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Responsabilità del gestore di giostre e onere della prova

Il gestore di un’attrazione potenzialmente pericolosa è tenuto a provare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno. Il comportamento colposo dell’utente può integrare un concorso di colpa e comportare una riduzione del risarcimento.

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Pubblicato il 22 maggio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 1146/2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DI APPELLO DI FIRENZE

QUARTA SEZIONE CIVILE

La Corte di Appello di Firenze, Sezione Quarta Civile, in persona dei magistrati:

Dott.ssa NOME COGNOME Presidente Estensore Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A N._799_2025_- N._R.G._00001146_2020 DEL_29_04_2025 PUBBLICATA_IL_29_04_2025

nella causa in grado di appello iscritta a ruolo il 07/07/2020 al n. 1146 del R.G. Affari Contenziosi dell’anno 2020 avverso la sentenza del Tribunale di Firenze n. 1207/2020 del 27/05/2020 promossa da (C.F. rappresentato difeso, congiuntamente e/o disgiuntamente tra loro, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Montespertoli, INDIRIZZO presso e nello studio dell’Avv. COGNOME come da mandato allegato appellante contro (C.F. appellato contumace e nei confronti di (RAGIONE_SOCIALE.F. , in persona del procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso e nello studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende come da procura allegata C.F. C.F. P. causa è stata posta in decisione sulle seguenti conclusioni:

Per l’appellante :

“Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Firenze, ogni contraria eccezione, istanza, deduzione disattesa:

– In via preliminare:

disporre la sospensione della efficacia esecutiva della sentenza impugnata, come da allegata istanza ex art. 283 e 351 C.p.c.;

– Sempre in via preliminare:

dichiarare ammissibile l’impugnazione proposta ai sensi dell’art. 348 bis C.p.c.

; – Nel merito:

in riforma della sentenza n. 5815/2016 del Tribunale di Firenze ed in accoglimento del presente gravame:

In tesi:

accertare e dichiarare la carenza di responsabilità del in relazione al sinistro per cui è causa e, per l’effetto, in rigetto della domanda di parte appellata, riformare in toto la sentenza impugnata;

Nella denegata ipotesi in cui venga confermato il concorso di colpa tra parte appellante e parte appellata:

– confermare la sentenza impugnata in parte qua.

In ogni caso, accertare e dichiarare la validità della polizza assicurativa n. 500497463 e, per l’effetto, condannare a tenere indenne il da quanto questi fosse condannato a favore di parte appellata.

Con vittoria di spese e compensi di entrambi i gradi di giudizio”.

Per l’appellata “CONCLUDE Preliminarmente affinchè L’Ecc.a Corte D’Appello voglia dichiarare:

1) La nullità dell’atto di citazione in appello notificato alla in quanto priva della vocatio in jus nei confronti della Compagnia, 2) L’improcedibilità ed inammissibilità dell’appello in quanto notificato al Sig. presso il proprio proc.domiciliatario del giudizio di primo grado privo di procura.

Nel Merito:

Per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza del Tribunale di Firenze n. 1207/2020.

In ogni caso con vittoria di spese ed onorari”.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In data 01/02/2014 all’epoca minorenne (15 anni, perché nato in data 11.12.1998), saliva sulla giostra situata all’interno del Lunapark di Castelfiorentino.

Durante la corsa iniziava a piovere ed egli, in piedi al centro della pedana, scivolava e cadeva sul pavimento della stessa, riportando, come da diagnosi del Pronto Soccorso di Empoli, frattura biossea distale dell’avambraccio destro.

In data 21/02/2014 era sottoposto ad un intervento di riduzione della frattura e alla sua stabilizzazione con due fili di K intracanalari retrogradi percutanei.

