N. 920/2020 R.G.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
***** CORTE DI APPELLO DI FIRENZE SEZIONE IV
CIVILE La Corte di Appello di Firenze, Sezione Quarta Civile, in persona dei Magistrati:
dott.ssa NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Relatore ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._865_2025_- N._R.G._00000920_2020 DEL_28_04_2025 PUBBLICATA_IL_08_05_2025
nella causa civile di II Grado iscritta a ruolo il 11/06/2020 al n. 920/2020 r.g. promossa da:
(C.F. (C.F. ), elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. COGNOME NOME e dell’avv. COGNOME NOME che li rappresentano e difendono come da procura in atti;
-PARTE
COGNOME– contro (C.F. ), elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. COGNOME NOMECOGNOME che la rappresenta e difende come da procura in atti;
-PARTE APPELLATA- nonché -PARTE APPELLATA CONTUMACE- avverso la sentenza n. 1405/2019 emessa dal Tribunale di Lucca e pubblicata in data C.F. C.F. in decisione con ordinanza ex art. 127ter c.p.c. del 19.02.2025 all’esito dell’udienza cartolare del 6.02.2025, sulle seguenti conclusioni:
Per la parte appellante:
“Voglia l’Ecc.ma Corte adita, contrariis reictis, confermata la responsabilità delle parti convenute, in via solidale, nella causazione del sinistro dal quale ha tratto origine il decesso della sig.ra in riforma parziale della sentenza oggi impugnata e di cui al punto n. 1 della parte dispositiva, alla luce dell’espletata istruttoria ammessa dal Giudice del gravame, si chiede che i convenuti vengano condannati a risarcire il sig. in base alle tariffe vigenti presso il Tribunale di Milano, nella sua qualità di fratello, di un importo diverso e superiore rispetto a quanto statuito in primo grado, così permettendo una personalizzazione del danno, adeguandolo all’effettivo rapporto sussistente tra quest’ultimo e la de cuius. – Ancora in riforma della sentenza e di quanto da questa statuito al punto n. 2 della parte dispositiva, si chiede che venga riconosciuto, alla luce dell’espletata istruttoria ammessa dal Giudice del gravame, in capo al sig. il diritto, nella sua qualità di nipote ex fratre, ad essere risarcito per il danno subito e conseguente al decesso della propria zia, sig.ra con consequenziale condanna solidale dei convenuti al pagamento di un risarcimento personalizzato a favore di quest’ultimo, riconosciuto in base alle tariffe vigenti presso il Tribunale di Milano ed in virtù del tipo di rapporto sussistente tra zia e nipote. Infine, sempre in riforma di quanto stabilito al punto n. 4 della parte dispositiva della citata sentenza, oggetto del presente gravame, si chiede all’adita Corte di condannare solidalmente i convenuti alla refusione delle spese sostenute dal sig. a favore dei consulenti di parte di cui lo stesso si è dovuto avvalere per le operazioni peritali svolte in prima grado, pari ad € 5.422,25.
Il tutto, si ripete, tenuto comunque conto dei diversi gradi di parentela degli attori- appellanti rispetto alla de cuius medesima, nonché ai rapporti con la stessa vigenti da parte dei comparenti.
In caso di accoglimento dell’appello, con vittoria di spese del giudizio, tutte, del primo e del secondo grado a favore degli appellanti.
Confermate le altre parti non impugnate della sentenza n. 1405/2019 del Tribunale di Lucca”;
Per la parte appellata :
“Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello adita, ogni contraria istanza anche istruttoria disattesa, rigettare l’appello, eventualmente dichiarando anche l’inammissibilità dello stesso ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c. o di qualsiasi altra norma eventualmente violata, con conseguente conferma della sentenza di primo grado impugnata.
