTU CTU ha quindi precisato “Corre l’obbligo evidenziare come dai documenti riscontrati in atti emerga la mancanza di documentazione contabile/amministrativa (quale, a solo titolo di esempio:
estratti conto o parte di essi, piani di rimborso/ammortamento dei mutui/finanziamenti stipulati dalla Cooperativa, contabili/specifiche/distinte di pagamento e/o eventuali delibere assembleari da cui evincere eventuali interessi passivi bancari e le spese amministrative e di gestione della Cooperativa da porre a carico di ogni singolo socio, ecc…) che, se presente, avrebbe potuto consentire una ricostruzione dei rapporti dare/avere tra le parti più puntuale” (cfr. CTU pag.7).
La Corte a tale riguardo osserva, come sopra indicato, che, da un lato, parte attrice non ha formulato alcuna istanza volta ad ottenere un ordine di esibizione nei confronti della e che, dall’altro, non ha assolto l’onere probatorio sullo stesso incombente quanto a spese e oneri anticipati, se non nei limiti di quanto individuato nei documenti dalla CTU (cfr. CTU Risulta dai documenti prodotti dalle parti nel corso del giudizio (cfr. tabella di pagina 17 della CTU Pelliccia) che ha versato alla seguenti importi documentati: Data Importo lire Importo euro Causale/Rif. Rata 09/03/1998 15.500.000 8.005,08 09/10/2000 15.000.000 7.746,85 06/02/2001 10.670.000 5.510,60 09/07/2001 1.765.520 911,81 allacci enel/gas 17/07/2001 3.500.000 1.807,60 interessi passivi 17/07/2001 30.000.000 15.493,71 03/07/2002 770,21 31/07/2002 774,11 02/09/2002 774,11 settembre 2002 30/09/2002 774,11 ottobre 2002 31/10/2002 763,24 novembre 2002 02/12/2002 763,24 dicembre 2002 06/03/2003 738,48 febbraio 2003 05/03/2004 10.815.334 5.585,65 restituzione IVA 05/03/2004 10.946.979 5.653,64 contributo statale a credito Vanno computati tutti gli importi indicati ad eccezione del “contributo statale a credito”. Invero, tutti i diversi importi sopra elencati sono o quote versate alla o ratei del mutuo (riconducibili a quote) o importi comunque dovuti dalla proprietà (come tali rientranti nelle quote pertoccanti a ciascun socio).
Tali importi, ai sensi dell’articolo 14 dello Statuto costituiscono, quindi “quote versate”, cioè somme versate da per l’alloggio che vanno restituite a seguito dell’esclusione del socio (il socio escluso “ha diritto, previa deduzione di ogni debito di qualsiasi natura verso la società, al rimborso delle quote versate, dedotte delle spese di Amministrazione e di Costituzione” cfr. art. 14 dello Statuto della COOPERATIVA).
Invero, l’alloggio, a seguito dell’esclusione del socio, è ritornato nella titolarità della che potrà riassegnarlo a un socio in possesso dei requisiti richiesti.
Il “contributo statale a credito” è, invece, una posta che viene riconosciuta dal Ministero o dalle competenti autorità amministrative al promissario dell’alloggio in quanto socio della soggetta a specifiche agevolazioni.
La perdita della qualità di socio non permette quindi la ripetizione di tale importo, peraltro non richiamato dall’articolo 14 dello Statuto.
Va, quindi, riconosciuto l’importo di 50.418,80 euro (cioè 56.072,44 – 5.653,64) e da tale somma vanno detratte le “spese di Amministrazione e di Costituzione” come provate dalla ai sensi dell’articolo 14 dello Statuto (cfr. doc. 1 ).
Risulta a tale riguardo che il CTU ha indicato a pagina 16 del proprio elaborato che erano state documentate “spese amministrative e di gestione non contestate” per 2.719,41 euro come dovute alla Risulta, quindi, dovuto dalla l’importo di 47.699,39 euro (cioè 50.418,80euro meno 2.719,41 euro), oltre interessi legali, trattandosi di debito di valuta, dalla domanda al saldo.
Quanto alla compensazione dei reciproci crediti delle parti in causa, la Corte rileva che trattandosi di poste di diversa natura (debito di valore l’uno e di valuta l’altro), con diverse decorrenze degli interessi, non è possibile procedere ad alcuna compensazione.
doglianza relativa ad ulteriori importi asseritamente dovuti in restituzione è, invece, infondata.
La Corte osserva che per quanto concerne gli ulteriori importi non si tratta di somme versate da , ma di contributi regionali o erogati dal Ministero dell’Interno riconosciuti per la natura dell’operazione immobiliare in relazione ai quali non è mai stata dimostrata la mancata restituzione per i versamenti effettuati dall’appellante.
La doglianza è pertanto infondata e va rigettata.
* * * Quanto al terzo profilo di doglianza (C), lamenta il rigetto della domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno per i vizi riscontrati dal CTU nell’immobile.
