REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI TORINO SEZIONE LAVORO Composta da:
Dott.ssa NOME COGNOME PRESIDENTE Dott. NOME COGNOME CONSIGLIERE Dott. NOME COGNOME CONSIGLIERE Rel.
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A N._311_2025_- N._R.G._00000117_2025 DEPOSITO_MINUTA_12_06_2025_ PUBBLICAZIONE_13_06_2025
nella causa di lavoro iscritta al n. 117/2025 R.G.L. promossa da:
P.IVA ), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso il loro studio sito in Torino, INDIRIZZO come da procura speciale allegata alla memoria di costituzione del primo grado APPELLANTE CONTRO (c.f. ), rappresentato e difeso, dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio del suddetto sito in Torino, INDIRIZZO per procura alle liti allegata alla busta telematica del ricorso del primo grado APPELLATO
Oggetto: Inquadramento superiore. Differenze retributive.
CONCLUSIONI
Per l’appellante:
come da ricorso depositato il 6.3.2025 Per l’appellato:
come da memoria depositata il 29.4.2025
RAGIONI DI FATTO
E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con sentenza n. 180/2025 pubblicata il 3.2.2025 il Tribunale di Torino, in accoglimento del ricorso, ha condannato la al pagamento in C.F. motivare la propria decisione il Tribunale, al fine di riconoscere il livello III del CCNL RAGIONE_SOCIALE in favore del sig. , ha evidenziato che il ricorrente si occupava della conduzione del camion e, in quanto autista di mezzi adibiti a trasporto di materiali ed attrezzature, era in possesso della patente C e della Carta di Qualificazione dei Conducenti; dette mansioni, secondo quanto affermato dalla giudice di prime cure, rientravano fra quelle indicate dall’art. 77 CCNL nel III livello, fra le quali, era espressamente compresa la figura del camionista.
Quanto poi al mancato pagamento delle maggiorazioni dovute per il lavoro straordinario, la giudice di primo grado osservava che il lavoratore non poteva presentarsi direttamente sul cantiere, ma doveva prendere servizio presso la sede della società, non potendo disporre liberamente del suo tempo prima di arrivare sul cantiere, ma doveva seguire le direttive impartite dalla datrice di lavoro, con la conseguenza che il tempo impiegato per raggiungere il cantiere e far rientro in sede, ossia per un’attività strumentale rispetto alla prestazione lavorativa, doveva essere retribuito come prestazione lavorativa. Propone appello la formulando due motivi di appello.
Resiste il sig. NOME chiedendo rigettarsi il proposto appello.
Tentata vanamente la conciliazione all’udienza del 28.5.2025, alla successiva dell’11.6.2025, all’esito della discussione, la causa è stata decisa come da dispositivo trascritto in calce.
2.
Con il primo motivo di impugnazione l’appellante sostiene che il Tribunale abbia erroneamente riconosciuto al sig. il III livello del CCNL applicato in azienda, atteso che il solo possesso della patente C e della carta di qualificazione non potevano considerarsi requisiti sufficienti per l’applicazione automatica del III livello del CCNL, tenuto altresì conto che fra le figure professionali incluse nel III livello non era indicato il “camionista”, ma, al più, il “caminista”, ossia colui che si occupa della costruzione e manutenzione dei camini. Il motivo di appello è fondato.
In fatto sono pacifiche le mansioni svolte dall’appellato, ossia quelle di autista di camion adibiti al trasporto di materiali ed attrezzature, in possesso della patente C e della Carta di qualificazione dei Conducenti (c.d. CQC).
Parimenti pacifico è che il CCNL applicabile al rapporto di lavoro intercorso fra le parti posto, devono richiamarsi preliminarmente le declaratorie contrattuali dei due livelli rilevanti nella specie.
In particolare, il livello II del CCNL RAGIONE_SOCIALE comprende i lavoratori “in grado di eseguire operazioni esecutive o lavori che richiedono normali capacità e qualificazioni professionali per la loro esecuzione”.
Fra questi, gli operai qualificati fra i quali sono indicati gli autisti, o motoscafisti, ossia gli addetti alla conduzione della macchina e che provvedono alla manutenzione ordinaria della stessa.
