REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE QUARTA CIVILE così composta:
dr.ssa NOME COGNOME presidente dr.ssa NOME COGNOME consigliere dr. NOME COGNOME consigliere relatore riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._3585_2025_- N._R.G._00001261_2022 DEPOSITO_MINUTA_09_06_2025_ PUBBLICAZIONE_09_06_2025
nella causa civile in grado d’appello iscritta al numero 1261 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2022, decisa all’udienza del giorno 6/06/2025 e vertente TRA (P.I. (C.F. (C.F. con l’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliati in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
PARTE APPELLANTE (C.F. ) quale mandataria di (C.F. , e (C.F. ), con l’avvocato NOME COGNOME, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO sono elettivamente domiciliati;
PARTE APPELLATA C.F. C.F. in qualità di mandataria di (C.F. PARTE APPELLATA CONTUMACE OGGETTO:
appello contro la sentenza n. 13345 pubblicata il 12/8/2021 del Tribunale di Roma.
FATTO E DIRITTO § 1. – La vicenda da cui ha tratto origine il presente giudizio di appello è così riassunta nella sentenza impugnata:
“Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato in data 25.9.2017, quale mandataria di deduceva che, con contratto stipulato in data 28.12.2007 n. AL/NUMERO_DOCUMENTO, RAGIONE_SOCIALE
prometteva alla concederle in locazione finanziaria l’immobile sito nel Comune di Treviso INDIRIZZO acquistato dalla stessa con rogito del 28.12.2007;
che, in data 24.10.2011, era rideterminato il prezzo di compravendita e, in data 21.2.2014, parzialmente modificate le condizioni del contratto di locazione;
che, a seguito del mancato pagamento dei canoni di locazione successivi al novantunesimo, con raccomandata del 21.6.2016, la ricorrente comunicava di volersi avvalere della facoltà di risolvere il contratto ex art. 19 condizioni generali;
che, alla data del 22.6.2017, il complessivo debito maturato dalla era pari ad € 51.967,79, di cui € 46.694,09 per canoni scaduti e € 5.233,70 per interessi di mora.
Concludeva quindi chiedendo di dichiarare risolto il contratto di locazione finanziaria ex art. 1456 c.c. e condannare la al rilascio dell’immobile Disposto il rinnovo della notifica per incompletezza dell’atto, si costituiva deducendo la nullità del contratto per violazione del divieto di patto commissorio, nonché chiedendo la riunione con il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo chiesto dalla ricorrente per il pagamento dei canoni scaduti e, in subordine, la sospensione.
Con atto di opposizione introduttivo del giudizio R.G. n. 71609/2017, quale debitrice, , quali fideiussori, proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso a favore di per il pagamento dei canoni scaduti, deducendo:
la natura di leasing traslativo del contratto con conseguente diritto alla restituzione delle rate pagate;
la nullità del contratto per violazione del divieto di patto commissorio;
l’usurarietà dei tassi di mora;
la nullità della clausola di indicizzazione e della clausola floor;
la nullità del contratto di fideiussione e delle clausole ivi contenute.
Concludeva quindi chiedendo:
“In INDIRIZZO
revocarsi il decreto ingiuntivo opposto per tutte le ragioni esposte in narrativa;
nel merito, in principalità e in via riconvenzionale:
accertato e dichiarato che il contratto di leasing in oggetto considerarsi quale leasing traslativo, disporsi l’applicazione dell’art. 1526 c.c., condannando in persona del legale rappresentante pro tempore, alla restituzione a favore della dell’importo delle rate riscosse, al netto dell’equo compenso per l’utilizzo della cosa e del risarcimento del danno, per un importo che si indica in misura di € 187.722,38 + IVA se dovuta, o nella diversa somma, maggiore o minore o che risulterà di giustizia e per l’effetto accertare e dichiarare che nulla risulta dovuto dai fideiussori nei confronti di nel merito, in principalità e in via riconvenzionale subordinata:
accertato che il contratto di leasing viola il divieto di patto commissorio, per tutti i motivi esposti in narrazione, dichiararsi la nullità del contratto stesso, con ogni conseguenza di Legge;
in ogni caso, nel merito e in via riconvenzionale: accertato che nel contratto di leasing sono state convenute condizioni economiche usurarie, in violazione della L. n. 108/1996, dichiararsi la nullità delle relative clausole e, per l’effetto, applicarsi la sanzione prevista dall’art. 1815 secondo comma c.c. con riferimento agli interessi, alle remunerazioni ed agli oneri, comunque denominati, collegati all’erogazione del credito;
nel merito, in principalità e in via riconvenzionale ulteriormente subordinata:
nel caso in cui il contratto di leasing sia comunque ritenuto valido, accertato che la penale prevista dall’art. 19 del contratto risulta manifestamente eccessiva per tutti i motivi indicati in narrativa, disporsi la riduzione di tale penale senza comunque tener conto degli interessi convenuti in contratto, dichiarandola pari all’eventuale capitale non rimborsato o alla diversa somma minor o maggiore, che risulterà di giustizia;
In via subordinata gradata, nel merito e in via riconvenzionale:
qualora il contratto venisse considerato a titolo oneroso:
1.accertarsi e dichiararsi la nullità della clausola di indicizzazione per difetto del requisito di univocità nell’individuazione del parametro variabile di indicizzazione e, per l’effetto, disporsi l’applicazione del tasso di interesse sostitutivo ex art. 117 TUB al contratto;
2.accertarsi e dichiararsi la nullità della clausola floor e per l’effetto consentire la libera fluttuazione al ribasso del parametro variabile di indicizzazione, accertando le esatte partite dare/avere tra le parti.
