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Responsabilità della banca per diamanti venduti ai clienti

La banca è responsabile per i danni causati ai clienti a causa di informazioni insufficienti e fuorvianti fornite durante la vendita di diamanti. Il cliente, confidando nel proprio istituto bancario, non aveva motivo di dubitare della validità dell’investimento. La banca aveva l’obbligo di agire con diligenza e trasparenza, fornendo informazioni complete ed accurate.

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Pubblicato il 3 luglio 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

R.G. 832/2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI TORINO SEZIONE I

CIVILE RIUNITA IN CAMERA DI CONSIGLIO NELLE PERSONE DEI SIGNORI MAGISTRATI:

Dott.ssa NOME COGNOME Dott.ssa NOME COGNOME

CONSIGLIERE ISTRUTTORE Dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._513_2025_- N._R.G._00000832_2023 DEPOSITO_MINUTA_11_06_2025_ PUBBLICAZIONE_11_06_2025

nel procedimento civile iscritto al n. R.G. 832/2023 promosso da:

(C.F. ), rappresentato e difeso, per procura in calce all’atto di citazione in appello, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Genova, INDIRIZZO

– parte appellante – contro in qualità di procuratore di rappresentata e difesa, per procura in calce alla comparsa di costituzione in appello, dagli avv.ti Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Milano, INDIRIZZO

– parte appellata –

CONCLUSIONI

DELLE PARTI Per parte appellante “Voglia il Tribunale di Alessandria, previe le declare del caso se d’occorrenza incidenter tantum:

– accertare e dichiarare la responsabilità precontrattuale, contrattuale o extracontrattuale C.F. ed in particolare per il contributo essenziale e determinante del fatto doloso o colposo, anche in violazione delle norme degli artt. 20, 21, 22, 23, 49, 50, 52, 54 e 66 del Codice del Consumo, o violazione degli obblighi informativi e comportamentali di cui agli artt. 21 T.U.F e 27, 39, 40, 41 e 42 Reg. Consob, qualora applicabili, ovvero per la responsabilità direttamente imputabile alla per la condotta contraria ai doveri di diligente esecuzione della prestazione nell’ambito del contatto sociale qualificato. – conseguentemente dichiarare tenuta e condannare, anche ex art. 2049-2055 e per essa del , in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, quantificati in € 137.276,48 o nella somma meglio vista e ritenuta che risulterà all’esito dell’istruttoria, in favore del sig. , oltre interessi e rivalutazione monetaria, come per legge con deduzione delle somme già percette -Con vittoria di spese e compensi oltre rimborso forfettario per spese da distrarsi a favore degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME quali antistatari. In via istruttoria, ove ritenuto, si insiste per l’ammissione delle prove per interrogatorio formale e per testi sui seguenti capitoli di prova 1) Vero che il sig. , prima del 2004 per il tramite del funzionario di Banca sig. aveva acquistato solo prodotti finanziari a basso rendimento e con rischio molto ridotto.

Si indica a teste il sig. 2) Vero che nel 2008 la tramite un proprio funzionario sig. proposto al sig. di acquistare alcuni diamanti “da investimento”.

Si indica a teste il sig. 3) Vero che durante gli incontri all’esponente veniva rammostrato e consegnato da parte del sig. corposo materiale informativo tra cui grafici che rappresentavano l’andamento dell’investimento in diamanti con una crescita costante del loro valore ed un rendimento di assoluto interesse.

Per interpello e testi.

Si indicano a teste il sig. 4) Vero che il sig. suggeriva all’attore tale bene quale prodotto finanziario differente rispetto agli investimenti sino allora effettuati dal sig. ”.

Si indicano a teste i sigg.ri 5) Vero che tale prodotto era peraltro ampiamente pubblicizzato all’interno dei locali della con locandine, pamphlet ed altro materiale.

Per interpello e testi.

Si indica a teste il 6) Vero che la Banca nel gennaio del 2008, tramite propri funzionari , proponeva nuovamente l’acquisto di diamanti, rammostrando corposo materiale informativo tra cui un grafico che rappresentava l’andamento dell’investimento con una crescita costante del suo valore ed un rendimento di assoluto interesse come da Doc. 1 che si rammostra.

Per interpello e testi.

Si indica a teste il sig. 7) Vero che anche nel 2009, 2010 e 2011 tale prodotto era sempre ampiamente pubblicizzato all’interno dei locali della Banca;

Per interpello e testi.

Si indicano a teste i sigg.ri 8)

Vero che i funzionari nei ripetuti incontri affermavano, sulla base del materiale informativo rammostrato e fornito dalla Direzione della Banca, che si trattava sempre di un ottimo collocamento, senza alcun rischio, confermando la validità, la bontà e la sicurezza dell’investimento proposto.

Per interpello e testi.

Si indicano a teste i sigg.ri 9) Vero che la Banca, sempre al fine di rassicurare il sig. della bontà dell’investimento, consegnava tramite i propri funzionari alcuni articoli e quotazioni pubblicati sul Sole 24 ore.

Per interpello e testi.

Si indicano a teste i sigg.ri 10) Vero che gli articoli venivano inviati e forniti direttamente dalla Direzione della Banca ai propri funzionari.

Per interpello e testi.