Con atto di citazione ritualmente notificato esercenti la potestà genitoriale sul figlio minore convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Firenze , proprietario della giostra, per ivi sentirlo condannare ex art. 2050 c.c. o ex art. 2043 c.c. al pagamento in loro favore, a titolo di risarcimento dei danni subiti da a causa delle lesioni riportate in occasione del sinistro, della somma di € 14.391,21 (di cui € 13.634,21 a titolo di danno biologico, come da allegate certificazione medica e relazione medico-legale, ed € 757,00 a titolo di spese per visite mediche e relazioni) e di una somma da determinarsi in via equitativa a titolo di danno morale ed esistenziale. Deducevano, in particolare, che durante la corsa della giostra aveva iniziato a piovere e che la responsabilità dell’incidente era imputabile a poiché egli aveva consentito l’utilizzo della giostra nonostante le sopravvenute condizioni atmosferiche avverse.

Si costituiva in quella sede eccependo l’esclusiva responsabilità del minore nella causazione dei danni lamentati, per aver contravvenuto alle regole d’uso della giostra e alle istruzioni ricevute dal proprietario.

Riferiva, in particolare, che il minore era scivolato poiché, con condotta irresponsabile e incauta, rinunciando al sostegno del passamano, si era posto in piedi sulla pedana posta al centro dell’attrazione.

Chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda di parte attrice in quanto infondata in fatto e in diritto e, in ogni caso, di essere autorizzato a chiamare in causa a fini di manleva con la quale aveva stipulato una polizza assicurativa avverso la responsabilità civile rischi diversi.

si costituiva in giudizio chiedendo, in via preliminare, di essere estromessa dal giudizio attesa l’inoperatività della polizza nel caso di specie in forza del disposto dell’art. 10 delle condizioni speciali della stessa.

Riferiva, in particolare, che la condotta contestata da parte attrice al proprio assicurato, ossia l’omesso arresto della giostra a causa della pioggia, non era coperta dalla polizza in quanto del gestore, perché la polizza non copriva la responsabilità civile del verso terzi.

Nel merito, chiedeva il rigetto della domanda di parte attrice in quanto infondata in fatto e in diritto e laddove fosse invece accertata la responsabilità del proprio assicurato e la copertura assicurativa del sinistro, chiedeva accertarsi il concorso di colpa del minore nella causazione dei danni contestati.

La causa era istruita attraverso produzioni documentali, interrogatorio formale di e di (medio tempore divenuto maggiorenne), prova per testi e CTU medico-legale volta ad accertare l’entità delle lesioni riportate da in seguito all’incidente.

In esito, era trattenuta in decisione all’udienza del 28/11/2019 previa concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. Con la sentenza n. 1207/2020 del 27/05/2020 il Tribunale di Firenze inquadrava la fattispecie nell’ambito dell’art. 2050 c.c., accertava il concorso di colpa di nella misura del 40% nella causazione dei danni subiti dal medesimo così come accertati dal CTU e rigettava la domanda di manleva avanzata da nei confronti attesa l’inoperatività della polizza ex art. 10 delle condizioni speciali della stessa. Pertanto, condannava (indicato nel dispositivo per mero errore materiale come anziché ) a pagare in favore di titolo di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali nella misura del 60% del totale, la somma di € 6.332,40 oltre rivalutazione e interessi compensativi.

Quanto alle spese di lite, condannava a rimborsarle in favore di e le compensava tra Infine, poneva a carico di spese di CTU.

ha impugnato la sentenza per i seguenti motivi:

I MOTIVO:

il primo giudice aveva errato nel qualificare l’attività di gestione e utilizzo della come attività pericolosa ai sensi dell’art. 2050 c.c. e, in ogni caso, nel ritenere non fornita da parte dell’odierno appellante la relativa prova liberatoria;

aveva erroneamente ritenuto inidonea ad interrompere il rapporto di causalità materiale l’incauta condotta del danneggiato e degli altri ragazzi in piedi sulla giostra;

aveva errato nel ritenere che la pioggia sopraggiunta durante la corsa della giostra non integrasse una circostanza imprevedibile e, come tale, qualificabile alla stregua del caso fortuito.

II MOTIVO:

il primo giudice aveva rigettato la domanda di manleva nei confronti di sulla base di un’errata interpretazione dell’art. 10 delle condizioni chiara ed esauriente delle clausole limitative della garanzia di cui all’art. 1341 c.c. e all’art. 166 c.a.p.