In ogni caso con vittoria di spese, diritti ed onorari di giudizio”.
atto di citazione ritualmente notificato, convenivano davanti alla Corte di Appello di Firenze proponendo appello avverso la sentenza n. 1405/2019 con la quale il Tribunale di Lucca, previo rigetto della eccepita prescrizione della domanda risarcitoria, aveva condannato in solido tra loro, a risarcire a il danno conseguente all’intervenuto decesso della sorella, deceduta nel sinistro stradale che aveva interessato l’autovettura di proprietà assicurata con , in cui la stessa era trasportata.
Il primo giudice aveva quantificato il suddetto danno, sulla base dei valori minimi indicati nelle tabelle milanesi aggiornate al 2018, in complessive euro 24.040,00 cui detrarre l’acconto già ricevuto dall’attore, pari ad euro 15.000, per un residuo importo dovuto di euro 9.020,00, maggiorato di interessi compensativi sulla somma via via rivalutata e oltre interessi legali sulla detta somma, dalla sentenza al saldo effettivo.
Con la medesima pronuncia il Tribunale, pur riconoscendo in via di principio la risarcibilità del danno da perdita parentale anche nei confronti del nipote ex fratre per la morte della zia e affermando in tal senso la legittimazione passiva di , aveva respinto la domanda risarcitoria avanzata da quest’ultimo, deducendo la carenza di prova della sussistenza tra il detto attore e la de cuius di un saldo e duratura legame affettivo.
Le parti convenute in solido erano quindi state condannate a rifondere le spese di lite in favore del solo , nonché le spese delle espletate CTU.
Esponeva l’appellante che la sentenza impugnata era ingiusta per i seguenti motivi:
1) erronea quantificazione del danno da perdita parentale nei confronti del fratello della vittima, , sulla base dei minimi tabellari;
omessa ammissione delle prove testimoniali volte a dimostrare l’intensità e l’assiduità del rapporto di con la sorella deceduta;
erroneo rigetto della domanda di risarcimento del danno da perdita parentale nei confronti del nipote ex fratre ;
in particolare erronea affermazione della mancanza di prova di un saldo e duraturo legame affettivo, senza tuttavia ammettere le prove testimoniali in tal senso formulate, sul cui espletamento insisteva;
2) omessa condanna delle parti convenute alla refusione in favore di delle spese dei consulenti tecnici di parte.
L’appellante chiedeva quindi che la Corte, in riforma della impugnata sentenza, accogliesse le conclusioni come in epigrafe trascritte.
[… merito contestava le censure mosse dalla parte appellante nei confronti della sentenza impugnata, della quale chiedeva la conferma.
Nessuno si costituiva per di cui era dichiarata la contumacia.
Acquisito il fascicolo di ufficio del procedimento di primo grado, la causa veniva trattenuta in decisione una prima volta con ordinanza in data 4.11.2021 e rimessa sul ruolo con provvedimento in data 13.04.2023 per l’espletamento della richiesta prova testimoniale.
Espletata la prova testimoniale richiesta da parte appellante, la causa era nuovamente trattenuta in decisione con ordinanza in data 23.01.2024 e ancora rimessa sul ruolo con provvedimento della Presidente di Sezione del 18.12.2024 stante la prolungata assenza per malattia e/o aspettativa del consigliere nominato relatore.
La causa era trattenuta infine in decisione con ordinanza ex art. 127ter c.p.c. del 19.02.2025, emessa all’esito dell’udienza celebrata cartolarmente del 6.02.2025, sulle conclusioni delle parti, precisate come in epigrafe trascritte e decisa in camera di consiglio all’esito del decorso dei concessi termini ex art. 190 c.p.c. *****
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. L’eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 348bis c.p.c. – La parte appellata ha preliminarmente sollevato eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 348bis c.p.c., reiterata anche in sede di precisazione delle conclusioni.
A tale proposito deve rilevarsi come di nessun rilievo può essere considerato il richiamo alle suddette eccezioni anche in sede di precisazione delle conclusioni, dal momento che la ragionevole probabilità di non accoglimento dell’appello, presa in considerazione dalle norme, è quella che deriva da una valutazione del giudice prima facie, in funzione della anticipata definizione delle impugnazioni palesemente infondate che, come tali, non meritino di pervenire alla fase decisionale ordinaria.
