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Accoglimento parziale della domanda di arricchimento senza causa tra ex conviventi

In tema di convivenza more uxorio, l’acquisto di un immobile con denaro proveniente da uno solo dei conviventi, in assenza di prova di un animus donandi, può configurare un arricchimento senza causa se l’entità dell’esborso eccede i limiti di proporzionalità e adeguatezza rispetto alle condizioni economico-patrimoniali delle parti.

N. R.G. 678/2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI MILANO

Sezione seconda civile nelle persone dei seguenti magistrati:
dr. NOME COGNOME Presidente rel.
dr. NOME COGNOME Consigliere dr. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._952_2023_- N._R.G._00000678_2022 DEL_20_03_2023_

nella causa iscritta al n. r.g. 678/2022 promossa in grado d’appello (C.F. ), elettivamente domiciliato in presso lo studio dell’avv. , che lo rappresenta e difende come da delega in atti ATTORE in riassunzione e APPELLANTE CONTRO (C.F. ), elettivamente domiciliata in presso lo studio dell’avv. , che la rappresenta e difende come da delega in atti CONVENUTA in riassunzione e APPELLATA avente ad

oggetto: Proprietà

sulle seguenti conclusioni.

Per Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, tenuto conto dell’ordinanza dalla Suprema Corte di Cassazione n. 41028/2021 del e pubblicata il , riformare la sentenza n. 2858/2016 della Corte d’Appello di Milano e per l’effetto:
a) In via principale – Accertato che l’atto a rogito del Notaio del , REP. 51791, Racc. n. 22.593, registrato a , in data , al n. 1279.
Serie 1T, tra la signora e la è simulato in quanto il reale acquirente dell’unità immobiliare di cui al predetto atto è il signor dichiarare la nullità e/o l’inefficacia dell’intestazione alla signora dell’immobile in oggetto e, quindi, l’esclusiva proprietà del suddetto bene del signor e, conseguentemente, disporsi il trasferimento in suo favore del predetto bene, con ordine alla convenuta di rilascio del medesimo, libero da persone e cose, e di restituzione di tutti i beni in uso alla stessa e dalla convenuta non acquistati;

b) In subordine Nella denegata ipotesi che la Corte non ravvisi gli estremi della fattispecie riguardante l’interposizione fittizia di persona, condannare la convenuta a restituire all’attore, a titolo di arricchimento senza causa, tutte le somme evidenziate in premessa per l’acquisto dell’immobile ed in particolare € 213.680,00 versate alla nonché ulteriori € 15.000,00 versati per spese notarili, di frazionamento ed accatastamento nonché € 7.282,00 per l’arredamento e le opere di miglioria realizzate nell’immobile nonché i frutti civili legati all’utilizzo dell’immobile da parte della signora in misura non inferiore ad € 700 per ogni mese di occupazione, dal rogito all’effettiva liberazione;

c) In ogni caso rigettarsi ogni avversa domanda ed in via ulteriormente gradata e, nella sola e denegata ipotesi che non vengano accolte in misura gradata le domande sub a) e sub b), si chiede che venga dichiarata la nullità della donazione dell’immobile o del denaro versato per il suo acquisto per difetto di forma, o per qualsiasi altro titolo risultasse dall’esperenda istruttoria, o in subordine, sia revocata per ingratitudine per le causali espresse in premessa, con conseguente obbligo per parte convenuta di restituire al signor l’immobile di cui al punto sub a) o in subordine le somme di cui al punto sub b) delle presenti conclusioni; In via istruttoria:
si chiede ammettersi il documento n 3) in quanto di formazione successiva alla impugnata sentenza e decisivo per il presente giudizio nonché si reitera la richiesta di prova per testi ed interrogatorio formale sui capitoli di prova ritualmente proposti con memoria ex art. 183 VI comma n. 2 c.p.c. e non ammessi nel corso del giudizio di primo grado che qui si intendono integralmente trascritti.

Con vittoria di spese, diritti ed onorari di tutti e tre i gradi del giudizio e con restituzione ai sensi e per gli effetti dell’art. 2033 c.c. delle spese legali del primo grado di giudizio pari ad € 10.447,78 e del secondo grado pari ad € 12.389,48 corrisposte dal signor alla signora come da documentazione allegata.

