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Rigetto dell’appello per accertamento di servitù di passaggio

La sentenza chiarisce i requisiti per l’acquisizione di una servitù di passaggio sia per usucapione che per destinazione del padre di famiglia. In particolare, per l’usucapione, è necessaria la prova dell’esercizio continuo, ininterrotto e *uti dominus* del diritto per un periodo di venti anni. Per la destinazione del padre di famiglia, è necessario che i due fondi, servente e dominante, siano stati di proprietà dello stesso soggetto e che questi abbia posto in essere opere visibili e permanenti destinate al servizio del fondo dominante. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che non fossero stati provati i requisiti né per l’usucapione né per la destinazione del padre di famiglia.

N. R.G. 1126/2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI MILANO

Sezione seconda civile nelle persone dei seguenti magistrati:
dr. NOME COGNOME Presidente rel.
dr. NOME COGNOME Consigliere dr. NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._277_2024_- N._R.G._00001126_2023 DEL_31_01_2024 PUBBLICATA_IL_31_01_2024

nella causa iscritta al n. r.g. 1126/2023 promossa in grado d’appello (C.F. (C.F. ), elettivamente domiciliate in C/O AVV.
presso lo studio dell’avv. che le rappresenta e difende come da delega in atti APPELLANTI CONTRO (C.F. ), elettivamente domiciliato in C/O AVV. C.F. C.F. C.F. presso lo studio dell’avv. , che lo rappresenta e difende come da delega in atti APPELLATO avente ad

oggetto: Servitù

sulle seguenti conclusioni Per

Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Milano, contrariis reiectis:
in riforma parziale della sentenza n. 267/2023 emessa dal Tribunale di Varese, seconda Sezione Civile, Giudice Onorario di Pace Dott. NOME COGNOME in funzione di giudice monocratico nell’ambito del giudizio R.G. n. 994/2019, depositata in cancelleria in data , notificata il , accogliere le conclusioni già avanzate nel giudizio di primo grado:
“IN ORDINE ALLE DOMANDE ATTOREE del signor – Sulla domanda volta ad accertare la proprietà dell’attore in relazione ai mappali n. 2923, 2924 e 2509 siti in Comune parte convenuta (odierna parte appellante) nulla oppone.
– Sulla domanda volta alla declaratoria che i predetti mappali sono liberi di qualsivoglia servitù di passo, transito, sia di superficie che sotterranea a carico dei mappali n. 2923, 2924 e 2509 e in favore degli attigui fondi al mappale 2508 tutti siti in Comune di :
rigettarsi perché infondata in fatto e diritto.
– Sulla domanda volta ad ordinare a parte convenuta e/o suoi aventi causa di astenersi dal transitarvi a piedi e/o con mezzi meccanici:
rigettarsi perché infondata in fatto e diritto.
– per le motivazioni dedotte in atti, accertare e dichiarare l’esistenza della servitù di passo pedonale e carraio (con mezzi agricoli e veicoli urbani) a favore dei mappali (identificati come in appresso) dove insiste il fabbricato sito in Comune di , con accesso da , e precisamente delle unità immobiliari identificate nel 6, mappali numeri:
– 2508 (duemilacinquecentootto) subalterno 501 (cinquecentouno), categoria A/3, classe 3, vani 4,5, Superficie Catastale Totale:
mq. 47, Totale escluse aree scoperte: mq. 47, piano S1-T-1, rendita catastale Euro 267,27 (duecentosessantasette virgola ventisette);
– 2508 (duemilacinquecentootto) subalterno 502 (cinquecentodue), categoria A/3, classe 3, vani 8, Superficie Catastale Totale: mq. 131, Totale escluse aree 1, rendita catastale Euro 475,14 (quattrocentosettantacinque virgola quattordici); – 2508 (duemilacinquecentootto) subalterno 503 (cinquecentotre), categoria C/7, classe 6, mq. 32, Superficie Catastale Totale: mq. 33, , piano T, rendita catastale Euro 34,71 (trentaquattro virgola settantuno); – 2508 (duemilacinquecentootto) subalterno 5 (cinque), categoria C/6, classe 8, mq. 13, Superficie Catastale Totale: mq. 16, , piano T, rendita catastale Euro 24,17 (ventiquattro virgola diciassette); di proprietà della signora a carico degli appezzamenti di terreno siti in Comune di , identificati nel Catasto Terreni di detto Comune come segue: Foglio effettivo 6 – foglio logico 9 mappali numeri: – 2923 (duemilanovecentoventitre) – ettari (are uno e centiare quaranta) – PASC CESPUG – cl. U – R.D. Euro 0,01 (zero virgola zero uno) – R.A. Euro 0,01 (zero virgola zero uno);
– 2509 (duemilacinquecentonove) – ettari (centiare novanta) – SEMINATIVO – cl. 3 – R.D. Euro 0,19 (zero virgola diciannove) – R.A. Euro 0,16 (zero virgola sedici) – 2924 (duemilanovecentoventiquattro) – ettari (centiare 15) – – cl. U – R.D. 0,01 (zero virgola zero uno) – R.A. Euro 0,01 (zero virgola zero uno); di proprietà del signor COGNOME servitù avrà le seguenti caratteristiche: larghezza media costante di 3,50 metri su tutto il percorso che insiste sul mappale 2923, mentre si estenderà sul mappale 2509 per metri 7,00 di lunghezza a partire dal confine con il mappale 2923 e avrà larghezza di metri 5,35 in detta porzione, il tutto così come meglio identificato graficamente nella planimetria agli atti (cfr. doc.14 di parte convenuta).
In ogni caso: Con vittoria di spese, diritti ed onorari” Per l’effetto, in accoglimento del presente gravame, respingere tutte le domande ed eccezioni di parte appellata.
Con vittoria di spese e compensi oltre il rimborso forfettario per spese generali oltre IVA e CPA come per legge relativi ad entrambi i gradi di giudizio.

