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Appello per difetto di prova del patto di prelazione

La sentenza ribadisce il principio secondo cui il diritto di prelazione immobiliare richiede la forma scritta e che spetta al beneficiario dimostrare l’esistenza del patto. Nel caso di specie, l’attore non ha fornito prove sufficienti a dimostrare l’esistenza di un accordo di prelazione sull’immobile oggetto di causa.

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Pubblicato il 13 giugno 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI ROMA QUARTA

SEZIONE CIVILE dott. ssa NOME COGNOME presidente rel dott.ssa NOME COGNOME consigliere dott. NOME COGNOME consigliere ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A N._3577_2025_- N._R.G._00003292_2021 DEPOSITO_MINUTA_09_06_2025_ PUBBLICAZIONE_09_06_2025

nella causa civile di secondo grado iscritta al n. 3292/2021 del Ruolo Generale degli Affari Civili Contenziosi, vertente tra rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME COGNOME per procura in calce all’atto di citazione in appello appellante eredi di , rappresentati e difesi dall’avv. COGNOME COGNOME COGNOME per procura in calce alla comparsa di costituzione nel giudizio riassunto appellata oggetto: appello avverso sentenza del Tribunale di Civitavecchia n.111/2021, pubblicata in data 28.01.2021.

FATTO E DIRITTO § 1. – La vicenda oggetto di causa è narrata nella sentenza impugnata come segue.

“Con atto di citazione, ritualmente notificato, il sig. conveniva in giudizio la sig.ra deducendo che:

-dagli

anni’80 l’attore era residente, unitamente ai propri genitori e fratelli, presso la villa “INDIRIZZO”, sita in Santa Marinella (RM), sul INDIRIZZO;

-in particolare, il predetto immobile, di grande interesse artistico, era stato concepito dall’arch. – scomparso coniuge della sig.ra – come proprietà unifamiliare, poi divisa in tre appartamenti:

seminterrato, piano terra e primo piano.

Il piano terra ed il 50% del piano seminterrato erano stati acquistati dal padre dell’odierno istante, sig. nel 1980;

– nell’anno 2003, appresa la notizia della volontà della odierna convenuta di alienare la restante metà del piano seminterrato, l’attore aveva preso contatti con la medesima, manifestando il proprio interesse all’acquisto sia di tale parte dell’immobile sia del primo piano della villa, così da diventare C.F. C.F. -parallelamente alle predette trattative, le parti avevano convenuto la necessità che alcune parti comuni della villa ed il primo piano di proprietà della convenuta necessitassero di interventi di ristrutturazione, sicché l’attore si era assunto tale onere, con l’accordo di sottrarre le spese dei lavori dal prezzo finale di vendita del seminterrato; -in data 27.8.2003 le parti procedevano alla sottoscrizione di una promessa irrevocabile di compravendita relativa alla restante parte del piano seminterrato della villa, fissandone il prezzo di vendita in € 160.101,00;

-in data 23.9.2004, veniva sottoscritta un’ulteriore scrittura privata, denominata “atto preliminare di compravendita”, nella quale venivano riepilogati gli accordi già intercorsi, pattuita la predisposizione di un regolamento condominiale ed aggiunta l’obbligazione a carico del sig. di sostenere le spese di condono relative al piano seminterrato;

– sino alla stipula dell’atto di compravendita relativo al piano seminterrato – avvenuta in data 1.8.2006 – l’attore aveva seguito tutti i lavori di ristrutturazione della villa, nonché le pratiche amministrative volte a regolarizzare l’immobile sul piano urbanistico, agendo nella convinzione che la remunerazione di tali attività fosse la concessione del diritto di prelazione sull’acquisto dell’immobile del primo piano;

– nell’anno 2013 la sig.ra aveva informato il sig. dell’intenzione di alienare l’appartamento del primo piano, sicché parte attrice aveva confermato il proprio interesse ad acquistare tale parte dell’immobile, facendo espresso riferimento al patto di prelazione esistente;

– nei numerosi contatti intercorsi, la convenuta aveva sempre ribadito il proprio impegno a rispettare la prelazione concessa;

