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Gravi difetti di costruzione, progettista e/o direttore dei lavori

Gravi difetti di costruzione, concorso con l’appaltatore costruttore del fabbricato, colpa professionale progettista direttore dei lavori.

Pubblicato il 31 August 2018 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI BOLZANO

Prima Sezione Civile

Il Tribunale, nella persona del Giudice, ha pronunciato la seguente

SENTENZA N. 964/2018

nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. promossa da:

XXX (C.F.), rappresentata e difesa, giusta procura a margine dell’atto di citazione, dagli avv.ti, presso il cui studio ha eletto domicilio in Vipiteno;

ATTRICE

contro

YYY (C.F.) e ZZZ (C.F.), rappresentati e difesi, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall’avv., presso il quale hanno eletto domicilio in Bolzano;

CONVENUTI KKK (C.F.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall’avv., presso il quale ha eletto domicilio in Bolzano;

JJJ (C.F.), in persona della titolare, rappresentata e difesa, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall’avv., presso il quale ha eletto domicilio in Bolzano; WWW (C.F.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall’avv., presso il quale ha eletto domicilio in Bolzano;

QQQ contumace;

CHIAMATI IN CAUSA

In punto: responsabilità professionale.

Causa trattenuta in decisione all’udienza dd. 15.03.2018 sulle conclusioni di cui al verbale dell’udienza di precisazione delle conclusioni dd. 15.03.2018.

In fatto e in diritto

I. Con atto di citazione dd. 15.10.2012 XXX citava in giudizio innanzi al Tribunale di Bolzano l’ing. YYY e l’arch. ZZZ al fine di sentirli condannare alla rimozione dei vizi denunciati sull’immobile sito in Manciano in Provincia di Grosseto ed al conseguente risarcimento del danno. I convenuti si costituivano in giudizio rilevando, in via preliminare, la decadenza dell’attrice dalla denuncia dei vizi rilevati, nonché la prescrizione dell’azione attorea in base agli artt. 2226 e 1669 c.c. e, nel merito, confutando tutte le deduzioni attoree. Nell’atto di costituzione in giudizio i convenuti chiedevano altresì la chiamata in causa della propria compagnia assicurativa, KKK, la quale si costituiva ritualmente in giudizio, e degli altri professionisti ed imprese coinvolti nella progettazione e realizzazione del fabbricato oggetto del contendere, quali l’ing. QQQ, il quale veniva dichiarato contumace all’udienza dd. 29.01.2015, e la SSS. Costituendosi ritualmente in giudizio la terza chiamata in causa, società SSS, chiedeva a sua volta la chiamata in causa di ***, in qualità di titolare della JJJ, e della compagnia assicurativa WWW al fine di essere da quest’ultima manlevata; entrambe si costituivano ritualmente in giudizio.

All’udienza dd. 29.01.2015 il Giudice, constatata la regolarità delle notifiche, dichiarava la contumacia del chiamato in causa QQQ e fissava udienza ex art. 185 c.p.c.. A tale udienza, tenutasi in data 9.04.2015, il Giudice dava atto dell’esito negativo del tentativo di conciliazione e concedeva, come richiesto dalle parti, i termini ex art. 183, co. 6, c.p.c.. All’udienza dd. 06.10.2015 i procuratori delle parti insistevano per l’ammissione delle proprie istanze istruttorie e il Giudice, considerato che la causa era stata preceduta dal procedimento di Accertamento Tecnico Preventivo, riteneva di sentire il CTU nominato nel procedimento in questione al fine di chiarire le diverse posizioni dei chiamati in causa, di vagliare l’opportunità di rinnovare la CTU e di valutare l’effettiva necessità di ammettere le prove testimoniali. All’udienza dd. 16.06.2016 le parti rilevavano l’avvenuto fallimento della SSS, pertanto il Giudice dichiarava l’interruzione del procedimento ex art. 43, co. 3, L.F.. Con ricorso in riassunzione ex art. 303 c.p.c. parte attrice riassumeva il procedimento nei confronti degli odierni convenuti. All’udienza dd. 9.02.2017 il Giudice, sentiti i procuratori delle parti, i quali concordavano sulla necessità di sentire il CTU nominato nel procedimento per ATP, Arch. ***, in contraddittorio con gli altri consulenti di parte, fissava udienza per tale incombente alla data del 4.05.2017, autorizzando le parti che non avevano partecipato al procedimento di ATP a farsi assistere da loro consulente di fiducia. Le parti non addivenivano ad una soluzione transattiva a chiusura della vertenza, pertanto, ritenendo la causa matura per la decisione, veniva fissata udienza di precisazione delle conclusioni per il giorno 15.03.2018. Alla suddetta udienza le parti rassegnavano le proprie conclusioni, venivano concessi i termini ex art. 190 c.p.c. e la causa veniva trattenuta in decisione.