Per Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello adita, premesse le declaratorie del caso,
respinta ogni diversa e contraria deduzione ed eccezione, confermare la sentenza n. 2858/2016 della Corte d’Appello di Milano, respingendo tutte le domande ex adverso proposte, e per l’effetto nel merito:
e riconvenzionale:
accertato e dichiarato che il contratto di compravendita stipulato in data rogito Notaio Dott. Rep. n. 51.791 Racc. n. 22593, registrato in in data al nr. 1279 Serie 1T e oggetto di causa è donazione indiretta di immobile, rigettare tutte le domande avversarie perché infondate in fatto e diritto;
in ogni caso:
con vittoria di spese e compenso professionale nella misura che sarà liquidata dal Giudice anche in relazione ai parametri di legge, nonché oltre oneri fiscali accessori.

MOTIVI DELLA DECISIONE

in fatto e diritto Con atto di citazione in riassunzione ritualmente notificato, , a seguito di rimessione ad opera della Corte di Cassazione, ha evocato ai sensi dell’art. 392 c.p.c., innanzi a questa Corte, , assumendo le seguenti conclusioni:
“ a) In via principale – Accertato che l’atto a rogito del Notaio del , REP. 51791, Racc. n. 22.593, registrato a , in data , al n. 1279.
Serie 1T, tra la signora e la è simulato in quanto il reale acquirente dell’unità immobiliare di cui al predetto atto è il signor , dichiarare la nullità e/o l’inefficacia dell’intestazione alla signora dell’immobile in oggetto e, quindi, l’esclusiva proprietà del suddetto bene del signor e, conseguentemente, disporsi il trasferimento in suo favore del predetto bene, con ordine alla convenuta di rilascio del medesimo, libero da persone e cose, e di restituzione di tutti i beni in uso alla stessa e dalla convenuta non acquistati; b) In subordine -Nella denegata ipotesi che la Corte non ravvisi gli estremi della fattispecie riguardante l’interposizione fittizia di persona, condannare la convenuta a restituire all’attore, a titolo di arricchimento senza causa, tutte le somme evidenziate in premessa per l’acquisto dell’immobile ed in particolare € 213.680,00 versate alla nonché ulteriori € 15.000,00 versati per spese notarili, di frazionamento ed accatastamento nonché € 7.282,00 per l’arredamento e le opere di miglioria realizzate nell’immobile nonché i frutti civili legati all’utilizzo dell’immobile da parte della signora in misura non inferiore ad € 700 per ogni mese di occupazione, dal rogito all’effettiva liberazione; c) In ogni caso rigettarsi ogni avversa domanda ed in via ulteriormente gradata e, nella sola e denegata ipotesi che non vengano accolte in misura gradata le domande sub a) e sub b), si chiede che venga dichiarata la nullità della donazione dell’immobile o del denaro versato per il suo acquisto per difetto di forma, o per qualsiasi altro titolo risultasse dall’esperenda istruttoria, o in subordine, sia revocata per ingratitudine per le causali espresse in premessa, con conseguente obbligo per parte convenuta di restituire al signor l’immobile di cui al punto sub a) o in subordine le somme di cui al punto sub b) delle presenti conclusioni; Con vittoria di spese, diritti ed onorari di tutti e tre i gradi del giudizio e con restituzione ai sensi e per gli effetti dell’art. 2033 c.c. delle spese legali del primo grado di giudizio pari ad € 10.447,78 e del secondo grado pari ad € 12.389,48 corrisposte dal signor alla signora come da documentazione allegata”.

Si è costituita in giudizio , assumendo le seguenti conclusioni:

“Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello adita, premesse le declaratorie del caso, respinta ogni diversa e contraria deduzione ed eccezione, confermare la sentenza n. 2858/2016 della Corte d’Appello di Milano, respingendo tutte le domande ex adverso proposte, e per l’effetto nel merito:
e riconvenzionale:
accertato e dichiarato che il contratto di compravendita stipulato in data a rogito Notaio Dott. Rep. n. 51.791 Racc. n. 22593, registrato in in data al nr. 1279 Serie 1T e oggetto di causa è donazione indiretta di immobile, rigettare tutte le domande avversarie perché infondate in fatto e diritto.
con vittoria di spese e compenso professionale nella misura che sarà liquidata del Giudice anche in relazione ai parametri di legge, nonché oltre oneri fiscali accessori”.