Si indicano a teste i sigg.ri 11) Vero che la Banca, su specifiche indicazioni della Direzione e del responsabile dei Servizi, invitava i propri funzionari a sollecitare l’incremento degli investimenti in diamanti nei confronti dei propri clienti, sottolineando i vantaggi derivanti per la Banca ed i funzionari in ragione della percentuale riconosciuta dalla IDB;

Per interpello e testi.

Si indicano a teste i sigg.ri 12) Vero che i corrispettivi riconosciuti alla Banca per l’intermediazione di prodotti finanziari si attestavano, nel 2006 sullo 0.50-1,00%, mentre nel 2006 IDB riconosceva alla Banca un corrispettivo per l’intermediazione pari al 15-18%;

Per interpello e testi.

Si indicano a teste i sigg.ri 13) Vero che negli acquisti dal 2008 al 2011, i funzionari rappresentavano al sig. che il percorso per la prenotazione delle pietre, acquisto, pagamento del corrispettivo e consegna dei diamanti 14) Vero che la IDB forniva alla Banca la documentazione necessaria per la proposta di acquisto.

Per interpello e testi.

Si indicano a teste i sigg.ri 15) Vero che negli ordini del 2008, 2009, 2010 e 2011 il funzionario provvedeva a redigere personalmente la proposta di acquisto su carta intestata alla IDB con inserito il prezzo e la descrizione delle pietre, con data della quotazione e con fissazione del mese di consegna.

Per interpello e testi.

Si indicano a teste i sigg.ri 16) Vero che nell’occorso i funzionari facevano quindi firmare il sig. e provvedevano ad inviare la proposta di acquisto a mezzo fax alla IDB direttamente da apparecchiatura (fax) della Per interpello e testi.

Si indicano a teste i sigg.ri 17) Vero che il sig. , nel 2008, 2009, 2010 e 2011, incontrava presso i locali della Banca, sempre alla presenza dei funzionari, un referente della IDB che provvedeva solo alla consegna dei diamanti.

Per interpello e testi.

Si indicano a teste i sigg.ri 18) Vero che negli acquisti del 2008, 2009, 2010 e 2011 il funzionario della Banca predisponeva altresì l’ordine di bonifico bancario a favore della IDB che il cliente doveva sottoscrivere e la cui contabile veniva consegnata all’incaricato IDB.

Per interpello e testi.

Si indicano a teste i sigg.ri 19) Vero che l’incaricato della IDB, ometteva di riferire in ordine ai rischi dell’investimento o alle concrete modalità dello stesso, limitandosi a descrivere le pietre e consegnando le stesse in blister chiusi e certificati.

Per interpello e testi.

Si indicano a teste i sigg.ri 20)Vero che nel 2015 il sig. chiedeva ai funzionari di provvedere alla dismissione dei diamanti acquistati, per necessità personali.

Per interpello e testi.

Si indicano a teste i sigg.ri Per parte appellata “Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, contrariis reiectis, previa ogni più ampia e opportuna declaratoria, così giudicare:

IN INDIRIZZO

– respingere l’appello avversario perché infondato, sia in fatto che in diritto, per le ragioni esposte in narrativa;

– in riforma della Sentenza, in accoglimento dei motivi di appello proposti in via incidentale alla come esposti in narrativa, voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita:

IN INDIRIZZO

– accertare e dichiarare l’inammissibilità, improponibilità ed improcedibilità dell’azione risarcitoria proposta da controparte per carenza dei presupposti di legge;

IN INDIRIZZO

– rigettare tutte le domande e le richieste formulate da controparte in quanto inammissibili, improponibili e comunque infondate, in fatto e in diritto, per i motivi tutti di cui in atti, e per l’effetto condannare il Cliente a restituire alla tutte le somme versate in esecuzione della Sentenza impugnata, oltre interessi legali dalla data del pagamento al saldo;

IN INDIRIZZO

– accertare e dichiarare la sussistenza del concorso di colpa in capo al Cliente ai sensi dell’art. 1227 c.c., nella causazione dei pretesi danni e, conseguentemente, escludere ovvero ridurre l’entità del pagamento in favore degli stessi nella misura che sarà ritenuta di giustizia in considerazione dell’entità del concorso colposo di controparte, dichiarando tenuti e condannando il Cliente alla restituzione delle maggiori somme pagate dalla in esecuzione della Sentenza;

– nella denegata ipotesi in cui ritenga la tenuta al pagamento, a qualsivoglia titolo, di somme di denaro in favore del Cliente, ridurre l’importo da corrispondere al medesimo secondo i criteri indicati in atti, tenendo in considerazione il valore delle gemme, nonché tenendo conto di quanto il Cliente ha ricevuto, riceverà o avrebbe potuto ricevere dal a titolo transattivo e, conseguentemente, dichiarare tenuti e condannare il Cliente alla restituzione delle maggiori somme pagate dalla in esecuzione della Sentenza; – per la denegata ipotesi di accoglimento delle domande avversarie, respingere la pretesa di rivalutazione sul danno e, conseguentemente, dichiarare tenuti e condannare il Cliente alla restituzione delle maggiori somme pagate dalla in esecuzione della Sentenza;

IN INDIRIZZO

– respingere tutte le istanze istruttorie avversarie per i motivi esposti in atti;

IN OGNI CASO:

– con vittoria di spese di lite, oltre spese generali, IVA e CPA per entrambi i gradi di giudizio, oltre alle spese di CTU del primo grado di giudizio”.