Pertanto, qualora il giudice ritenga fin da subito che il gravame non abbia ragionevole probabilità di accoglimento, ne dichiara l’inammissibilità con ordinanza;
diversamente, quando, come nel caso di specie, la causa sia invece trattenuta in decisione, non persiste più alcuno spazio per la pronuncia ex art. 348bis e ter c.p.c. 2. I fatti di causa ed il perimetro della decisione – Non è controverso tra le parti che decedeva la sera del 7 febbraio 2010 mentre viaggiava quale trasportata a bordo dell’autovettura condotta dal proprietario attinto da motivi di appello è il riconoscimento del diritto del fratello all’integrale risarcimento del danno da perdita della sorella, essendo la controversia limitata al quantum e, in particolare, al diritto a vedere aumentato il valore tabellare standard sulla base della prova della intensità del rapporto parentale. Con riferimento a non è investita da impugnazione e deve dunque ritenersi coperta da giudicato, l’affermazione relativa al diritto del nipote ad ottenere il risarcimento del danno per la perdita della zia, essendo invece controversa la prova dell’an dello specifico danno subito nella fattispecie dal nipote, con particolare riferimento alla mancanza del presupposto di un saldo e duraturo rapporto affettivo.
E’ infine oggetto di controversia la risarcibilità delle spese per i CTP di parte attrice e odierna appellante, la cui liquidazione è stata omessa dal primo giudice.
3.Il primo motivo di appello, parte prima:
la quantificazione del danno da perdita della sorella – Con la prima parte del primo motivo di gravame l’appellante si duole del riconoscimento del danno per la perdita della sorella nel valore ‘minimo’ previsto dalle tabelle milanesi aggiornate al 2018, vigenti ratione temporis, deducendo la sussistenza dei presupposti per un ulteriore incremento, invocando in tal senso anche l’espletamento delle prove testimoniali già richieste sull’intensità del rapporto tra fratelli, non ammesse dal Tribunale.
Intanto si deve partire dalla considerazione che la tabella applicata dal primo giudice (tabella milanese aggiornata al 2018) prevedeva per la perdita di un fratello e/o sorella un criterio di valutazione c.d. a forcella, con un valore minimo, di base di euro 24.020,00 ed un valore massimo di euro 144.130,00.
Il primo giudice ha dunque nel caso di specie riconosciuto il valore minimo o c.d. base della forcella di riferimento per il calcolo della perdita di un fratello e/o sorella, argomentando tale scelta nei seguenti termini:
‘non potendo concedere alcuna personalizzazione, in mancanza di specifiche prove sul punto’.
Dovendosi ritenere superata la parte del motivo di appello avente ad oggetto la reiterazione della prova testimoniale richiesta funzione dell’accertamento dell’intensità del rapporto tra fratelli ed espletata da questa Corte, va verificato l’effetto spiegato da quest’ultima ai fini della quantificazione del danno per la perdita della sorella.
, in sede di dichiarazioni testimoniali, ha premesso di essere la moglie in regime di separazione dei beni di ed ha confermato che, sia il marito , la testimone ha precisato come erano, rispetto alla de cuius ‘gli unici superstiti della famiglia di origine’, spiegando che ‘sono rimasti sempre in contatto, si frequentavano regolarmente, andando nella sua casa di abitazione ed anche nel negozio, cui la defunta teneva tanto.
Mio suocero quando è andato in pensione la frequentava più una volta alla settimana.
Erano legati’.
Tanto premesso, la prima parte del primo motivo di appello è fondata nei termini di seguito specificati.
La decisione del Tribunale, attribuendo al fratello il valore tabellare base non ha infatti tenuto conto delle peculiarità del rapporto con la sorella che, dalle dichiarazioni rese dalla testimone, risulta connotato da una frequentazione assidua e continuativa, nonché da un legame affettivo intenso, considerato peraltro che fratello e sorella erano l’uno per l’altra gli unici superstiti della famiglia di origine.