Per Piaccia alla Corte Ecc.ma, respinta ogni contraria istanza, domanda ed eccezione, rigettare il gravame interposto dalle sigg.re perché inammissibile per manifesta infondatezza.
In ogni caso perché infondata in fatto e in diritto ogni censura da esse mossa nei confronti della decisione di primo grado.
Confermare per l’effetto in toto l’impugnata sentenza resa dal Tribunale di Varese il con il n. 267/23.
Per scrupolo difensivo si reitera la richiesta di ammissione di CTU per le finalità indicate nella memoria ex art. 183, VI° comma, n. 2 c.p.c. del (descrizione dei luoghi di causa).
Col favore delle spese e dei compensi del grado.

MOTIVI DELLA DECISIONE

in fatto e diritto Il Tribunale di Varese, decidendo sulla domanda proposta da nei confronti di , con sentenza n. 2672023 pubblicata il 1)accertava che era proprietario dei fondi individuati ai mappali 2923, 2924 e 2509 siti nel Comune di 2)accertava l’inesistenza di servitù di passaggio, sia veicolare che pedonale, in favore delle unità immobiliari di proprietà di individuate con il mappale n.258 del Comune di ed a carico dei fondi di parte attrice;
3)ordinava a parte convenuta di cessare il transito pedonale e veicolare sui fondi di proprietà di parte attrice;
4)poneva a carico dei convenuti le spese processuali.

Le pregresse vicende processuali possono essere sintetizzate come di seguito.
conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Varese, premettendo di essere proprietario, per acquisto a rogito notaio del , dei fondi individuati al Catasto Terreni del Comune di , ai mappali nn. 2509, 2923, 2924, e lamentando come la signora nuda proprietaria del fondo finitimo individuato al mappale n.2508, del quale usufruttuaria era , assumeva, a torto, di essere titolare di una servitù di passaggio sui predetti terreni del deducente.

L’attore chiedeva di accertarsi la propria esclusiva proprietà dei predetti fondi di cui ai mappali 2923, 2924 e 2509, e la libertà dei propri terreni da qualsiasi servitù di passaggio in favore del fondo confinante di cui al mappale 2508.

