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Reclamo contro sentenza apertura liquidazione giudiziale

La sentenza conferma la validità della notifica del ricorso di liquidazione giudiziale anche in caso di irreperibilità del debitore presso la sede legale, purché siano state effettuate le ricerche previste dalla legge. Inoltre, si ribadisce l’onere della prova a carico del debitore circa la sussistenza dei requisiti dimensionali per l’esenzione dalla liquidazione giudiziale in caso di impresa minore.

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Pubblicato il 1 luglio 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE D’APPELLO DI TORINO SEZIONE PRIMA CIVILE

La Corte d’Appello, riunita in camera di consiglio nelle persone dei magistrati:

Dott.ssa NOME COGNOME Dott.ssa NOME COGNOME relatore Dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA _N._R.G._00000285_2025 DEPOSITO_MINUTA 13_06_2025

nella causa civile iscritta in secondo grado al n. r.g. 285/2025 avente ad oggetto:

opposizione a sentenza di apertura della liquidazione giudiziale promossa da:

(C.F. ), in persona del legale rappresentante , elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende per procura in atti;

PARTE RECLAMANTE

Contro LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE (C.F. ), in persona del Curatore Dott.ssa PARTE RECLAMATA NON COSTITUITA contro PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI TORINO;

PARTE RECLAMATA contro PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI TORINO; RAPPRESENTANTE DEL P.M. PRESSO IL GIUDICE DEL RECLAMO

CONCLUSIONI

PER PARTE RECLAMANTE:

Disattesa ogni contraria istanza, eccezione, difesa e deduzione, in totale riforma della sentenza n. 465/2024 di apertura della liquidazione giudiziale n. 314/2024

L.G. pronunciata dal Tribunale di Torino in data 14/11/2024 e pubblicata in data 19/11/2024 nel procedimento n. 475/2024 r.g., In via preliminare:

disporre, ai sensi e per gli effetti dell’art. 52 CCII, inaudita altera parte e ravvisati i gravi motivi ut supra esposti, l’immediata sospensione della liquidazione dell’attivo fino all’esito del presente procedimento di reclamo e, in ogni caso, ordinare la comparizione delle parti per confermare l’invocata misura sospensiva;

oppure, in subordine, fissare udienza per la comparizione delle parti per la pronuncia della predetta misura sospensiva;

nel merito: revocare/dichiarare nulla la sentenza n. 465/2024 di apertura della liquidazione giudiziale n. 314/2024 L.G. pronunciata dal Tribunale di Torino in data 14/11/2024 e pubblicata in data 19/11/2024 nel procedimento n. 475/2024 r.g.;

in ogni caso:

con vittoria di spese, diritti ed onorari;

in via istruttoria: disporsi l’acquisizione del fascicolo della procedura n. 475/2024 r.g. di apertura della liquidazione giudiziale n. 314/2024 L.G. svoltasi innanzi al Tribunale di Torino e di ogni altro atto custodito dalla Cancelleria della Sezione Concorsuale del Tribunale di Torino che si ritenga fondamentale per il giudizio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I.

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, con ricorso ex artt. 37 e 38 CCII del 13.9.2024, ha chiesto al Tribunale di dichiarare l’apertura della liquidazione giudiziale della allegando che:

la società aveva una posizione debitoria nei confronti dell’Agenzia delle Entrate Riscossione per € 50.373,63, era iscritta nel registro delle imprese ed esercitava attività commerciale di compravendita di quote e azioni societarie dal 1.9.2009;

si ravvisavano sia i requisiti previsti dall’art. 49 ultimo comma CCII, sia i requisiti dimensionali di cui al combinato disposto degli artt. 2 comma 1 lett. d) e 121 CCII;

sussistevano plurime figure sintomatiche di insolvenza, poiché la società non era in grado di adempiere con regolarità e mezzi normali alle proprie obbligazioni, come rilevabile dai documenti allegati che ne evidenziano l’incapacità a soddisfare debiti tributari e contributivi risalenti al 2016 – 2023;

e l’ultimo bilancio depositato risultava quello al 2011.

non si è costituita in giudizio.