3.accertarsi e dichiararsi la nullità della clausola relativa agli interessi di mora per difetto del requisito di univocità nell’individuazione del parametro EURIBOR di riferimento e, per l’effetto, disporsi l’applicazione del tasso di interesse sostitutivo ex art. 117 TUB al contratto.
In ogni caso: accertarsi e dichiararsi la nullità delle fideiussioni prestate dai sigg.ri per tutti i motivi esposti in atti e per l’effetto dichiarare che nulla essi devono a parte convenuta opposta o, in subordine, accertarsi e dichiararsi la nullità della clausola di deroga all’art. 1939 c.c. e/o accertarsi e dichiararsi la natura accessoria della fideiussione, con ogni conseguenza di legge.
” Si costituiva quale mandataria di contestando i motivi di e chiedendone il rigetto.
Concessa la provvisoria esecuzione del decreto opposto e mutato il rito nel procedimento sommario di cognizione, all’udienza del 28.1.2019 era disposta la riunione dei due giudizi.
Assegnati i termini ex art. 183 6° comma c.p.c. e respinta la richiesta di CTU, la causa era rinviata per la precisazione delle conclusioni e trattenuta in decisione all’udienza del 19.4.2021, svoltasi con la modalità della trattazione scritta, con assegnazione dei termini di legge per il deposito di memorie conclusionali e replica scaduti in data 8.7.2021.
” § 2. – All’esito del giudizio il Tribunale così decideva:
“Accerta l’intervenuta risoluzione del contratto di locazione finanziaria immobiliare n. AL/NUMERO_DOCUMENTO stipulato in data 28.12.2007; condanna (cf/p.iva ) in persona del legale rappresentante p.t., al rilascio in favore della ricorrente del seguente immobile:
“..porzione di fabbricato ad uso ufficio con corte esclusiva di mq. 448 in comune di Treviso, identificata al catasto fabbricati del comune di Treviso sez. C, fg. 5, MN. 1498, sub 14 – INDIRIZZO, Cat. MN TARGA_VEICOLO sub 15 A/10 CL 2^ vani 6,5 sup. cat. Mq. 214 RC euro 1.342,79 tra confini MN 1549, n. 1156 MN 1498 sub 17, 18, 19 MN 1239.”, libero da persone cose e animali;
Respinge l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 19578/17 – R.G. n. 55841/17 emesso dal Tribunale di Roma in data 22.8.2017, da intendersi definitivamente esecutivo;
Respinge tutte le domande svolte da ;
condanna persona del legale rappresentante p.t., , in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali in favore di quale mandataria di nella misura di € 286,00 per spese e € 10.000,00 per compensi, oltre al 15% a titolo di spese generali, IVA e CPA come per legge”.
A fondamento della decisione il primo giudice ha svolto le considerazioni che seguono:
“Premesso che non è oggetto di contestazione il rapporto contrattuale intervenuto tra le parti e l’interruzione nel pagamento dei canoni da parte dell’utilizzatore, cui è seguita comunicazione di risoluzione del concedente in virtù della clausola risolutiva espressa prevista in contratto, con raccomandata del 21.6.2016, inviata alla società e ai garanti (all. 8 fascicolo ricorrente), occorre procedere all’esame dei motivi di opposizioni, volti a far valere la nullità dei contratti e delle condizioni ivi previste, mediante esame separato delle singole doglianze. 1) Natura di leasing traslativo del contratto.
Parte opponente deduce la natura di leasing traslativo del contratto dalla quale fa discendere la richiesta di restituzione dei canoni ex art. 1526 c.c. In realtà, la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo ai fini dell’applicazione analogica dell’art. 1526 c.c. tenda sempre più ad essere superata, come ritenuto di recente anche dalla Cassazione con sentenza n. del 10.5.2019 e n. 8980 del 29.3.2019.
Si dubita infatti che al leasing traslativo, avente una propria specificità, possa applicarsi analogicamente la disciplina della vendita con riserva di proprietà e, più in particolare, l’art. 1526 c.c. in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore (cfr., tra le tantissime, Cass., sez. un., 7.1.1993, n. 65).
Significativa anche la recente sentenza di Cassazione, sez. I n. 8980 del 29/03/2019, che, con riferimento alla normativa di cui alla legge 124 del 2017, evidenzia come la nuova disposizione abbia tipizzato la locazione finanziaria quale fattispecie negoziale autonoma distinta dalla vendita con riserva di proprietà, escludendo la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo e facendo così venir meno una bipartizione che non è fondata su alcuna norma di legge.
A ciò si aggiunga che, l’art. 19 delle condizioni generali di contratto (ultima parte), prevede espressamente l’obbligo dell’utilizzatore di pagare le somme dovute sino alla risoluzione ed, implicitamente, il diritto del concedente a trattenere quelle già riscosse, introducendo quindi una deroga alla previsione di cui all’art. 1526 – 1° comma c.c. come pure consentito dal 2° comma del medesimo articolo.
Neppure la detta clausola può ritenersi in sé illegittima, prevedendo una vera e propria clausola penale eventualmente soggetta a riduzione secondo la previsione di cui all’art. 1384 c.c.
Nel caso odierno, la questione della adeguatezza della clausola penale neppure si pone, in quanto oggetto di ingiunzione sono esclusivamente i canoni scaduti, non anche quelli a scadere.
Né può esaminarsi la domanda di riduzione della penale, atteso che che, in base alla previsione contrattuale, la detta penale andrà calcolata tenendo conto del valore dell’immobile restituito per come ricollocato sul mercato.
Sino alla detta restituzione dell’immobile – che neppure è dedotto ad oggi sia avvenuta – non potrà essere determinata né la misura della penale né la sussistenza dei presupposti per una eventuale riduzione.