Con la morte della sorella, dunque, ha perduto l’ultimo legame con il proprio nucleo familiare originario.
Tutti detti elementi, la cui corretta e compiuta valutazione presupponeva lo sfogo istruttorio richiesto dalla parte a sostegno delle sue richieste (ed espletato da questa Corte), doveva infatti portare all’applicazione di un valore medio alto della forbice prevista dalle tabelle milanesi applicate dal Tribunale ratione temporis.
Ciò detto, una volta stabilito che la liquidazione del primo giudice è errata e va riformata ed effettuata ex novo, poiché l’obbligazione di valore non si trasforma in obbligazione di valuta fino al passaggio in giudicato della sentenza che liquida il credito risarcitorio, tale nuova liquidazione deve avvenire sulla base delle nuove tabelle oggi in vigore.
Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte (cfr. Cass. 13.12.2016 n. 25485; 13/09/2018 n. 22265; 2.11.2019 n. 30519), infatti “il giudice deve effettuare la liquidazione del danno non patrimoniale sulla scorta delle tabelle in vigore al momento della liquidazione, specie se tra il primo grado e l’appello sia intervenuta una variazione dei criteri di liquidazione”.
In altri termini, se certamente per valutare la correttezza della liquidazione effettuata dal primo giudice occorre adottare i parametri vigenti all’epoca di tale liquidazione, una volta accertato che tale decisione va riformata perché errata, si deve procedere ad una nuova valutazione (di un credito tuttora di valore) e, dunque, nel fare ciò, occorre applicare i parametri attuali, ovvero quelli delle tabelle milanesi concernenti il c.d. danno da perdita parentale, aggiornate al 2022.
In particolare, nel 2022, l’Osservatorio milanese ha costruito una tabella che, partendo proprio dagli importi risarcitori previsti dalle precedente tabelle ‘a forbice’ aggiornata al. Tale operato, giudicato corretto ed equo dalla Corte di legittimità anche nelle successive pronunce (cfr. Cass. n. 37009 del 16/12/2022, Cass. n. 5948 del 28/02/2023), può dunque fungere da parametro equitativo anche in questa sede, proprio perché, come evidenziato dalla Suprema Corte (cfr. Cass. n. 37009 del 16/12/2022), le tabelle di Milano pubblicate nel giugno del 2022 “costituiscono idoneo criterio per la liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, in quanto fondate su un sistema “a punto variabile” (il cui valore base è stato ricavato muovendo da quelli previsti dalla precedente formulazione “a forbice”) che prevede l’attribuzione dei punti in funzione dei cinque parametri corrispondenti all’età della vittima primaria e secondaria, alla convivenza tra le stesse, alla sopravvivenza di altri congiunti e alla qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta, ferma restando la possibilità, per il giudice di merito, di discostarsene procedendo a una valutazione equitativa “pura”, purché sorretta da adeguata motivazione”. Le suddette tabelle milanesi per la perdita di un fratello hanno stabilito un “valore punto” di 1461,20 euro (ottenuto dividendo per cento l’importo massimo previsto dalle Tabelle del 2021, ossia 146.120,00/100) e ipotizzato come attribuibili 116 punti (comunque con una soglia non superabile di € 146.120,00, fatta salva la sussistenza di circostanze eccezionali), da distribuire tenendo conto dei seguenti parametri:
a) età della vittima primaria:
sono distribuiti un massimo di 20 punti per danno non patrimoniale presumibile (sofferenza interiore e dinamico-relazionale);
b) età della vittima secondaria:
sono distribuiti un massimo di 20 punti come sopra;
c) convivenza:
sono attribuiti 20 punti per danno non patrimoniale presumibile (sofferenza interiore e dinamico relazionale) se le due vittime convivevano;
mentre, vengono assegnati 8 punti per danno non patrimoniale presumibile (sofferenza interiore e dinamico relazionale) qualora le due vittime, benché non conviventi, abitino nello stesso stabile o complesso condominiale;
d) sopravvivenza di altri congiunti al de cuius:
fino a 16 punti per danno non patrimoniale presumibile (sofferenza interiore e dinamico relazionale);
e) qualità e intensità della relazione affettiva:
sino a 30 punti.