II. Il presente giudizio di merito veniva instaurato dall’attrice a seguito di procedimento di accertamento tecnico preventivo celebrato davanti al Giudice competente del Tribunale di Bolzano sub R.G. n. volto all’accertamento del danno subito da parte attrice derivante dagli asseriti vizi dell’immobile sito in Manciano in Provincia di Grosseto a seguito dei lavori ivi svolti da parte convenuta. Nel procedimento per A.t.p. la relazione del CTU veniva depositata in data 26.11.2009 ed il relativo procedimento veniva dichiarato estinto con provvedimento del Giudice dd. 15.01.2010.

I convenuti si costituivano ritualmente nel presente giudizio di merito, contestando ogni addebito e rilevando, in via preliminare, la decadenza dell’attrice dalla denuncia dei vizi, nonché la prescrizione dell’azione attorea, sia ai sensi dell’art. 2226 c.c. che ai sensi dell’art. 1669 c.c.; a queste eccezioni si associavano le altre parti chiamate in causa, sostenendo che, nel caso di specie, i termini di decadenza e prescrizione non fossero stati rispettati.

Alla luce delle contestazioni mosse alla pretesa di parte attrice è necessario valutare preliminarmente la fondatezza delle predette eccezioni sollevate dai convenuti. Innanzitutto risulta indispensabile accertare se i vizi denunciati da parte attrice possano essere qualificati come gravi difetti, rientrando così nella previsione normativa di cui all’art. 1669 c.c.. A tale proposito la giurisprudenza è ferma nel ritenere che tra i difetti di costruzione vadano compresi, oltre ai casi di rovina o di evidente pericolo di rovina totale parziale o totale dell’edificio, anche quei vizi che, pur non incidendo sulla statica e sulla struttura dell’immobile, pregiudicano in modo grave la funzione cui questo è destinato e ne limitano in modo notevole le possibilità di godimento: conseguentemente integrano gravi difetti le infiltrazioni d’acqua piovana nel pianerottolo dell’ingresso e un velo d’acqua con forte odore di muffa (cfr. Cass. civ. n. 10218/1994) e le infiltrazioni d’acqua determinate da carenze della impermeabilizzazione (cfr. Cass. civ. n. 117/2000). Nel caso di specie i vizi accertati dal ctu, in sede di accertamento tecnico preventivo, consistono in infiltrazioni che, per costante insegnamento giurisprudenziale, sono ricomprese nell’ambito dei gravi difetti di cui all’art. 1669 c.c..

Ciò posto, risulta astrattamente applicabile il disposto dell’art. 1669 c.c., tuttavia, per ritenerlo operante nel caso di specie, è necessario verificare se tale disposizione normativa trovi applicazione non solo con riferimento all’appaltatore, ma anche con riferimento al progettista e al direttore lavori, qualifiche ricoperte da parte convenuta nel caso in questione come emerge per tabulas dagli atti di causa.

La Suprema Corte di Cassazione ha sancito, con la pronuncia n. 8700/2016, che “secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, configurando l’art. 1669 c.c. una sorta di responsabilità extracontrattuale, analoga a quella aquiliana, nella stessa possono incorrere, a titolo di concorso con l’appaltatore – costruttore del fabbricato minato da gravi difetti di costruzione, anche tutti quei soggetti, che prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell’opera, abbiano comunque contribuito, per colpa professionale (segnatamente il progettista e/o direttore dei lavori), alla determinazione dell’evento dannoso, costituito dall’insorgenza dei vizi in questione” (cfr. ex multis, Cass. civ. n. 10048/2018; Cass. civ. n. 17874/2013).

