N. R.G. 1607/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI FIRENZE SEZIONE SECONDA CIVILE –
IMPRESE La Corte di Appello di Firenze, Seconda Sezione, in persona dei Magistrati:
Dott.ssa NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME Consigliere relatore Dott. NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._790_2025_- N._R.G._00001607_2023 DEL_29_04_2025 PUBBLICATA_IL_29_04_2025
nella causa civile di II Grado iscritta al n. r.g. 1607/2023 con
OGGETTO: Bancari (deposito bancario, cassetta di sicurezza, apertura di credito bancario).
promossa da:
(C.F. , con il patroci- nio dell’avv. COGNOME
COGNOME contro RAGIONE_SOCIALE rappresenta- to e difeso dall’Avv. COGNOME
APPELLATA PROVVEDIMENTO IMPUGNATO:
sentenza n. 555/2023 del Tribunale di Siena pubblicata il 28/06/2023.
CONCLUSIONI
In data 10 aprile 2025 la causa veniva posta in decisione sulle seguenti conclusioni.
Per la parte appellante “Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello di Firenze adita, contrariis reiectis, in riforma della gravata sentenza, n. 555/2023, resa dal Tribunale Civile di Siena in data 28 giugno 2023, all’esito del procedimento iscritto al numero di R.G. 3110/2016, notificata in data 30 giugno 2023, accogliere i motivi tutti dedotti in narrativa dell’atto di appello, e, per l’effetto, così provvedere:
a. in via pregiudiziale e preliminare, rigettare le eccezioni di inammissibilità e nullità dell’appello ex adverso proposte, perché infondate, in fatto e diritto;
1. ricalcolare, in ragione di tutti gli estratti conto e degli scalari prodotti in giudizio e dei motivi e delle argomentazioni tutte sviluppate in narrativa dell’atto di citazione introduttivo di primo grado, i saldi alla data della domanda, e, per, l’effetto, accertare e dichiarare che la è creditrice della della somma di euro 26.522,51, in relazione al conto corrente n. 3710.78 e della ulteriore somma di euro 88.277,85, per il conto corrente n. 245629, ovvero dei diversi importi, maggiori o minori, ritenuti di giustizia, oltre interessi legali e rivalutazione dalla data di ciascun pagamento, ovvero dalla data della domanda al saldo; 2. condannare la in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, ritenuti di giustizia, da liquidarsi nell’importo di euro 30.000,00, equitativamente determinato, ovvero nel diverso importo, maggiore o minore, che sarà ritenuto di giustizia;
3. con vittoria di spese, competenze ed onorari di lite, relativi al doppio grado di giudizio, ovvero secondo giustizia, oltre oneri di legge.
In via istruttoria, così come già disposto dal Giudice di prime cure con ordinanza del 20.04.2022, si chiede disporsi CTU contabile, volta ad accertare, sulla scorta della documentazione esibita, il reato di usura, anche al fine di accertare e constatare – previa acquisizione di tutta la documentazione contabile e negoziale (eventuali convenzioni, pattuizioni, missive esistenti presso gli Istituti di credito dove si sono articolati i rap- porti tra le parti) – e fatta salva la più articolata formulazione dei quesiti già formulati da parte attrice in via istruttoria, siccome riepilogati alle pagine 1 e 2 della premessa dell’atto di appello (ovvero, in subordine, di quelli formulati dal Tribunale nell’ordinanza del 20 aprile 2022): • l’esatto saldo di ciascun conto;
• l’effettiva somma di denaro che la banca ha prestato al correntista;
• l’ammontare degli interessi usurari riferiti a ciascun intero rapporto;
• il Tasso Effettivo Globale applicato, mondato di tutti i costi e le spese;
• la commissione di massimo scoperto per tutta la durata di ciascun conto e gli interessi su di essa lucrati;
• verificare se la abbia commesso il reato di usura travalicando il tasso soglia trimestrale così come stabilito nel relativo decreto ministeriale;
• appurare se nel seno del conto si rinviene come argomentato in premessa usura soggettiva.
” Per la parte appellata “Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello di Firenze, per le causali di cui in narrativa, re- spingere l’appello notificato dalla avverso la sentenza n. 555/2023 emessa in data 28/06/2023 nel giudizio R.G. 3110/2016 dal Tribunale di Siena e conseguentemente confermando la stessa in ogni sua parte.
Con vittoria di spese di lite di secondo grado e conferma di quelle di primo grado”.
Fatti di causa – svolgimento del giudizio Il giudizio di primo grado 1.
Con atto di citazione notificato il 29/7/2016 conveniva davanti al Tribunale di Siena la , esponendo:
– di aver intrattenuto con la i rapporti di conti correnti n. 3710.78 e n. 245629 tutt’ora aperti;
– che detti rapporti contrattuali risultavano “viziati da usura oggettiva e/o soggettiva nonché applicazione illegittima di commissione di massimo scoperto”;
– di aver richiesto alla banca copia dei relativi contratti e successive comunicazioni di modifica;
– che la banca non aveva fornito un riscontro né consegnato i documenti richiesti.