Il giudizio di primo grado A partire dall’autunno 2017, grazie a inchieste giornalistiche dell’anno precedente e all’istruttoria svolta dall’Autorità Garante della concorrenza e del Mercato – che nell’ottobre 2017 emise un provvedimento in cui sanzionava – si apprendeva che le predette Banche avevano posto in essere pratiche commerciali scorrette nei confronti dei propri clienti.

Queste, in particolare, avevano indotto i clienti ad acquistare i diamanti dalla IDB, fornendo false informazioni sugli investimenti e sovrastimando le pietre, il cui valore solo apparentemente era basato su valutazioni di terzi indipendenti.

La presente causa si inseriva nel solco delle numerosissime cause di risarcimento danni intentate da clienti nei confronti delle Banche, tra cui figurava al cui Gruppo apparteneva come Banca odierne appellate.

aveva impugnato il suddetto provvedimento dell’Autorità Garante della concorrenza e del Mercato davanti al Giudice amministrativo, il quale aveva emesso sentenza di rigetto in primo e secondo grado (TAR Lazio n. 10967/18 e Consiglio di Stato n. 2081/21 11.03.2021, con cui era stata solo parzialmente diminuita la sanzione amministrativa erogata).

I consumatori truffati, in un primo momento, avevano chiesto a IDB di poter rientrare dei loro investimenti mediante la vendita dei diamanti acquistati;

stante il rifiuto della società, gli stessi avevano agito in giudizio nei confronti di IDB e in via sussidiaria contro le Banche;

successivamente, dopo il fallimento di IDB in data 10.01.2019, i giudizi erano stati riassunti nei confronti delle sole Banche.

In tale contesto si inseriva la controversia in esame:

il signor agiva in giudizio contro , dinnanzi al Tribunale di Alessandria, con atto di citazione notificato il 06.12.2019, deducendo che:

(i) la aveva completamente disatteso l’obbligo di applicazione, in materia, della normativa prevista dal TUF per gli investimenti finanziari;

(ii) era ravvisabile nel caso di specie una responsabilità contrattuale della sia in base alla violazione del codice del Consumo, sia in base all’apporto causale nella conclusione del contratto, sotto il profilo dell’attività di intermediazione e promozione concretamente svolta in violazione degli obblighi di buona fede di cui agli artt. 1175,1337 e 1375 c.c. e (iii) aveva concorso in truffa con la IDB ed era pertanto responsabile anche ai sensi degli artt. 2043, 2049 e 2055 c.c. al momento dell’acquisto, così come accertato a mezzo perizia di parte, basata sui parametri RAGIONE_SOCIALE, listino che espone valori di riferimento universalmente riconosciuti; Il danno derivante dall’impossibilità di rivendere i diamanti acquistati, con ulteriore decremento del loro valore;

Il danno morale ex art. 1338 c.c.;

Il danno da mancato guadagno, consistente nell’introito che il cliente avrebbe ottenuto se avesse investito il proprio denaro altrimenti.

Si costituiva in giudizio la convenuta, eccependo preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva con riferimento alla responsabilità contrattuale demandatale, posto che il contratto di acquisto dei diamanti – di cui la non era parte – si era perfezionato fra il signor e la Eccepiva, altresì, l’improcedibilità dell’azione risarcitoria richiesta dall’attore per non essersi il danno ancora verificato, atteso che il signor era ancora il proprietario dei diamanti e non aveva proceduto alla loro vendita: al momento della proposizione della domanda, pertanto, nessuna perdita si era ancora verificata in capo all’investitore.

Affermava, inoltre, la prescrizione delle domande di responsabilità extracontrattuale e contrattuale, per essere trascorsi oltre cinque anni dalla data degli acquisti (risalenti il primo al 27.02.2008, il secondo al 14.01.2009, il terzo al 17.06.2010 e il quarto al 16.06.2011) e oltre dieci anni dal primo e dal secondo acquisto, non rilevando la messa in mora presentata dal cliente, pervenuta alla solamente in data 28.03.2019.

Nel merito, parte convenuta sottolineava il proprio ruolo di mero segnalatore dell’affare ed evidenziava come il provvedimento della AGCM non avesse incontrovertibilmente accertato pratiche scorrette in capo alla Banca, in quanto non era passato in giudicato.

In ogni caso, tale provvedimento non provava l’esistenza di condotte censurabili con riferimento al caso di specie.

Le pratiche scorrette lamentate dal cliente erano, in realtà, imputabili alla società RAGIONE_SOCIALE

in ogni caso, nella controversia in esame non si applicava la normativa in materia di intermediazione finanziaria e di servizi bancari, non essendo i diamanti strumenti finanziari.

Negava la sussistenza di una responsabilità in capo alla a qualsiasi titolo e affermava il concorso di colpa del consumatore.

Contestava, inoltre, le modalità di calcolo del quantum del risarcimento richiesto ed evidenziava l’infondatezza delle voci di danno richiamate da controparte.

Con sentenza n. 46/2023, depositata in data 18.01.2023, il Tribunale di Alessandria accoglieva parzialmente la domanda attorea, condannando nella qualità di procuratrice di pagare a la somma di € 67.222,70, oltre interessi moratori nella misura di quelli legali dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo.

Condannava parte convenuta alla rifusione delle spese di lite, liquidate in € 786,00 per esborsi ed € 11.268,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% dei compensi, Iva e CPA come per legge, con distrazione delle spese a favore dei difensori dichiaratisi antistatari.

