REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI GENOVA SEZIONE LAVORO composta da:
NOME COGNOME PRESIDENTE NOME COGNOME CONSIGLIERE NOME COGNOME CONSIGLIERA REL.
all’esito di discussione mediante trattazione scritta in sostituzione dell’udienza del 24 ottobre 2024 ha pronunciato la seguente
SENTENZA _N._266_2024_- N._R.G._00000124_2023 DEL_05_11_2024 PUBBLICATA_IL_06_11_2024
nella causa di lavoro iscritta al n. R.G. 124 /2023 promossa da:
(C.F. assistiti e difesi dagli Avvocati NOME COGNOMEC.F. e NOME COGNOMEC.F. appellanti C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. C.F.(C.F. ), assistito e difeso dall’Avv. RITA ASSUNTA NOME COGNOME appellato
OGGETTO: Altre controversie in materia di previdenza obbligatoria
CONCLUSIONI
per gli appellanti:
come da nota per trattazione scritta.
per l’appellata:
come da nota per trattazione scritta.
RAGIONI DI FATTO
E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 213/2022 pubblicata in data 25 ottobre 2022 il Tribunale di Savona ha rigettato il ricorso proposto in data 8.8.2022 da nei confronti dell’ ritenendo prescritto il diritto dei ricorrenti ad ottenere l’indennità di cassa integrazione guadagni dal 17.8.1994 al 16.2.1996, al pari degli altri dipendenti/soci della RAGIONE_SOCIALE, che in detto periodo erano stati collocati in GIGS.
Secondo il Tribunale siccome l’ con verbale in data 8.4.1995 aveva accertato che i ricorrenti, sebbene formalmente dipendenti della dovevano essere considerati dipendenti della RAGIONE_SOCIALE, detta data costituiva il dies a quo ai fini della decorrenza del termine di prescrizione decennale per ottenere il pagamento della CIGS da parte dell’ Non assumeva per contro rilevanza il giudizio dagli stessi promosso nei confronti della fine di ottenere l’insinuazione nel passivo dei rispettivi crediti, anche a titolo di giudizio definito con sentenza della Corte d’Appello di Genova n. 130 in data 30.1.2013, non impugnata. Ciò in quanto la decisione non aveva portata costitutiva del rapporto di lavoro e non era comunque opponibile all’ .
I ricorrenti avrebbero potuto e dovuto avanzare richiesta di pagamento all’ nel momento in cui l’Istituto aveva emesso il verbale di accertamento in data 8.4.1995, a nulla valendo la proposizione della domanda nei confronti del datore di lavoro.
Ω Ω Ω Con ricorso depositato in data 20/04/2023 i ricorrenti indicati in epigrafe propongono appello sulla base dei seguenti motivi:
1) erroneità della statuizione in punto a prescrizione.
Se è vero che con verbale ispettivo in data 8.4.1995 l’ aveva sostenuto che, sulla scorta degli accertamenti effettuati dall’Ispettorato del Lavoro di Savona, i ricorrenti erano da considerarsi dipendenti della RAGIONE_SOCIALE, è altrettanto vero che la coatta amministrativa aveva rifiutato di formalizzare il rapporto di lavoro con i ricorrenti sino al deposito della sentenza n. 130/2013 della Corte d’Appello di Genova, di conferma della sentenza del Tribunale di Savona n. 360/2005, decisioni rese nel giudizio di insinuazione tardiva nello stato passivo proposto dai ricorrenti sul presupposto dell’applicabilità ai rapporti dell’art. 1 della legge n. 1369/1960. Solo dopo il deposito della sentenza della Corte d’Appello di Genova n. 130/2013, il rapporto di lavoro era stato formalizzato dalla e i crediti iscritti nello stato passivo, rendendo i lavoratori legittimati a richiedere all l’indennità di cassa integrazione:
tale era ricavabile dall’art. 3 della legge n. 223/1991, secondo cui “Il trattamento viene concesso su domanda del curatore, del liquidatore o del commissario”, con ciò presupponendo un rapporto di lavoro riconosciuto e formalizzato.
2) Erroneità della sentenza resa dal Tribunale di Savona in ragione della mancata ammissione delle istanze istruttorie avanzate dai ricorrenti, avendo il Tribunale omesso di acquisire dai Commissari liquidatori della RAGIONE_SOCIALE
le richieste di pagamento dell’indennità di cassa integrazione guadagni presentate all 3) Erroneità della statuizione in punto a spese.
Nella fase amministrativa aveva respinto le domande dei lavoratori adducendo a ragioni differenti da quelle spese per difendersi in giudizio;
il giudice di prime cure avrebbe quindi dovuto ritenere sussistenti le “gravi e eccezionali ragioni” di cui all’art. 92, comma 2, c.p.c. e disporre la compensazione delle spese di lite.