E’ evidente che il riferimento alla mansione di “autista”, nel contesto utilizzato, ossia nell’esemplificazione dei profili professionali di cui al II livello professionale comprendente gli operai qualificati, non può ritenersi limitato – come affermato dalla prima giudice – alla mera guida dell’autovettura, per la quale non è necessaria una competenza professionale specifica e chiunque, purché dotato di patente B, può condurre, dovendosi evidentemente riferire al profilo professionale di operaio qualificato che conduce e guida macchine per lo svolgimento di attività lavorative, quali camion o altri mezzi speciali. Ciò risulta confermato anche dall’esemplificazione successiva che comprende il “conduttore di locomotori decauville con motore elettrico o a scoppio”, ove si indica l’operaio capace di condurre “la macchina”, definendo dunque “macchina” il locomotore, circostanza che vale a far ritenere che il termine “macchina” utilizzato nel contesto dell’esemplificazione dei profili professionali non possa ritenersi limitato a comprendere la semplice automobile, ma i mezzi utilizzati in ambito lavorativo.
Al III livello appartengono, invece, fra gli operai, quelli “specializzati”, ossia quegli “operai superiori ai qualificati, che sono capaci di eseguire lavori particolari che necessitano di speciale competenza pratica, conseguente da tirocinio o da preparazione tecnico–pratica”.
Fra le figure professionali indicate nel livello suddetto è compreso l’“addetto alla guida di mezzi di trasporto dell’azienda, destinato all’approvvigionamento, smistamento mezzi, materiali, collocazione maestranze sui cantieri, nonché alla manutenzione ordinaria e straordinaria del mezzo;
provvede anche alla sua riparazione, con la eventuale sostituzione di pezzi di ricambio”.
E’ altresì compreso l’autista o motoscafista meccanico addetto alla conduzione della Nell’appello la difesa della ha dedotto come la figura professionale del “camionista” non sarebbe compresa nel II livello rivendicato, atteso che nel suddetto livello doveva ritenersi indicata la figura del “caminista e operaio muratore per la costruzione di forni industriali”, ossia il muratore specializzato che si occupa della costruzione e manutenzione dei camini e delle canne fumarie.
Ha replicato l’appellato che la figura del caminista è indicata nel diverso CCNL RAGIONE_SOCIALE, mentre il CCNL applicato dalla società appellante è quello RAGIONE_SOCIALE, ove fra le figure professionali comprese nel III livello è indicata quella del “camionista e operaio muratore per la costruzione di forni industriali”.
Orbene, seppure dalla lettura dei contratti collettivi prodotti da parte appellata risulti in quello la dizione “caminista e operaio muratore per la costruzione di forni industriali”, mentre in quello RAGIONE_SOCIALE la diversa dizione “camionista e operaio muratore per la costruzione di forni industriali”, osserva la Corte come emerga il ragionevole dubbio che nel corpo della disposizione di cui al CCNL RAGIONE_SOCIALE sia contenuto un errore materiale, atteso che non avrebbe alcun senso inserire la figura professionale del camionista – letteralmente autista di camion – accanto a quella dell’operaio muratore per la costruzione di forni industriali, essendo, al contrario, affine, quella del “caminista”, ossia l’addetto alla pulizia a manutenzione delle canne fumarie, così come dedotto dall’appellante. E d’altronde la figura dell’addetto alla guida di mezzi di trasporto dell’azienda risulta già autonomamente indicata fra i diversi profili professionali, non essendovi alcuna effettiva ragione per indicare nuovamente detta figura professionale, anche tenuto conto che il termine “camionista” appare assai generico e di uso comune e non certo in grado di fornire una specifica esemplificazione di un profilo professionale rientrante nel III livello.