Deve quindi ritenersi infondata la domanda di restituzione dei canoni pagati.
2) Nullità del contratto per violazione del divieto di patto commissorio Le parti, in data 28.12.2007, hanno stipulato un contratto di locazione finanziaria avente ad oggetto l’immobile sito in Treviso, venduto in pari data dalla stessa alla RAGIONE_SOCIALE
Assumono gli opponenti che l’operazione così strutturata integri un patto commissorio vietato secondo la previsione di cui all’art. 2744 c.c. In proposito la Cassazione afferma che:
“Il “sale and lease back” configura un contratto d’impresa socialmente tipico che, come tale, è, in linea di massima, astrattamente valido, ferma la necessità di verificare, caso per caso, la presenza di elementi sintomatici atti ad evidenziare che la vendita sia stata posta in essere in funzione di garanzia e sia volta, pertanto, ad aggirare il divieto del patto commissorio.
A tal fine, l’operazione contrattuale può definirsi fraudolenta nel caso in cui si accerti, con una indagine che è tipicamente di fatto, sindacabile in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della correttezza della motivazione, la compresenza delle seguenti :
l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest’ultima, la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente”.
(Cass. Ordinanza n. 4664 del 22/02/2021 (Rv. 660707 – 01); ed anche Cass. n. 21042 del 11/09/2017; n. 5438 del 14/03/2006; n. 1273 del 21/01/2005).
Nel caso in questione, neppure viene allegato prima ancora che provato alcun elemento sintomatico di una possibile finalità di garanzia piuttosto che di finanziamento dell’operazione, né dedotta l’esistenza di una pregressa situazione di debito / credito tra la società finanziaria e l’utilizzatrice, di difficoltà finanziaria della società o anche una sproporzione tra il valore del bene e il prezzo corrisposto.
La fattispecie è quindi riconducibile non al vietato patto commissorio, bensì eventualmente al “patto marciano” che ha trovato ingresso in materia bancaria con la previsione di cui all’art 48 bis del D.Lgs. 385/1993 inserito dal D.L. n. 59/2016 convertito nella L. n. 119 del 3.7.2016 (Decreto Banche) ed alla cui previsione deve farsi riferimento quanto al criterio di stima dell’immobile in caso di inadempimento.
L’eccezione di nullità del contratto deve pertanto ritenersi infondata e respingersi.
3) Usura dei tassi di mora Con riguardo alla sollevata eccezione di usurarietà del tassi, deve evidenziarsi che in contratto è previsto un tasso di leasing pari al 6,1% (art. 4) nonché un tasso di mora di:
“8 punti oltre il tasso dell’Euribor vigente alle singole inadempienze” (art. 8), con la precisazione che “laddove questo risultasse superiore al tasso soglia previsto dal combinato disposto di cui all’art. 644 c.p. e art. 2 punto 4 L. 108/1996, all’epoca vigente, al suddetto titolo sarà applicato quest’ultimo tasso”.
Premesso che alcuna contestazione viene sollevata con riguardo al tasso di leasing, quanto al tasso di mora deve innanzitutto rilevarsi come una tale previsione introduca non un tasso già predeterminato, bensì un criterio di calcolo da utilizzare con riguardo al momento in cui ricorrano i presupposti per l’applicazione.
Inoltre, l’inserimento in contratto della c.d “clausola di salvaguardia”, volta ad una riduzione dell’interesse di mora entro il parametro del tasso soglia ove criterio indicato determini superamento momento dell’applicazione, impedisce a monte ogni possibile superamento del tasso soglia.
Sulla legittimità della detta clausola, si è pronunciata tanto la giurisprudenza di merito quanto quella di Cassazione in quanto volta a precludere a monte ogni possibile superamento del tasso soglia e ad escludere in ogni caso l’usurarietà del contratto (cfr. Trib. Milano, 3.12.2014; Trib. Roma, 16.9.2014; Trib. Napoli, 4.6.2014 e 9.1.2014, Cassazione civile n. 27586 del 29/10/2019 e n. 26286 del 17.10.2019).
Significativa al riguardo la recente pronuncia resa dalla Cassazione a sezioni Unite, n. 19597/20, la quale ha evidenziato come “la valutazione dell’usurarietà attiene all’interesse concreto applicato dopo l’inadempimento”, a conferma quindi della validità della clausola di salvaguardia ove assicuri che il tasso concretamente applicato rimanga entro i limiti.
Nel caso in questione, l’opponente neppure allega la disapplicazione di detta clausola di salvaguardia né deduce e prova l’applicazione in concreto di tassi di mora superiori a quelli soglia.
Con la richiamata sentenza a sezioni unite, la Cassazione ha altresì rimarcato un preciso onere di allegazione della parte che deduca l’usurarietà degli interessi, affermando che:
“L’onere probatorio nelle controversie sulla debenza e sulla misura degli interessi moratori, ai sensi dell’art. 1697 c.c., si atteggia nel senso che, da un lato, il debitore, il quale intenda provare l’entità usuraria degli stessi, ha l’onere di dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso moratorio in concreto applicato, l’eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m.
nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento;
dall’altro lato, è onere della controparte allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell’altrui diritto”.
Nel caso in questione, l’onere di specifica allegazione dei periodi in cui il tasso di mora applicato abbia eventualmente superato il tasso soglia ed in quale misura, è rimasto del tutto inadempiuto.