Parte attrice avanzava domanda di accertamento e ricalcolo dei saldi dei conti correnti n. 3710.78 e n. NUMERO_DOCUMENTO alla data della domanda, in relazione ai quali sosteneva di essere creditrice rispettivamente della somma di euro 26.522,51 ed euro 88.277,85, ov- vero dei diversi importi maggiori o minori ritenuti di giustizia oltre interessi legali e riva- lutazione dalla data di ciascun pagamento, ovvero dalla data della domanda al saldo.
Patre attrice chiedeva altresì la condanna della banca al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali ritenuti di giustizia da liquidarsi nell’importo di euro 30.000,00 equitativamente determinato, ovvero nel diverso importo maggiore o minore che sarà ritenuto di giustizia, con vittoria di spese e compensi professionali.
Si costituiva in giudizio , contestando integralmente le richieste e deduzioni avversarie e concludendo per il rigetto delle domande, in tesi, perché sfornite di prova e, in ipotesi, perché relative in parte a rimesse prescritte e comunque infondate in fatto e in diritto.
All’esito dell’udienza del 26/06/2017 era ordinata ai sensi dell’art. 210 c.p.c. l’esibizione da parte della convenuta dei contratti bancari intestati a con successiva ordinanza del 20/04/2022 era disposta CTU.
La causa, nel frattempo riassegnata a diverso giudicante, veniva interrotta prima del giuramento del nominato CTU all’udienza del 13/07/2022 a seguito del decesso del procuratore di parte convenuta.
Riassunto il giudizio da parte dell’attore e costituitosi l’istituto bancario convenuto con nuovo difensore che reiterava le conclusioni già rassegnate, con ordinanza del 04/05/2023, il Giudice revocava l’ordinanza di ammissione della CTU disposta dal precedente istruttore e riteneva la causa matura per la decisione.
Istruita pertanto la causa esclusivamente con produzioni documentali, il Tribunale di Siena con sentenza ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. n. 555/2023 pubblicata il 28/06/2023 così statuiva:
“- rigetta le domande proposte da – condanna l’attore soccombente a rifondere in favore della resistente le spese di lite che vengono liquidate nel complessivo importo di € 7.202,00, da maggiorare del 15% per rimborso forfettario, oltre IVA e CPA, se dovuti.
come per legge.
” Per quanto ancora rileva in questa sede osservava il Tribunale:
“3. La domanda di accertamento negativo del credito e ricalcolo dei saldi dei con- to correnti oggetto di causa è infondata non avendo assolto il ricorrente all’onere della prova sullo stesso incombente.
Orbene, nella fattispecie in esame, l’onere probatorio gravante sul correntista attore non può ritenersi assolto mediante la mera produzione della richiesta ex art. 119 T.U.B. avanzata con pec in data 27/07/2016 (v. Doc. 6 allegato all’atto di citazione), non conseguente a inadempimento stragiudiziale e non seguita quanto agli estratti dei conti corrente oggetto di causa da rituale richiesta in sede giudiziale di ordine di esibizione ai sensi dell’art. 210 c.p.c. Si rileva infatti che l’istanza ai sensi dell’art. 210 c.p.c. articolata in atto di cita- zione è stata limitata ai soli contratti bancari e alle relative modificazioni e non invece agli estratti dei conti correnti e che non sono state avanzate altre richieste istruttorie entro i termini di cui all’art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c. Con riferimento invece ai contratti oggetto di causa comprensivi delle modifiche intervenute nel corso dei rapporti bancari non può condividersi, come già argomentato nell’ordinanza del 04/05/2023, il rilievo sollevato d’ufficio all’udienza del 21/12/2021 dal GOP precedente assegnatario della causa di nullità dei contratti per omessa esibizione da parte della Banca convenuta nel termine assegnato. Nel caso di specie, ritiene l’odierna giudicante che dal contegno omissivo dell’Istituto di credito convenuto non possano in concreto desumersi elementi di prova in pregiudizio alla parte che non vi ha ottemperato in quanto, da un lato, il correntista non ha in alcun modo giustificato il mancato possesso della documentazione contrattuale e, dall’altro, non vi è stata effettiva inottemperanza stragiudiziale –presupposto per l’emissione dell’ordine di esibizione in sede giudiziale ai sensi dell’art. 210 c.p.c. – rispetto alla richiesta avanzata, in data 27/07/2016, dal correntista ai sensi dell’art. 119 TUB. Il giudizio è stato infatti instaurato pressoché contestualmente all’invio della suindicata richiesta con atto di citazione notificato alla convenuta il 29/07/2016, senza che sia stato concesso all’istituto di credito il termine di legge per adempiere alla richiesta ex art. 119 TUB (90 giorni), né un minimo termine che possa ritenersi congruo.