In ogni caso ed a prescindere da tale disquisizione letterale, deve ritenersi che dalla lettura delle declaratorie contrattuali dei due livelli di inquadramento sopra richiamati possa univocamente trarsi la conclusione che la differenza fra i due livelli, avuto riguardo alla figura dell’autista, non è insita nel possesso della patente C o superiore e della CQC, ma nel fatto che gli autisti compresi nel III livello provvedono non solo alla conduzione dei mezzi, non solo alla manutenzione ordinaria degli stessi, ma altresì alla manutenzione straordinaria dei mezzi, ivi compresa la riparazione e sostituzione sia che si parli genericamente di autisti sia che si faccia riferimento alla figura del camionista, che altro non è effettivamente che un autista di camion. Ora, poiché il ricorrente non ha allegato e, tanto meno, provato o chiesto di provare di aver svolto attività di manutenzione, tanto meno straordinaria, dei mezzi condotti, ritiene questa Corte che egli sia stato correttamente inquadrato al II livello del CCNL applicato in azienda, nel quale sono compresi gli operai qualificati, fra i quali gli autisti, che provvedono altresì alla manutenzione ordinaria del mezzo utilizzato.
Conseguentemente, il relativo capo della sentenza di primo grado, in accoglimento dello svolto appello, deve essere riformato, con rigetto della domanda di accertamento del superiore livello di inquadramento e, conseguentemente, della richiesta di pagamento di differenze retributive per il rivendicato – ma non dovuto – superiore inquadramento.
3. Con il secondo motivo di appello la società appellante censura la decisione di primo grado nella parte in cui ha riconosciuto il pagamento di ore di lavoro straordinario per il tempo impiegato dal lavoratore per raggiungere il cantiere e far rientro in sede.
In particolare, la società appellante evidenzia come le ore di viaggio siano state retribuite come ore di lavoro ordinario in quanto coincidenti con l’orario di lavoro, atteso che, come affermato dal legale rappresentante della società nel corso dell’interrogatorio libero nel giudizio di primo grado, la prestazione lavorativa retribuita iniziava quando i dipendenti avevano terminato di cambiarsi, alle ore 7 ed erano pronti per uscire e il tempo impiegato per il tragitto fino al cantiere e per rientrare veniva retribuito in misura di un’ora. In ogni caso, la sostiene che l’eventuale somma dovuta per il titolo di cui sopra, deve limitarsi all’importo di € 2.710,02, dato dalla differenza fra l’importo orario pagato (€ 10,81) e l’importo di un’ora di straordinario (€ 14,59), moltiplicato per le ore di viaggio emergenti dalle buste-paga (718).
Ciò premesso, appare preliminarmente opportuno riportare il contenuto delle dichiarazioni rese dal legale rappresentante della nel corso dell’interrogatorio libero del giudizio di primo grado:
“Sotto la voce ‘ore viaggio’ veniva erogato un compenso forfettario pari a un’ora di retribuzione al giorno, anche se la legge prevedeva il pagamento non del 100% della retribuzione ma del 75%.
autisti dovevano arrivare in magazzino tutti i giorni all’inizio della giornata lavorativa, poi si cambiavano lì e se lì era parcheggiato il camion partivano direttamente dal magazzino, altrimenti prendevano un furgone e si recavano in cantiere.
Anche il ricorrente lavorava in squadra e faceva così.
Per noi la prestazione lavorativa retribuita iniziava quando i dipendenti avevano terminato di cambiarsi, alle 7, ed erano pronti per uscire.
Il tempo impiegato per il tragitto fino al cantiere e per rientrare lo retribuivamo in misura di un’ora indicata in busta come “ora di viaggio”, per prassi risalente a periodo precedente l’assunzione del ricorrente.
Le 8 ore di lavoro le contavamo da quando i dipendenti arrivavano in cantiere”.
Ebbene, diversamente da quanto sostiene l’appellante, ritiene questa Corte che le stesse affermazioni rese dal sig. confermino che il tempo dedicato ai viaggi fosse tempo di lavoro, che si sommava all’orario ordinario, atteso che l’orario giornaliero (ordinario) di 8 ore veniva considerato dal momento in cui i dipendenti arrivavano in cantiere e non da quando, per disposizione aziendale, si recavano presso la sede della società, si dovevano cambiare e poi prendere il camion per recarsi sul cantiere.
E’ evidente che il tempo necessario per recarsi dalla sede della società al cantiere, e viceversa, era tempo di lavoro che si aggiungeva all’ordinario orario lavorativo, come emerge altresì dalle buste paga ove è retribuito l’orario di lavoro ordinario, lo straordinario e poi le “ore viaggio”, relative, evidentemente, a orario lavorativo ulteriore rispetto a quello ordinario e, dunque, da retribuirsi secondo le previsioni del CCNL applicato in azienda avuto riguardo al lavoro straordinario.