-nella comunicazione del 2.5.2013 l’arch. nipote della odierna convenuta e consulente della stessa, aveva comunicato all’attore che il prezzo di acquisto dell’immobile era da considerarsi pari ad €450.000,00/500.000,00 e che qualora la zia avesse ricevuto un’offerta da un potenziale acquirente, a parità di prezzo e modalità di acquisto, sarebbe stato riconosciuto all’attore il diritto di prelazione da esercitarsi in un arco di tempo definito;

– con missiva del 10.5.2013 il sig. aveva offerto la somma di € 380.000,00 per l’acquisto del predetto appartamento;

– con raccomandata del 16.5.2013 veniva comunicato al sig. il rifiuto della predetta offerta e la disponibilità della sig.ra a concedergli comunque la prelazione;

tuttavia le condizioni espresse nella richiamata missiva non erano tali considerarsi alla stregua di una formale “denuntiatio”, atteso che in essa erano assenti elementi quali la precisa indicazione del bene oggetto della proposta, il corrispettivo, la modalità di pagamento, il termine essenziale entro il quale esercitare la scelta;

-nelle more del reperimento delle cifra richiesta per la compravendita dell’immobile, in data 30.1.2014 l’attore aveva ricevuto una missiva con la quale la sig.ra comunicava l’alienazione dell’immobile in favore della sig.ra – appreso della vendita a terzi dell’immobile di interesse, l’attore era caduto in uno stato d’animo di profonda frustrazione e depressione, vedendo sfumare il sogno coltivato da decenni di acquistare la proprietà esclusiva della villa;

– pertanto, il comportamento della convenuta aveva cagionato nell’attore gravi danni patrimoniali, biologici e da perdita di chance.

Tanto premesso, l’attore concludeva chiedendo al Tribunale adito condannarsi la convenuta al risarcimento del danno per la mancata concessione del diritto di prelazione all’acquisto della proprietà sita in Santa Marinella (Roma), INDIRIZZO, piano primo, nella misura ritenuta di giustizia all’esito dell’istruttoria processuale, o, comunque non inferiore ad € 50.000,00, oltre agli interessi legali da quando dovuti fino al pieno soddisfo.

Vinte le spese di lite con distrazione in favore dell’avvocato dichiaratosi antistatario.

-tra le parti non era mai stato stipulato alcun contratto formale di prelazione;

-invero, la scrittura privata sottoscritta tra le parti in data 23.9.2004 altro non era se non una ricevuta di versamento di € 15.000,00, somma corrisposta dal sig. alla sig.ra a titolo di caparra per l’acquisto di altro immobile della convenuta, ovverosia quello sito al piano seminterrato della villa sita in Santa Marinella INDIRIZZO;

– nella predetta ricevuta non veniva assunto dalle parti alcun obbligo di prelazione immobiliare:

vi era solo il riferimento ad una prelazione contenuta nella promessa irrevocabile di vendita stipulata tra le parti il 27.8.2003, totalmente smentita dal contenuto di tale stesso documento, nel quale non era prevista la concessione di una prelazione ma solo la promessa di vendita di un altro immobile di proprietà poi oggetto della compravendita stipulata tra le medesime parti in data 1.8.2006;

– vero era invece che la sig.ra per mero spirito di cortesia, aveva offerto al sig. – al momento della sua decisione – di acquistare l’immobile in discorso, ricevendo per contro offerte assolutamente inaccettabili, che la stessa convenuta si era vista costretta a rifiutare;

– in data 20.6.2013 la convenuta, avendo ricevuto da terzi una proposta di acquisto, aveva nuovamente invitato l’attore ad acquistare l’immobile alle stesse condizioni ad essa offerte:

il sig. non aveva risposto in alcun modo al predetto invito;

– sicché, quanto era stato fatto dalla sig.ra nel corso del tempo a titolo di cortesia nei confronti del sig. non avrebbe potuto determinare l’insorgere di un diritto di prelazione in favore del secondo.