Deve ricavarsene che l’attore non abbia dimostrato di aver tentato, diligentemente, di reperire in fase pre-processuale la documentazione contrattuale, instaurando un’azione giudiziarie “al buio”, e che non abbia, pertanto, assolto all’onere sullo stesso gravante, allegando unicamente alcuni estratti conto e le relazione tecniche di parte, redatte sulla scorta di criteri non condivisibili e desueti, senza previa consultazione del- la documentazione contrattuale e degli estratti conto, tenendo conto soltanto di scalari trimestrali relativi a periodi minimi, come risulta dalla lettura delle medesime perizie econometriche (v. all.3 e 5). La parte convenuta ha inoltre giustificato la mancata ottemperanza all’ordine di esibizione, dimostrando di aver consegnato all’amministratore della società attrice la documentazione richiesta, dopo l’instaurazione del giudizio e nel termine ex art. 119 TUB, come emerge dalla dichiarazione sottoscritta il 18/10/2016 da ri- allegata alle note di trattazione scritta depositate il 14/12/2021.
Il suesposto difetto di allegazione e prova da parte dell’attore impedisce, come già disposto con ordinanza del 04/05/2023, di disporre una consulenza tecnica d’ufficio, che in presenza delle sopra evidenziate lacune documentali si appaleserebbe come meramente esplorativa.
La domanda va dunque integralmente rigettata.
4. L’infondatezza della domanda di accertamento delle pretese violazioni e di ricalcolo dei saldi dei conti correnti in favore del correntista conduce a rigettare anche la domanda risarcitoria avanzata in via del tutto generica dall’attore e comunque rima-
sta integralmente sfornita di prova in punto di an e di quantum.
” L’appello.
2. Proponeva tempestivo appello ri tenendo la sentenza gravata errata e ingiusta, formulando i seguenti motivi di impugna- zione:
1) erroneità della sentenza circa l’asserita carenza di allegazione e di prova fornita da parte attrice;
2) erroneità della sentenza per omessa e/o comunque insufficiente motivazione cir- ca un punto decisivo della controversia, in ordine alla domanda risarcitoria avanzata dal- la Società.
Per tali ragioni veniva formulata dall’appellante richiesta di riforma della sentenza, in accoglimento delle conclusioni come in epigrafe trascritte con condanna della contro- parte alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
Si costituiva in giudizio che contestava le censure mosse da parte appellante nei confronti della sentenza impugnata, della quale chiedeva la conferma con vittoria delle spese anche in questo grado di giudizio.
Acquisito il fascicolo di ufficio del procedimento di primo grado, la causa, senza attività istruttoria, veniva trattenuta in decisione in data 10 aprile 2025, sulle conclusioni delle parti, precisate come in epigrafe trascritte, a seguito di trattazione scritta.
Motivi della decisione In via preliminare si osserva che l’eccezione di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 342 c.p.c. va disattesa perché infondata, posto che nella specie il gravame è stato proposto nel sostanziale rispetto delle prescrizioni di legge, risultando sufficientemente chiara l’esposizione delle doglianze contro la decisione impugnata, oltre che adeguata- mente prospettate le auspicate modifiche richieste, ciò consentendo alla parte appellata di puntualmente espletare le relative difese ed alla Corte di cogliere la portata del grava- me. Va parimenti disattesa perché infondata l’eccezione di parte appellata di nullità del- la citazione in appello “per mancata applicazione della riforma Cartabia”, per non aver concesso il termine di 70 giorni prima dell’udienza per la costituzione in giudizio.
Gli artt. 343 e 347 c.p.c. dopo il D. Lgs. 149/2022 avevano mantenuto il riferimento ai (mu- tati) termini per la costituzione in giudizio in primo grado;
ma, come chiarito dal “correttivo” (D.lgs. 164/2024, entrato in vigore il 26/11/2024 ed applicato ove non diversa- mente previsto ed in via generale, ai procedimenti introdotti successivamente al 28/2/2023, quindi anche ai giudizi in corso) si era trattato di un mero “difetto di coordinamento” (vedi relazione illustrativa):
il termine per la costituzione in giudizio di parte appellata era comunque rimasto quello di venti giorni prima dell’udienza, in correlazione al termine a comparire di 90 giorni ex 342 c.p.c., come definitivamente specificato dal D. Lgs. 164/2022.
Tanto premesso, l’appello è parzialmente fondato e va accolto, nei limiti di seguito precisati, con necessità di remissione in istruttoria.
3. Con il primo motivo (“Erroneità della sentenza circa l’asserita carenza di allegazione e di prova fornita da parte attrice”) parte appellante in sintesi deduce che “ il Tribunale appare non aver minimamente tenuto conto dei fatti di causa né, men che meno, della produzione offerta dall’attrice per l’instaurazione del giudizio di primo grado, per disquisire, in maniera alquanto acritica, teorica ed astratta, sul principio dispositivo in tema di prove (cfr. punto 3., da pagina 4 a pagina 7) appare altresì evidente che il Giudice del primo grado abbia gravemente errato nell’equiparare la fattispecie oggetto di causa a precedenti giurisprudenziali nei quali il correntista si sia limitato a produrre la richiesta inoltrata a un Istituto bancario contenente la copia dei contratti e dei correlati estratti conto bancari introducendo un giudizio totalmente “al buio” ma confidando su un ordine di esibizione che, seppure disposto dal Giudice, sia comunque rimasto inadempiuto. Nel caso di specie il Giudice di primo grado ha total- mente ignorato che, unitamente all’atto di citazione, la società attrice, produceva gli estratti conto bancari riferibili ai 20 anni precedenti l’introduzione del giudizio, unita- mente a una perizia che ne illustrava analiticamente le anomalie.