Si aggiunga inoltre che, nella valutazione di eventuale usurarietà, va tenuto conto della maggiorazione richiamata dalla medesima sentenza, in linea con quanto già precedente affermato in giurisprudenza, secondo cui:
“La mancata indicazione dell’interesse di mora nell’ambito del T.e.g.m. non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali, i quali contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali, statisticamente rilevato in modo del pari oggettivo ed unitario, essendo questo idoneo a palesare che una clausola sugli interessi moratori sia usuraria, perché “fuori mercato”, donde la formula:
“T.e.g.m. , più la maggiorazione media degli interessi moratori, il tutto moltiplicato per il coefficiente in aumento, più i punti percentuali aggiuntivi, previsti quale ulteriore tolleranza dal predetto decreto”.
La richiamata sentenza a sezioni Unite, nel rimarcare la differenza tra interessi corrispettivi e moratori, ha anche ribadito come, ove l’interesse corrispettivo sia lecito ed i soli interessi moratori applicati comportino il superamento della predetta soglia usuraria, esclusivamente questi ultimi sono da ritenere illeciti e preclusi;
ma resta l’applicazione dell’art. 1224 comma 1, c.c., con la conseguente applicazione di firma qualificata Serial#:
1b003f4008e3fd136f36c392e7d4fb9f 10 degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente pattuiti;
in tal caso quindi “le rate scadute restano interamente dovute nella loro integralità comprensive degli interessi corrispettivi in esse già conglobati e sulle stesse saranno dovuti altresì gli interessi moratori sull’intero nella misura dei corrispettivi pattuiti”.
Quanto sopra a conferma di quanto già in precedenza affermato in giurisprudenza, in quanto nessuna norma di legge, né la sentenza di Cassazione n. 350/2013, consentono di operare la sommatoria tra tassi d’interesse corrispettivi e moratori al fine di rapportarne il risultato al tasso soglia, limitandosi la citata sentenza e quelle che ne sono seguite (tra cui Cass. n. 26286/19; n. 22890/19, n. 27442/18 e da ultimo S.U. n. 19597/29) a sancire la possibilità che anche il tasso di mora singolarmente considerato sia usurario. È chiaro, pertanto, che la tesi secondo cui possono essere usurari anche gli interessi moratori non implica la cumulabilità di questi ultimi con gli interessi corrispettivi al fine di verificare il superamento del tasso soglia.
Deve quindi escludersi nel caso in questione che la previsione contrattuale violi la normativa antiusura ed anche l’applicazione in concreto di interessi corrispettivi o di mora oltre il tasso soglia, in difetto di ogni specifica deduzione in tal senso.
4) Nullità della clausola di indicizzazione Deducono gli opponenti la nullità della clausola di indicizzazione per indeterminatezza in quanto viene indicato come parametro l’Euribor senza specificazione della base di riferimento del parametro (se 360 o 365).
L’Euribor è un tasso di riferimento, calcolato giornalmente, che indica il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in Euro tra le principali banche Europee.
Esso viene determinato (“fissato”) come media dei tassi di deposito interbancario tra un insieme di oltre 50 banche, individuate tra quelle con il maggiore volume d’affari dell’area Euro ed è sotto il controllo di uropean RAGIONE_SOCIALE Markets Institute), che ne comunica giornalmente il valore.
Ciò chiarito, va ribadirsi la legittimità di tale parametro ripetutamente affermata in giurisprudenza (tra le tante particolarmente significativa Tribunale di Venezia, sentenza 27 febbraio 2019 n. 393) in quanto la determinazione della misura degli interessi può validamente essere pattuita dalle parti anche per relationem, purché il rinvio avvenga ad un parametro certo e determinato.
I tassi Euribor, essendo rilevati ufficialmente dalla E.B.F. (European Ba. Federation) (oggi EMMI), sono certamente dotati delle suddette caratteristiche di certezza e determinatezza, essendo, d’altronde, i parametri di riferimento più usati per i mutui c.d. a tasso variabile.
(Tribunale Siena, 16/08/2019, n.838).
E’ inoltre da escludere nel caso odierno alcuna indeterminatezza per mancata indicazione del numero di giorni su cui debba essere calcolato (360 o 365), prevedendosi in contratto:
“Euribor media mensile 3M” ossia il calcolo sulla media tra dati rilevati nel trimestre e non sulla sommatoria di quelli determinati per il numero complessivo dei giorni dell’anno(360/365).
5) nullità della clausola Floor Lamentano altresì gli opponenti che il meccanismo di indicizzazione previsto in contratto abbia comportato l’applicazione del c.d. tasso floor, ossia la previsione di un tasso minimo al di sotto del quale il tasso di interesse da applicare non può scendere, integrante uno strumento derivato nullo per indeterminatezza.
Al riguardo va evidenziata la legittimità di una tale clausola che, prevedendo uno sbarramento dell’indicizzazione, tutela sicuramente l’interesse della banca conseguire un’adeguata remunerazione del capitale, ma assicura anche una generalizzata riduzione del tasso di leasing a tutto vantaggio del cliente.
Occorre infatti considerare la banca svolge in modo professionale l’attività di concessione di beni in locazione finanziaria, regolata in modo uniforme mediante condizioni generali, sicché la diminuzione degli indici di adeguamento dei canoni potrebbe avere un effetto negativo incidente sul complesso dei contratti con cui essa esercita la propria attività di impresa.
L’impatto quindi di un eventuale eccessivo abbassamento per la concedente riguarderebbe la generalità dei rapporti contrattuali di leasing che costituiscono la attività preponderante (se non esclusiva) dell’istituto di credito;
l’impatto invece di un eventuale aumento per l’utilizzatore riguarderebbe il singolo contratto di leasing e non la pluralità dei rapporti contrattuali rientranti nella propria attività.
E dunque, essendo diversa la posizione delle parti rispetto all’operazione finanziaria e conseguentemente la condizione in cui vengono a trovarsi per effetto dell’applicazione della suddetta clausola, la stessa non può essere ritenuta irragionevole.