Avanzava, altresì, istanza di provvisoria esecutività della sentenza, che veniva rigettata con ordinanza del 19/11/2020.

Chiedeva, pertanto, l’integrale riforma della sentenza, concludendo come meglio indicato in epigrafe.

Si costituiva eccependo in via preliminare la nullità dell’atto di appello in quanto privo della vocatio in jus nei confronti della stessa e l’improcedibilità ed inammissibilità dell’appello in quanto notificato a presso l’Avv. COGNOME procuratore domiciliatario dei genitori del medesimo nel giudizio di primo grado.

Nel merito, reiterava l’eccezione di inoperatività della polizza ai sensi dell’art. 10 delle condizioni speciali della stessa, rilevando che in ogni caso l’esclusione della copertura assicurativa doveva ritenersi pacifica in quanto contestata dall’odierno appellante per la prima volta in appello.

Chiedeva, pertanto, la conferma della sentenza.

Con ordinanza del 11/05/2021, rilevata la ritualità della notifica dell’appello nei confronti di veniva dichiarata la contumacia del medesimo;

quanto alla citazione in appello di questa Corte rilevava che ogni eventuale vizio dell’atto di appello era stato sanato dalla costituzione in giudizio della stessa.

Con ordinanza del 12/07/2023, dichiarata nulla la notifica dell’atto di appello nei confronti di e revocata per l’effetto la dichiarazione di contumacia dello stesso, veniva assegnato all’appellante termine perentorio per il rinnovo della notifica dell’atto di gravame nei confronti dei genitori legali rappresentanti di presso il loro procuratore domiciliatario, nonché “per mero scrupolo” anche nei confronti di in proprio, presso la sua residenza o il suo domicilio entro il termine del 15.9.23.

Effettuata tale notifica, senza ulteriore istruttoria, la causa era trattenuta in decisione una prima volta con ordinanza del 11/04/2024, previa concessione dei termini di legge per lo scambio di comparse conclusionali e memorie di replica;

era poi rimessa sul ruolo per l’impossibilità del consigliere assegnatario, assente per malattia e poi in aspettativa per motivi di salute, a comporre il Collegio per la camera di consiglio e veniva trattenuta nuovamente in decisione con nuovo Collegio (composto come in epigrafe) con ordinanza del 19/02/2025, previa concessione di termini ridotti per comparse conclusionali e memorie di replica.

2.

L’eccezione di improcedibilità ed inammissibilità dell’appello.

, ossia presso il procuratore domiciliatario nel giudizio di primo grado dei suoi genitori, all’epoca legittimati ad agire quali legali rappresentanti del figlio minore, in quanto il raggiungimento della maggiore età del danneggiato ha determinato la perdita della rappresentanza legale da parte dei suoi genitori;

pur continuando l’efficacia della procura fino alla sentenza, una volta emessa la sentenza gli ulteriori atti, fra i quali l’appello, avrebbero dovuto essere notificati direttamente al maggiorenne e non al difensore domiciliatario (ormai decaduto) dei genitori, i quali avevano perso la loro legittimazione ad agire.

L’argomentazione di parte appellata è fondata e tuttavia, in seguito all’ordinanza di questa Corte del 12.7.2023 l’appellante ha provveduto al rinnovo della notifica nei confronti di personalmente presso il suo indirizzo di residenza entro il termine perentorio assegnato dalla Corte, evitando così ogni decadenza.

Si precisa infatti che i genitori di hanno instaurato il giudizio di primo grado quali rappresentanti legali dello stesso a mezzo del procuratore domiciliatario Avv. COGNOME