Il Tribunale riteneva la domanda attorea in parte fondata.

in qualità di professionista, era obbligata al rispetto dell’art. 5 del D.L. vo n. 206/05 laddove, al terzo comma, stabilisce che le informazioni fornite al consumatore, da chiunque provengano, devono essere adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata ed espresse in modo chiaro e comprensibile, tenuto conto anche delle modalità di conclusione del contratto e delle caratteristiche del settore, tali da garantire la consapevolezza del consumatore.

Nel caso di specie il consumatore non solo non era stato posto in grado di comprendere effettivamente il bene che stava acquistando, ma era anzi stato ingannato dalla società venditrice RAGIONE_SOCIALE, con la complicità della quanto meno sul valore del bene e sulla sua commerciabilità.

Secondo il Tribunale, pertanto, a carico della era configurabile la responsabilità contrattuale, con le conseguenze che ne derivavano in materia di prescrizione e la non necessità di prendere in esame le diverse qualificazioni giuridiche della domanda formulate dall’attore, sia con riferimento alla responsabilità precontrattuale, sia con riferimento a quella extracontrattuale.

In merito alle contestazioni presentate dalla parte convenuta (non riconducibilità della fattispecie in esame alla normativa in materia di intermediazione finanziaria e di servizi bancari, responsabilità in capo alla società RAGIONE_SOCIALE delle pratiche scorrette lamentate dal cliente, il ruolo di mero segnalatore della Banca) il Tribunale richiamava la motivazione della sentenza del Consiglio di Stato (n. 2081/21).

Evidenziava come il Consiglio di Stato avesse rilevato che l’istruttoria svolta dalla AGCM provava le specifiche violazioni di pericolo contestate alle Banche, le quali prescindevano dalla prova che la pratica commerciale scorretta fosse stata tenuta in ogni singolo caso e che avesse effettivamente cagionato un danno al consumatore.

Secondo il Giudice, pertanto, i fatti esposti dall’attore medesime modalità delle condotte condannate dalla AGCM, le quali concretizzavano un illecito contrattuale in capo a e un conseguente danno ingiusto in capo al consumatore.

Il Tribunale statuiva, poi, l’inconferenza dell’eccezione di parte convenuta circa il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto la aveva assunto una propria obbligazione contrattuale scaturita dal ruolo di intermediario ricoperto nella conclusione del contratto di vendita dei diamanti.

Richiamava, poi, la motivazione del Consiglio di Stato circa l’eccezione di parte convenuta relativa al non essersi il danno ancora verificato, la quale evidenziava che non si trattava di investimenti finanziari, ma di semplice acquisto di beni materiali, venduti ingannevolmente all’ignaro cliente per un prezzo molto più alto del loro valore.

Il Giudice respingeva, altresì, l’eccezione della circa la configurabilità di un concorso di colpa in capo al consumatore, in quanto non era possibile sostenere che il materiale pubblicitario ingannevole consegnato dalla avrebbe potuto, se attentamente letto, allertare il consumatore.

Era da escludere, inoltre, che trattandosi di beni materiali e non di strumenti finanziari, l’attore avesse i medesimi strumenti della Banca per valutare la bontà e la convenienza dell’investimento, posto che è chiaro che la valutazione di un diamante è operazione assai complessa ed effettuabile solo tramite professionisti.

Il Tribunale accoglieva, invece, l’eccezione di intervenuta prescrizione decennale degli acquisti avvenuti in data 27.02.2008 e 14.01.2009, rispetto alla formale messa in mora del 28.03.2019.

In merito alla quantificazione del danno, il Tribunale faceva riferimento alla differenza tra il prezzo pagato dall’attore alla stipula della compravendita e il valore dei diamanti all’epoca dell’acquisto.

Posto che il signor aveva pagato, per gli acquisti non coperti da prescrizione, € 70.234,76 e che il valore delle pietre acquistate, come indicato dall’attore sulla base della CTP prodotta – non specificamente contestata da controparte – era pari ad € 19.939,00, ne conseguiva che il danno sofferto era pari ad € 50.295,76.

La predetta somma, con rivalutazione monetaria e interessi sulla somma di anno in anno rivalutata dal momento dell’ultimo acquisto ad oggi, era pari ad € 67.222,70;

rigettava, invece, le domande di liquidazione del danno morale e del danno da mancato guadagno.

Il giudizio in appello la sentenza n. 46/2023 del Tribunale di Alessandria, pubblicata in data 18.01.2023 e non notificata, chiedendo – ribadita la responsabilità contrattuale di per essa del – di riformare la sentenza nella parte in cui aveva accolto l’eccezione di prescrizione formulata in primo grado dal conseguentemente, dichiarare tenuto e condannare il in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento del danno nella misura pari ad € 89.485,12, oltre rivalutazione e interessi.

Con il primo motivo l’appellante censurava la sentenza nella parte in cui aveva accolto l’eccezione di prescrizione della , ritenendo che la stessa decorresse dalla data di acquisto dei diamanti, anziché dalla data (più favorevole per l’appellante) in cui il dolo era stato scoperto o altrimenti dalla data della decisione AGCOM del 20.09.2017, momento in cui il fatto generativo della responsabilità era stato acclarato, e quindi quando la produzione del danno era oggettivamente percepibile e conoscibile da parte del danneggiato. Secondo parte appellante la prescrizione era rimasta sospesa tra il debitore e la la quale aveva dolosamente occultato l’esistenza del danno fino a quando il comportamento dolosamente omissivo e commissivo non era stato scoperto.