Inoltre, l’applicazione di una siffatta clausola che garantisce alla banca la remunerazione minima attesa da questo tipo di operazione, assicura altresì al mercato l’applicazione generalizzata di condizioni economiche più vantaggiose per la tipologia di contratti in questione.
Neppure è condivisibile la prospettazione di parte opponente secondo cui la clausola di indicizzazione avrebbe dato vita ad uno strumento finanziario derivato autonomo.
Risulta infatti, dal tenore del contratto, come la stessa rappresenti una delle condizioni finanziarie del contratto stesso, in rapporto sinallagmatico con le altre obbligazioni reciprocamente assunte, trattandosi di una modalità di calcolo degli interessi rispetto al quale l’unico limite può essere solo l’eventuale superamento del tasso soglia.
E’ quindi opinione diffusa e condivisibile che una tale previsione nei contratti di mutuo o di leasing non alteri la natura creditizia del contratto e non lo trasformi in un contratto finanziario cui debbano applicarsi le norme (anche in tema di informazione) contenute nel d.lgs. n. 58/1998, ma costituisca uno strumento di limitazione (sia pure unilaterale) del rischio, pienamente rispettoso del criterio di meritevolezza di cui all’art. 1322, comma 2, c.c. (cfr. Cass., 22.7.2015, n. 15370), con conseguente applicabilità delle disposizioni del Testo Unico Bancario. Ampia la giurisprudenza di merito conforme: Tribunale Bologna, sez. III, 06/03/2018, n. 20222; Tribunale Napoli, 04/02/2021 n. 1114; Tribunale Ravenna sez.
I, 30 dicembre 2020 n. 988) Anche la detta doglianza deve quindi essere respinta risultando pertanto la previsione legittima e sufficientemente determinata in contratto.
5) Nullità della fideiussione e delle clausole ivi contenute Deducono gli opponenti la nullità della fideiussione per indeterminatezza in quanto estesa non solo ai crediti sorti in conseguenza di successive modificazioni del contratto che comportino l’aumento del corrispettivo ma anche a quelli derivanti da novazione del contratto convenute all’insaputa dei garanti.
Al riguardo appare sufficiente richiamare la previsione di cui all’art. 1938 c.c. e la pacifica giurisprudenza formatasi al riguardo che ha affermato la legittimità della fideiussione cd. “omnibus”, estesa, cioè, a tutte le obbligazioni del debitore garantito derivanti da future operazioni, salvo l’obbligo, previsto a pena di nullità, di indicare l’importo massimo garantito (Cass. n. 2492 del 31/01/2017).
Deducono poi gli opponenti la nullità delle clausole ivi contenute, con particolare riguardo alla previsione di cui all’art. 8 di deroga all’art. 1939 c.c. con efficacia della fideiussione anche nel caso in cui l’obbligazione principale sia dichiarata parzialmente o totalmente invalida.
Al riguardo occorre evidenziare che l’inserimento in un contratto di fideiussione di clausole del tenore di quella richiamata, e di altre pure contenute nel contratto odierno quali il pieno effetto della fideiussione indipendentemente da qualsiasi garanzia personale o reale già esistente o in seguito prestata in relazione alla medesima operazione (punto 5), con obbligo di ciascuno di rispondere per l’intero ammontare del debito, a semplice richiesta scritta (punti 6 e 7), con rinuncia a qualsiasi eccezione relativa ad un eventuale aggravamento del rischio anche in deroga all’art. 1956 (punto 3) e ai termini di cui all’art. 1957 c.c. (punto 10), ne evidenzia la natura di contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione (Cass. S.U. 3947/2010; Cass. n. 4717 del 19/02/2019), senza tuttavia determinarne la nullità. Al riguardo la Cassazione afferma:
“A differenza del contratto di fideiussione, quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui, tutelando l’interesse all’esatto adempimento della relativa prestazione, il contratto autonomo di garanzia (cosiddetto “Garantievertrag”) ha la funzione di tenere indenne, mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, avendo come causa concreta quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla detta mancata esecuzione. (Nella specie, la SRAGIONE_SOCIALE. ha confermato la sentenza impugnata che aveva reputato gli indicatori formali – quale la denominazione “di appendice” delle relative pattuizioni – non idonei a contrastare il carattere di autonomia della garanzia prestata, direttamente desumibile dalla clausola “a prima richiesta e senza eccezioni”).
(Cass. sez. 3 ordinanza n. 30181 del 22.11.2018) E dunque, il garante cui sia richiesto il pagamento, può eccepire esclusivamente la natura fraudolenta o abusiva della richiesta di escussione, con onere a suo carico di provare l’avvenuto adempimento da parte del debitore (Cassazione 29215/08; Cass. n. 31956 del 11/12/2018 e Cass. n. 16345 del 21/06/2018).
Significativa altresì la seguente pronuncia:
“In tema di contratto autonomo di garanzia, l’abusività della richiesta di garanzia ai fini dell’accoglimento dell'”exceptio doli” deve risultare “prima facie” o comunque da una prova c.d. liquida, cioè di pronta soluzione che il garante è tenuto a fornire mentre non possono essere addotte a suo fondamento circostanze fattuali idonee a costituire oggetto di eccezione di merito opponibile dal debitore garantito al creditore beneficiario della garanzia, in ragione dell’inopponibilità da parte del garante di eccezioni di merito proprie del rapporto principale. ” (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 30509 del 22/11/2019).
Pertanto anche la dedotta eccezione deve ritenersi infondata.
Infine, si eccepisce la nullità delle fideiussioni in quanto riproducente lo schema contrattuale tipo predisposto dall’ABI censurato dalla con il provvedimento n. 55 del 2.5.2005, perché contrastante con il divieto di intese anticoncorrenziali di cui all’art. 2, comma 2, lett. a) della L. n. 287/1990.