Tale ultimo, più flessibile, parametro impone di valorizzare sia la sofferenza interiore patita, da provare anche presuntivamente, sia lo stravolgimento della vita della vittima secondaria (dimensione dinamico relazionale).
di stravolgimento della vita della vittima secondaria (dimensione dinamico relazionale)” e, se per rapporti familiari non già caratterizzati ex se dalla massima intensità, si può tener conto di diversi indici tra i quali, a titolo meramente esemplificativo, l’assiduità della frequentazione, la condivisione di festività, hobby, sport, l’attività di assistenza sanitaria e domestica, per familiari che convivessero con la vittima primaria condividendo con essa la quotidianità, si deve invece ex se presumere la sussistenza del più intenso legame affettivo e di relazione, senza la necessità di allegazioni e prove ulteriori. Nel caso in esame, trattandosi di fratelli adulti non conviventi, deve valorizzarsi, ai fini di tale parametro, sia il fatto che agli stessi non fossero rimasti altri membri della famiglia originaria, sia l’assiduità della frequentazione accompagnata dall’intensità del legame affettivo, come comprovato dalla testimonianza.
Dunque, applicati i punti ivi previsti per i parametri A (età della vittima primaria, che al momento del decesso aveva anni 80: punti 8), B (età della vittima secondaria, che al momento del sinistro aveva 62 anni:
punti 10), C (convivenza, assente:
punti 0) e D (sopravvivenza di altri congiunti del nucleo familiare primario:
il figlio del danneggiato:
punti 14), E (qualità ed intensità della relazione affettiva:
punti 15 in relazione alle frequentazioni plurisettimanali ed alla condivisione di ricorrenze), è possibile nel caso di specie riconoscere a complessivi punti 47.
Considerato il valore unitario del punto di euro 1461,20 il danno sofferto da per la perdita della sorella sarà complessivamente pari ad euro 68.676,40.
Il tutto, oltre agli interessi compensativi come già disposto dal Tribunale, devalutando le suddette somme alla data del sinistro, verificatosi il 7.02.2010, e da questa data computando gli interessi sulle somme annualmente rivalutate.
Va quindi considerato come risulti pacificamente che prima dell’inizio della causa e, precisamente, in data 5.08.2010 corrispondeva al medesimo titolo a l’importo di euro 15.000, somma accettata in conto del maggior avere (cfr. doc. 4 parte attrice).
Si osserva in proposito che, come reiteratamente affermato dalla Suprema Corte, la liquidazione del danno da ritardato adempimento di un’obbligazione di valore, ove il debitore abbia pagato un acconto prima della quantificazione definitiva, deve avvenire rendendo omogenei il credito e l’acconto, per poi poter sottrarre l’uno dall’altra;
inoltre, gli accessori debbono essere computati prima sull’intero credito, poi, dal momento del Nel caso di pagamenti in acconto, infatti, il creditore nel periodo compreso tra il danno e il pagamento dell’acconto, a causa della mora ha perduto la possibilità di investire e far fruttare l’intero capitale dovutogli, e dunque il danno da mora deve, per questo periodo, replicare il lucro che gli avrebbe garantito l’investimento dell’intero capitale;
dopo il pagamento dell’acconto, e per effetto di quest’ultimo, il creditore non può più dolersi di avere perduto i frutti finanziari teoricamente derivanti dall’investimento dell’intero capitale dovutogli e il lucro cessante si riduce alla perduta possibilità di investire e far fruttare il capitale che residua.
Dunque, per stabilire l’ammontare del residuo credito dell’appellante occorre devalutare l’intero credito qui riconosciuto al momento del fatto (ottenendo l’importo di euro 52.384,74), rivalutarlo e maggiorarlo degli interessi compensativi maturati fino al momento del suddetto pagamento (ottenendo l’importo di euro 53.319,82), quindi detrarre l’importo pagato, ottenendo l’importo di euro 38.319,82.