Con il secondo motivo di doglianza, il signor eccepiva l’errata motivazione e violazione degli artt. 1218 e 1223 c.c. circa la determinazione e la liquidazione del danno, non avendo il Tribunale di Alessandria condannato la al risarcimento degli acquisti avvenuti nel 2008 e 2009.

L’appellante chiedeva, pertanto, la liquidazione del danno integrale di cui alla domanda formulata in primo grado, tramite l’inclusione nel risarcimento anche degli acquisti dei diamanti effettuati ante 2009.

L’appellante chiedeva alla Corte d’Appello di procedere alla liquidazione del danno integrale di cui alla domanda formulata in primo grado, includendo quindi nel risarcimento richiesto, anche gli acquisti dei diamanti effettuati ante 2009, così specificati:

Acquisti 27/02/2008:

n. diamanti;

prezzo pagato;

valore RAGIONE_SOCIALE 1 € 6.431,02;

€ 1.858,23 1 € 6.309,88;

€ 1.823,17 1 € 6.309,88;

€ 1.823,17 1 € 21.043.05;

€ 9.439,50

Totale € 40.093,83;

€ 14.944,07 1 € 6.507,28;

€ 1.945,00 1 € 6.757,56;

€ 2.019,00 1 € 6.757,56;

€ 2.019,00

Totale € 20.022,40;

€ 5.983,00;

Acquisti 17/06/2010:

n. diamanti;

prezzo pagato;

valore RAGIONE_SOCIALE 1 € 8.621,60; € 2.589,00

1 € 11.469,76;

€ 3.620,00

Totale € 20.091,36;

€ 6.209,00;

Acquisti 16/06/2011:

n. diamanti;

prezzo pagato;

valore RAGIONE_SOCIALE 1 € 7.970,38;

€ 2.222,00 1 € 8.126,56; € 2.265,00 1 € 11.550,28;

€ 3.093,00 1 € 7.263,00;

€ 1.964,00 1 € 7.970,38;

€ 2.222,00 1 € 7.263,00;

€ 1.964,00 Totale € 50.143,60;

€13.730,00 Alla luce di ciò il danno risarcitorio si sostanziava, quindi, nel seguente calcolo:

€ 130.351,19 (prezzo di acquisto di tutti i diamanti) da cui si dovevano sottrarre € 40.866,07 (valore effettivo dei diamanti secondo gli indici Rapaport), per un totale di € 89.485,12, calcolato in base alla rivalutazione monetaria e agli interessi sulla somma rivalutata di anno in anno dalla data di ogni singolo acquisto fino alla data della sentenza di appello, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo.

Infine, alla somma così determinata doveva essere dedotta la somma già versata dalla appellata in forza delle disposizioni della sentenza di primo grado.

Si costituiva in giudizio , in qualità di procuratrice di formulando altresì appello incidentale e chiedendo il rigetto dell’appello in quanto infondato in fatto e diritto.

In riforma della sentenza impugnata, domandava l’accertamento e la dichiarazione di inammissibilità, improponibilità ed improcedibilità dell’azione risarcitoria, nonché il rigetto di tutte le domande formulate da controparte in quanto inammissibili, improponibili e comunque infondate.

Per l’effetto, esecuzione della sentenza impugnata, oltre interessi legali dalla data del pagamento al saldo.

In via subordinata, domandava la dichiarazione di sussistenza del concorso di colpa in capo al cliente ai sensi dell’art. 1227 c.c.

Nella denegata ipotesi in cui si ritenesse la tenuta al pagamento, a qualsivoglia titolo, di somme di denaro in favore del cliente, chiedeva la riduzione dell’importo da corrispondere secondo i criteri indicati in atti, tenendo in considerazione il valore delle gemme, nonché quanto il cliente aveva ricevuto, riceverà o avrebbe potuto ricevere dal a titolo transattivo e, conseguentemente, dichiarare tenuto e condannare il cliente alla restituzione delle maggiori somme pagate dalla in esecuzione della Sentenza; Parte appellata trattava congiuntamente i due motivi di appello e riteneva che non si potesse fare riferimento al Provvedimento dell’AGCM al fine di individuare il dies a quo per la decorrenza della prescrizione, in quanto questo non dimostrava gli asseriti addebiti di natura dolosa reclamati da parte appellante, perché non conteneva alcun riferimento specifico alla fattispecie controversa, bensì solo l’accertamento di generiche pratiche commerciali scorrette nei confronti dei clienti.

La pubblicazione del provvedimento AGCM era, dunque, circostanza assolutamente irrilevante ai fini della decorrenza del termine prescrizionale.

Secondo parte appellata andava respinto, pertanto, anche il secondo motivo di appello – che presupponeva l’accoglimento del primo – con cui controparte richiedeva la riforma del quantum risarcitorio, al fine di includervi anche il presunto danno derivante dagli acquisti effettuati dal cliente in data 27.02.2008 e 14.01.2009, rispetto ai quali per l’appunto era stata dichiarata la prescrizione decennale.

Parte appellata evidenziava, inoltre, come controparte non avesse impugnato la parte della sentenza in cui il Tribunale escludeva in capo alla la responsabilità precontrattuale ed extracontrattuale:

tale capo era coperto dal giudicato ed erano, di conseguenza, inammissibili ed inaccoglibili le domande di primo grado che l’appellante si era limitato a riproporre pedissequamente nelle conclusioni in appello.