Il detto schema è stato oggetto del provvedimento sanzionatorio dell’Autorità di Vigilanza Antitrust del 2/05/2005, per violazione dell’art. 2 comma 2, lett. A) L.
n° 287/1990 che vieta intese tra imprese che abbiano oggetto o l’effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale, anche fissando direttamente o indirettamente prezzi di acquisto o altre condizioni contrattuali.
In merito deve preliminarmente evidenziarsi che, seppure la nullità contrattuale sia rilevabile anche d’ufficio in qualsiasi momento, tuttavia, l’eccezione di non operatività di una previsione contrattuale in ragione di detta eventuale nullità, è comunque soggetta ai termini di cui agli artt. 167 e 183 c.p.c. così da risultare in questo caso inammissibile in quanto tardivamente sollevata solo con la comparsa conclusionale.
Con riguardo al merito della dedotta nullità, deve condividersi la giurisprudenza di merito, confermata anche in sede di legittimità, secondo cui la detta nullità non colpisce l’intero contratto bensì le singole clausole eventualmente adottate in violazione della normativa antitrust, in difetto peraltro di prova che, in assenza delle dette clausole, il contratto non sarebbe stato stipulato.
In particolare, la recente sentenza della Cassazione n. 24044/19, partendo da quanto affermato dalla pronuncia n. 29810/17, ha avuto modo di chiarire come la stessa confermi i principi espressi con precedenti pronunce secondo cui “dalla declaratoria di nullità di una intesa tra imprese per lesione della libera concorrenza, emessa dall’Autorità Antitrus ai sensi dell’art. 2 della legge 287 del 1990, non discende automaticamente la nullità di tutti i contratti posti in essere dalle imprese aderenti all’intesa, i quali mantengono la loro validità e possono dar luogo solo ad azione di risarcimento danni nei confronti delle imprese da parte dei clienti” (Cass. n. 9384/03; n. 3640/09; n. 13486/2011).
Cassazione altresì evidenziato che, “avendo l’Autorità amministrativa circoscritto l’accertamento di illiceità ad alcune specifiche clausole delle “Norme Bancarie Uniformi”, trasfuse nelle dichiarazioni unilaterali rese in attuazione di dette intese, ciò non esclude che in concreto la nullità del contratto a valle debba essere valutato dal giudice adito alla stregua degli artt. 1418 e ss c.c. e che possa trovare applicazione l’art. 1419 c.c., come avvenuto nel presente caso, laddove di firma qualificata Serial#:
1b003f4008e3fd136f36c392e7d4fb9f 16 l’assetto degli interessi in gioco non venga pregiudicato da una pronuncia di nullità parziale limitata alle clausole rinvenienti dalle intese illecite.
” Nel caso in questione neppure dedotta l’eventuale essenzialità e decisività ai fini della stipula delle clausole eventualmente adottate in violazione della normativa antitrust, così da doversi escludere la della garanzia prestata.
Inoltre la Cassazione ha avuto modo di recente di affermare che rientrano nella competenza della sezione specializzata per le imprese anche la controversia riguardante la nullità della fideiussione riproduttiva dello schema contrattuale predisposto dall’Abi, contenente disposizioni contrastanti con l’art. 2, comma 2, lett. a), della legge n. 287 del 1990, in quanto l’azione diretta a dichiarare l’invalidità del contratto a valle implica l’accertamento della nullità dell’intesa vietata.
(Cass. – 1, Ordinanza n. 6523 del 10/03/2021).
Deve pertanto ritenersi che le domande volte a far dichiarare la nullità di singole clausole per i suindicati motivi e la eventuale conseguente domanda risarcitoria debbano essere proposte dinanzi alla Sezione specializzata per le imprese territorialmente competente.
In conclusione quindi, a fronte dell’accertato inadempimento al contratto di locazione finanziaria ed attesa l’infondatezza di tutte le eccezioni sollevate dalla debitrice e dai fideiussori, deve darsi atto della intervenuta risoluzione del contratto di locazione finanziaria in base alla clausola risolutiva espressa convenuta, nonché accogliersi la domanda di condanna della al rilascio dell’immobile e respingersi l’opposizione a decreto ingiuntivo.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in base al DM 55/14, tenuto conto del valore della causa e delle attività espletate, con la maggiorazione di cui all’art. 4 comma 2 in ragione della riunione dei due giudizi, nonché delle spese risultanti dal fascicolo.
” § 3. – Ha proposto appello rassegnando le seguenti conclusioni:
“Nel merito in via principale : Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, respinta ogni contraria istanza, ritenuto ammissibile i l presente gravame, ritenuti fondati i motivi esposti in narrativa, riformare l’impugnata sentenza n. 13345/2021 pubblicata il 12.08.2020, depositata in cancelleria il 04.08.2021, resa inter partes dal giudice del Tribunale Civile di Roma, sez. VIII, dott.ssa COGNOME e per l’effetto accogliere le conclusioni già rassegnate dagli attori nel giudizio di primo grado e che ivi si riproducono: Ogni contraria istanza, eccezione e deduzione rejetta;
In INDIRIZZO
revocarsi il decreto ingiuntivo opposto per tutte le ragioni esposte in narrativa;
Nel merito in principalità e in via riconvenzionale:
accertato e dichiarato che il contratto di leasing in oggetto deve considerarsi quale leasing traslativo, disporsi l’applicazione dell’art. 1526 c.c., condannando in persona del legale rappresentante pro tempore, alla restituzione a favore della dell’importo delle rate riscosse, al netto dell’equo compenso per l’utilizzo della cosa e del risarcimento del danno, per un importo che si indica in misura di € 187.722,38 + IVA se dovuta, o nella diversa somma, maggiore o minore o che risulterà di giustizia e per l’effetto accertare e dichiarare che nulla risulta dovuto dai fideiussori nei confronti di Nel merito in principalità e in via riconvenzionale subordinata :
accertato che il contratto di leasing viola il divieto di patto commissorio, per tutti i motivi esposti in narrazione, dichiararsi la nullità del contratto stesso e per l’effetto accertare e dichiarare la sussistenza, in capo all’odierna convenuta resistente, del pieno diritto di proprietà sull’immobile oggetto del Contratto, con ogni ulteriore conseguenza di legge, e contestualmente respingere le istanze avversarie proposte da nel proprio ricorso ex art. 702 bis c.p.c., procedimento riunito al presente.