Ritualmente costituitosi in giudizio l contesta la fondatezza dell’appello chiedendone il rigetto.
Con ordinanza in data 16.1.2024 il Collegio ha ordinato all’ produrre in giudizio la richiesta di cassa integrazione guadagni presentata dai Commissari liquidatori della RAGIONE_SOCIALE , fissando successiva udienza di discussione mediante trattazione scritta.
All’esito del deposito delle note la causa è stata decisa alla camera di consiglio del 30 ottobre 2024 sulla base dei seguenti motivi.
Ω Ω Ω ’appello è fondato, non essendo condivisibile la valutazione del Tribunale in punto a decorrenza della prescrizione e conseguente estinzione del diritto dei lavoratori.
Deve premettersi che non è in discussione la legittimazione dei lavoratori a richiedere all’ l’erogazione della cassa integrazione guadagni non corrisposta dal datore di lavoro;
legittimazione affermata nella sentenza impugnata e che lo stesso rivendica sin dalla costituzione avanti al giudice di prime cure, contestando ai ricorrenti di essersi attivati solamente presso il datore di lavoro omettendo di interrompere la prescrizione nei confronti dell’ente previdenziale.
Ritenere come ha fatto il Tribunale che i lavoratori avessero l’onere di attivarsi nei confronti dell sin dall’emissione del verbale ispettivo dell’8.4.1995 è tuttavia errato, stante l’autonomia esistente tra rapporto di lavoro e rapporto previdenziale;
tanto è vero che ai ricorrenti non è bastato far riferimento all’accertamento ispettivo per ottenere l’ammissione al passivo dei loro crediti nella liquidazione coatta amministrativa della RAGIONE_SOCIALE
, avendo i commissari liquidatori contestato la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della legge n. 1369/1960.
Il Tribunale di Savona adito dai lavoratori, istruita la causa mediante escussione testimoniale, ha accertato la sussistenza della fattispecie di mera fornitura di manodopera e conseguentemente imputato alla in rapporto di lavoro formalmente intercorso tra i ricorrenti e la.
A seguito dell’impugnazione della sentenza da parte dei commissari liquidatori, detto accertamento è divenuto definitivo solamente con la sentenza della Corte d’Appello di Genova n. 130/2013, pubblicata in data 16.1.2013 e passata in in data 16.7.2013, radicando pertanto in capo ai lavoratori la legittimazione a pretendere che il datore di lavoro anticipasse l’erogazione della quale delegato ex lege al relativo pagamento, e di seguito, stante l’inadempimento del datore di lavoro, a rivolgere la relativa domanda direttamente all’ Le richieste di pagamento dell’indennità di cassa integrazione sono state inoltrate dai ricorrenti all’ in data 13.12.2021 e pertanto entro il termine prescrizionale decennale. Il termine di prescrizione applicabile è infatti quello decennale.
Il credito maturato durante il periodo di cassa integrazione, in quanto non compensativo di prestazioni di lavoro effettivamente rese, ha natura previdenziale e non retributiva, essendo inteso ad assicurare mezzi adeguati alle esigenze di vita del lavoratore temporaneamente ed involontariamente disoccupato, con conseguente soggezione alla prescrizione ordinaria decennale.
La giurisprudenza invocata dall’ a supporto della quinquennalità del termine prescrizionale non è peraltro pertinente, in quanto con la sentenza n. 20/04/2021, n. 10376 la Suprema Corte si è pronunciata sulla diversa ipotesi di richiesta di pagamento da parte del lavoratore della differenza tra la CIG percepita nei periodi di sospensione dal lavoro e la retribuzione effettivamente dovuta.
Per quanto sopra esposto l’appello va accolto nei termini di cui al dispositivo, con le conseguenze di legge in ordine alle spese.
Visto l’art. 127 ter c.p.c. accoglimento dell’appello accerta il diritto dei ricorrenti a percepire l’indennità per cassa integrazione guadagni per il periodo dal 17.8.1994 al 16.2.1996 e condanna l’ a pagare a tale titolo a 11.972,96, a € 3.735,47, a € 9.187,16, a € 11.872,96, a € 9.176,16, a 9.187,16, a € 8.824,52, a 11.872,96, a € 11.872,96, a € 9.187,16, oltre alla maggior somma tra rivalutazione monetaria ed interessi legali con decorrenza dal 121° giorno successivo alla data delle rispettive domande amministrative sino al saldo. Condanna la parte appellata al pagamento in favore degli appellanti delle spese di lite del doppio grado, che liquida in € 8.401,00, oltre 15 % per spese generali, i.v.a. qualora dovuta e c.p.a. come per legge per il primo grado, ed in € 9.500,00, oltre 15 % per spese generali, i.v.a. qualora dovuta e c.p.a. come per legge per il presente grado, con distrazione in favore dei procuratori antistatari.
Così deciso il 30 ottobre 2024 La Consigliera est. La Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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