Parte appellata proponeva altresì appello incidentale:

con il primo motivo di doglianza contestava il capo della sentenza in cui il Giudice non accoglieva l’eccezione di inammissibilità, improponibilità e improcedibilità delle domande risarcitorie avanzate dal cliente in relazione agli acquisti dei diamanti oggetto di causa per carenza dei presupposti di legge, atteso che le pietre preziose erano ancora nella piena disponibilità e proprietà del signor e che, per loro natura, erano soggette a continue oscillazioni di valore.

del cliente era meramente potenziale, in quanto le gemme non risultavano essere state vendute, con l’ovvia conseguenza che ad oggi la perdita lamentata non si era né realizzata, né cristallizzata.

A sostegno di tale interpretazione parte appellata richiamava numerosa giurisprudenza di merito.

Con il secondo motivo di appello incidentale censurava la sentenza nella parte in cui il Tribunale di Alessandria ravvisava una responsabilità da cosiddetto “contatto sociale qualificato” in capo alla la cui violazione determinava una responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., sulla base dell’adesione alle risultanze del provvedimento reso dall’AGCM utilizzato dal Giudice di prime cure per ricostruire il ruolo rivestito dalla nell’ambito delle compravendite di diamanti intercorse tra IDB e il signor Il Tribunale di Alessandria, mediante il richiamo al Provvedimento AGCM, riteneva erroneamente sussistenti in capo alla una serie di obblighi informativi e di protezione nei confronti del cliente, afferenti agli acquisti di diamanti, e ne accertava la violazione in occasione delle operazioni di acquisto conclusi tra il cliente e IDB. Con il terzo motivo di appello incidentale parte appellata censurava la sentenza nella parte in cui, nell’accertare la responsabilità della da cosiddetto contatto sociale, si era uniformato in modo acritico alle risultanze del Provvedimento AGCM, senza valutare l’effettiva valenza del provvedimento nel giudizio in questione.

Con il quarto motivo di appello incidentale censurava la sentenza nella parte in cui il Giudice, richiamando una precedente decisione del Tribunale di Modena, riteneva che incombesse sulla l’onere di fornire la prova del valore dei diamanti acquistati dal cliente, nonché dell’eventuale incremento medio tempore del valore delle pietre, in violazione dei principi di ripartizione dell’onere probatorio.

Con il quinto motivo di appello incidentale, impugnava la parte di sentenza con cui il Giudice escludeva che nel caso di specie sussistesse il concorso di colpa del cliente.

Con il sesto motivo di appello incidentale, censurava la sentenza nella parte in cui si statuiva che “Tale somma deve essere aumentata della rivalutazione monetaria e degli interessi sulla somma di anno in anno rivalutata dal momento dell’ultimo acquisto ad oggi, secondo l’insegnamento della Suprema Corte, così giungendosi alla cifra di € 67.222,70”.

Precisate le conclusioni, la causa veniva trattenuta a decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

la Corte ritiene di esaminare preliminarmente i motivi presentati dalla appellata mediante appello incidentale.

Il primo motivo di appello incidentale, con cui parte appellata eccepiva l’assenza del requisito del “danno risarcibile” nel caso controverso, in quanto i diamanti erano ancora nella disponibilità del signor e potevano, pertanto, essere venduti e costituire un profitto per il cliente, è infondato e va respinto.

La vendita dei beni ad oggi ancora nella disponibilità dell’appellante, costituisce una scelta discrezionale dello stesso, che in nessun modo impedisce, allo stato, di quantificare il pregiudizio effettivamente subito dal cliente a causa della pratica scorretta della Banca e della sopravalutazione dei diamanti operata dalla società venditrice.

Il danno subito dal cliente è, invero, determinabile nella differenza tra il prezzo di acquisto dei diamanti, e l’effettivo valore di questi ultimi:

la facoltà di vendere tali beni non inficia la liquidazione del danno effettivamente patito dal soggetto.

Non rilevano, altresì, le ulteriori contestazioni mosse dalla parte appellata, secondo cui controparte potrebbe eventualmente incassare delle somme in seguito all’insinuazione al passivo nella liquidazione giudiziale della società RAGIONE_SOCIALE

Oggetto delle contestazioni in esame è, invero, il danno derivato dalla condotta della il quale non viene meno sulla base del comportamento della società venditrice ed è, pertanto, risarcibile in ogni caso.

L’eventuale decisione dell’odierna appellata di insinuarsi al passivo nella liquidazione giudiziale della società RAGIONE_SOCIALE ovvero di rivalersi sulla stessa, costituisce una valutazione discrezionale che non intacca la posizione del danneggiato nei confronti della Il secondo e il terzo motivo di appello incidentale, concernenti il titolo di responsabilità della nel caso di specie, possono essere trattati congiuntamente;

sono entrambi infondati e vanno, pertanto, respinti.

Il Giudice di primo grado, nel delineare il titolo di responsabilità dell’Istituto di credito, si è correttamente conformato al provvedimento dell’AGCOM ed ha individuato, nel caso di specie, la responsabilità della da cosiddetto “contatto sociale qualificato”, il quale comporta una responsabilità contrattuale ai sensi dell’art. 1218 c.c., pur in assenza di un vincolo negoziale stricto sensu.