Il Tribunale di Torino, con sentenza n. 456/2024 pubblicata il 19.11.2024, ha dichiarato l’apertura della liquidazione giudiziale della rilevando che:

la parte resistente aveva sede nel circondario dell’Ufficio, sussistendo la competenza del Tribunale adito;

era soggetta alla disciplina sui procedimenti concorsuali ex artt. 1, 2 e 121 CCII;

l’onere della prova in ordine al mancato superamento delle soglie di cui all’art. 2 CCII era in capo a parte debitrice e non emergevano al riguardo elementi di segno contrario;

la società versava effettivamente in stato di insolvenza, non essendo più in grado di far fronte al regolare adempimento delle obbligazioni assunte, come desumibile dall’esposizione debitoria nei confronti dell’Erario per oltre € 50.000,00, dal mancato deposito dei bilanci successivi al 2011, dalla perdita di esercizio evidenziata nel bilancio al 31.12.2011 per € 2.376,00, dal sequestro giudiziario sulle quote sociali per € 9.500,00 sul valore complessivo di € 10.000,00, dalla verosimile sostanziale inoperatività della società; l’ammontare dei debiti esigibili superava la soglia di cui all’art.49 comma 5 CCII.

II.

Con ricorso depositato in data 13.3.2025 in persona del legale rappresentante , ha proposto reclamo avverso la sentenza del Tribunale, chiedendone la revoca, previa sospensione ex art. 52 CCII, per i seguenti motivi.

Con il primo motivo – “Sulla inesistenza/nullità della notificazione del ricorso introduttivo del procedimento unitario per la regolazione della crisi e dell’insolvenza” – ha dedotto l’inesistenza o nullità della notifica nei suoi confronti, rilevando che:

la della Repubblica, dopo aver verificato la mancanza di un indirizzo pec della società, ha chiesto agli Ufficiali Giudiziari che la notifica venisse effettuata mediante il deposito nella casa comunale;

ciò senza neppure tentare l’inserimento nel portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia, cui si ricorre quando la notificazione a mezzo pec non risulta possibile o non ha esito positivo per causa imputabile al destinatario;

e non risulta alcuna indicazione che consenta di stabilire quali ricerche siano state in concreto effettuate e da quali fonti informative sia emersa l’irreperibilità della società destinataria;

dalla relata di notifica, ove l’Ufficiale Giudiziario dà atto che “da informazioni assunte c/o la custode risulta trasferito da anni”, non risulta, come necessario per la validità della notifica mediante deposito nella casa comunale, che nel luogo di ultima residenza o domicilio o sede effettiva siano state compiute effettive ricerche, di cui l’Ufficiale Giudiziario deve dare espresso conto nella relata;

oltretutto la Procura aveva le generalità del legale rappresentante, iscritto all’AIRE e residente in Dubai (EAU);

pertanto avrebbe dovuto procedere con la notifica per via consolare ai sensi dell’art. 37 D.Lgs. n. 71/2011 presso tale residenza.

Con il secondo motivo – “Sulle condizioni soggettive per l’apertura della liquidazione giudiziale” – parte reclamante ha censurato la sentenza perché:

-A) non ha considerato che è rimasta inattiva per diversi anni e l’ultimo bilancio depositato risale al 2011;

ai sensi di art. 2490 ultimo comma c.c., sono cancellate d’ufficio dal registro delle imprese le società in liquidazione che per oltre tre anni consecutivi non depositano il bilancio e, ex art. 33 CCII, la liquidazione giudiziale può essere aperta entro un anno dalla cessazione dell’attività del debitore, che per gli imprenditori coincide con la cancellazione dal registro delle imprese;

pertanto è già “di fatto” cancellata dal registro delle imprese, in quanto avrebbe dovuto essere cancellata d’ufficio, stante il mancato deposito di bilanci per ben oltre tre anni e per effetto dell’applicazione analogica della disciplina relativa alle imprese poste in stato di liquidazione;

una lettura sostanzialistica della normativa conduce a considerare la società come cancellata dal registro delle imprese da ben oltre un anno, con la conseguente impossibilità di apertura del procedimento di liquidazione giudiziale;

B) sempre nell’ambito delle condizioni soggettive per poter essere dichiarata liquidabile, un’impresa non deve essere classificata come impresa minore secondo i parametri dell’art. 2 CCII;

non ha svolto attività e, pertanto, va escluso che abbia potuto beneficiare di un attivo patrimoniale superiore a € 300.000,00 negli ultimi tre anni;

così come è da escludersi che possa aver ottenuto, nella stessa finestra temporale, ricavi per un ammontare complessivo superiore a € 200.000,00;

per quanto concerne i debiti (che dovrebbero essere superiori a € 500.000,00) risulta dalla stessa sentenza che il requisito non è stato superato.