La causa è stata decisa nella Camera di consiglio dell La vicenda processuale, nelle sue fasi pregresse, è così sintetizzata nella sentenza rescindente.

citava dinanzi il Tribunale di Como ex convivente more uxorio chiedendo che venisse accertata la simulazione relativa del contratto di compravendita immobiliare stipulato tra quest’ultima e la società e che, verificata la propria qualità di effettivo acquirente, venisse dichiarata la nullità o inefficacia dell’intestazione alla convenuta e, dunque, l’esclusiva proprietà in capo a sé dell’immobile in oggetto con ordine alla convenuta di rilascio.

In via subordinata l’attore chiedeva la condanna della convenuta a restituire in suo favore a titolo di arricchimento senza causa tutte le somme versate per l’acquisto dell’immobile pari ad euro 213.680, più euro 15.000 di spese notarili, frazionamento ed accatastamento ed euro 7282 per spese di arredamento ed opere di miglioria, oltre i frutti civili connessi all’utilizzo del bene.

In via di ulteriore subordine in caso di ritenuta ricorrenza di una donazione l’attore insisteva affinché tale donazione fosse dichiarata nulla per difetto di forma o revocata per ingratitudine.

Si costituiva deducendo la configurabilità di una donazione indiretta.

Il Tribunale respingeva le domande attoree ravvisando nel contratto di compravendita oggetto di causa una donazione indiretta effettuata dall’attore in favore della convenuta.

interponeva appello avverso la suddetta sentenza.

La Corte d’Appello di Milano rigettava l’impugnazione.

[… La Corte d’Appello evidenziava che l’intento di liberalità doveva essere rigorosamente provato in presenza di uno schema tipico di contratto a carattere oneroso.

In particolare, doveva risultare rigorosamente provato l’intento esclusivo della parte di porre a disposizione di un altro soggetto la provvista di denaro necessaria ad effettuare l’acquisto con lo scopo di procurare un arricchimento patrimoniale per puro spirito di liberalità in assenza di un obbligo specifico.

L’onere probatorio incombeva sul donatario e, dunque, nella specie il percorso logico argomentativo seguito dal Tribunale di Como non doveva ritenersi congruo, avendo ritenuto per esclusione e con palese inversione del suddetto onere, di poter desumere la configurabilità di una donazione indiretta dalla mancata prova ad opera del dei presupposti idonei a consentire un diverso inquadramento giuridico del caso, con particolare riferimento alla fattispecie dell’intestazione fiduciaria o dell’intestazione fittizia. Non si poteva ravvisare neanche la sussistenza di un animus donandi nel solo fatto che all’epoca dell’acquisizione immobiliare fosse in corso tra le parti da circa tre anni un rapporto di convivenza more uxorio, operando la regola ermeneutica stabilita dall’articolo 1362, secondo comma, c.c. che, in materia negoziale consente di tener conto del comportamento complessivo dei contraenti nella ricerca della comune intenzione degli stessi.

Nella specie doveva ritenersi che non vi fosse alcun elemento positivamente acquisito da cui trarre conferma che il signor aveva messo a disposizione della convenuta le somme necessarie all’acquisto della casa per mero spirito di liberalità.

Vi erano, anzi, circostanze che inducevano ad escludere tale ipotesi.

Innanzitutto, il periodo di tre anni di convivenza tra le parti all’epoca in cui fu concluso il contratto, periodo non così lungo da far presumere l’interesse a un atto di liberalità.

D’altra parte, la stessa parte appellata aveva affermato che l’immobile era destinato ad abitazione comune, e che con l’acquisto si volevano soddisfare esigenze abitative proprie anche dell’appellante, oltre che dell’appellata.

Tale circostanza induceva fondatamente ad escludere non solo che l’intento fosse di incrementare gratuitamente il patrimonio della convenuta con relativa diminuzione del proprio ma anche che l’elargizione fosse sorretta da animus donandi, emergendo piuttosto la diversa volontà dell’appellante di destinare l’immobile, ancorché esclusivamente intestato a , a luogo di vita in comune in attuazione dell’obbligo anche morale di concorrere così alle esigenze della vita di coppia.