La serialità della materia controversa ha comportato lo svilupparsi di una copiosa giurisprudenza in merito, la quale è conforme nel rilevare una responsabilità solidale tra gli Istituti di credito e la società RAGIONE_SOCIALE e, specificatamente, una È pacifico, invero, il ruolo di intermediario svolto dalla nella compravendita in oggetto:

era stato, infatti, un consulente finanziario di a proporre al signor l’investimento controverso.

Il funzionario, basandosi anche sul rapporto di fiducia instauratosi con il cliente, aveva garantito la convenienza dell’operazione di acquisto, la quale permetteva una diversificazione efficace del portafoglio del cliente, caratterizzata – secondo il consulente – da un basso profilo di rischio.

Le trattative di acquisto si erano sempre svolte nei locali della ed erano state concluse mediante la presentazione di numerosa documentazione e materiale informativo che evidenziava l’andamento favorevole dell’investimento in diamanti, il cui valore appariva in costante crescita e di cui, pertanto, il consulente garantiva un efficace rendimento.

Anche in seguito al primo acquisto del 27.02.2008, la forniva al proprio cliente documentazione – successivamente rivelatasi fittizia – con cui garantiva la bontà dell’investimento, ingenerando così nel signor un solido affidamento sulla possibilità di un efficace ritorno economico dell’acquisto effettuato, tanto che l’appellante veniva convinto a procedere ad ulteriori acquisti negli anni 2009, 2010 e 2011.

La suddetta ricostruzione fattuale è pacifica, in quanto mai contestata dalla ed è pienamente conforme alle numerose ipotesi verificatesi in quegli anni e per le quali la giurisprudenza di merito ha, sin dal principio, ravvisato una responsabilità contrattuale in capo agli Istituti di credito (ex multis, Corte d’Appello di Milano, sentenza n. 3015/2023 e Corte d’Appello di Bologna, sentenza n. 1541/2024).

Nelle vicende accertate dal provvedimento dell’AGCOM del 20.09.2017, nelle quali rientra la controversia in oggetto, è documentalmente provato come la Banca abbia ricoperto, nell’intero corso delle trattative di acquisto dei diamanti, un ruolo fondamentale di intermediario, al fine di garantire la promozione e la distribuzione dell’investimento.

Tale ruolo, tuttavia, è stato svolto violando gli obblighi informativi e di protezione garantiti dal rapporto contrattuale intercorrente tra la e il proprio cliente:

l’informativa fornita dal consulente finanziario non solo era carente e non sufficientemente specifica, ma si è poi rivelata del tutto inattendibile, in quanto contenente resoconti fittizi circa l’andamento del valore dei beni acquistati.

In ogni caso, è ravvisabile in capo alla parte appellata anche una violazione del più generale obbligo di buona fede oggettiva, il quale – essendo un principio solidaristico di derivazione costituzionale – rappresenta un dovere giuridico autonomo rispetto agli nel caso di specie, per l’intera durata della vicenda:

sia nella fase iniziale di presentazione dell’investimento, sia nel momento successivo alla compravendita dei diamanti, tanto da indurre il cliente alla reiterazione degli acquisiti negli anni successivi.

È, infatti, provato il nesso eziologico tra la condotta inadempiente della e l’acquisto da parte del cliente, ingenerato dal rapporto di fiducia intercorrente con il proprio Istituto di credito:

il signor non avrebbe, invero, proceduto a un investimento così oneroso, se non fosse stato rassicurato della bontà dello stesso dal consulente della propria Banca.

Non rileva, inoltre, l’eccezione sollevata dalla parte appellata, secondo cui difetterebbe in capo alla Banca la legittimazione passiva nella controversia in esame, essendo i contratti di compravendita intercorsi tra il cliente e la società RAGIONE_SOCIALE

Le doglianze del danneggiato in questa sede, invero, non concernono i singoli contratti di acquisto dei diamanti, bensì riguardano la violazione degli obblighi informativi e di protezione da parte della Banca, i quali hanno comportato una lesione del legittimo affidamento ingeneratosi nel cliente, sulla base del consolidato rapporto fiduciario tra le parti.

È pacifico che la società RAGIONE_SOCIALE sia l’effettiva venditrice dei diamanti e che la non sia parte contrattuale della compravendita;

tuttavia, il danno lamentato in questa sede concerne un momento antecedente l’acquisto, verificatosi sulla base della condotta della Il quarto motivo di appello incidentale, con cui parte appellata nega la sussistenza di un proprio onere della prova circa l’effettivo valore dei diamanti è infondato e va, pertanto, respinto.

È, infatti, pacifico che l’accertamento circa l’effettivo valore dei diamanti oggetto di causa è stato garantito dai parametri Rapaport richiamati dalla parte appellante, ossia un listino contenente valori di riferimento riconosciuti e ritenuti validi dalla costante giurisprudenza in materia;

l’incombente dell’onere probatorio non è, pertanto, oggetto di controversia (in senso conforme, si vedano Trib. Brescia, sent. n. 3348/2023 e Trib. Monza, sent. n. 624/2025)

La Corte considera, a tale proposito, non necessario l’esperimento di una CTU al fine di verificare il valore dei beni, stante l’universale riconoscimento degli indici suddetti e ritenuto che il danno patito dal cliente vada pacificamente calcolato sulla base della differenza tra il prezzo pagato al momento dell’acquisto del diamante, e l’effettivo valore certificato di quest’ultimo.