Invero, l’art. 1 comma 2 lettera a) D.L.vo 8.4.2003, n. 66, che recepisce le Direttive 93/104 e 00/34 CE, prevede che per orario di lavoro deve intendersi “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.
In giurisprudenza è consolidato l’orientamento secondo il quale “il tempo per raggiungere il luogo di lavoro rientra nell’attività lavorativa vera e propria (e va, quindi, sommato al normale orario di lavoro come straordinario) allorché lo spostamento sia funzionale rispetto alla prestazione;
in particolare, sussiste il carattere di funzionalità nei casi in cui il dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia poi del trasporto giornaliero da lui effettuato, per la durata di circa un’ora, di operai e mezzi dalla sede della società ai singoli cantieri)” (cfr. in tal senso, Cass. n. 17511/2010;
nello stesso senso, più di recente, Cass. n. 27008/2023).
In definitiva, deve confermarsi che le ore di viaggio indicate dalla società appellante nelle buste paga consegnate al lavoratore debbano essere retribuite.
E’ pacifico, inoltre, che si tratta di ore di lavoro eccedenti l’orario ordinario, con la conseguenza che esse devono essere pagate con le maggiorazioni previste per il lavoro straordinario.
Nell’appello la difesa della società, in via subordinata e per il caso in cui la Corte avesse ritenuto la spettanza di differenze retributive in favore del lavoratore per le “ore viaggio”, ha dedotto che la differenza fra quanto richiesto dal lavoratore a titolo di pagamento per le ore di viaggio e quanto già effettivamente corrisposto dalla datrice di lavoro, a tale titolo, ammonterebbe ad € 2.710,02, specificando in modo puntuale le modalità con le quali era giunta a tale calcolo.
In particolare, l’appellante ha preso in considerazione i dati emergenti dalle buste paga già prodotte in primo grado, da cui risultavano, anno per anno, le “ore viaggio” retribuite con la retribuzione prevista per il lavoro ordinario, indicata in € 10,81 all’ora;
ha poi specificato che la retribuzione prevista per il lavoro straordinario era di € 14,59 all’ora, effettuando un conteggio delle differenze retributive dovute per le ore di viaggio, data dalla differenza oraria fra lavoro ordinario e straordinario, giungendo alla determinazione della differenza, in favore del lavoratore, di € 2.710,02, ovviamente tenendo in considerazione il II livello riconosciuto al sig. (e non il livello superiore rivendicato dallo stesso, ma da ritenersi non spettante per quanto argomentato al punto 2 della presente sentenza). La difesa dell’appellato nella memoria difensiva non ha specificamente contestato le modalità di determinazione delle differenze retributive come indicate a pag. 13 del ricorso in appello, limitandosi ad affermare l’inammissibilità dei documenti da 4 a 8 prodotti dall’appellante e costituiti dai prospetti dei conteggi delle ore di viaggio per gli anni rilevanti ai fini di causa, siccome contenenti allegazioni che avrebbero ben potuto essere introdotte in primo grado;
ha poi affermato che la sentenza di primo grado dovrebbe ritenersi passata in giudicato con riferimento al quantum del rivendicato e dovuto, affermando, in ogni caso, genericamente la correttezza dei propri conteggi.
, i prospetti prodotti dall’appellante sono costituiti da meri conteggi del numero delle ore di viaggio, già emergenti dalle buste paga, con l’indicazione di quanto pagato, a tale titolo, mese per mese, non introducendo temi nuovi di indagine in appello fondati su fatti non dedotti in primo grado.
Essi costituiscono unicamente dei fogli riassuntivi delle somme corrisposte al lavoratore a titolo di ore di viaggio, provenienti dal consulente del lavoro della società, per quanto allegato dalla difesa della appellante e non specificamente contestato dall’appellato.
Gli stessi rappresentano unicamente il punto di partenza sulla base del quale la difesa dell’appellante ha proceduto, in ricorso, a conteggiare le differenze retributive eventualmente dovute qualora le ore di viaggio fossero state pagate con le maggiorazioni per il lavoro straordinario.