§ 2. – All’esito dell’istruttoria il Tribunale, respinta l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla convenuta, nel merito ha respinto anche la domanda del e condannato l’attore a rifondere alla convenuta le spese processuali liquidate in € 7254,00 oltre oneri di legge.

Il rigetto della domanda del è così motivato :

“…la domanda attorea non può trovare accoglimento per i motivi di seguito esposti.

Prima di procedere all’analisi del caso di specie giova ricordare che, –secondo l’orientamento giurisprudenziale che ha trovato cristallizzazione in un noto intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cassazione civile, sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533)– in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento –salvo che si tratti di obbligazioni negative– deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dall’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Uguale criterio di riparto deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., risultando in tal caso invertiti i ruoli delle parti in lite (detto orientamento ha trovato poi conferme in numerose pronunce successive, tra le quali, cfr., Cassazione civile, sez. lavoro, 9 febbraio 2004, n. 2387; Cassazione civile, sez. III, n. 28 gennaio 2002, n. 982; Cassazione civile, sez. II, 25 settembre 2002, n. 13925; Cassazione civile, sez. III, 12 aprile 2006, n. 8615; Cassazione civile, sez. I, 13 giugno 2006, n. 13674).

Nella presente sede il sig. ha agito per sentire condannare la sig.ra al risarcimento del danno da esso subito per violazione da parte della convenuta del patto di prelazione volontaria tra di essi intercorso in data 23.9.2004 ed avente ad oggetto l’acquisto dell’appartamento del primo piano dell’immobile sito in Santa Marinella, INDIRIZZO. Parte convenuta ha chiesto il rigetto di tale domanda eccependo l’inesistenza del diritto di prelazione vantato dall’attore, chiedendo, altresì, il risarcimento del danno da lite temeraria. Sicché, in base ai principi testé richiamati, a fronte della specifica contestazione mossa dalla parte occorre a tal proposito osservare che la prelazione volontaria (che si distingue da quella regolata dalla legge in relazione a fattispecie peculiari) rappresenta un meccanismo negoziale che si inserisce nel procedimento di formazione del contratto, secondo il quale, colui che concede la prelazione (concedente) si obbliga verso colui che la riceve (prelazionario) a preferirlo, a parità di condizioni, come controparte in un determinato contratto, qualora decida di stipularlo. Evidentemente, a differenza della opzione – ove l’opzionario ha il potere di concludere il contratto indipendentemente dalla volontà del concedente –, la prelazione non conferisce al prelazionario il potere di determinare la conclusione del contratto:

solo qualora il concedente si determini a stipularlo, il prelazionario potrà decidere di diventarne il contraente.

La prelazione è, poi, sottoposta ad un termine, scaduto il quale l’obbligo del concedente decade ed egli riacquista la propria libertà negoziale, atteso il principio generale che esclude la perpetuità dei vincoli obbligatori, desumibile dall’art. 1379 c.c. (che impone che i divieti di alienazione siano circoscritti nel tempo e rispondenti ad un apprezzabile interesse di almeno una delle parti).

Inoltre, l’atto con il quale il concedente comunica al prelazionario l’intento di contrarre, per consentirgli di esercitare la prelazione, è denominato denuntiatio.

Una volta comunicata l’intenzione di concludere il contratto, il mancato esercizio della prelazione rende il concedente libero di contrarre con terzi alle stesse condizioni inutilmente proposte al prelazionario (o a condizioni più gravose per il terzo).

Infine, il mancato rispetto del patto di prelazione determina in capo al prelazionario il diritto al risarcimento del danno:

si tratta di una tutela obbligatoria e non reale come, invece, avviene di regola per le prelazioni legali.

3 – Ciò premesso, nel caso di specie l’attore non ha fornito adeguata prova della esistenza del patto di prelazione sotteso alla propria domanda.

Invero il sig. ha affermato che nella scrittura privata del 23.9.2004 denominata “atto preliminare di compravendita – ricevuta di versamento” le parti avrebbero pattuito una prelazione in suo favore, avente ad oggetto la compravendita dell’appartamento della sig.ra posto al primo piano della villa INDIRIZZO” in Santa INDIRIZZO, INDIRIZZO (doc. 3, atto di citazione).