Parte reclamante ha formulato le conclusioni sopra riportate.

La Liquidazione giudiziale pur avendo ricevuto rituale notifica di ricorso e decreto di fissazione di udienza, non si è costituita.

La Procura Generale presso la Corte d’Appello ha espresso parere contrario all’accoglimento del reclamo.

All’udienza del 27.5.2025 la causa è stata discussa.

Il Collegio ha disposto la comparizione del Curatore della Liquidazione, che è comparsa all’udienza del 10.6.2025 ed è stata sentita.

III.

Il reclamo è tempestivo, in quanto proposto (il 13.3.2025) entro il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza (del 19.11.2024) ai sensi dell’art. 327 c.p.c., richiamato dall’art. 51 comma 3 CCII, non essendo la sentenza stata notificata.

Nel merito il reclamo è infondato.

Il primo motivo non tiene conto della specifica disciplina dettata dall’art. 40 commi 6, 7, 8 CCII, per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione di udienza nel procedimento di liquidazione giudiziale;

nel caso di specie la notifica è infatti stata validamente eseguita, ai sensi dell’art. 40 comma 8 CCII.

L’art. 40 prescrive anzitutto la notifica presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore, risultante dal Registro delle Imprese o dal registro INI-PEC (comma 6).

Quando la notificazione a mezzo pec non risulta possibile o non ha esito positivo per causa imputabile al destinatario, il comma 7 (nella versione applicabile ratione temporis) prevede che avvenga a cura della cancelleria mediante inserimento nell’area web riservata ex art. 359 (ora nel portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia).

E il comma 8 dispone che “Quando la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo, per cause non imputabili al destinatario, la notifica, a cura del ricorrente, si esegue esclusivamente di persona a norma dell’articolo 107, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n.1229, presso la sede risultante dal registro delle imprese o, per i soggetti non iscritti nel registro delle imprese, presso la residenza.

Quando la notificazione non può essere compiuta con queste modalità, si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese”.

Nel caso in esame la notificazione a mezzo pec non è risultata possibile perché la non aveva una pec risultante dagli indirizzi indicati (la circostanza è pacifica ed è documentata dalla visura camerale allegata alle notifiche del PM, docc. 4 e 5).

E non risultava ancora attiva l’area di cui al comma 6, come si evince dal decreto di fissazione di udienza nel procedimento unitario 475/2024 del 19.9.2024 (ove si dà atto che “non risulta ancora attiva l’area di cui all’art. 40, comma 6, CCII” disponendo la notifica con le altre modalità dettate dall’art. 40, docc. 4 e 5).

La notifica è stata quindi tentata tramite Ufficiale Giudiziario presso la sede della società risultante dal Registro delle Imprese;

in tale sede non è stato possibile perfezionarla, non risultando la società ivi reperibile (la circostanza è documentata dalla relata di notifica, né è contestato da parte reclamante che la società non fosse reperibile presso la sede);

pertanto si è validamente provveduto ai sensi del comma 8 mediante deposito dell’atto nella casa comunale della sede iscritta nel registro delle imprese.

La normativa in materia non richiede alcun ulteriore adempimento.

Quanto al secondo motivo punto A, la tesi prospettata è infondata;

ai sensi dell’art. 33 CCII, la liquidazione giudiziale può essere aperta entro un anno dalla cessazione dell’attività del debitore e “Per gli imprenditori la cessazione dell’attività coincide con la cancellazione dal registro delle imprese”;

al momento dell’apertura della liquidazione giudiziale non era stata cancellata dal registro delle imprese;

pertanto nessun impedimento deriva da tale norma, essendo irrilevante a tal fine l’eventuale inattività di fatto della società.

L’art. 2490 ultimo comma c.c., invocato dalla reclamante, riguarda il mancato deposito dei bilanci delle società in liquidazione e non è applicabile alla che non era stata posta in liquidazione volontaria.

In ogni caso la reclamante non può dolersi della mancata cancellazione d’ufficio dal registro delle imprese, avendo omesso qualsivoglia iniziativa volontaria di liquidazione e di cancellazione, ed essendo quindi la mancata cancellazione ad essa imputabile.