La giurisprudenza di legittimità ha inoltre precisato che anche con riferimento a questi soggetti valgono i termini decadenziali e prescrizionali previsti ex art. 1669 c.c., infatti ha sancito che “nel caso in cui l’opera eseguita in appalto presenti gravi difetti dipendenti da errata progettazione, il progettista è responsabile, con l’appaltatore, verso il committente, ai sensi dell’art. 1669 c.c., a nulla rilevando in contrario la natura e la diversità dei contratti cui si ricollega la responsabilità, perché l’appaltatore ed il progettista, quando con le rispettive azioni ed omissioni – costituenti autonomi e distinti illeciti o violazioni di norme giuridiche diverse – concorrono in modo efficiente a produrre uno degli eventi dannosi tipici indicati nell’art. 1669 c.c., si rendono entrambi responsabili dell’unico illecito extracontrattuale e rispondono entrambi, a detto titolo, del danno cagionato; trattandosi di responsabilità extracontrattuale, specificatamente regolata anche in ordine alla decadenza ed alla prescrizione, non spiega alcun rilievo la disciplina dettata dagli artt. 2226 e 2230 c.c. e 2230 c.c. e si rivela ininfluente la natura dell’obbligazione – se di risultato o di mezzi – che il professionista assume verso il cliente committente dell’opera data in appalto” (cfr. Cass. civ. n. 8016/2012).

Si può dunque concludere che l’art. 1669 c.c. debba essere applicato anche alle figure professionali del progettista e del direttore lavori, come nel caso di specie, e che non trovi invece applicazione l’art. 2226 c.c..

È opportuno poi rilevare che i convenuti non si siano limitati ad eccepire la prescrizione del diritto azionato da parte attrice, ma anche la decadenza per intempestività della denuncia dei vizi, asserendo essere trascorso oltre un anno dalla scoperta dei vizi dell’opera. I convenuti sostengono infatti di aver ricevuto la prima richiesta di risarcimento danni solo con la notifica del ricorso per Accertamento Tecnico Preventivo nel gennaio 2009, nonostante parte attrice già nel dicembre 2007 avesse piena consapevolezza dei vizi dell’immobile. Quest’ultima veniva rinvenuta dai convenuti nel fatto che l’attrice avesse commissionato a due professionisti la redazione di ben due distinte perizie: la perizia del geom. *** dd. 27.12.2007 e la successiva perizia dell’arch. dd. 31.12.2008.

Quanto sostenuto da parte convenuta non merita condivisione, infatti la giurisprudenza di legittimità sostiene che il termine per agire ex art. 1669 c.c. inizi a decorrere dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti (cfr. Cass. civ. n. 14357/2013) e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficiente manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti (cfr. Cass. civ. n. 18078/2012). La presentazione del ricorso per accertamento tecnico preventivo integra una denuncia, ai sensi e per gli effetti di cui all’art 1669 c.c., atto per il quale non sono necessari particolari requisiti formali (cfr. Cass. civ. 12030/2011). La pronuncia della Suprema Corte di Cassazione n. 28202/2013 precisa che “in tema di azione per gravi vizi della cosa immobile la conoscenza completa, idonea a determinare il decorso del termine, dovrà ritenersi acquisita, in assenza di convincenti elementi contrari anteriori, solo all’atto dell’acquisizione di idonei accertamenti tecnici”.

Nel caso di specie la consulenza tecnica d’ufficio veniva depositata nel procedimento ex art. 696 c.p.c. sub R.G. n. il giorno 26.11.2009, si può dunque affermare che da tale momento parte attrice avesse piena cognizione dei vizi dell’opera.