A ben vedere, tuttavia, il predetto documento non contiene alcun patto di prelazione recante i requisiti sopra delineati.

Infatti nella predetta scrittura non viene assunta alcuna obbligazione da parte della sig.ra nei confronti dell’odierno attore, ma viene richiamata una precedente promessa irrevocabile di vendita – sottoscritta in data 27.8.2003 – il cui testo avrebbe dovuto contenere, inter alia, la prelazione relativa all’immobile per cui è causa.

Ebbene, in relazione al contenuto della promessa da ultimo citata, si rileva che in tale documento non viene fatta alcuna menzione della prelazione in questione, disciplinando lo stesso una proposta irrevocabile di acquisto del piano seminterrato della villa “INDIRIZZO” (cfr. doc. 2, atto di citazione).

Pertanto, in ultima analisi, alcun patto di prelazione può dirsi essere stato concluso, non essendovi negli atti richiamati, anche per relationem, alcun incontro di volontà tra le parti in causa, necessario per determinare il sorgere del contratto in questione.

D’altra parte, nemmeno le testimonianze assunte nel corso dell’istruttoria hanno confermato la tesi prospettata dalla parte attrice.

D’altra parte, nemmeno le testimonianze assunte nel corso dell’istruttoria hanno confermato la tesi prospettata dalla parte attrice.

I testimoni dell’attore, (udienza del 5.5.2017), (udienza del 24.11.2017), (udienza del 13.4.2018), hanno tutti riferito di essere a conoscenza dell’esistenza del patto di prelazione in quanto informati della circostanza da parte dell’attore.

Trattandosi di dichiarazioni de relato, le stesse non sono sufficienti a dimostrare precisione di quali documenti si trattasse.

Infine, il teste di parte attrice, (udienza del 5.10.2018), ha dichiarato di non essere a conoscenza di alcun patto di prelazione tra le parti.

Quanto ai testi della parte convenuta (sentiti all’udienza del 5.5.2017), entrambi hanno negato l’esistenza di un patto di prelazione.

In particolare la teste nipote della convenuta, ha dichiarato, “mia zia non mi ha mai parlato di questo diritto, né questo risultava dalla documentazione consegnatami da mia zia”.

Né, d’altra parte, la frase contenuta nella missiva del 2.5.2013 dalla stessa indirizzata al sig. (doc. 7, atto di citazione), può avere alcuna rilevanza:

basilare è il rilievo che tale dichiarazione è stata resa dalla nipote della convenuta e, dunque, da soggetto che non aveva titolo e potere per vincolare la convenuta stessa.

Da tanto il rigetto”.

§ 3. – La sentenza è stata impugnata dal con un atto di appello articolato in tre motivi.

Si è costituita in giudizio l’appellata contestando l’impugnazione e chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.

Dichiarata inammissibile l’istanza ex art.283 c.p.c., la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni al 10.11.2023.

Il processo è stato interrotto in data 23.10.2023 per morte di e riassunto dall’appellante nei confronti degli eredi.

Dopo un altro rinvio d’ufficio e il mutamento del rito che ha disposto la discussione orale ex art.281 sexies c.p.c., la causa è stata discussa oralmente all’udienza del 6.6.2025 e trattenuta in decisione ai sensi del terzo comma dell’art.281 sexies c.p.c. (comma aggiunto dall’art.3 d.lgs.n.149/2022 e reso applicabile ai processi già pendenti alla data del 28.2.2023 dall’art.7 comma 3 d.lgs.n.164/2024) sulle conclusioni precisate dalle parti come segue.

Per l’appellante;

“Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello adita, contrariis reiectis, accogliere per i motivi dedotti il presente appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza R.G. n. 111/2021 SENT.