Il Tribunale di Massa, invero, ha ritenuto fondata l’eccezione di decadenza e prescrizione di cui agli 1490 e 1495 c.c. formulata dalla La doglianza è infondata.
La Corte osserva che ha formulato questa porzione di doglianza nei seguenti termini:
“Si osserva inoltre come il Giudicante in maniera sbrigativa, consideri assorbite tutte le altre questioni relative ai difetti costruttivi ed ai lamentati danni denunciati stante la mancata dimostrazione dei termini prescrizionale e decadenziale previsti ex artt. 1490 e 1495 cc. A ben vedere tali termini per l’esercizio delle azioni edilizie appaiono ampiamente rispettati e dunque priva e destituita di fondamento è l’eccezione svolta da controparte e riconsiderata dal Giudicante, posto che l’odierno attore ha contestato tempestivamente i vizi e le carenze dei lavori di realizzazione dell’immobile assegnato (cfr. in via esemplificativa comunicazione del 10.10.2002 doc. 16 fascicolo di parte attrice). Anche sotto tale profilo la sentenza dovrà essere riformata” (cfr. pag. 19 appello).
La censura è, quindi relativa ai soli danni all’immobile.
La Corte osserva che la già in primo grado aveva formulato plurime eccezioni e in particolare quella di difetto di legittimazione attiva dell’attore (per non essere titolare del bene in ha reiterato tali eccezioni e difese, evidenziando l’infondatezza della doglianza dell’appellante.
La Corte rileva che la decadenza di dalla qualità di socio comporta il venir meno della sua legittimazione attiva ad ottenere il risarcimento dei danni all’immobile non potendo costui vantare alcun diritto su tale bene.
La doglianza è infondata e va rigettata.
* * * 7. Sulla quinta censura di appello e sulla pronuncia in punto spese.
Parte appellante con la quinta censura ha chiesto che, in accoglimento delle proprie domande, venisse riformata la sentenza di primo grado anche in punto spese.
L’accoglimento parziale dell’appello comporta la necessità di riformare la sentenza impugnata anche in punto spese.
Risulta possibile al termine del giudizio procedere a parziale compensazione delle spese di lite nella misura della metà, atteso il complessivo esito delle domande formulate.
va condannato a rifondere alla controparte il restante 50% delle spese di giudizio.
Le spese di lite vanno liquidate sulla base del D.M. 10/3/2014 n. 55, come modificato dal D.M. 147/2022, e dei relativi criteri, tenendo conto del decisum, nei valori medi (scaglione fino a 260.000,00 euro), come segue (Cass. 19482/2018 – Cass. 34575/2021 – Cass. 12537/2019):
-primo grado:
fase di studio 2.552,00 euro, fase introduttiva 1.628,00 euro, fase trattazione 5.670,00 euro, fase decisoria 4.253,00 euro (totale 14.103,00, operata la compensazione parziale 7.051,50 euro);
-secondo grado:
fase di studio 2.977,00 euro, fase introduttiva 1.911,00 euro, fase trattazione 4.326,00 euro, fase decisoria 5.103,00 euro (totale 14.317,00 euro, operata la compensazione parziale 7.158,50 euro).
Le spese di CTU, necessitate ed utili per entrambe le parti, così come già liquidate dal Tribunale, nei rapporti interni tra le stesse, seguono del pari la soccombenza, e vanno poste a carico di nella misura di tre quarti e a carico della nella misura di un quarto.
.Q.M.
LA CORTE D’APPELLO DI GENOVA Sezione Prima Civile
visti gli artt. 359 e 279 c.p.c., ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, definitivamente pronunciando, nel giudizio di appello proposto da nei confronti avverso la sentenza n. 545/2023 emessa dal Tribunale di Massa e pubblicata il 26/9/2023, in parziale accoglimento delle censure di appello, CONDANNA al pagamento a favore della della somma mensile di € 549,42 dal 31 maggio 2012 all’effettivo rilascio a titolo di risarcimento del danno, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dalle singole scadenze al saldo; CONDANNA al pagamento a favore di dell’importo di 47.699,39 euro, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;
COMPENSA tra le parti le spese di lite nella misura della metà CONDANNA a rifondere in favore della la restante metà delle spese legali liquidate per il primo grado in 7.051,50 euro a tiolo di compensi e in 491,05 euro a titolo di esposti e per il presente grado in 7.158,50 a titolo di compensi, oltre al rimborso forfetario ex art. 2, co. 2, D.M. n. 55/2014 (come modificato dal D.M. 147/2022), I.V.A. se non detraibile dalla parte vittoriosa, C.P.A. come per legge, per entrambi i gradi, e alle successive spese occorrende; PONE le spese di CTU, nei rapporti interni tra le parti, come già liquidate nel corso del giudizio di primo grado, a carico di nella misura di tre quarti e carico della nella misura di un quarto;
CONFERMA per il resto la sentenza di primo grado n. 545/2023 emessa dal Tribunale di Massa e pubblicata il 26/9/2023.
Così deciso in Genova, nella Camera di Consiglio del giorno 9/10/2024.
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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