Si costituivano in giudizio , eccependo l’improcedibilità della domanda per non avere l’attore coinvolto nel procedimento di mediazione anche l’usufruttuaria , da ritenersi litisconsorte necessaria, e nel merito assumendo di non avere mai contestato la proprietà in capo all’attore dei terreni di cui ai mappali nn. 2923, 2924 e 2509, proponendo domanda riconvenzionale al fine di accertarsi l’intervenuto acquisto per usucapione, in favore del proprio fondo, di una servitù di passaggio a carico dei terreni di proprietà del sig. Il tribunale, assegnato alle parti il termine per introdurre il procedimento di mediazione, ed espletata una istruttoria orale, decideva la causa nei termini sopra indicati.

Il primo giudice, riteneva come, mentre il diritto di proprietà dell’attore dei fondi individuati ai mappali 2923, 2924 e 2509 fosse circostanza non contestata dalle parti convenute, queste al contrario non avessero dimostrato né l’esistenza di un titolo di acquisto della servitù di passaggio in proprio favore invocata, né l’usucapione di detto diritto.

Il tribunale, richiamati i principi affermati dalla Suprema Corte in tema di onere probatorio gravante su colui che afferma di avere usucapito, osservava come dalle deposizioni testimoniali non era emersa la prova né che il diritto di passaggio fosse stato esercitato per il tempo di venti anni previsto dalla legge, né dell’esercizio di tale diritto uti dominus.

Mentre, infatti, i testi avevano riferito circostanze che contrastavano con la prospettazione di parte convenuta, le ulteriori deposizioni non avevano fornito elementi univoci per ravvisare la sussistenza della prescrizione acquisitiva del diritto di servitù di passaggio.

Detta sentenza è stata impugnata da , che, previa sospensione della provvisoria esecutività della sentenza, ne hanno chiesto la parziale riforma, con l’accoglimento della domanda di accertamento dell’esistenza della servitù di passaggio sul fondo di , in forza di tre motivi di appello.

Alla prima udienza del , il consigliere istruttore, preso atto della rinuncia alla istanza di sospensiva da parte delle appellanti, assegnava, ai sensi del novellato art. 352 c.p.c., i termini previsti da detta norma, fissando per la rimessione della causa in decisione l’udienza del , da tenersi con trattazione scritta ex art. 127 ter c.p.c. Entrambe le parti depositavano le memorie prescritte dall’art. 352 c.p.c., e le note scritte sostitutive dell’udienza, ex art. 127 ter c.p.c. La causa è stata trattenuta in decisione dal collegio, così come composto per la detta udienza del , indicato in epigrafe, e decisa nella camera di consiglio del Ciò posto, con il primo motivo le appellanti assumono come il giudice di primo grado avrebbe errato nel non rilevare come le parti convenute, costituendosi nel giudizio di primo grado, avevano allegato anzitutto che la servitù di passaggio in questione si era “costituita per accordo tra i fratelli NOME e sin dal 1964 ai tempi della divisione ereditaria” trattandosi “nello specifico di quella che il legislatore ha previsto all’art. 1062 c.c. come servitù per destinazione del padre di famiglia”.

Secondo la difesa delle signore la servitù era stata creata nel 1964, in occasione della divisione della comunione ereditaria, per sopperire alla difficoltà di accesso conseguente alla conformazione del fondo dominante di proprietà di , dante causa delle odierne appellanti.

Si assume dalla difesa delle signore come nella comparsa di risposta di primo grado [… erano stati allegati gli elementi di fatto in forza dei quali doveva essere accertata la servitù in contesa.

In particolare era stato allegato come il mappale, del quale erano divenuti comproprietari i due fratelli NOME ed , per successione della madre , era stato diviso in due parti con l’atto di divisione del , e come la parte del lotto 2058 assegnata in via esclusiva a , attesa la sua conformazione e la pendenza del terreno, aveva necessitato di un diverso accesso secondario, più agevole rispetto all’ingresso naturale, che avveniva transitando sulla linea di confine tra il mappale n.2760 ed il mappale n.2509, anche nell’epoca in cui le proprietà tra i fratelli COGNOME erano indivise.