Pur ritenendo che la denuncia dei vizi sia avvenuta tempestivamente, non avendo avuto parte attrice, in data anteriore, un apprezzabile grado di conoscenza obiettiva o completa della gravità dei vizi, è necessario comunque verificare se sia stato rispettato il termine prescrizionale di cui all’art. 1669, co. 2, c.c., secondo cui “il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia”. I termini previsti dall’art. 1669 c.c. costituiscono infatti limiti invalicabili in riferimento alle doglianze attoree. I detti termini sono interdipendenti, nel senso che, ove soltanto uno di essi non sia rispettato, la responsabilità dell‘appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa non può essere fatta valere” (cfr. Cass. civ. n. 14561/2004).

Dall’esame della documentazione prodotta emerge chiaramente che il diritto dell’attrice nei confronti dei convenuti si sia prescritto ai sensi dell’art. 1669, co. 2, c.c. infatti, anche se il predetto termine prescrizionale è stato interrotto con la proposizione del ricorso per accertamento tecnico preventivo ed è rimasto sospeso nel corso del procedimento predetto, la presente causa di merito è stata instaurata oltre un anno dalla definizione del procedimento di accertamento tecnico preventivo, avvenuta con l’acquisizione della relazione del CTU in data 26.11.2009, che ha sancito la piena conoscenza dei difetti dell’opera. L’atto di citazione introduttivo del presente giudizio è stato infatti notificato a parte convenuta solamente in data 24.10.2012 e parte attrice non ha fornito prova alcuna di atti interruttivi successivi alla definizione del procedimento di accertamento tecnico preventivo, se non una raccomandata A/R dd. 11.06.2012 notificata ad entrambi i convenuti in data 14.06.2012 due anni e mezzo dopo la piena conoscenza da parte dell’attrice dei vizi dell’opera. Ne consegue che i diritti azionati in causa si sono estinti per intervenuto decorso del termine prescrizionale previsto dall’art. 1669 c.c..

La domanda formulata dall’attrice nei confronti dei convenuti deve essere pertanto rigettata. Al rigetto della domanda attorea per prescrizione dell’azione esperita dall’attrice nei confronti dei convenuti principali deriva il rigetto di ogni altra domanda a qualsiasi titolo estesa o svolta da questi agli altri professionisti ed alle altre imprese impegnate nella realizzazione del fabbricato di proprietà dell’attrice. Le predette domande sono state infatti subordinate alla pronuncia di condanna nei confronti degli odierni convenuti. Accertata dunque l’intervenuta prescrizione estintiva dei diritti dell’attore rimangono assorbite, senza possibilità di entrare nel merito, tutte le uletriori questioni sollevate dalle parti.

La domanda in via pregiudiziale di rito formulata da WWW, quale chiamata in causa da SSS, di improcedibilità della domanda va invece accolta. Preme a proposito premettere che all’udienza dd. 16.06.2015 la causa in questione veniva interrotta a seguito del fallimento della società SSS, dichiarato con sentenza n. 9 del 16/02/2016 del Tribunale di Bolzano. A seguito di riassunzione della causa da parte attrice, il fallimento non si costituiva in giudizio, mentre la sua compagnia assicurativa, WWW, si costituiva con comparsa di costituzione e risposta dd. 25.11.2016, eccependo l’improcedibilità delle domande formulate contro il Fallimento SSS, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 52 e 93 Legge Fallimentare, con conseguente improcedibilità della domanda di garanzia impropria formulata originariamente dalla SSS verso l’assicuratore.

Tale eccezione pare fondata e la domanda di risarcimento del danno, proposta nei confronti della società fallita, deve essere dichiarata improcedibile. Infatti, ai sensi dell’art. 52 L.F., la domanda diretta a far valere un credito nei confronti del fallimento soggiace al rito speciale ed esclusivo dell’accertamento del passivo, come disciplinato dagli artt. 93 e ss. L.F.. Il sistema delineato dagli artt. 52 e 93 del R.D. 16.3.1942 n. 267, prevedendo che qualsiasi ragione di credito nei confronti della procedura fallimentare debba essere dedotta con le forme dell’insinuazione al passivo, garantisce la par condicio creditorum, ovvero il rispetto della regola del concorso tra i creditori. Come sancito dalla Suprema Corte di Cassazione con la pronuncia n. 17035/2011 “qualsiasi credito nei confronti di un’impresa fallita dev’essere fatto valere in sede concorsuale, nell’ambito del procedimento di verifica affidato al commissario liquidatore, mentre il giudice può conoscerne in sede ordinaria solo in un momento successivo, sulle opposizioni od impugnazioni dello stato passivo formato in detta sede, così determinandosi una situazione di improponibilità, o, se proposta, di improseguibilità della domanda, che concerne sia le domande di condanna che quelle di mero accertamento del credito; ne consegue, che la domanda formulata in sede di cognizione ordinaria diventa improcedibile in virtù di norme inderogabilmente poste a tutela del principio della par condicio creditorum”.