Detto ancor più semplicemente, il Tribunale – a fronte del puntuale onere di allegazione, da parte della appellante (deposito degli estratti conto;
richiesta stragiudiziale ex art. 119 TUB;
richiesta dell’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., ottenuta dal Primo Giudice e disattesa per ben due volte dalla Banca) e della mancata contestazione dei rapporti di conto corrente da parte della Banca convenuta – non poteva non accordare la richiesta, necessitata, di espletamento della CTU tecnico-bancaria Anche in materia di capitalizzazione degli interessi, anche recentemente, la Suprema Corte di Cassazione ha riconfermato che il c.d. anatocismo è consentito a condizione che sia prevista la medesima periodicità nel calcolo degli interessi attivi e passivi e che vi sia coincidenza fra il tasso nominale annuo e quello effettivo; inoltre, a seguito della pronuncia di incostituzionalità dell’art. 25, comma 3, d. Lgs. 342/1999, e della successive pronunce con- formi da parte della Giurisprudenza di Legittimità e di Merito, deve escludersi la validità di tutte le clausole che prevedano la capitalizzazione degli interessi stipulate in da- ta anteriore al 9 febbraio 2000, non essendo sufficiente la loro pubblicazione in G.U. e, viceversa, essendo richiesta l’accettazione scritta e specifica del correntista.
” Il motivo è parzialmente fondato, nei limiti di seguito precisati.
3.1.
In generale, come chiarito dai giudici di legittimità “nei rapporti di conto corrente bancario, il cliente che agisca per ottenere la restituzione delle somme indebita- mente versate in presenza di clausole nulle ha l’onere di provare l’inesistenza della causa giustificativa dei pagamenti effettuati mediante la produzione del contratto che con- tiene siffatte clausole, salvo che alleghi la conclusione del contratto ‘verbis tantum’ ” (vedi Cassazione civile sez. VI, 09/03/2021, n.6480; vedi anche Cassazione civile sez. VI, 13/12/2019, n.33009:
nei rapporti di conto corrente bancario, il cliente che agisca per ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate in presenza di clausole nulle, ha l’onere di provare l’inesistenza della causa giustificativa dei pagamenti effettuati mediante la produzione del contratto che contiene siffatte clausole, senza poter invoca- re il principio di vicinanza della prova al fine di spostare detto onere in capo alla ban- ca, tenuto conto che tale principio non trova applicazione quando ciascuna delle parti, almeno di regola, acquisisce la disponibilità del documento al momento della sua sotto- scrizione”; Cassazione civile sez. I, 28/11/2018, n.30822; vedi inoltre in motivazione Cassazione civile sez. I, 29/08/2023, n.25417:
“nessun rilievo può assumere, in proposi- to, l’obbligo della Banca di conservare la documentazione relativa al contratto di conto corrente, dal momento che lo stesso, oltre a non estendersi alle operazioni compiute nel periodo anteriore agli ultimi dieci anni, ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 119 non esclude l’operatività del generale onere di conservazione della documentazione rappresentativa dei propri diritti, il quale, però, gravando in modo indifferenziato su tutte le parti del rapporto, non può essere fatto valere, come pretenderebbe la ricorrente, al fi- ne di trasferire sulla controparte l’onere di fornire la prova dei fatti che costituiscono il fondamento della propria pretesa (cfr. Cass., Sez. I, 29/11/2022, n. 35039)” ). Tanto premesso si osserva come nel caso di specie parte attrice con la citazione non aveva dedotto la mancata redazione in forma scritta dei contratti di conto corrente “stipulati” e “mai consegnati”, né specificato l’anno di inizio dei rapporti, producendo tutta- via estratti conto risalenti al 1999;
in via istruttoria con l’atto introduttivo era chiesto “ordinarsi l’esibizione dei relativi contratti di c/c e successive comunicazioni di modifica, previste come per legge, dato atto della richiesta inoltrata dall’attrice ex art. 119 T.U.B. e rimasta senza seguito”.