Il quinto motivo di appello incidentale, con cui parte appellata eccepisce il mancato Si ritiene che la condotta del cliente, così come documentalmente provata e non contestata nel corso del giudizio, sia pienamente conforme all’ordinaria diligenza del buon padre di famiglia, avendo il soggetto posto affidamento nelle informazioni ricevute dal proprio Istituto di credito, circa un affare – come l’acquisto di diamanti – che richiede competenze tecniche di valutazioni economiche, le quali si esclude possano sussistere in capo a un soggetto non operante nel settore. Non è, altresì, possibile muovere alcun rimprovero al signor per non avere immediatamente ravvisato la mancata genuinità delle informazioni e della documentazione fornita dalla in quanto non vi era alcun apparente motivo per dubitare della correttezza della condotta e della buona fede dell’Istituto di credito.

Il sesto motivo di appello incidentale, con cui la parte appellata eccepisce l’applicazione, da parte del Tribunale, della rivalutazione monetaria sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, è infondato e deve essere respinto, in quanto la controversia in esame concerne un risarcimento del danno per un debito di valore, e non di valuta, e pertanto deve essere applicata la rivalutazione monetaria.

Passando ad esaminare l’appello principale, i due motivi di doglianza relativi all’accoglimento, da parte del Tribunale, dell’eccezione di prescrizione presentata dalla e la conseguente mancata condanna al risarcimento degli acquisti effettuati in data 27.02.2008 e 14.01.2009 sono fondati e vanno, pertanto, accolti.

Ritiene la Corte che, sulla base del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, nelle ipotesi di non immediata individuazione del momento causativo del danno, il dies a quo della prescrizione debba essere individuato nell’istante in cui il danneggiato ha avuto effettiva cognizione del danno subito, ossia quando è stato reso edotto della concreta esistenza del danno e della gravità e del disvalore del medesimo (Cass civ., sent. 1823/2022).

La suddetta contingenza deve essere individuata, nel caso di specie, nel momento in cui l’intera vicenda ha assunto una grandezza tale da suscitare un clamore mediatico sufficiente a rendere edotti i clienti dei raggiri subiti.

Ciò si è verificato solamente in seguito alla dichiarazione di fallimento della società venditrice RAGIONE_SOCIALE, avvenuta in data 10.01.2019;

è a partire da tale data, infatti, che la giurisprudenza prevalente in materia – a cui la Corte ritiene di conformarsi – sostiene che il diritto di risarcimento dei clienti sia azionabile ai sensi dell’art. 2946 c.c., ossia quando i clienti hanno avuto piena cognizione dell’esistenza conseguente clamore mediatico derivato, non erano infatti emersi elementi idonei ad accertare la dannosità delle operazioni contrattuali.

Tutto ciò premesso, il quantum richiesto dalla parte appellante a titolo di risarcimento è stato specificatamente indicato ed è conforme ai criteri di liquidazione del danno accolti dalla giurisprudenza, sulla base degli indici di valore Rapaport.

Si rigetta, pertanto, l’appello incidentale e, in parziale riforma della sentenza impugnata, si accoglie l’appello principale, con conseguente condanna della parte appellata al risarcimento del danno pari ad € 89.485,12 (anziché € 67.222,70 così come liquidati in primo grado), somma risultante dal prezzo di acquisto dei diamanti, pari ad € 130.351,19 (prezzo di acquisto di tutti i diamanti) da cui si devono sottrarre € 40.866,07 (valore effettivo dei diamanti secondo gli indici Rapaport), per un totale di € 89.485,12, calcolato in base alla rivalutazione monetaria, oltre interessi moratori nella misura di quelli legali, dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo; si conferma la sentenza appellata nelle restanti statuizioni.

Spese legali Atteso l’esito del giudizio e l’accoglimento dell’appello principale, nonché il rigetto dell’appello incidentale, si ritiene che le spese del presente grado di giudizio vadano poste a carico della parte appellata soccombente e liquidate sulla base dello scaglione di valore applicabile, ricompreso tra € 52.001,00 e € 260.000,00.

Ex art. 13, comma 1 quater DPR n. 115/2002, sussistono, inoltre, i presupposti perché parte appellata, appellante incidentale, sia dichiarata tenuta a versare un’ulteriore somma a titolo di contributo unificato, pari a quella dovuta per l’impugnazione.

La Corte d’Appello, Sezione Prima Civile, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da nei confronti di in qualità di procuratore di nonché sull’appello incidentale proposto dalla parte appellata, avverso la sentenza n. 46/2023 del Tribunale di Alessandria, depositata in data 18.01.2023:

a) Rigetta l’appello incidentale proposto da in qualità di procuratore b) In accoglimento dell’appello principale e in parziale riforma della sentenza appellata, condanna la parte appellata in qualità di procuratore interessi moratori nella misura di quelli legali, dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo;

c) Conferma nelle restanti statuizioni la sentenza appellata;

d) Condanna parte appellata in qualità di procuratore di al pagamento delle spese legali a favore di parte appellante , liquidate in complessivi € 9.991,00, di cui € 2.977,00 per fase di studio, € 1.911,00 per fase introduttiva ed € 5.103,00 per fase decisionale, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario del 15%, con distrazione delle spese a favore dei difensori che si sono dichiarati antistatari;

e) Dà atto che sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater DPR n. 115/2002 a carico di parte appellata, appellante incidentale.

Così deciso in Torino, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione Civile della Corte d’Appello, il 09.05.2025.

La Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Istruttore Dott.ssa NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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