Su detto importo si dovrà quindi riprendere a computare la rivalutazione monetaria e gli interessi compensativi fino all’attualità, pervenendo all’importo dovuto di euro 58.174,84.
, in solido con , dovrà quindi essere condannata a rifondere a il suddetto importo di euro 58.174,84 quale residuo importo dovuto a titolo di danno da perdita parentale per la morte della sorella somma da maggiorare degli interessi legali dalla presente sentenza al saldo effettivo.
4.Il primo motivo di appello, parte seconda:
il danno da perdita della zia – Con la seconda parte del primo motivo di appello si impugna invece il rigetto della pretesa risarcitoria avanzata da per la morte della zia (ex fratre) Il primo giudice ha in proposito così motivato:
‘nella fattispecie ora in esame tale prova non risulta fornita, neppure documentalmente, non essendo dimostrata la pretesa assiduità evocata da parte attrice, onde dovrà dichiararsi non tanto il difetto di legittimazione dell’attore quanto il rigetto nel merito della domanda dallo stesso promossa, restando indimostrato uno dei suoi presupposti’.
Superata anche in questo caso la parte del motivo di appello relativa alla reiterata richiesta di ammissione della prova testimoniale, espletata da questa Corte, anche la restante parte del punto di gravame merita accoglimento, per come di seguito specificato.
cadenza quasi settimanale, sia presso la sua abitazione, sia nel negozio che la stessa gestiva.
In proposito la testimone ha spiegato:
‘quando c’era il mercato la trovavamo lì, dove aveva il suo negozio.
Non ha fatto in tempo a vedere il nostro figlio, aveva solo visto la sua foto, che le avevamo portata a vedere al suo negozio.
La frequenza nostra era comunque all’incirca di una volta alla settimana, ed anche nelle ricorrenze’.
Tanto premesso, le risultanze della espletata prova testimoniale comprovano la sussistenza di un intenso vincolo affettivo anche tra la de cuius ed il figlio del di lei fratello, con il quale è risultata intercorrere una frequentazione continuativa, una condivisione delle festività e degli eventi più intimi, quali la nascita del figlio, che prima di morire la zia aveva potuto vedere solo in foto.
Deve dunque ritenersi che sia stata raggiunta la prova dell’apprezzabilità del danno subito anche dal nipote per la morte della zia, sotto il profilo della gravità e serietà del pregiudizio tanto sul piano morale-soggettivo, quanto su quello dinamico-relazionale, senza che tale serietà e apprezzabilità, debba necessariamente coincidere in un vero e proprio radicale ed eccezionale sconvolgimento delle proprie abitudini di vita, che inciderà, se del caso, sulla personalizzazione del risarcimento, e che costituisce a sua volta onere dell’attore allegare e provare (cfr. Cass. n° 26140/2023). Passando quindi ad esaminare i criteri di quantificazione del danno da perdita parentale subito da nipote ex fratre, si osserva che, dovendosi procedere ad una liquidazione ex novo di un danno non risarcito dal primo giudice, andranno applicati anche in questo caso i criteri tabellari attualmente vigenti e, dunque, le tabelle milanesi aggiornate al 2022 per la perdita del c.d. danno parentale.
Infatti, come detto, se le “tabelle” applicate per la liquidazione del danno non patrimoniale cambino nelle more tra l’introduzione del giudizio e la sua decisione, il giudice (anche d’appello) ha l’obbligo di utilizzare i parametri vigenti al momento della decisione (cfr. Cass. n. 11/05/2012 7272; v. anche Cass. 25485/ 2016; Cass. 22265/ 2018 e Cass. 30516/19), posto che la liquidazione effettuata sulla base di tabelle non più attuali si risolve in una non corretta applicazione del criterio equitativo previsto dall’art. 1226 c.c.