La richiesta ex 119 TUB, pur proposta due giorni prima della notifica della citazione introduttiva del giudizio era comunque tempestiva e legittimava una successiva istanza di esibizione ex 210 c.p.c., posto che alla scadenza dei termini ex 183 c.p.c. erano decorsi i novanta giorni (vedi Cassazione civile sez. I, 12/05/2023, n.12993:
“in tema di conto corrente bancario, la scelta del correntista circa il momento – anteriore all’instaura- zione del giudizio da promuoversi contro la banca (con le eventuali conseguenze sull’i- stanza ex art. 210 c.p.c. se formulata, ricorrendone i presupposti, nel medesimo giudizio) o in pendenza dello stesso – in cui esercitare la facoltà di richiedere all’istituto di credito la consegna di documentazione ex art. 119, comma 4, d.lg. n. 385 del 1993, deve tenere conto, necessariamente, al fine del successivo, tempestivo deposito di detta documentazione, oltre che del termine (novanta giorni) spettante alla banca per dare seguito alla ricevuta richiesta, di quello, diverso e prettamente processuale, sancito, per le preclusioni istruttorie, dall’art. 183, comma 6, c.p.c. con le relative conseguenze ove esso rimanga inosservato”; Cassazione civile sez. I, 01/08/2022, n.23861:
“il diritto del cliente di ottenere, ex art. 119, comma 4, d.lgs. n. 385 del 1993, la consegna di copia del- la documentazione relativa alle operazioni dell’ultimo decennio può essere esercitato, nei confronti della banca inadempiente, attraverso un’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. nel corso di un giudizio, a condizione che la documentazione invocata sia stata precedentemente fatta oggetto di richiesta – non necessariamente stragiudiziale – e sia- no decorsi novanta giorni senza che l’istituto di credito abbia proceduto alla relativa consegna”). Pur dovendosi ritenere tempestiva la richiesta ex 119 TUB, la banca comunque non era tenuta ad esibire e consegnare documentazione contrattuale risalente ad oltre dieci anni prima (vedi Cassazione civile sez. I, 22/05/2024, n.18227 :
“il diritto del cliente a ottenere copia della documentazione relativa alle operazioni effettuate, previsto dall’articolo 119, comma 4, della legge bancaria (decreto legislativo n. 385 del 1993) che ha natura di diritto sostanziale e ha fondamento negli obblighi di buona fede in executivis, è riferibile anche ai rapporti derivanti dai contratti stipulati prima dell’entrata in vigore del nominato testo unico e riguarda tutta la documentazione negoziale, compresi gli estratti conto, a prescindere dalla comunicazione periodica degli stessi, ma copre solo le operazioni degli ultimi dieci anni, operando, al di fuori di questo limi- te, il generale onere di conservazione della documentazione rappresentativa dei propri diritti, gravante in modo indifferenziato su tutte le parti”; Cassazione civile sez. I, 29/11/2022, n.35039 :
“In tema di rapporti bancari, la limitazione, entro il decennio, del termine di conservazione della documentazione bancaria (espressa dall’art. 119, comma 4 TUB) corrisponde ad un principio generale (art. 2220 c.c.), che, in quanto ta- le, non può che trovare applicazione, anche per i contratti conclusi anteriormente all’entrata in vigore del d. lgs. n. 385/1993 (TUB) e, ancor prima, della legge n. 154/1992.
Sia l’esistenza dell’obbligo di conservazione e di rilascio copia, sia l’applica- zione del termine decennale, si desumono dalla lettura di tali norme (codicistica e di legislazione speciale) come fornita dalla giurisprudenza di legittimità.
Non sussiste spa- zio per una loro interpretazione che affermi l’obbligo ed escluda al tempo stesso l’applicazione del termine;
d’altronde, il cliente risulta ampiamente tutelato dalla possibilità di esercitare il diritto di ottenere quella documentazione in un lasso di tempo notevolmente ampio (dieci anni), in funzione del quale è costruito essenzialmente l’obbligo di conservazione della banca”;
né vi è ragione alcuna per escludere dall’ampia dizione “operazioni” dell’art. 119 TUB, peraltro corrispondente a quella utilizzata anche dall’art. 117 TUB relativo alla forma scritta, la sottoscrizione di contratti:
vedi Cassazione civ. Sez. VI – 1 Ord., 22/06/2020, n. 12178).
Ciò posto il motivo attinente al mancato assolvimento dell’onere della prova è in- fondato, almeno con riferimento a tutte le pretese correlate a nullità di carattere contrattuale (interessi ultralegali, mancata pattuizione di CMS, commissioni, spese), posto che , come esposto, l’onere di provare l’inesistenza della causa giustificativa dei pagamenti effettuati gravava sul correntista e doveva essere assolto mediante la produzione dei relati- vi contratti contenenti le clausole delle quali si assumeva la nullità. 3.2.
È infondata anche la domanda relativa alla “usurarietà” dei tassi di interesse.
Parte attrice con l’atto di citazione si era “riservata” di dedurre una usura “contrattuale” in caso di successiva acquisizione dei contratti (vedi citazione:
“nel caso di consegna ai sensi dell’art. 119 TUB o esibizione ai sensi dell’art. 210 c.p.c., dei relativi con- tratti mai consegnati all’odierna attrice, la scrivente difesa si riserva di invocare anche l’applicazione dell’art. 1815 c.c., per effetto della plausibile usurarietà contrattuale delle condizioni applicate dalla banca”), ma aveva comunque dedotto, tramite la produzione di “perizie econometriche” il superamento nel corso del rapporto, in vari trimestri, del tasso soglia.
A prescindere dal rilievo da attribuire, in ipotesi, alla cosiddetta (impropriamente) “usura sopravvenuta”, in ogni caso l’allegazione relativa al superamento dei tassi soglia era nella fattispecie avvenuta in modo non corretto, inammissibile.