Si era dedotto dalle parti convenute in primo grado come anche successivamente alla divisione del 1964, il passaggio per accedere alla cascina insistente sul mappale n.2508, era esercitato sul mappale divenuto di proprietà esclusiva di Le appellanti fanno rilevare come le anzidette circostanze non fossero state oggetto di contestazione da parte dell’attore, il che doveva condurre ad accertare la costituzione della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia.

Dall’atto di divisione del 1964 emergeva, secondo le appellanti, che il mappale n. 2058, inizialmente in comunione ereditaria tra i fratelli , veniva diviso in due lotti, fermo restando l’asservimento della parte di terreno divenuto di a quello di proprietà di Il motivo è infondato.

Va osservato preliminarmente che, contrariamente a quanto sembrano adombrare le appellanti, la domanda di accertamento di costituzione della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia, non è mai stata introdotta nel corso del giudizio di primo grado, né, ovviamente, è stata esaminata dal primo giudice.

La circostanza è tuttavia ininfluente, sotto il profilo della novità della domanda, che deve escludersi.

Come insegna la Suprema Corte, in tema di accertamento della proprietà, come di ogni altro diritto reale, i diversi titoli sui cui essa può esser fondata (quali, esemplificativamente, l’atto negoziale, l’usucapione, la destinazione del padre di famiglia) costituiscono la prova del diritto del quale si chiede l’accertamento e danno luogo sempre ad un’unica azione, sicché essi possono esser indifferentemente adottati in primo ed in secondo grado, senza trovare ostacolo nel divieto delle nuove domande in appello. Pertanto, dedotto in primo grado l’acquisto di una servitù per usucapione, è consentito, in appello, far valere a suo fondamento la costituzione per destinazione del padre di famiglia, restandosi pur sempre nell’ambito dell’actio confessoria servitutis, che può esser fondata su una molteplicità di titoli (Cass. 70741995).

Ciò in virtù del principio, costantemente affermato dalla Suprema Corte, secondo il quale la proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei cd. diritti “autodeterminati”, individuati, cioè, sulla base della sola indicazione del relativo contenuto sì come rappresentato dal bene che ne forma l’oggetto, con la conseguenza che la “causa petendi” delle relative azioni giudiziarie si identifica con i diritti stessi e non con il relativo titolo –contratto, successione ereditaria, usucapione, ecc. – che ne costituisce la fonte, la cui eventuale deduzione non ha, per l’effetto, alcuna funzione di specificazione della domanda, essendo, viceversa, necessario ai soli fini della prova.

Non viola, pertanto, il divieto dello “ius novorum” in appello la deduzione da parte dell’attore – ovvero il rilievo “ex officio iudicis” – di un fatto costitutivo del tutto diverso da quello prospettato in primo grado a sostegno della domanda introduttiva del giudizio (ex multis Cass. 235652019).

Premesso quanto sopra, osserva anzitutto la Corte come l’accenno delle appellanti all’esistenza di un accordo tra i fratelli , oltre ad essere inconferente, dal momento che l’acquisto per destinazione del padre di famiglia si fonda su presupposti diversi, è comunque indimostrato, dal momento che le parti appellanti neppure indicano come e quando tale accordo sarebbe stato raggiunto.

Ciò posto, è noto come per la costituzione di una servitù per destinazione del padre di famiglia occorre:
a)che i due fondi appartenenti ad un unico proprietario siano stati posti in una situazione di obiettiva subordinazione o assoggettamento integrante il contenuto di una servitù prediale;
b) che tale situazione perduri al momento della alienazione del fondo posto in condizione di subordinazione;
c) che la servitù risulti in modo non equivoco da segni ed opere idonei a dimostrarlo.

Secondo le appellanti, ricorrerebbero nella fattispecie tutti e tre i requisiti sopra indicati, ed in particolare la servitù in oggetto sarebbe sorta con l’atto di divisione stipulato tra i fratelli in data L’assunto è infondato.

Contrariamente a quanto assume la difesa delle signore i fondi, servente e dominante, il primo individuato con il mappale n.2509 ed il secondo con il mappale n.2508, non sono stati, entrambi, oggetto della divisione del , per il semplice rilievo che solo il fondo di cui al mappale n.2508 era in comunione tra i fratelli, ed è stato oggetto di divisione, ciò che si evince senza margine di dubbio dall’esame dell’atto divisionale (doc. 2 fascicolo convenute in primo grado).