Anche per la perdita dello zio da parte del nipote ex fratre le suddette tabelle milanesi prevedono un “valore punto” di 1461,20 euro (ottenuto dividendo per cento l’importo massimo previsto dalle Tabelle del 2021, ossia 146.120,00/100) e ipotizzato come attribuibili 116 punti (comunque con una soglia non superabile di € 146.120,00, fatta , applicati i punti ivi previsti per i parametri A (età della vittima primaria, che al momento del decesso aveva anni 80: punti 8), B (età della vittima secondaria, che al momento del sinistro aveva 34 anni: punti 16), C (convivenza, assente:
punti 0) e D (sopravvivenza di altri congiunti del nucleo familiare primario:
più di due: punti 9), E (qualità ed intensità della relazione affettiva:
punti 10 in relazione alle frequentazioni pressochè settimanali ed alla condivisione di ricorrenze), è possibile nel caso di specie riconoscere a complessivi punti 43.
Considerato il valore unitario del punto di euro 1461,20 il danno sofferto da per la perdita della zia sarà complessivamente pari ad euro 62.831,60.
Il tutto, oltre agli interessi compensativi come già disposto dal Tribunale, devalutando le suddette somme alla data del sinistro, verificatosi il 7.02.2010 (pervenendo all’importo di euro 47.926,47), e da questa data computando gli interessi sulle somme annualmente rivalutate, arrivando all’importo di euro 73.890,66.
, in solido con , dovrà quindi essere condannata a rifondere a il suddetto importo di euro 73.890,66 quale somma dovuta a titolo di danno da perdita parentale per la morte della zia somma da maggiorare degli interessi legali dalla presente sentenza al saldo effettivo.
5.Il secondo motivo di appello:
le spese di CTP – Con il secondo motivo di appello ha lamentato la mancata refusione anche delle spese dei consulenti di parte, che il primo giudice ha omesso di considerare.
In proposito si osserva come le spese sostenute per la partecipazione del proprio ctp alle operazioni peritali, ex art. 201 ed ex art. 185 u.c. c.p.c., rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate ex art. 91 c.p.c., a meno che il giudice non si avvalga, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 1, della facoltà di escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive o superflue (cfr. Cass. 3-1-2013 n. 84; Cass. 16-6- 1990 n. 6056; Cass. 11-6-1980 n. 3716).
Trattandosi dunque di una voce che rientra nella liquidazione delle spese di lite il motivo deve essere ritenuto assorbito dalla intervenuta riforma della sentenza di primo grado, con conseguente caducazione anche della pronuncia accessoria in punto di spese di lite, che andranno riliquidate, per come di seguito specificato.
6.Le spese di lite – La riforma del merito della decisione impugnata, determinando la caducazione dell’intera pronuncia di primo grado (ivi inclusa quella accessoria sulle spese) impone al giudice di appello di liquidare nuovamente le spese del doppio grado , deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite, poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale; esclusivamente in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione (cfr., ex multis: Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 9064 del 12/04/2018, Rv. NUMERO_DOCUMENTO 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1775 del 24/01/2017, Rv. 642738 – 01; Sez. L, Sen tenza n. 11423 del 01/06/2016, Rv. 639931 – 01; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 6259 del 18/03/2014, Rv. 629993 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 28718 del 30/12/2013, Rv. NUMERO_DOCUMENTO; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23226 del 14/10/2013, Rv. NUMERO_DOCUMENTO – 01; Sez. L, Sentenza n. 18837 del 30/08/2010, Rv. 614783 – 01; Sez. L, Sentenza n. 26985 del 22/12/2009, Rv. 611189 – 01).
In tale prospettiva, nel caso di specie, , in applicazione del principio di soccombenza dovranno essere condannati a rifondere agli appellanti le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
Sulla base del medesimo principio dovranno essere definitivamente poste a carico di , in solido tra loro, anche le spese di CTU, liquidate come in atti.
dovranno essere inoltre condannati, in solido, a rifondere a le spese dei CTP, come documentate in atti e ritenute congrue e, specificamente, euro 2918,25 per il ctp tecnico (all 24 attore) ed euro 2504,00 per il ctp medico legale (doc 23 attore).