Non poteva ritenersi sussistente pertanto una donazione indiretta.

Quanto alla dedotta simulazione mancava la prova scritta del patto dissimulato necessario, trattandosi di una compravendita immobiliare non essendo, dunque, possibile provare la simulazione con testimoni.

Neanche era possibile ricorrere all’eccezione di cui all’articolo 1417 c.c., in quanto lo scopo di evitare ripercussioni sugli obblighi di mantenimento nei confronti dei figli non era sufficiente ad attribuire il carattere di illiceità alla compravendita.

Anche volendo configurare il patto come negozio fiduciario, lo stesso doveva risultare da atto scritto.

Neanche poteva ricorrersi all’azione residuale di arricchimento senza causa, sussistendo la possibilità di agire per ottenere l’accertamento dell’accordo simulatorio del negozio fiduciario il cui rigetto era stato determinato soltanto dalla mancanza di prova”.

Detta pronuncia della Corte di appello di Milano veniva impugnata con ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, da La Suprema Corte con la pronuncia n.410282021 ha accolto il primo motivo, con il quale si lamentava “nullità della sentenza per motivazione totalmente non intellegibile, tanto da risultare assente e conseguente violazione dell’articolo 132, secondo comma, c.p.c.”, ed ha ritenuto assorbiti il secondo, con il quale si lamentava come l’attribuzione patrimoniale alla convenuta sarebbe priva di causa e dunque doveva essere accolta l’azione di arricchimento esperibili dopo l’esito negativo dell’azione tipica, ed il terzo, con il quale si censurava il capo della sentenza che aveva regolato le spese. La Suprema Corte ha osservato come la Corte d’Appello abbia ritenuto fondata la doglianza relativa alla interpretazione del contratto da parte del giudice di primo grado come donazione indiretta e, ciò nonostante, abbia rigettato l’appello.

Nella sentenza rescindente si è osservato come il giudice di secondo grado, dopo avere escluso l’animus donandi e ogni altro elemento dal quale desumere che il aveva messo a disposizione della signora le somme necessarie all’acquisto della casa per mero spirito di liberalità, e dopo avere prima ipotizzato una volontà del sig.
di destinare l’immobile, ancorchè esclusivamente intestato a , a luogo di vita in comune in attuazione dell’obbligo, anche morale, di concorrere alle esigenze di vita di coppia, evocando, quale causa giustificativa dell’attribuzione patrimoniale alla , l’adempimento di un’obbligazione naturale quale esecuzione spontanea di un dovere morale del ricorrente in qualità di convivente more uxorio, aveva poi, contraddicendosi, affermato come la durata del periodo di convivenza di soli tre anni non si era protratto così tanto a lungo da far fondatamente presumere che il intendesse compiere un atto di liberalità. La Suprema Corte rilevava come la Corte di merito si fosse limitata ad un mero cenno al dovere morale senza alcuna verifica del rispetto dei principi di proporzionalità ed adeguatezza che regolano i rapporti di natura patrimoniale tra conviventi allorché si configuri l’adempimento di un’obbligazione naturale, ed avesse trascurato di considerare come, in tal caso, fosse ammissibile l’azione generale di arricchimento qualora sia possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un convivente more uxorio nei confronti dell’altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalità e di adeguatezza. Tutto ciò premesso, deve procedersi all’esame della impugnazione proposta da avverso la sentenza n. 1212014 del Tribunale di Como, alla stregua dei principi affermati dalla Suprema Corte.