Nelle more del giudizio di primo grado ha raggiunto la maggiore età e nonostante l’Avv. COGNOME non abbia proceduto alla dichiarazione o notifica di tale evento e quindi il processo non si sia mai interrotto, il primo giudice ha condannato il convenuto al risarcimento dei danni direttamente nei confronti dell’ormai maggiorenne ha poi impugnato la sentenza notificando l’atto di appello a “presso il proprio proc. dom. Avv. NOME COGNOME” e nel costituirsi in questa sede, ha sollevato l’eccezione in discussione: con ordinanza del 11/05/2021, ritenuta rituale la notifica del gravame nei confronti di veniva dichiarata la contumacia di quest’ultimo, ma con la successiva ordinanza del 12/07/2023 è stata invece dichiarata nulla tale notifica e, per l’effetto, revocata la dichiarazione di contumacia di con assegnazione all’appellante del termine perentorio del 15/09/2023 per il rinnovo della notifica dell’atto di gravame sia nei confronti dei genitori di presso il loro procuratore domiciliatario “in virtù dell’ultrattività del mandato difensivo”, sia “per mero scrupolo” anche nei confronti di proprio presso la sua residenza o il suo domicilio. Tanto premesso, il Collegio ritiene invece che sia stato erroneo l’ordine di notificare l’atto di appello ai genitori del danneggiato già divenuto maggiorenne in quanto, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, “Qualora uno degli eventi idonei a nel corso del giudizio di primo grado, prima della chiusura della discussione (ovvero prima della scadenza dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ai sensi del nuovo testo dell’art. 190 c.p.c.), e non venga dichiarato né notificato dal procuratore della parte cui esso si riferisce a norma dell’art. 300 c.p.c., il giudizio di impugnazione deve essere comunque instaurato da e contro i soggetti effettivamente legittimati, e ciò alla luce dell’art. 328 c.p.c., dal quale si desume la volontà del legislatore di adeguare il processo di impugnazione alle variazioni intervenute nelle posizioni delle parti, sia ai fini della notifica della sentenza che dell’impugnazione, con piena parificazione, a tali effetti, tra l’evento verificatosi dopo la sentenza e quello intervenuto durante la fase attiva del giudizio e non dichiarato né notificato. Un’esigenza di tutela della parte incolpevole non si pone, in ogni caso, rispetto all’ipotesi del raggiungimento della maggiore età nel corso del processo, che non costituisce un evento imprevedibile, ma, al contrario, un accadimento inevitabile nell'”an” – essendo lo stato di incapacità per minore età “naturaliter” temporaneo – ed agevolmente riscontrabile nel “quando”” (cfr. Cass. civ., Sez. 3, Ordinanza n. 23189 del 27/09/2018; Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 8194 del 04/04/2013; Cass. civ., Sez. U, Sentenza n. 15783 del 28/07/2005).

Nel caso di specie, la nullità dell’originaria notifica del gravame effettuata a mediante PEC inviata all’Avv. COGNOME – nulla poiché effettuata presso il difensore domiciliatario dei genitori di nel giudizio di primo grado, ormai decaduto in quanto mai nominato da medesimo dopo il raggiungimento della maggiore età – è stata sanata dal rinnovo della notifica a tramite raccomandata a.r. presso il suo indirizzo di residenza (INDIRIZZO Castelfiorentino).

Tale notifica si è, infatti, ritualmente perfezionata in data 05/08/2023 (cfr. timbro postale apposto sulla cartolina verde, versata in atti da con le note scritte del 28.12.23), ossia entro il termine perentorio del 15/09/2023 assegnato da questa Corte con l’ordinanza del 12/07/2023.

Ad abundantiam, conferma la circostanza che abbia effettivamente ricevuto la notifica dell’atto di appello la procura alle liti rilasciata dal medesimo all’Avv. COGNOME ed allegata da quest’ultimo all’istanza di visibilità del fascicolo del 09/10/2023.

Pertanto, non essendosi l’appellato costituito, deve dichiararsi la contumacia di nel presente grado di giudizio.

ha altresì eccepito in via preliminare la nullità dell’atto di citazione in appello “per carenza di vocatio in ius nei confronti della , non essendo presente nell’atto di citazione in appello, sotto il , il nominativo della Compagnia appellata”.

Tale eccezione è priva di pregio.