In ogni caso, nel merito ed in via riconvenzionale : accertato che nel contratto di leasing sono state convenute condizioni economiche usurarie, in violazione della L. n. 108/1996, dichiararsi la nullità delle relative clausole e, per l’effetto, applicarsi la sanzione prevista dall’art. 1815 secondo comma c.c. con riferimento agli interessi, alle remunerazioni ed agli oneri, comunque denominati, collegati all’erogazione del credito;
Nel merito in principalità e in via riconvenzionale ulteriormente subordinata:
nel caso in cui il contratto di leasing sia comunque ritenuto valido, accertato che la penale prevista dall’art. 19 del contratto risulta manifestamente eccessiva per tutti i motivi indicati in narrativa, disporsi la riduzione di tale penale senza comunque tener conto degli interessi convenuti in contratto, dichiarandola pari all’eventuale capitale non rimborsato o alla diversa somma minor o maggiore, che risulterà di giustizia;
In via subordinata gradata, nel merito ed in via riconvenzionale :
qualora il contratto venisse considerato a titolo oneroso:
accertarsi e dichiararsi la nullità della clausola di indicizzazione per difetto del requisito di univocità nell’individuazione del parametro variabile di indicizzazione e, per l’effetto, disporsi l’applicazione del tasso di interesse sostitutivo ex art. 117 TUB al contratto;
accertarsi e dichiararsi la nullità della clausola floor e per l’effetto consentire la libera fluttuazione al ribasso del parametro variabile di indicizzazione, accertando le esatte partite dare/avere tra le parti.
accertarsi e dichiararsi la nullità della clausola relativa agli interessi di mora per difetto del requisito di univocità nell’individuazione del parametro EURIBOR di riferimento e, per l’effetto, disporsi l’applicazione del tasso di interesse sostitutivo ex art. 117 TUB al contratto.
In ogni caso: accertarsi e dichiararsi la nullità delle fideiussioni prestate dai sigg.ri per tutti i motivi esposti in atti, anche perché le stesse fideiussioni risultano conformi al modello contrattuale censurato dalla con provvedimento n. 55 del 02.05.2005 perché contrastante col divieto di intese anticoncorrenziali di cui all’art. 2, coma 2, lett. a), della L. 287/1990 e per l’effetto dichiarare che nulla essi devono a parte convenuta opposta o, in subordine, accertarsi e dichiararsi la nullità della clausola di deroga all’art. 1939 c.c. e/o accertarsi e dichiararsi la natura accessoria della ; in ogni caso accertarsi e dichiararsi la nullità della clausola di deroga all’art. 1957 c.c. con la conseguenza che non avendo proposto le sue istanze nei confronti della debitrice principale entro 6 mesi, è decaduta dal diritto di ottenere il pagamento da parte dei fideiussori, con ogni conseguenza di legge.
In via istruttoria :
Disporsi consulenza immobiliare che valuti il valore locatizio dell’immobile nel periodo gennaio 2007- giugno 2016.
Disporsi CTU tecnico – contabile volta ad accertare:
1. Le esatte partite dare/avere tra le parti nel caso di declaratoria di nullità del contratto;
2. La pattuizione di condizioni economiche usurarie ab origine e, in caso affermativo, le corrette partite dare/avere tra le parti, previa applicazione dell’art. 1815 co. 2 c.c.;
3. Le esatte partite dare/avere tra le parti previa applicazione del saggio di interesse previsto ex art. 117 TUB;
4. Le esatte partite dare/avere tra le parti previa disapplicazione della clausola floor alle indicizzazioni.
Con riserva di ulteriori istanze e di precisare o modificare le conclusioni nei termini di cui all’art. 183 VI co. C.p.c.
In ogni caso :
Con vittoria di spese e compensi come per legge.
” Hanno resistito quale mandataria di rassegnando le seguenti conclusioni:
“Piaccia all’Ill.