Tribunale civile di Civitavecchia, Giudice Dott. NOME COGNOME resa nel giudizio R.G. n. 392/2015, depositata in data 28.01.2021, accogliere integralmente le conclusioni rassegnate in primo grado che di seguito si riportano “Voglia l’Ecc.mo Tribunale adito condannare la Signora a versare in favore del Sig. la somma di euro 50.000,00, ovvero la diversa somma di giustizia all’esito dell’istruttoria processuale, a titolo di risarcimento del danno per la mancata concessione del diritto di prelazione all’acquisto della proprietà sita in Santa Marinella (Roma), INDIRIZZO, piano primo. Con vittoria di spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio”.

Per gli appellati:

“Piaccia alla Corte Ecc.ma, disattesa ogni avversa istanza, domanda, azione ed eccezione:

1.- Dichiarare inammissibile e, comunque, rigettare l’appello, in quanto infondato in fatto ed in diritto, confermando in toto la sentenza di primo grado.

2.- Con vittoria di spese ed onorari, oltre accessori di legge, e condanna dell’appellante al pagamento di una somma equitativamente determinata, non inferiore ad Euro 20.000,00, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.”.

§ 4. – Con il primo motivo l’appellante critica l’affermazione che la prelazione è sottoposta a un termine, scaduto il quale il concedente riacquista la propria libertà negoziale, in forza del principio generale di cui all’art.1379 c.c. che impone che i divieti di alienazione siano circoscritti nel tempo e rispondenti ad un apprezzabile interesse di almeno una delle parti.

Osserva l’appellante che il patto di prelazione può anche non prevedere un termine finale di efficacia del vincolo, dato che questo concerne solo la scelta della persona del compratore che, nella normalità motivo è inammissibile per difetto di interesse dell’appellante.

L’affermazione criticata ha carattere generale, essendo collocata nelle premesse della motivazione del rigetto, che è invece basata esclusivamente sul difetto di prova del patto di prelazione dedotto dal a fondamento della sua pretesa risarcitoria.

§ 5. – Con il secondo motivo l’appellante critica la sentenza nella parte in cui afferma che nella scrittura privata del 23.9.2004 denominata “atto preliminare di compravendita – ricevuta di versamento” non è ravvisabile alcun patto di prelazione, ma viene richiamata una precedente promessa irrevocabile di vendita sottoscritta il 27.8.2003, che, a sua volta, non contiene alcun patto di prelazione, ma riguarda la proposta di acquisto del piano seminterrato.

Osserva l’appellante che il patto di prelazione è a forma libera, perché non genererebbe alcun obbligo a contrarre in capo al concedente, e che la scrittura privata del 23.9.2004 non lascerebbe dubbi circa la natura dell’obbligazione assunta dalla nei suoi confronti.

Invoca il principio dell’autosufficienza del dato letterale del contratto qualora “non risulti alcuna ragione di divergenza fra lettera e spirito della convenzione”, sicché esulerebbe dal compito dell’interprete la “puntuale ricostruzione storica della volontà degli stipulanti” , e invoca il principio di interpretazione secondo buona fede ex art.1366 c.c..

Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.

L’appellante invoca una presunta chiarezza del tenore letterale della scrittura del 23.9.2004, denominata “atto preliminare di compravendita – ricevuta di versamento”, da cui si dovrebbe evincere la concessione a suo favore di un diritto di prelazione sulla vendita dell’appartamento al primo piano, ma non chiarisce quali siano le espressioni di significato univoco su cui dovrebbe fondarsi il convincimento del collegio, né smentisce che la scrittura privata richiamata da quella del 23.9.2004 riguardi la vendita del piano seminterrato. Il solo fatto che nella scrittura del 23.9.2004 sia menzionata una non meglio precisata prelazione, rimandando a una diversa scrittura che concerne la vendita della quota indivisa di altra porzione immobiliare, è con ogni evidenza insufficiente a dar prova dell’esistenza del patto su cui l’appellante fonda la propria pretesa risarcitoria.

§ 6. – Con il terzo motivo l’appellante si duole della valutazione delle risultanze delle prove testimoniali.

Afferma che i propri testi avrebbero confermato l’esistenza del patto di prelazione non solo de relata e che le deposizioni dei testi di parte se correttamente interpretate, avrebbero corroborato tale prova.

