Num. R.G. 10952020
Repubblica Italiana In nome del popolo Italiano
La Corte d’Appello di Firenze, Prima sezione civile, Composta dai Signori dott. NOME COGNOME Presidente rel. dott. NOME COGNOME Consigliere dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la presente
SENTENZA N._787_2025_- N._R.G._00001095_2020 DEL_28_04_2025 PUBBLICATA_IL_28_04_2025
nella causa d’appello come in atti proposta da:
rappresentata e difesa dalle Avv. NOME COGNOME ed NOME COGNOME di Pisa, – appellante – nei confronti di entrambi rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura distrettuale di Stato, – parte convenuta in appello – avente ad oggetto:
Appello avverso Sentenza n. 3935/2019, emessa dal Tribunale di Firenze e pubbl. il 24122019;
in materia di azione di risarcimento danni contro la Pubblica Per l’appellante:
“Voglia la Corte di Appello di Firenze, riformare la Sentenza del Tribunale di Firenze n.3935/2019 del 24 dicembre 2019 per le causali di cui in premessa, accertata la illegittimità della iscrizione ipotecaria del 25 luglio 1978, condannare le amministrazioni costituite in primo grado a risarcire il danno patito dalla attrice;
il tutto nella misura che sarà determinata equitativamente o all’esito di una consulenza tecnica.
In ipotesi gradata chiede l’ammissione della CTU finalizzata alla determinazione del danno, già richiesta in primo grado.
Vittoria di spese ed onorari dei giudizi di 1° e 2° grado.
” Per le parti convenute:
“Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello di Firenze, disattesa ogni contraria istanza, anche in accoglimento dell’appello incidentale, in via principale, rigettare l’avverso gravame perché inammissibile, infondato in fatto ed in diritto, con vittoria di spese di entrambi i gradi di giudizio;
in via subordinata, determinare il risarcimento nella misura che verrà ritenuta di giustizia, previo accertamento di un concorso di colpa di parte appellante ex art. 1227 c.1 c.c., spese compensate.
” Svolgimento del processo e motivi della decisione.
Con atto di citazione ritualmente notificato, la soc.
conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Firenze il , chiedendone la condanna al risarcimento de danno sofferto in conseguenza di una illegittima iscrizione ipotecaria sui propri beni immobili, danno da liquidarsi in una somma da accertarsi in giudizio all’esito di una consulenza tecnica.
L’attrice assumeva:
Che il 4.10.1985, con atto di accertamento dell’Ufficio Iva di Livorno, le era stata contestata un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto riferita agli anni 1980, 1981 e 1982, quando la propria denominazione sociale era quella di RAGIONE_SOCIALE, poi modificata nel 1984;
di primo grado, l’annullamento degli atti impositivi e comunque la rideterminazione dell’IVA in senso favorevole;
Che successivamente, il 25 luglio 1987, il a garanzia del pagamento dell’imposta presuntivamente evasa, ai sensi dell’art.26 legge 7 gennaio 1929, n.4, richiedeva ed otteneva un provvedimento che lo autorizzava ad iscrivere presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Livorno ipoteca su un immobile di proprietà della attrice sito in Collesalvetti per la somma di £. 759.042.000 – iscritta al n° particolare 1899 – vol. 697 mod. 60 nr.8724 CC.RR.II. di Livorno;
Che avverso le predette sentenze della Commissione Tributaria provinciale di Livorno era stato dall’ufficio finanziario proposto appello, giudizio concluso con la conferma delle decisioni di primo grado rese da parte della Commissione Tributaria di 2° grado, decisione contro la quale veniva proposto ricorso davanti alla Corte di Cassazione;
Che era poi entrato in vigore il decreto legislativo 18 dicembre 1997, n°472, venivano che modificava la disciplina dettata in materia di sanzioni tributarie non penali con abrogazione (art. 29) dell’art.26 della L. 4/29, in forza del quale era stata iscritta l’ipoteca;
Che la nuova normativa era stata anche innovata (art.22, comma 7°) la materia delle iscrizioni ipotecarie, disponendo che le sentenze tributarie di accoglimento dei ricorsi del contribuente facevano perdere efficacia alla iscrizione ipotecaria basata sull’atto di imposizione tributario impugnato;
Che nella fattispecie andava quindi ritenuta inefficace l’ipoteca iscritta “secondo l’impostazione giurisprudenziale adottata sul solco tracciato da una ordinanza di remissione della Corte Costituzionale”, ancorché il giudizio fosse definito con sentenza non passata in giudicato;
’iscrizione ipotecaria in questione;
Che in data 15.11.2011 si concludeva il processo tributario, col provvedimento del Presidente del Collegio 9 della Commissione Tributaria Centrale Regionale reso ai sensi dell’art.3, comma 2 bis, lett. A) d.l. 40/2010, convertito dalla legge 3 maggio 2010, n.73, per cui si venivano ad estinguere tutti i giudizi tributari pendenti in Corte di Cassazione pendenti da più di 10 anni che avessero avuto i gradi di merito conformi;
Che erano, infine, intervenuti i provvedimenti necessari alla cancellazione dell’ipoteca nel corso dell’anno 2012.