Come eccepito dall’appellato, il fondo asseritamente servente, individuato con il mappale n.2509, è stato venduto dai signori , successivamente all’atto di divisione del , con atto del del notaio Risulta evidente l’assenza di uno dei presupposti richiesti dall’art. 1062 c.c., per la costituzione della servitù oggetto di causa , e ciò determina l’infondatezza del motivo, senza la necessità di esaminare gli ulteriori profili di doglianza.

Con il secondo motivo le appellanti censurano la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva respinto la domanda di acquisto per usucapione della servitù di passaggio in oggetto.

La difesa delle signora oltre a far rilevare come nella fattispecie esistevano opere visibili e permanenti, rappresentate dalla presenza di un cancello e del percorso e come l’esercizio della servitù era confermato dall’atto di divisione del 1964, lamentano come il primo giudice avesse in modo immotivato attribuito maggiore attendibilità ai testi che avevano confermato l’assunto dell’attore, tutti parenti di , ritenendo al contrario inattendibili le deposizioni degli altri testi, quali , solo perché in contrasto con le altre deposizioni, e travisando la deposizione del teste Altro elemento che confermava l’esistenza della servitù di passaggio era costituito da una tavola datata , che descriveva lo stato dei luoghi, documento redatto da un tecnico incaricato da parte attrice, dal quale si evinceva che “quantomeno già dal 1976 il mappale 2508 (fondo dominante) era collegato alla dalla servitù reclamata” e si ricavava che la servitù era rappresentata da una sottile striscia tra il mappale di proprietà dell’attore, costituito fondo servente in occasione della divisione del 1964, ed il mappale 2509. Il motivo di appello, sopra riassunto, è infondato.

La valutazione, compiuta dal primo giudice, della istruttoria orale espletata, secondo cui è mancata la prova dell’esercizio, uti dominus, del diritto di passaggio sul fondo di proprietà dell’attore, è condivisa dalla Corte.

Il primo giudice, dopo aver ricordato il contenuto dell’onere probatorio gravante su colui che invoca in giudizio l’usucapione, così come individuato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui occorre la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e, quindi, non solo del “corpus”, ma anche dell'”animus”, ha ritenuto che dalla istruttoria orale non fosse emerso il momento iniziale dell’esercizio del diritto di passaggio, né il suo protrarsi per venti anni, attesa l’assoluta genericità delle dichiarazioni di tutti i testi escussi. Il tribunale osservava come :

“I testi hanno confermato che nei primi mesi dell’anno la parte attrice a sue spese aveva fatto installare la cancellata con motore elettrico che chiudeva il fronte della strada sul confine nord dei mappali 2923 e 2924, dando concreta dimostrazione dell’esercizio del suo diritto di proprietà in ordine alla passaggio sui suoi fondi.

– Il teste ha confermato di aver visto il fratello della parte attrice venire a chiedere le chiavi del cancello per poter accedere alla strada e che dopo l’utilizzo le dette chiavi erano state restituite.

– La teste ha dichiarato che il sig. non ha mai avuto, né le chiavi, né il telecomando e che quando aveva la necessità di passare dalla strada per la legna o per il fieno chiedeva il permesso e gli venivano consegnate le chiavi e che, dopo l’utilizzo, queste venivano restituite.
In merito all’esercizio nel tempo del preteso diritto di passaggio sul fondo, ha, poi, dichiarato che fino alla fine degli anni 90 la strada veniva utilizzata dalla convenuta e dal padre NOME per portare la legna ed il fieno, chiedendo, però, il permesso ogni volta, precisando che le chiavi della cancellata erano rimaste in possesso del sig. perché aveva omesso di restituirle.

– La teste ha dichiarato che quando il sig. , le quattro o cinque volte l’anno in cui vi era la necessità, doveva utilizzare la strada, chiedeva la sera prima le chiavi e le restituiva il giorno successivo e che anche prima dell’installazione della cancellata ogni volta che la strada doveva essere utilizzata il sig. chiedeva sempre il permesso alla parte attrice”.