Come più volte ribadito dai giudici di legittimità il principio di simmetria impone una necessaria coincidenza tra il metodo di calcolo del tasso effettivo globale medio rilevato trimestralmente a norma della L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 1, ed il tasso effetti- vo globale della singola operazione “atteso sia il contenuto letterale delle disposizioni che disciplinano il T.e.g. ed il T.e.g.m. , ovvero l’art. 644 c.p., comma 4, e la L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 1;
sia l’intuitiva esigenza logica legata all’essenza stessa di ogni procedimento comparativo, che, in quanto tale, postula un certo grado di omogeneità dei termini di riferimento” (vedi in motivazione Cassazione Sez. Un., 18/09/2020, n.19597; vedi già in precedenza Cassazione, Sez. Un., 20 giugno 2018, n. 16303; Cassa– zione 3 novembre 2016, n. 22270; Cassazione 22 giugno 2016, n. 12965).
I giudici di legittimità hanno più volte inoltre chiarito che “nelle controversie relative alla spettanza ed alla misura degli interessi, l’onere della prova, ai sensi dell’ art. 2697 c.c. , si atteggia nel senso che il debitore che intenda far valere l’applicazione degli stessi in misura usuraria nel corso del rapporto è tenuto a dedurlo in modo specifico, anche mediante dettagliata relazione peritale, mentre per l’istituto bancario convenuto che voglia contestare il computo dei saggi non è sufficiente una contestazione generica, ma è necessario indicare quelli che sarebbero stati effettivamente applicati” (vedi Cassazione, 28/09/2023 , n. 27545; vedi anche Cassazione S.U. 18/09/2020, n.19597:
“nelle controversie relative alla spettanza e alla misura degli interessi moratori, l’onere della prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., si atteggia nel senso che il debitore che intenda dimostrare l’entità usuraria degli stessi è tenuto a dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale relativa agli interessi moratori e quelli applicati in concreto, l’eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato e gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento”).
Nella fattispecie parte attrice in primo grado aveva dedotto il preteso superamento del tasso soglia in alcuni trimestri facendo integrale rinvio a “perizie econometriche” che, esplicitamente, facevano applicazione di criteri del tutto avulsi rispetto a quelli indicati dalla Banca di Italia, in aperta violazione del ricordato principio di simmetria (vedi perizie, doc. 3 e 5 fascicolo di primo grado di parte attrice “nella presente perizia, secondo quanto indicato dalla Legge 108/96 e dall’art. 644 c.p. per la determinazione del tasso di interesse usurario si è tenuto conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito. Pertanto per il calcolo del TEG è stata utilizzata la seguente formula:
Come ha statuito la migliore giurisprudenza (“in tema di usura e determinazione del TEG applicato, occorre far riferimento sia alla commissione di massimo scoperto che alla disciplina dell’anatocismo, alla luce rispettivamente dei principi elaborai dalle sentenze della Corte di Cassazione Penale n. 46669/2011 e 26100/2012 – GIP Salerno 21 Maggio 2013”) nel calcolo del TEG, nella sua effettiva applicazione, si devono inserire pertanto come addendi fondamentali sia il costo della CMS che quello dell’anatocismo. Per completezza di argomento si ribadisce che l’ostinata interpretazione della Banca di Italia circa l’applicazione per il calcolo del TEG con la seguente formula che non esprime il costo totale del credito è assolutamente erronea:
Nessuna allegazione specifica in ordine al superamento dei tassi soglia è poi contenuta nell’atto di appello;
sul punto merita quindi conferma il rigetto della richiesta di consulenza contabile, che avrebbe in tale ambito carattere suppletivo rispetto agli oneri di allegazione e prova che incombevano sulla parte (vedi Cassazione civile sez. VI, 15/12/2017, n.30218:
“la consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acqui- siti ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allega- zioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati” ; Cassazione civile sez. VI, 08/02/2011, n.3130:
“è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati”).
3.3.
Deve quindi confermarsi il rigetto delle pretese fondate su nullità contrattuali e di quelle correlate al superamento nel corso del rapporto del tasso soglia.
È invece fondata la domanda di parte attrice con riferimento alla esclusione della capitalizzazione trimestrale.
A seguito della pronuncia di incostituzionalità dell’art. 25, comma 3, del d.lgs. n. 342 del 1999, le clausole anatocistiche inserite in contratti di conto corrente conclusi prima dell’entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000 sono radicalmente nulle e a fronte della specifica eccezione del cliente è onere della banca fornire la prova che, per il periodo successivo, è stata sanata tale nullità.
Nella fattispecie la capitalizzazione trimestrale anteriore al 2000 emerge dagli estratti conto prodotti;
la banca convenuta ha dedotto in primo grado di essersi adeguata alla delibera CICR 9 febbraio 2000 attraverso la sola pubblicazione dell’avviso sulla Gazzetta Ufficiale (vedi comparsa di costituzione in primo grado pag. 5 -6:
“ ha pubblicato nelle forme richieste (all. 2) l’accettazione della clausola di reciprocità della capitalizzazione degli interessi introdotta dal CICR con la circolare n. 9/2000 e dunque quasi tutta la movimentazione dei due conti è avvenuta nel periodo di vigenza della predetta clausola.