Sebbene nell’atto di appello sotto il “CITA” non sia effettivamente presente il nominativo della compagnia, deve rilevarsi innanzitutto che esso compare nell’intestazione dell’atto (“ATTO DI CITAZIONE IN APPELLO nell’interesse del Sig. contro Il Sig. NONCHE’ NEI CONFRONTI DI

Inoltre, uno dei motivi di gravame concerne l’asserita copertura assicurativa del sinistro (cfr. atto di citazione in appello, pp. 15-22) e l’appellante conclude chiedendo, nella denegata ipotesi di accertamento della sua responsabilità, di “In ogni caso, accertare e dichiarare la validità della polizza assicurativa n. NUMERO_DOCUMENTO e, per l’effetto – condannare a tenere indenne il da quanto questi fosse condannato a favore di parte appellata” (cfr. atto di citazione in appello, pp. 23-24).

In definitiva, pur avendo citato espressamente a comparire alla prima udienza del 30/11/2020 soltanto trattasi di mero errore materiale che certamente non ha impedito a una volta ricevuta la notifica dell’atto, di comprendere di essere stata citata in appello dinanzi a questa Corte per l’udienza del 30/11/2020 in relazione all’impugnazione della sentenza del Tribunale di Firenze n. 1207/2020 del 27/05/2020. 4.

Il merito.

L’appello è infondato e deve essere rigettato.

4.1.

Il primo motivo di gravame:

la responsabilità di Con il primo motivo di gravame l’appellante ha censurato innanzitutto l’inquadramento giuridico della fattispecie nell’ambito dell’art. 2050 c.c. poiché “E’ noto che le attrezzature ludiche come il proprio perché utilizzate all’interno di Luna Park frequentati in gran parte da minori, siano tendenzialmente sicure e tali da non esporre gli utenti a rischi di sorta” e “ai fini dell’applicazione dell’art. 2050 c.c., la valutazione in ordine alla pericolosità della attività esercitata rimessa al prudente apprezzamento del giudice e, tuttavia, nel caso di specie, tale motivazione pure offerta, non appare scevra da critiche ma, al contrario, meritevole di censura” (cfr. atto di appello, pag. 7). A tali affermazioni seguono, nel paragrafo dell’atto di appello quanto concernenti l’asserita interruzione del nesso di causalità materiale tra l’attività pericolosa e l’evento dannoso, nessuna delle quali è idonea pertanto a scalfire la puntuale e condivisibile motivazione della gravata sentenza in punto di inquadramento giuridico della vicenda.

Il primo giudice ha, in particolare, ritenuto sussumibile nell’ambito dell’art. 2050 c.c. l’attività di gestione e utilizzo della all’esito di una valutazione in concreto di pericolosità della stessa, valutazione condotta – conformemente al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia – secondo il criterio della prognosi postuma sulla base delle circostanze di fatto accertate in giudizio come esistenti al momento del sinistro (cfr. Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 10268 del 20/05/2015). Invero, dopo aver ricordato che “la nozione di attività pericolosa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2050 c.c., non deve essere limitata alle attività tipiche, già qualificate come tali da una norma di legge, ma deve essere estesa a tutte quelle attività che, per la loro stessa natura o per le caratteristiche dei mezzi adoperati, comportino una rilevante possibilità del verificarsi di un danno, dovendosi, di conseguenza accertare in concreto il requisito della pericolosità con valutazione svolta caso per caso, tenendo presente che anche un’attività per natura non pericolosa può diventarlo in ragione delle modalità con cui viene esercitata o dei mezzi impiegati per espletarla” (cfr. Cass. sez. III, 19 luglio 2018, n. 19180), il primo giudice ha preso in considerazione le seguenti circostanze:

l’utilizzo della giostra in spregio alle regole d’uso della stessa (utenti, ivi compreso in piedi al centro della pedana anziché seduti sugli appositi sedili) e la pioggia sopraggiunta durante la corsa della giostra, che aveva reso la pedana scivolosa.

A partire da tali circostanze secondo il primo giudice è effettivamente “plausibile inferire, secondo l’id quod plerumque accidit:

1) la creazione di una maggiore difficoltà di equilibrio degli avventori;

2) la conseguente presumibile perdita di controllo, da parte di quest’ultimi, del proprio movimento corporeo;

3) l’incremento della possibilità di accadimenti offensivi della salute degli avventori medesimi” (cfr. sentenza, pag. 4).