Il primo giudice ha osservato ancora come “Anche le ulteriori deposizioni testimoniali, in parziale contrasto con le deposizioni su indicate, non hanno chiarito, come accennato, la sussistenza dei presupposti della prescrizione acquisitiva del diritto di passaggio sui terreni per cui è causa”.

Va anzitutto osservato come non vi siano ragioni oggettive per ritenere inattendibili le deposizioni dei testi legati all’attore in primo grado da rapporti di parentela, risultando tale elemento, di per sé, insignificante, e non avendone le appellanti indicato altri, senza contare, peraltro, come anche i testi indicati dalle convenute in primo grado siano in rapporti di parentela con le stesse, a parte

Contrariamente a quanto assumono le appellanti, il tribunale non ha ritenuto inattendibili le ulteriori deposizioni, diverse da quella espressamente menzionate, in quanto contrastanti con queste ultime, ma le ha valutate non sufficientemente specifiche e quindi inidonee a dimostrare la fondatezza della domanda riconvenzionale delle parti convenute. Nel dettaglio le deposizioni dei testi , invocate dalle appellanti, hanno il contenuto di seguito indicato.

ha dichiarato:
“ Confermo la circostanza capitolata.
I soggetti indicati nel capitolo hanno sempre transitato su tutta la stradella anche dopo l’installazione del cancello elettrico perché avevano le chiavi ed il telecomando“.
“ Confermo che quando portavamo la legna era la sig.ra e dopo il sig. che aprivano il cancello e ciò anche dopo l’elettrificazione del cancello stesso. ” oltre a quanto riportato dal tribunale, ha dichiarato:
“per quanto ne so, prima dell’installazione del cancello nel 1999 il sig. e i suoi familiari transitavano per la stradella sia a piedi che con mezzi.

” ha dichiarato :
” “ Confermo la circostanza capitolata.

I soggetti indicati nel capitolo hanno sempre transitato su tutta la stradella, ma nulla so sulla l’installazione del cancello elettrico o su chi avesse le relative chiavi perché non mi sono mai interessata della questione, non avendo accesso alla mia proprietà dalla stradella.

” ha dichiarato : “Per quello che è a mia conoscenza l’utilizzo della stradella per cui è causa prima dell’installazione del cancello era assolutamente libero e non chiedevamo alcun permesso al sig. , mio zio. Noi utilizzavamo la strada per il trasporto della legna, del fieno, del mangime per gli animali o la utilizzava per il passaggio delle pecore. Mi risulta che anche la manutenzione della stradella venisse effettuata da mio padre.
ADR: “Dal 1996 fino al mi sono trasferito altrove per ragioni di lavoro all’estero.
Rientravo, però, ogni mese ed ero spesso a casa dei miei genitori.
” “Dopo l’installazione del cancello nel 1999 mio padre era nel possesso della chiave del cancello e non chiedeva alcun permesso a mio zio. La chiave era appesa nella cucina di mia madre e ne aveva la disponibilità anche mia sorella NOME
” ha dichiarato : “Per quello che mi ricordo, mio nonno era in possesso della chiave del cancello che teneva in un borsello sul trattore e sulla chiave c’era scritto “cancello NOME”;
e la strada veniva utilizzata per il trasporto della legna o per far passare gli animali da portare al pascolo.
Mio nonno non chiedeva il permesso per l’utilizzo della stradella.
Mio nonno aveva anche il possesso del telecomando.
” Osserva la Corte come le deposizioni da ultimo ricordate, si pongano in evidente contrasto con quelle menzionate espressamente nella sentenza di primo grado.
Non emergono circostanze che permettano di attribuire credibilità ad alcune deposizioni, rispetto ad altre.
In particolare, né dall’atto di divisione del 1964, né da una tavola progettuale redatta nel 1976 (doc. 3 fascicolo primo grado appellanti) al fine di un ampiamento dell’abitazione di , possono ricavarsi elementi a favore dell’assunto delle appellanti.
Della irrilevanza del primo atto già si è detto, mentre dalla planimetria può cogliersi solo l’esistenza di una striscia di terreno, individuata con il mappale n.2509, ad est della proprietà di circostanza parimenti ininfluente al fine della prova dell’acquisto per usucapione.
Tenuto conto che non vi sono elementi utilizzabili per ritenere inattendibile l’una o le altre delle deposizioni tra loro in contrasto, deve trovare applicazione il consolidato orientamento della Suprema Corte secondo cui “qualora il giudice del merito ritenga sussistere un insanabile contrasto tra le deposizioni testimoniali sui fatti costitutivi della domanda, fondando tale convincimento non sul rapporto numerico dei testi, ma sul dato oggettivo di detto contrasto, ritenuto ostativo al raggiungimento della certezza necessaria alla decisione, e, con valutazione congruamente motivata, reputi non superabile il contrasto sulla scorta delle ulteriori risultanze istruttorie documentali, inidonee a dimostrare la fondatezza della domanda, l’insufficienza del quadro probatorio ricade in danno della parte sulla quale grava l’onere della prova comportando, conseguentemente, il rigetto della domanda da questa proposta” (Cass. 47732015, Cass. 34682010).