Ne consegue che per tale periodo la capitalizzazione degli interessi deve ritenersi perfettamente legittima.
Non si capisce co- me la società attrice possa affermare che non sarebbe stata rispettata dalla convenuta la condizione di reciprocità.
”), tuttavia, secondo un consolidato indirizzo al quale questa Corte da tempo aderisce, “l’invio al correntista degli estratti conto recanti l’indicazione dell’adeguamento alla Delibera CICR 9 febbraio 2000 pubblicato anche sulla Gazzetta Ufficiale non è sufficiente ad assicurare, neppure per il periodo successivo alla entrata in vigore del provvedimento, la validità della clausola regolante la capitalizzazione de- gli interessi, a tal fine occorrendo invece un’apposita convenzione scritta al pari di quella richiesta per la stipulazione dei contratti soggetti alla nuova disciplina” (vedi Cassazione civile sez. I, 21/06/2021, n.17634; vedi anche Cassazione civile sez. I, 19/05/2020, n.9140:
“in ragione della pronuncia di incostituzionalità dell’art. 25, comma 3, del d.lgs. n. 342 del 1999, le clausole anatocistiche inserite in contratti di con- to corrente conclusi prima dell’entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000 sono radicalmente nulle, con conseguente impraticabilità del giudizio di comparazione previsto dal comma 2 dell’art. 7 della delibera del CICR teso a verificare se le nuove pattuizioni abbiano o meno comportato un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, sicché in tali contratti perché sia introdotta validamente una nuova clausola di capitalizzazione degli interessi, è necessaria una espressa pattuizione formulata nel rispetto dell’art. 2 della predetta delibera”; vedi inoltre, da ultimo Cassazione civile sez. I, 04/11/2024, n.28215, anche in parte motiva:
“Tale orientamento è stato ripetutamente ribadito nella giurisprudenza di legittimità successiva (cfr., tra le altre, Cass. 12 marzo 2020, n. 7105 del 2020; Cass. 10 maggio 2020, n. 3861; Cass. 10 settembre 2020, n. 23852; Cass. 23 dicembre 2020, n. 29240; Cass. 5 maggio 2021, n. 23489; Cass. 1 marzo 2023, n. 19396; Cass. 18 ottobre 2023, n. 35210)
Le richiamate ordinanze nn. 5054 e 5064 del 2024 non prendono, tuttavia, in considerazione il diverso orientamento giurisprudenziale espresso dalla sentenza n. 9140 del 2020 (e dalle conformi successive ordinanze) che hanno escluso la possibilità per le banche di procedere all’adeguamento contrattuale mediante la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e la comunicazione al correntista non già in ragione di una valutazione comparativa espressiva del carattere peggiorativo delle nuove condizioni rispetto a quelle precedenti, esito della nullità di queste ultima e, dunque, dell’assenza di una valida ed efficace pattuizione anatocistica, quanto in virtù della impraticabilità di una siffatta comparazione discendente proprio dalla mancanza di uno dei termini di raffronto a causa della nullità della relativa previsione negoziale. Tali pronunce, dunque, non offrono utili elementi di critica del consolidato orientamento giurisprudenziale – peraltro, ribadito dalla successiva ordinanza del 2 maggio 2024, n. 11725”).
Non è di ostacolo al parziale accoglimento della domanda del correntista la produzione non integrale degli estratti conto (vedi Cass. n. 22387 del 2021; Cassazione civile sez. I, 07/12/2022, n.35979:
“Nel caso, invece, in cui è il cliente ad agire nei confronti della banca in ripetizione di indebito oggettivo in mancanza di taluni estratti di conto corrente egli perde semplicemente la possibilità di dimostrare il fondamento del- la domanda di restituzione di danaro da lui dato alla banca (per effetto di addebiti da questa operati) nel solo periodo di tempo compreso fra l’inizio del rapporto e quello cui si riferiscono gli estratti di conto corrente depositati;
ben potendo il giudice accertare, di regola mediante consulenza tecnico d’ufficio, se vi siano addebiti alla banca non dovuti, secondo la prospettazione dell’attore, in quanto risultanti dagli estratti di conto da questi depositati”; Cassazione Civile, sez. VI, sent. n. 5887 del 4/3/2021).
Limitatamente all’anatocismo la domanda risulta quindi fondata e deve disporsi la remissione della causa in istruttoria, per disporre CTU che ridetermini il saldo dei rap- porti escludendo la capitalizzazione trimestrale.