In proposito si osserva come nessuna norma richieda che la parte dimostri il previo effettivo esborso per poter chiederne la condanna della controparte al pagamento.
Al contrario, la consolidata giurisprudenza di legittimità, invero, esclude radicalmente la necessità che l’esborso sia già avvenuto e sia comprovato.
In tema di liquidazione del danno, la locuzione “perdita subita”, con la quale l’art. 1223 c.c. individua il danno emergente, non può infatti essere considerata indicativa dei soli esborsi monetari o di diminuzioni patrimoniali già materialmente intervenuti, ma include anche l’obbligazione di effettuare l’esborso, in quanto il vinculum iuris, nel quale l’obbligazione stessa si sostanzia, costituisce già una posta passiva del patrimonio del danneggiato, consistente nell’insieme dei rapporti giuridici, con diretta rilevanza ciò che specificamente attiene alle spese di ctp maturate nell’ambito di una ctu, poi, parimenti, i giudici di legittimità hanno espressamente affermato che “Fra le spese processuali che la parte soccombente è tenuta a rimborsare rientrano non solo quelle effettivamente già sostenute dalla parte vittoriosa, ma anche quelle dalla medesima ancora dovute, sebbene all’atto della condanna in suo favore essa non ne abbia ancora compiuto il pagamento” (cfr. Cass. 20/11/2019 n. 30289). Dunque dovranno essere condannati a rifondere a le spese di ctp per complessive euro 5.422,25, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo.
Per quanto concerne infine i criteri di liquidazione delle spese di lite, le stesse si quantificano come in dispositivo in base al DM 55/14, così come aggiornati al D.M. nr. 147/2022, tenuto conto del valore del decisum (ricompreso nello scaglione da € 52.000 a € 260.000) e dell’impegno difensivo prestato (medio).
la Corte di Appello di Firenze, definitivamente pronunciando sull’appello proposto, ogni diversa eccezione disattesa e respinta, così statuisce:
1) in accoglimento della prima parte del primo motivo di appello riquantifica il danno subito da per la perdita della sorella in complessive euro 68.676,40, oltre interessi compensativi sulle somme annualmente rivalutate;
2)per l’effetto, detratta la somma di euro 15.000 già versato ante causam al medesimo titolo da , condanna quest’ultima, in solido con , a corrispondere il residuo importo dovuto di euro 58.174,84, comprensivo di rivalutazione e interessi compensativi, da maggiorare degli interessi legali dalla presente sentenza al saldo effettivo;
3) in accoglimento della seconda parte del primo motivo di appello condanna , in solido tra loro, a corrispondere a l’importo di euro 73.890,66, comprensivo di rivalutazione e interessi compensativi, oltre interessi legali dalla presente sentenza al saldo effettivo;
4) dichiara assorbito il secondo motivo di appello;
5) condanna , in solido tra loro, a rifondere a le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio che si liquidano:
quanto al primo grado in complessivi € 14.103,00 per compenso, da maggiorare del 15% per rimborso forfetario ed oltre IVA e CPA come per legge;
quanto )pone le spese delle CTU, liquidate come in atti, definitivamente a carico di , in solido tra loro;
7) condanna , in solido tra loro, a rifondere a le spese di CTP liquidate in complessive euro 5.422,25, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo.
Così deciso in Firenze, nella camera di consiglio del 26.04.2025 dalla Corte di Appello di Firenze su relazione della dott.ssa NOME COGNOME
Il Consigliere relatore Il Presidente dott.ssa NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME Nota La divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell’ambito strettamente processuale, è condizionata all’eliminazione di tutti i dati sensibili in esso contenuti ai sensi della normativa sulla privacy ex D. Lgs 30 giugno 2003 n. 196 e successive modificazioni e integrazioni
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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