Ritiene il Collegio che la questione della inesistenza dell’animus donandi da parte del sig. , non possa più essere rimessa in discussione in questa sede di rinvio, dal momento che su tale accertamento compiuto dalla sentenza di secondo grado, non è stata proposta specifica impugnazione innanzi alla Suprema Corte da parte di Anche l’insussistenza dei requisiti per ravvisare la simulazione del contratto di compravendita con il quale l’immobile veniva intestato a , accertato dalla pronuncia della Corte di appello, non è stato oggetto di impugnazione da parte di , e quindi non è più oggetto del presente giudizio di rinvio, che riguarda unicamente la domanda subordinata avanzata dall’attore in riassunzione, di arricchimento senza causa. Secondo l’insegnamento della Suprema Corte, richiamato anche nella pronuncia rescindente, l’azione generale di arricchimento ha come presupposto la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro che sia avvenuta senza giusta causa, sicché non è dato invocare la mancanza o l’ingiustizia della causa qualora l’arricchimento sia conseguenza di un contratto, di un impoverimento remunerato, di un atto di liberalità o dell’adempimento di un’obbligazione naturale.

È, pertanto, possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un convivente “more uxorio” nei confronti dell’altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalità e di adeguatezza (Cass. 113022020; Cass. 147322018).

Nella fattispecie in esame, il pagamento dell’intero, rilevante, prezzo della compravendita immobiliare, da parte del sig.
, se valutato in relazione all’ammontare del reddito all’epoca della compravendita (circa euro 50.000 annui lordi, doc.8 fascicolo primo grado ), eccede il limite di proporzionalità e di adeguatezza, parametrato alle condizioni sociali e patrimoniali delle parti.

Applicando i principi desumibili dalla pronuncia rescindente, nella fattispecie in esame, la domanda ex art. 2041 c.c. è fondata e deve essere accolta, nei termini che saranno indicati.

Sulla ammissibilità di tale domanda, non possono condividersi i rilievi della difesa della signora , secondo cui l’ordinanza rescindente della Suprema Corte avrebbe “sottovalutato i profili processuali dell’intera vicenda”, dovendo escludersi la proponibilità dell’azione di arricchimento senza causa nella presente fattispecie, domanda principale fondata su un titolo contrattuale era stata respinta non per un difetto del titolo ma per carenza di prova.

Osserva il Collegio come la pronuncia rescindente muove dall’implicito, ma inequivoco, presupposto dell’ammissibilità e proponibilità da parte di e della domanda subordinata di arricchimento senza causa, che non può essere messo in discussione in questa sede di giudizio di rinvio.

Ciò posto, osserva il Collegio come la circostanza che il prezzo della compravendita, pari ad euro 213.680,00, dell’immobile acquistato dalla signora sia stato pagato con denaro di proprietà del sig., è circostanza che la convenuta in primo grado non ha mai contestato.
Non vi è prova, al contrario, che le spese notarili, di frazionamento e accatastamento, pari ad euro 15.000,00, e il corrispettivo per l’arredamento dell’appartamento -circostanze queste contestate dalla signora siano stati pagati con denaro del sig.

L’attore in riassunzione ha anche chiesto il riconoscimento dei “frutti civili legati all’utilizzo dell’immobile da parte della signora in misura non inferiore ad € 700 per ogni mese di occupazione, dal rogito all’effettiva liberazione”.

Osserva la Corte come il riferimento temporale alle “effettiva liberazione” è incomprensibile, atteso che, con la domanda subordinata di arricchimento senza causa, non è stata chiesta, ovviamente, la restituzione dell’immobile, posto che l’ingiustificato arricchimento realizzato dalla signora rappresentato dall’avere acquistato un bene senza averne pagato il prezzo, e quindi non può dubitarsi della validità ed efficacia della compravendita e del fatto che l’acquisto della proprietà dell’immobile si sa perfezionato in favore della medesima. I frutti perduti dall’attore in riassunzione corrispondono non al mancato godimento dell’immobile, che è stato legittimamente utilizzato dal soggetto che ne è divenuto proprietario, ma al non aver potuto disporre della somma di denaro corrispondente al prezzo pagato per l’acquisto del bene.

Come insegna la Suprema Corte l’indennizzo ex art. 2041 c.c., in quanto credito di valore, va liquidato alla stregua dei valori monetari corrispondenti al momento della relativa pronuncia ed il giudice deve tenere conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla decisione, anche di ufficio, a prescindere dalla prova della sussistenza di uno specifico pregiudizio dell’interessato dipendente dal mancato tempestivo conseguimento dell’indennizzo medesimo.