4. Con il secondo motivo (“Erroneità della sentenza per omessa e/o comunque in- sufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, in ordine alla do- manda risarcitoria avanzata dalla Società”) parte appellante in sintesi deduce che “La sentenza impugnata merita, altresì, di essere riformata, laddove, al punto 4) delle motivazioni, “liquida”, semplicemente con un passaggio di quattro righe (del tipo, “la do- manda di accertamento delle pretese violazioni e di ricalcolo dei saldi dei conti correnti in favore del correntista conduce a rigettare anche la domanda risarcitoria avanzata dall’attore”), rigettandola, la domanda risarcitoria avanzata dalla Società in termini di danno patrimoniale e non patrimoniale da essa subiti. ”
Deve confermarsi il rigetto della domanda risarcitoria, anche se per motivi parzialmente diversi da quelli indicati dal giudice di primo grado (vedi Cass 19/10/2022, n. 30728:
“la sentenza d’appello, anche se confermativa, si sostituisce totalmente alla sentenza di primo grado, onde il giudice d’appello ben può in dispositivo confermare la decisione impugnata ed in motivazione enunciare, a sostegno di tale statuizione, ragioni e argomentazioni diverse da quelle addotte dal giudice di primo grado, senza che sia per questo configurabile una contraddittorietà tra il dispositivo e la motivazione della sen- tenza d’appello”; Cassazione civile sez. I, 06/09/2021, n.24001; Cassazione civile sez. VI, 21/06/2021, n.17681 ).
A prescindere dal ricalcolo dei saldi la domanda di risarcimento danni, patrimoniali e non patrimoniali, avanzata da parte attrice è del tutto generica e non provata sia in punto di an e di quantum.
In tema di contratti bancari il danno patrimoniale, conseguente agli inadempimenti e/o fatti illeciti commessi dall’istituto bancario costituisce pur sempre danno conseguenza che, pertanto, non potendo ritenersi sussistente in re ipsa, va allegato e provato da chi ne pretenda il ristoro.
In particolar modo, una generica dichiarazione di pregiudizi arrecati, in assenza della prova dell’effettivo pregiudizio patrimoniale subito, non può essere meritevole di tutela risarcitoria (vedi ex multiis Cassazione, 5 marzo 2015, n. 4443 e Cassazione, 25 gennaio 2017, n. 1931).
Pertanto, seppur è ammessa la prova presuntiva, si deve tuttavia rilevare che, nel caso in esame, la parte attrice non ha fornito alcun idoneo elemento indiziario al fine di pro- vare, anche presuntivamente, le eventuali perdite economiche subite.
Da ciò consegue senz’altro che la mancata produzione di elementi di fatto da cui desumere l’esistenza del danno, da parte di colui che ne richiede ristoro, non consente un puntuale apprezzamento dello stesso e dunque una sua idonea liquidazione.
Nella fattispecie, l’odierna appellante – attrice si è limitata a sostenere che “Ampia e variegata è la gamma dei pregiudizi arrecati all’attività economica esercitata dalla società attrice, sia in termini di danno emergente che di lucro cessante in quanto, ove non fossero stati attuati reiterati comportamenti illeciti da parte dell’Istituto convenuto, es- sa avrebbe potuto utilizzare le somme indebitamente trattenute per i normali scopi dell’impresa” (vedi atto di citazione), senza alcunché ulteriormente dedurre e argomentare in merito agli asseriti danni subiti. In merito al danno non patrimoniale, da ultimo, la Corte di Cassazione chiarisce, in caso analogo, che il danno all’immagine e alla reputazione, in quanto costituente “danno conseguenza”, non può ritenersi sussistente in re ipsa, dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento (vedi in tema di danno da illegittima segnalazione alla Centrale Rischi, Cassazione, sezione VI, 28/03/2018, Ord. n. 7594/2018).
Anche sotto questo profilo nulla viene dedotto e dimostrato da parte attrice in ordine all’effettiva lesione subita e ad eventuali concrete conseguenze dannose (limitandosi in- vece l’attrice a sostenere che “i reiterati inadempimenti e fatti illeciti commessi dall’Istituto di credito convenuto” costituirebbero un “fatto lesivo” che “incida una situazione giuridica della persona giuridica o dell’ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti della Costituzione” , vedi pag. 14 e 15 dell’atto di citazione in primo grado). In difetto di tali necessarie allegazioni la domanda risarcitoria non può comunque trovare accoglimento, a prescindere dall’esito di quella relativa alla rideterminazione dei saldi.
5.
La causa deve quindi essere rimessa in istruttoria, con ammissione di CTU volta alla rideterminazione del saldo dei conti correnti per cui è causa con esclusione della sola capitalizzazione trimestrale degli interessi.
Spese al definitivo.
la Corte di Appello di Firenze, NON definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, eccezione, istanza e deduzione, sull’appello proposto da nei confronti di avverso la sentenza n. 555/2023 del Tribunale di Siena pubblicata il 28/06/2023, così provvede:
accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il primo motivo di appello;
rigetta il secondo motivo di appello;
dispone la remissione della causa in istruttoria come da separata ordinanza;
spese al definitivo.
Così deciso nella camera di consiglio del 23 aprile 2025.
Il Consigliere relatore – estensore Il Presidente Dott. NOME COGNOME Dott.ssa NOME COGNOME La divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell’ambito strettamente processuale, è condizionata all’eliminazione di tutti i dati personali in esso contenuti ai sensi dell’art. 52 D. Lgs 30 giugno 2003 n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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