Di qui la condivisibile qualificazione dell’attività svolta da come pericolosa.

Con il motivo di gravame in esame l’appellante ha poi dedotto che:

la difficoltà di equilibrio con conseguente rischio di caduta degli utenti è in re ipsa nella violazione da parte degli stessi delle norme di utilizzo e di sicurezza della giostra;

ne discende che , quest’ultima, qualificabile alla stregua del caso fortuito in quanto imprevedibile;

integravano, in ogni caso, il caso fortuito, quali fattori interruttivi del nesso di causalità materiale tra l’attività pericolosa e l’evento dannoso, l’incauta condotta di o comunque quella, del pari imprudente, degli altri utenti in piedi sulla giostra;

il aveva intimato a tutti gli utenti della di rimanere seduti e di afferrare i dispositivi di sostegno;

i documenti prodotti in giudizio (fascicolo tecnico di costruzione, libretto dell’attività, certificato di collaudo e corretto montaggio, manuale di uso e manutenzione) dimostravano che la giostra era perfettamente funzionante e che egli era in regola con gli oneri di manutenzione imposti dalla legge.

Ebbene, contrariamente alle intenzioni dell’appellante, nessuna delle suddette deduzioni vale a soddisfare l’onere probatorio gravante sul danneggiante ai sensi dell’art. 2050 c.c. ai fini dell’esclusione della responsabilità per l’esercizio di attività pericolosa.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, “La presunzione di responsabilità contemplata dall’art. 2050 c.c. per attività pericolose può essere vinta solo con una prova particolarmente rigorosa, e cioè con la dimostrazione di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno:

pertanto non basta la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge o di comune prudenza, ma occorre quella positiva di avere impiegato ogni cura o misura volta ad impedire l’evento dannoso” (cfr. Cass. civ., Sez. 6-3, Ordinanza n. 16170 del 19/05/2022).

Sul punto il primo giudice ha condivisibilmente statuito che non ha fornito la suddetta prova liberatoria:

non solo egli non ha provato “di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”, a nulla rilevando in tal senso né il fatto che la giostra fosse perfettamente funzionante né il fatto che egli avesse avvertito gli utenti (ivi compreso della necessità di rimanere seduti e di afferrare i dispositivi di sostegno, ma dagli atti e dalle risultanze istruttorie è emerso esattamente il contrario.

È stato, infatti, provato in giudizio che durante la corsa della e altri utenti, in spregio alle regole d’uso della stessa, non erano seduti sugli appositi sedili ma erano in piedi al centro della pedana e che prima della fine della corsa aveva iniziato a piovere, il che aveva reso la pedana della giostra scivolosa.

Ciononostante, non ha arrestato la giostra, cosa che invece, una volta accortosi degli utenti in piedi, avrebbe ben potuto e dovuto fare, e ciò anche a prescindere dalle sopravvenute quanto concerne specificamente l’asserita efficacia interruttiva del nesso di causalità materiale di cui sarebbe dotata, secondo l’appellante, la condotta colposa di secondo la giurisprudenza di legittimità “il fatto del danneggiato o del terzo può produrre effetti liberatori solo se per la sua incidenza e rilevanza sia tale da escludere, in modo certo, il nesso causale tra attività pericolosa e l’evento e non già quando costituisce elemento concorrente nella produzione del danno, inserendosi in una situazione di pericolo che ne abbia reso possibile l’insorgenza a causa dell’inidoneità delle misure preventive adottate” (cfr. Cass. civ., Sez. 6-3, Ordinanza n. 16170 del 19/05/2022). Ebbene, nel caso di specie il Collegio ritiene meritevole di conferma la gravata sentenza anche nella parte in cui il primo giudice ha escluso che il comportamento incauto di abbia interrotto il nesso di causalità materiale.