L’improcedibilità delle domande nei confronti dell’assicurata, società fallita SSS, determina l’improcedibilità anche della domanda di garanzia impropria proposta verso l’assicuratrice. La domanda di garanzia svolta da SSS verso WWW è infatti domanda giudiziale necessariamente dipendente da quella di accertamento della responsabilità dell’assicurato, essendo quest’ultima legata alla principale da un rapporto processuale dipendente fondato su un titolo contrattuale esclusivo, ovvero il contratto di assicurazione. Si sottolinea inoltre che, poggiando la domanda di manleva sul rapporto contrattuale di assicurazione tra SSS e WWW, nessun’altra parte possieda titolo per avanzare pretese verso WWW.

La pretese attoree nei confronti delle parti convenute e dei chiamati in causa vanno dunque rigettate.

III. Per quanto concerne la regolamentazione delle spese processuali, l’applicazione della regola della soccombenza impone che le spese processuali sostenute dai convenuti siano poste a carico dell’attrice. Per quanto riguarda le spese sostenute dalle parti chiamate in causa deve trovare applicazione il principio secondo cui il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell’attore, ove la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore stesso e queste siano risultate infondate. Poiché la chiamata in causa dei terzi non può considerarsi arbitraria e rientra nell’ambito di una strategia difensiva che non può considerarsi eccessiva o temeraria, le spese sostenute dalle parti chiamate in causa devono essere poste a carico di parte attrice, che con l’introduzione del presente giudizio ha reso necessaria per i convenuti la chiamata in causa di terzi e, a catena, la chiamata in causa da parte della chiamata in causa della propria assicurazione.

L’attrice, in quanto soccombente, è chiamata a rifondere ai convenuti e alle parti chiamate in causa le spese del presente giudizio liquidate come di seguito ai sensi del D.M. n. 55/2014 – Ministero della Giustizia. Nello specifico vengono in considerazione i parametri indicati per le cause di valore da € 52.001,00 e fino a € 260.000,00. Le spese così liquidate, calcolate riducendo i valori medi della metà in considerazione della non particolare complessità della causa, ammontano per ciascuna parte del giudizio a € 6.715,00 per onorari, oltre spese generali nella misura del 15%, oltre IVA e CAP sulle poste soggette ed altre spese future occorrende.

PQM

Il Tribunale di Bolzano decidendo definitivamente sulla domanda proposta da XXX nei confronti di YYY e ZZZ, ogni altra domanda, eccezione ed istanza disattesa o assorbita, così dispone:

rigetta

la domanda proposta da XXX nei confronti di convenuti YYY e ZZZ; e per l’effetto

rigetta

tutte le altre domande proposte nei confronti delle altre parti in causa;

dichiara

l’improcedibilità delle domande svolte nei confronti del fallimento SSS ex artt. 52 e 93 L.F.; e per l’effetto

dichiara

l’improcedibilità della domanda di garanzia proposta da SSS verso WWW

condanna

XXX a rifondere ai convenuti, YYY e ZZZ, le spese processuali che si liquidano in complessivi € 6.715,00 per onorari, oltre spese generali nella misura del 15%, oltre IVA e CAP sulle poste soggette ed altre spese future occorrende, ed € 6.715,00 per onorari, oltre spese generali nella misura del 15%, oltre IVA e CAP sulle poste soggette ed altre spese future occorrende a ciascuna delle altre parti chiamate in causa, KKK, JJJ e WWW.

Così deciso in Bolzano, il 27.08.2018.

Il Giudice

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