La mancata dimostrazione, la cui prova incombeva sulle parti appellanti, dei presupposti per la prescrizione acquisitiva invocata, non può pertanto che comportare, come già rilevato dal primo giudice, il rigetto della domanda di usucapione.

Con il terzo motivo le appellanti censurano il capo della sentenza che ha regolato le spese, lamentando come erroneamente il tribunale le aveva condannate a rimborsare all’attore anche il compenso relativo al procedimento di mediazione obbligatoria, considerandolo come spesa processuale, mentre invece costituiva una voce di danno emergente, mai oggetto di specifica domanda da parte di Anche questo motivo è infondato.

Questo Collegio, pur consapevole di un indirizzo della Suprema Corte, richiamato espressamente dalle appellanti, secondo il quale le spese per il procedimento di mediazione non potrebbero assimilarsi a quelle processuali, ma costituirebbero una componente del danno emergente sopportato dalla parte, con le preclusioni processuali ordinarie nei confronti delle nuove domande (Cass. sez. Un.
169902017), ritiene di aderire, condividendone le argomentazioni, al più recente orientamento accolto dalla Corte di Cassazione, secondo cui, muovendosi dal presupposto che il procedimento di mediazione è condizione di procedibilità per un numero significativo di controversie e il suo mancato esperimento comporta l’improcedibilità della domanda proposta al giudice, deve pervenirsi alla conclusione che dette spese siano assimilate alle spese del processo, al pari delle spese sostenute ai fini della sua instaurazione, come ad esempio la somma pagata per il c.d. contributo unificato (Cass. 323062023).

Nella fattispecie in esame, pertanto, correttamente il giudice di primo grado ha incluso nella liquidazione delle spese processuali a carico del soccombente ex art. 91 c.p.c., anche i compensi spettanti al difensore dell’attore per il procedimento di mediazione.

Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.

Secondo il criterio della soccombenza, le appellanti vanno condannate al rimborso delle spese processuali sostenute da , liquidate, tenuto conto delle questioni trattate, e comunque dei parametri di cui al DM n.147 del 2022, in euro 6.946,00 per compenso utilizzando, in relazione alle plurime domande oggetto del giudizio, lo scaglione relativo alle cause di valore indeterminabile di bassa complessità, per le tre fasi, studio, introduttiva e decisionale, oltre iva cpa e 15% per rimborso spese forfettarie.

La Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato da parte delle appellanti, a norma del comma 1 quater dell’art. 13 del DPR 1152002 così come modificato dall’art. 1 comma 17 della l. 2282012.

La Corte, definitamente pronunciando:
a)respinge l’appello proposto da e conferma la sentenza impugnata;
b)condanna le appellanti al pagamento delle spese processuali di questo grado di giudizio in favore di liquidate in euro 6.946,00 per compenso oltre iva, cpa e 15% per rimborso spese forfettarie;
c) dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle appellanti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del Il Presidente
est. NOME COGNOME

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Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvovato
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