Non è poi provato il requisito della totale inattività della società e della sua durata;

la reclamante afferma genericamente che è rimasta inattiva per diversi anni, senza fornire concreti elementi sul punto e senza provare la circostanza (la visura camerale prodotta come doc. 3, in cui la società risulta inattiva, è del 21.2.2025, successiva all’apertura della liquidazione giudiziale;

dalla visura camerale 27.4.2024 allegata alle notifiche del P.M. – docc. 4 e 5 – la società risultava invece attiva).

In ordine al punto B del secondo motivo, si premette che parte reclamante non contesta la sussistenza dello stato di insolvenza ai sensi dell’art. 2 comma 1 lett. b) CCII e della condizione di procedibilità di cui all’art. 49 ultimo comma CCII.

Contesta invece il superamento delle soglie previste dall’art. 2 comma 1 lett. d) CCII.

Tale norma definisce l’impresa minore (che non può essere sottoposta a liquidazione giudiziale) come l’impresa che presenta congiuntamente:

1) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a € 300.000,00 nei tre esercizi antecedenti, 2) ricavi per un ammontare complessivo annuo non superiore a € 200.000,00 nei tre esercizi antecedenti, 3) un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a € 500.000,00.

Tuttavia incombe sulla reclamante l’onere di provare che l’impresa possiede tutti i requisiti dimensionali per essere qualificata come impresa minore.

Come statuito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 26.2.2025 n.5011 (con riferimento all’analogo art. 1 comma 2 L.Fall.):

-“l’onere della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità ex art. 1, comma 2, L.Fall. grava sul debitore (ex plurimis Cass. 5047/2023, 31353/2022, 10253/2022, 33091/2018, 25188/2017, 28548/2016, 14790/2014);

” -e “ove i bilanci manchino o siano ritenuti inattendibili (Cass. 14819/2022), l’onere della prova continua a gravare sul debitore (Cass. 5047/2023, 24548/2016, 14790/2014), che può fornirla con strumenti probatori alternativi…avvalendosi delle scritture contabili dell’impresa e di qualunque altro documento, formato da terzi o dalla parte stessa, suscettibile di fornire la rappresentazione storica dei fatti e dei dati economici e patrimoniali dell’impresa”.

La reclamante si limita ad affermare che l’impresa non ha svolto attività per diversi anni, che pertanto va escluso che abbia potuto beneficiare di un attivo patrimoniale superiore a € 300.000,00 negli ultimi tre anni, che per la stessa ragione deve escludersi che possa aver ottenuto, nella stessa finestra temporale, ricavi per un ammontare complessivo superiore a € 200.000,00.

Non fornisce però prova di quanto affermato, non producendo alcun documento (quali quelli individuati dalla giurisprudenza citata, in assenza di bilanci, non più depositati dopo quello del 2011).

Sicché, se i debiti si possono ritenere inferiori al limite di cui al n.3 sulla base di quanto indicato nella sentenza del Tribunale e di quanto risulta dallo stato passivo dichiarato esecutivo (pari a circa € 51.000,00, come dichiarato dal Curatore in udienza), non sono provati i requisiti dimensionali n.1 e n.2.

E dall’audizione del Curatore non sono emersi elementi certi in senso contrario, pur non risultando la società proprietaria di immobili o di beni mobili registrati, non essendovi ancora stato l’incontro con il legale rappresentante della società, non essendo stati acquisite dichiarazioni dei redditi, scritture e libri contabili, né effettuato l’inventario.

Si richiama quanto già esposto con riferimento alla mancanza di prova circa la totale inattività della società e alla durata dell’inattività (per quanto qui interessa, nei tre anni antecedenti all’istanza di liquidazione giudiziale).

Sicché non si può ritenere provata la sussistenza dei requisiti dimensionali dell’impresa minore, in applicazione del principio di ripartizione dell’onere della prova illustrato.

In conclusione, il reclamo viene rigettato.

IV.

Non si provvede sulle spese di lite, non essendosi costituite le parti reclamate.

Ai sensi di quanto disposto dall’art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115/2002 la parte reclamante è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il reclamo.

La Corte d’Appello di Torino, Sezione Prima Civile, ogni altra istanza, eccezione e deduzione respinta, Rigetta il reclamo proposto dalla in persona del legale rappresentante , avverso la sentenza n. 456/2024 del Tribunale di Torino, pubblicata in data 19.11.2024.

Ai sensi di quanto disposto dall’art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115/2002 la parte reclamante è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il reclamo.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del 10.6.2025 dalla Prima Sezione Civile della Corte d’Appello.

Il Consigliere Estensore La Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Dott.ssa NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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