mo Tribunale adito, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa:
In INDIRIZZO
– accertare e dichiarare la liceità del comportamento di PSC nei confronti di e la mancanza in capo ad essa di responsabilità per inadempimenti, anche alla luce dei numerosi tentativi di pervenire ad una ricomposizione dei rapporti contrattuali sin dalla diffida del 1° ottobre 2017;
– rigettare la richiesta di di “accertare e dichiarare il grave inadempimento contrattuale della convenuta società RAGIONE_SOCIALE PSC Spa in persona del RAGIONE_SOCIALE in relazione all’accordo quadro contratto del 29/06/2017, per il mancato pagamento e saldo del prezzo per la cessione dei beni, magazzino, mezzi ed assets alla in uno alle violazioni e pregiudizi subiti dalla stessa e danni e per l’effetto, condannarla al pagamento del saldo dovuto nella misura di euro 625.245,18 di conto capitale, IVA pari ad euro 208.819, 14 interessi e rivalutazione monetaria dal giorno dell’inadempimento al soddisfo; oltre alle responsabilità di PSC per tutti i danni da perdita di chance e patrimoniali causati, nonché l’obbligo di rimborso degli interessi di mora per mancati pagamenti all’erario ed per i danni all’immagine subiti da ” in quanto infondata per i motivi esposti;
– rigettare la richiesta di di “accertare e dichiarare che le lavorazioni, attività ed opere svolte dal RAGIONE_SOCIALE PSC s.p.a. in relazione all’appalto n. NUMERO_DOCUMENTO sono stati e vengono a tutt’oggi eseguiti a vantaggio e beneficio della committente con mezzi, magazzino, strumenti, asset e lavoratori di titolarità della che si chiede riconoscersi e dichiararsi subappaltatore di fatto e che le aveva trasferiti alla PSC in attesa di un saldo del CPpagamento oggi pari a 625.245,18 mai avvenuto per omissione ed inadempimento dell’appaltatrice RAGIONE_SOCIALE, la cui ritenzione, utilizzo e sfruttamento dei predetti beni ed asset, come contrattualmente ricevuti, a soddisfo dell’appalto e vantaggio- beneficio di palesemente illegittima ed indebita in mancanza della corresponsione del prezzo a favore della e per l’effetto condannare la società convenuta in via alternativa o in solido al pagamento di tutte le rimanenti somme concordate e ad oggi ancora inevase (nonostante formali richieste e procedimenti giudiziari in corso e incontri stragiudiziali), ma ancora dovute per l’importo di euro 625.245,18 di conto capitale oltre IVA per Euro 208.819,14, nonché interessi e svalutazione, quale prezzo per la cessione di tutti i propri asset oggetto dell’accordo quadro del 29/06/2017, e per i quali è stato arbitrariamente omesso il pagamento delle rate pattuite e scadute alla data del 30/09/2017 e del 31/01/2018 in grave violazione delle obbligazioni contrattuali ed in danno di comunque ad esclusivo beneficio e vantaggio di per l’attività goduta e la realizzazione delle opere e del predetto RAGIONE_SOCIALE che gode dei relativi appalti e commissioni di fatto realizzabili in danno dell’istante di cui sfrutta arbitrariamente beni, magazzino, mezzi ed asset a cui ha ingiustificatamente negato oltre che il previsto subappalto, promosso con lettera a firma dell’amministratore delegato del 5/7/2017, agli gli stessi termini e condizioni di appalto ad essa assegnato ed al medesimo corrispettivo previsto nell’appalto generale dei lavori relativi alle aree geografiche di Venezia centro storico ed isole della laguna veneta anche fino al 6 luglio 2019 la documentazione, software e certificazione fiscale trattenuta negli immobili locati pur di provocare ulteriori disagi e pregiudizi” in quanto infondata ed erronea per i motivi esposti. – rigettare, di conseguenza, la richiesta di condanna al pagamento della somma di euro 625.245,18 di conto capitale e iva pari a 208.819,14 per i motivi sopra esposti.
– rigettare la richiesta di risarcimento dei danni quantificati dall’attrice nella misura di € 100.000,00 in quanto inammissibile e infondata.
In via riconvenzionale – accertare e dichiarare che il RAGIONE_SOCIALE alla data odierna, è creditore di €41.900.000,00 a titolo di penale, ai sensi dell’art. 8 del Contratto di comodato e compravendita di beni mobili ovvero di quella diversa minore o maggiore che emergerà all’esito del giudizio e che verrà accertata anche in via equitativa;
– accertare e dichiarare il credito del Gruppo PSC a titolo di risarcimento di tutti gli ulteriori danni aziendali subiti e subendi, nella misura indicata di € 1.000.000,00 (un milione) o in quella minore o maggiore che sarà accertata in corso di causa, con condanna al pagamento in favore di PSCRAGIONE_SOCIALE oltrechè per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c.;
– in via subordinata e nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda di accogliere l’eccezione di compensazione così come proposta ed articolata, e per l’effetto condannare alla corresponsione della somma eccedente come CPsopra indicata e precisata;
– con ogni più ampia riserva di aggiungere, integrare, modificare, precisare e di formulare istanze anche istruttorie nonché di produrre documenti nei modi e nei termini stabiliti dalla legge anche in relazione al comportamento processuale di controparte;
– con vittoria di spese e compensi professionali oltre rimborso forfettario per spese generali oltre IVA e CPA come per legge.
” Dichiarata la contumacia di in qualità di mandataria di , la Corte ha rinviato la causa per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 30/5/2025.
§ 4. – A tale udienza le parti non comparivano e la causa era rinviata ex art. 309 c.p.c. alla odierna udienza, alla quale pure non comparivano.
La Corte ha quindi trattenuto la causa in decisione senza termini per i provvedimenti previsti dall’art. 309 c.p.c..
Osserva il Collegio che la mancata comparizione delle parti per due udienze successive determina la cancellazione della causa dal ruolo e l’estinzione del processo, come stabilito dall’art. 50 del d.l. n. 112 del 2008, convertito con modificazioni nella legge n. 133 del 2008.
A norma dell’art. 310 quarto comma c.p.c. le spese del processo estinto stanno a carico delle parti che le hanno anticipate.
PQM
definitivamente pronunciando sull’appello proposto da nei confronti di quale mandataria di nella contumacia di in qualità di mandataria di , contro la sentenza n. 13345 pubblicata il 12/8/2021 del Tribunale di Roma, ogni altra conclusione disattesa, così provvede:
1. – dichiara l’estinzione del processo;
2. – spese a carico delle parti che le hanno anticipate;
Così deciso in Roma il giorno 6/6/2025.
L’estensore Il presidente NOME COGNOME NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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