Premesso, infatti, che “il limite della responsabilità per l’esercizio di attività pericolose ex art. 2050 c.c. risiede nell’intervento di un fattore esterno, il caso fortuito, il quale può consistere anche nel fatto dello stesso danneggiato recante i caratteri dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità” (cfr. Cass. civ., Sez. 3, Ordinanza n. 27544 del 21/11/2017), la condotta di non possiede tali caratteri, in quanto trattasi di condotta imprudente e negligente che, oltre a concretizzare un rischio omogeneo rispetto a quello portato dall’attività pericolosa in questione, corrisponde a ciò che notoriamente avviene durante le corse della giostra e, dunque, non era affatto imprevedibile da parte di , anzi è vero l’esatto contrario. Le medesime considerazioni valgono certamente anche con riferimento all’incauta condotta dei ragazzi che erano in piedi sulla giostra insieme a Ciò posto, secondo un ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità “quando il comportamento colposo del danneggiato non è idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta del danneggiante ed il danno, esso può, tuttavia, integrare un concorso colposo ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c. – espressione del principio che esclude la possibilità di considerare danno risarcibile quello che ciascuno procura a se stesso – con conseguente diminuzione del risarcimento dovuto dal danneggiante in relazione all’incidenza della colpa del danneggiato” Cass. civ., Sez. 3, Ordinanza n. 27544 del 21/11/2017). In tale prospettiva, nel caso di specie il primo giudice ha correttamente tenuto conto della pacifica e consistente condotta negligente e imprudente di in sede di dal medesimo, al risarcimento degli stessi in favore di nella misura del 60% (e sulla misura del concorso di colpa del nella percentuale del 40% non c’è alcuna censura nell’atto di appello).

Da ultimo, ad ulteriore conferma della responsabilità di e ad integrazione della motivazione della sentenza appellata, deve rilevarsi che egli non avrebbe neanche dovuto far salire sulla giostra.

A pagina 4 del Fascicolo tecnico di costruzione, a pagina 3 del Libretto dell’attività e pagina 4 del Manuale di uso e manutenzione, tutti documenti depositati da nel giudizio di primo grado, si legge “Peso massimo singolo utente:

75 Kg” e all’epoca del sinistro pesava 92 kg, così come risulta da pagina 28 del documento n. 1 allegato all’atto di citazione di primo grado (“cartella anestesiologica”) e da pagina 8 del documento n. 3 (“esame obiettivo generale”), anch’esso allegato all’atto di citazione di primo grado.

Ebbene, uno scarto di quasi 20 kg rispetto al peso massimo consentito non era circostanza tale da passare inosservata a Conclusivamente, merita conferma la gravata sentenza per quanto concerne l’accertata responsabilità di 5. Il secondo motivo di gravame:

la copertura assicurativa del sinistro.

Con il secondo motivo di gravame l’appellante lamenta il rigetto della domanda di manleva proposta nei confronti di deducendo che:

il primo giudice ha erroneamente interpretato l’art. 10 delle condizioni speciali di assicurazione della polizza nella parte in cui prevede che “la garanzia non è operante per i rischi derivanti da responsabilità civile personale dei gestori di attrazioni, attività e giochi che partecipino alla manifestazione a titolo commerciale”;

tale clausola è in ogni caso inopponibile all’assicurato poiché, in violazione dell’obbligo di redazione chiara ed esauriente delle clausole limitative della garanzia di cui all’art. 1341 c.c. e all’art. 166, d.lgs. 209/2005 (Codice delle Assicurazioni Private), è formulata in maniera ambigua e oscura, tale dunque da impedire all’assicurato di comprenderne il significato.

Tale motivo è inammissibile.

L’appellante pretende, infatti, di censurare in questa sede l’impugnata sentenza sulla base di argomentazioni difensive mai spese dal medesimo nel giudizio di primo grado.

ha eccepito per la prima volta l’inoperatività della polizza ai sensi dell’art. 10 delle condizioni speciali della stessa in sede di comparsa di costituzione di primo grado, deducendo che oggetto del contendere era l’omesso arresto della stessa dal malfunzionamento o dal normale utilizzo della giostra, non anche quelli derivanti da responsabilità civile personale del gestore.