I conteggi prodotti appaiono, pertanto, ammissibili ed effettivamente indispensabili ai fini della decisione.
Non può, inoltre, ritenersi si sia formato il giudicato sul quantum rivendicato per non aver contestato la società in primo grado i conteggi del ricorrente, atteso che, proprio sulla quantificazione delle somme rivendicate a titolo di ore di viaggio è fondato, quanto meno in parte, il secondo motivo di appello e, in ogni caso, dai conteggi dell’appellato non emerge in modo chiaro quale sarebbe la somma rivendicata a titolo di ore di viaggio, specificata, al contrario, dalla società appellante secondo criteri enunciati in modo specifico. A fronte delle modalità di calcolo delle differenze dovute per il riconoscimento della maggiorazione per lavoro straordinario sulle ore di viaggio già riconosciute in busta paga come indicate nel ricorso in appello, la difesa dell’appellato non ha specificamente contestato dette modalità di conteggio, non ha fornito conteggi alternativi e si è limitata a richiamare i conteggi già prodotti in primo grado, evidenziandone la correttezza.
Il mero richiamo alla correttezza dei conteggi prodotti in primo grado, a fronte di una specifica ricostruzione alternativa delle somme eventualmente dovute a titolo di spese di viaggio, appare del tutto generico ed inidoneo a confutare efficacemente la bontà dei conteggi proposti, anche tenuto conto del fatto che nei conteggi dell’appellato prodotti in primo grado non risulta – come detto – immediatamente individuabile quale rivendicato (dal 2019 al 2023), senza una specifica e differenziata indicazione delle somme richieste a titolo di differenze retributive per il livello superiore e di differenze retributive richieste per le ore di viaggio. Neppure nel corso dell’udienza di discussione la difesa dell’appellato ha indicato le somme specificamente richieste per le ore di viaggio e non ha domandato l’autorizzazione a depositare eventuali conteggi alternativi a confutazione di quelli di parte appellante.
In tale complessiva situazione, tenuto conto che le modalità di calcolo delle differenze retributive dovute per il riconoscimento della maggiorazione per lavoro straordinario come specificate nel ricorso in appello appaiono logicamente comprensibili, fondate su dati contabili già emergenti dalle buste paga prodotte e non sono state specificamente contestate dalla difesa dell’appellato, ritiene il Collegio possano essere prese in considerazione per la quantificazione delle differenze retributive dovute, che si determinano in complessivi € 2.710,02 lordi, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo; la società appellante deve, pertanto, essere condannata al pagamento in favore dell’appellato, a titolo di differenze retributive per le ore di viaggio, della somma suddetta.
4.
Il rigetto della domanda di riconoscimento del superiore livello di inquadramento con il conseguente rigetto della domanda di differenze retributive connesse al rivendicato superiore inquadramento, giustifica la compensazione fra le parti dei due terzi delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio;
il restante terzo delle spese di lite, liquidato per il primo grado nella somma come indicata in sentenza per intero e nel presente grado come in dispositivo, tenuto conto del valore e della concreta complessità della causa, in conformità ai parametri di cui al D.M. n. 55/2014, come modificato, da ultimo, dal D.M. n. 197/2022, escluso il riconoscimento della fase istruttoria non svolta, viene posto a carico dell’appellante, risultato comunque soccombente sulla domanda di condanna al pagamento delle differenze retributive relative alle ore di viaggio, apparendo, pertanto, quanto meno in parte, fondato il ricorso introdotto in primo grado dal sig.
Visto l’art. 437 c.p.c., in parziale accoglimento dell’appello;
la condanna dell’appellante nell’importo di € 2.710,02 lordi, oltre a interessi e rivalutazione dalle singole scadenze al saldo;
condanna la società appellante a pagare un terzo delle spese del doppio grado, liquidate per l’intero per il primo come da sentenza e per il presente in € 3.966,00, compensati i restanti due terzi, oltre a rimborso forfettario, Iva e Cpa come per legge.
Così deciso all’udienza dell’11 giugno 2025 IL
CONSIGLIERE Est.
LA PRESIDENTE Dott. NOME COGNOME Dott.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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