La somma così liquidata produce interessi compensativi, i quali sono diretti a coprire l’ulteriore pregiudizio subito dal creditore per il mancato e diverso godimento dei beni e dei servizi impiegati nell’opera, o per le erogazioni o gli esborsi che ha dovuto effettuare, e decorrono dalla data della perdita del godimento del bene o degli effettuati esborsi, coincidente con quella dell’arricchimento (Cass. 289302022; Cass. 18892013).

Tenuto conto che nel caso di specie l’arricchimento si è realizzato il , data in cui è stato pagato il prezzo e stipulato l’atto notarile di trasferimento, da detto momento decorreranno sul predetto importo di euro 213.680,00, spettante a , la rivalutazione, secondo gli indici Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, e gli interessi legali.

Pertanto, in riforma della sentenza n.1212014 del Tribunale di Como, ed in accoglimento dell’appello proposto da va condannata al pagamento in favore del primo della somma di euro 213.680,00 oltre rivalutazione ed interessi come sopra specificato.

Quanto al regolamento delle spese processuali, va ricordato il consolidato insegnamento della Suprema Corte secondo cui il giudice del rinvio, al quale la causa sia rimessa dalla Corte di Cassazione anche perché provveda sulle spese del giudizio di legittimità, è tenuto a provvedere sulle spese delle fasi di impugnazione, se rigetta l’appello, e sulle spese dell’intero giudizio, se riforma la sentenza di primo grado, secondo il principio della soccombenza applicato all’esito globale del giudizio, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato (Cass. 155062018; Cass. 202882015;
Cass. 72432006).

Tenuto conto che l’appello proposto avverso la sentenza n.1212014 del Tribunale di Como, che aveva respinto tutte le domande di , è stato accolto, quanto ad una delle domande proposte, e che quindi il predetto attore in riassunzione risulta sostanzialmente vittorioso, le spese dell’intero giudizio vanno riconosciute a favore del medesimo ed a carico della signora e sono liquidate, secondo i parametri del DM 1472022, come segue:

-quanto al giudizio di primo grado, per le fasi, studio, introduttiva, istruttoria e decisionale, in euro 14.103,00 per compenso oltre iva, cpa, e 15% per spese forfettarie, oltre rimborso contributo unificato;
-quanto al primo giudizio di appello, per le tre fasi, studio, introduttiva e decisionale, in euro 9.991,00 per compenso oltre 15% per spese forfettarie, iva e cpa, oltre rimborso contributo unificato;
quanto al giudizio di cassazione, in euro 7.665,00 per compenso oltre iva, cpa e 15% per rimborso spese forfettarie, oltre rimborso contributo unificato;
quanto al presente giudizio di rinvio in grado di appello, per le tre fasi, studio, introduttiva e decisionale, in euro 9.991,00 per compenso oltre 15% per spese forfettarie, iva e cpa, oltre rimborso contributo unificato.
deve essere inoltre condannata a restituire a le somme da questi versate a titolo di spese processuali in esecuzione delle sentenze di primo e di secondo grado.

La Corte, definitivamente pronunciando nel giudizio di rinvio ex art. 392 c.p.c.:

a)in riforma della sentenza di primo grado n.1212014 del Tribunale di Como, accoglie la domanda di arricchimento senza causa avanzata da nei confronti di condanna quest’ultima a pagare al primo la somma di euro 213.680,00 oltre rivalutazione ed interessi come indicato in motivazione;
b)condanna al pagamento delle spese processuali sostenute da , liquidate quanto al giudizio di primo grado, in euro 14.103,00 per compenso oltre iva, cpa, e 15% per spese forfettarie, oltre contributo unificato;
quanto al primo giudizio di appello, in euro 9.991,00 per compenso oltre 15% per spese forfettarie, iva e cpa, oltre contributo unificato;
quanto al giudizio di cassazione, in euro 7.655,00 per compenso oltre iva, cpa e 15% per rimborso spese forfettarie ed oltre contributo unificato;
quanto al presente grado di rinvio in appello, in euro 9.991,00 per compenso oltre 15% per spese forfettarie, iva e cpa, oltre contributo unificato;
c)condanna a restituire a le somme da questi versate a titolo di spese processuali in esecuzione delle sentenze di primo e di secondo grado.
Milano, Camera di consiglio dell Il Presidente est. NOME COGNOME

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