Il motivo è infondato.

Si ritiene che il patto di prelazione di vendita di beni immobili richieda la forma scritta quale requisito di validità, in quanto, sia pur obbligatoriamente, vincola la disponibilità del bene (Cass.n.2325/1987), anche se in modo diverso dal contratto preliminare (Cass. n.3571/1999; Cass.S.U. n.6597/2011; Cass.n.15801/2024), sicché trova applicazione, quantomeno in via analogica, il combinato disposto degli artt.1350 n.1 e 1351 c.c..

Comunque, anche volendo prescindere da tale requisito e tenendo quindi conto di tutti i mezzi di prova dedotti dal per dimostrare l’esistenza del patto di prelazione, va rilevato che tale prova non può ricavarsi dalle dichiarazioni dei testi escussi nel giudizio di primo grado, nessuno dei quali è risultato aver avuto conoscenza diretta di un simile accordo, non essendo assimilabile una conoscenza diretta il fatto di averne “sentito parlare (…) in una occasione anche dalla (teste di parte attrice), né il fatto di “aver ascoltato delle conversazioni presente la convenuta, nelle quali inizialmente lui cercava di convincerla a (…) venderglielo, anche in virtù di una prova non si desume nemmeno dalla e-mail dell’ arch. nipote della proprietaria, in cui si rassicurava il che aveva già formulato offerte di acquisto giudicate inaccettabili da quest’ultima, che “qualora mia zia ricevesse un’offerta di acquisto da un potenziale acquirente, a parità di prezzo e modalità di corresponsione dello stesso, ti sarà senz’altro riconosciuto il diritto di prelazione da esercitarsi in un arco di tempo definito”. Infatti, tale dichiarazione ha il significato di una mera manifestazione di intenti, che rimandava a un momento successivo l’assunzione dell’obbligo (ti sarà senz’altro riconosciuto) e la definizione delle modalità di esercizio del corrispondente diritto (da esercitarsi in un arco di tempo definito).

Comunque, è rimasta immune da specifiche censure l’affermazione del primo giudice che ha escluso il potere dell’arch. pur incaricata di occuparsi della vendita dell’immobile, di impegnare la proprietaria.

Pertanto, sul punto si è formato il giudicato, il che esclude la rilevanza di qualunque affermazione, anche verbale e riferita dai testi, possa aver fatto l’arch. a riguardo.

§ 7. – Le spese seguono la soccombenza e si liquidano per compensi secondo i valori medi di cui alla tabella allegata al D.M.n.55/14, modificata dal D.M.n.147/2022, per le cause di valore indeterminabile di complessità bassa, quindi in € 9991,00 oltre oneri di legge.

Non vi sono i presupposti per la condanna dell’appellante ai sensi dell’art.96 comma 3 c.p.c.:

“La responsabilità ex art. 96, comma 3, c.p.c., presuppone, sotto il profilo soggettivo, una concreta presenza di malafede o colpa grave della parte soccombente, perché agire in giudizio per far valere una pretesa non è di per sé condotta rimproverabile, anche se questa si riveli infondata, dovendosi attribuire a tale figura carattere eccezionale e/o residuale, al pari del correlato istituto dell’abuso del processo, giacché una sua interpretazione lata o addirittura automaticamente aggiunta alla sconfitta processuale verrebbe contrastare con principi dell’art.24 Cost.”.(Cass.ord.n.19948/2023 )

PQM

La Corte, definitivamente pronunciando sull’appello avverso la sentenza del Tribunale di Civitavecchia n.111/2021, pubblicata in data 28/01/2021, così decide:

rigetta l’appello e condanna a rifondere a le spese processuali del presente gr uidate per c re spese generali ex art.2 D.M.n.55/14, cap e iva come per legge;

dichiara che vi sono i presupposti per il pagamento da parte dell’appellante dell’importo di cui all’art.13 comma 1 quater D.P.R.n.115/2002.

Così deciso in Roma il giorno 6/06/2025 Il presidente est. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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