A fronte di tale eccezione, che era onere dell’assicurato contestare, risulta per tabulas che non abbia dedotto alcunché al riguardo nel giudizio di primo grado, né nella prima memoria ex 183, c. 6, c.p.c. né nella comparsa conclusionale né nella memoria di replica, omettendo perfino di reiterare la domanda di manleva nelle conclusioni della comparsa conclusionale (“Si conclude perché la domanda sia respinta con vittoria di spese e di onorari a favore del difensore antistatario”).

Parte appellata ha quindi correttamente citato a proprio favore l’insegnamento di Cass. Sez. 2 – , Ordinanza n. 22701 del 28/09/2017 (Rv. 645436 – 01), affermato nel rapporto tra l’attore e il convenuto ma senz’altro valevole anche nel rapporto tra il chiamante e il chiamato:

“Il convenuto, ai sensi dell’art. 167, comma 1, c.p.c., deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata a una generica contestazione, circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda, ivi inclusa l’interpretazione delle clausole contrattuali, sulla cui valenza deve tempestivamente, integralmente ed irretrattabilmente esprimersi;

sicché, se nulla abbia eccepito in relazione al significato di una determinata clausola ovvero, come nella specie, abbia concordato con la controparte sul suo significato, tale interpretazione deve considerarsi come pacifica, esonerando l’attore da qualsiasi prova al riguardo e rendendo inammissibile la contestazione successiva”.

6.

Le spese di lite.

Quanto alle spese di lite del presente grado di giudizio, esse seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore di come da dispositivo, sulla base del D.M. 55/2014 e successive modificazioni, applicando lo scaglione corrispondente al valore della controversia (€ 5.201-26.000), secondo i valori medi e al netto della fase istruttoria in quanto non svolta in questa sede e ridotta la fase decisoria perché depositata solo la comparsa conclusionale.

Il rigetto dell’appello comporta a carico dell’appellante l’obbligo di pagare un ulteriore somma pari al CU.

7. Correzione di errore materiale.

In data 30/06/2020 , a mezzo del proprio difensore Avv. COGNOME ha presentato al Tribunale di Firenze istanza di correzione di errore materiale della sentenza di primo grado nella parte in cui nel dispositivo si legge “ nella persona di ;

giacchè non risulta che il Tribunale abbia provveduto sull’istanza, si deve provvedere in questa sede.

Al riguardo la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che “L’omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell’intestazione della sentenza va considerata un mero errore materiale, emendabile con la procedura di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., quando dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza l’esatta identità di tutte le parti e comporta, viceversa, la nullità della sentenza qualora da essa si deduca che non si è regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell’art. 101 c.p.c., e quando sussiste una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intero provvedimento, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce” (cfr., ex multis, Cass. civ., Sez. 6-3, Ordinanza n. 19437 del 18/07/2019). Nel caso di specie, non vi è alcuna incertezza circa l’esatta identità del convenuto soccombente nel giudizio di primo grado, il cui nome – – è riportato correttamente sia nell’intestazione della sentenza che nella motivazione.

Si rende, pertanto, necessaria in questa sede la correzione del predetto errore materiale.

La Corte di Appello di Firenze, ogni altra domanda reietta, definitivamente pronunciando sull’appello avverso la sentenza del Tribunale di Firenze n. 1207/2020 del 27/05/2020 proposto da nei confronti di e di così provvede:

1) dichiara la contumacia di 2) respinge l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza del Tribunale di Firenze n. 1207/2020 del 27/05/2020;

3) condanna al pagamento delle spese processuali del presente giudizio, che sono liquidate in favore di in complessivi € 3.400,00 oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre IVA e CAP come per legge;

4) dispone la correzione dell’errore materiale della sentenza del Tribunale di Firenze n. 1207/2020 del 27/05/2020 nel senso che laddove nel dispositivo ai capi 1) e 2) si legge “ ” debba intendersi e leggersi “ ) dà atto che, per effetto della odierna decisione, sussistono i presupposti di cui all’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 115/2002 per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore contributo unificato previsto dall’articolo stesso.

Firenze, 28.4.25

IL PRESIDENTE ESTENSORE NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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