Sulla base di tale premessa in fatto ritenendo sussistente un “imponente pregiudizio subito dalla attrice, sia sotto il profilo delle spese sostenute, sia per l’enorme dispendio di tempo ed energie, sia per gli altri motivi…” l’attrice invocava responsabilità del tenuto a risponderne a titolo di danno da illecito ai sensi dell’art.2043 c.c. La società attrice specificava ulteriormente che l’illecito rinnovo dell’iscrizione ipotecaria che fece venir il rapporto di fiducia della società attrice nei confronti dei fornitori e degli istituti bancari, oltre ad aver determinato la impossibilità di disporre a pieno titolo del bene immobile, nonostante il mantenimento del materiale possesso (l’impossibilità di dare garanzie o di fare opere migliorative). Si costituivano in giudizio il con un’unica comparsa di risposta in cui si eccepiva preliminarmente il difetto di legittimazione passiva del ai sensi dell’art. 62 del D.lgs. n. 300/1999, sostenendo che doveva ritenersi legittimata l’ unicamente le sole iscrizioni successive alla sua entrata in vigore, con la conseguenza che il rinnovo dell’iscrizione era regolare in quanto disciplinato dalla precedente normativa ante 1997 (art. 25 del citato D. Lgs. n. 472/1997).
Le P.A. convenute sostenevano inoltre:
che al fine di ottenere il risarcimento richiesto dall’attrice non fosse necessario solo dimostrare l’illegittimità dell’atto amministrativo, occorrendo anche prova che P.A. nell’adottare l’atto abbia anche violato le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, che costituiscono il limite esterno della sua azione (cfr. Cass. n. 19458/2011);
che il danno nella fattispecie, fosse insussistente non essendo venuta meno la “potenzialità edificatoria” del bene sul quale era stata iscritta l’ipoteca.
All’esito della trattazione e dell’istruttoria, il Tribunale decideva la causa respingendo la domanda e compensando le spese di giudizio.
Nella sentenza si premetteva che la responsabilità ex art. 96 c.p.c. fosse un’ipotesi speciale rispetto a quello d cui all’art. 2043 c.c. e che non potesse essere riconosciuta nell’ambito di un giudizio separato.
Riepilogati i termini della vicenda, il primo giudice affermava che l’ipoteca era stata iscritta senza alcuna mala fede della P.A. e regolarmente in base alla Legge al momento vigente (n. 4 1929).
L’intervenuta disciplina di cui al D. lgs. n. 4721997 era applicabile unicamente nel caso violazioni tributarie cointestate successivamente all’entrata vigore della disposizione, anche per l’espressa previsione contenuta nella norma transitoria (art. 26).
Non vi era quindi alcun obbligo per la P.A. di provvedere alla dopo il 2007, si osservava che era al momento mancata una pronuncia definitiva da parte del giudice tributario (intervenuta solo nell’anno 2012).
In sentenza veniva ulteriormente affermato che l’attrice non aveva provato gli elementi costitutivi del danno che assumeva di aver subito e consistente nella riduzione della possibilità edificatoria del lotto per il sopraggiungere di un nuovo strumento urbanistico nell’anno 2009 e per un mancato ampliamento causato dal permanere dell’ipoteca iscritta.
La sentenza si conclude con l’affermazione secondo la quale, applicato il principio della ragione più liquida in base al quale si era disposto il rigetto della domanda, doveva così ritenersi superata la questione preliminare posta dall’eccezione sollevata in ordine al difetto di legittimazione passiva del.
Il Tribunale aggiungeva che tuttavia la giurisprudenza che dichiara l’inammissibilità delle domande proposte contro il successivamente 2001 (anno istituzione dell’Agenza delle Entrate), aveva riguardato unicamente materia “tributaria”, diversa dalla responsabilità per fatti illeciti.
ha impugnato la predetta decisione proponendo l’odierno appello.
Col primo motivo di appello ha sostenuto che il Tribunale avesse errato nel respingere la domanda in quanto “il comportamento colposo dell’amministrazione” doveva essere riguardato sia sotto il profilo della violazione ex art. art.26 l. num.
4/1929, per essere carente la prevista autorizzazione del Presidente del Tribunale prodromica all’iscrizione dell’ipoteca e per essere stato imposto “il gravame” pur in assenza di fumus boni iuris (verosimilmente l’appellante ha inteso riferirsi al gravame proposto dall’ufficio finanziario col ricorso in Cassazione).
è costituita in giudizio l’Avvocatura di Stato a difesa del ll’ , resistendo all’appello di cui è stata preliminarmente eccepita l’inammissibilità e, nel merito, l’infondatezza.
Nella propria comparsa di costituzione in giudizio, l’Avvocatura ha eccepito che la avesse in primo grado prospettato quale profilo di illegittimità dell’iscrizione ipotecaria, la carenza di ragioni giustificative basando il proprio assunto sulle decisioni emesse dai vari organi della giustizia tributaria che si erano pronunciati sulle proposte impugnazioni degli atti contestazione delle ipotizzate violazioni in materia di IVA.
Con l’odierno appello, la aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva affermato che l’ipoteca era stata dall’Intendente di Finanza iscritta legittimamente e non con malafede in base alla normativa vigente, lamentando in primo luogo che l’iscrizione in questione non fosse stata preceduta, come stabilito dall’art. 26 della L. num.
41929, dalla prescritta autorizzazione del Presidente del Tribunale competente e per aver l’amministrazione “imposto il gravame in assenza di fumus boni juris”.
Dalla prospettazione di tali motivi da ritenersi basati, quanto al primo profilo, su circostanze e fatti nuovi, quanto al secondo profilo, su argomenti che avrebbero dovuto essere sollevate in “sede tributaria”, sarebbe conseguita l’inammissibilità dell’appello.
L’Avvocatura ha poi ribadito che il Ministero era carente di legittimazione passiva, come già eccepito in primo grado, in quanto le competenze in materia di imposte e tasse erano state trasferite all’ , intervenuta volontariamente 2000).
Nel merito, l’Avvocatura ha sostenuto che l’appellante avesse indicato l’scrizione ipotecaria come avvenuta su un immobile ubicato in Livorno, INDIRIZZO e non su un immobile sito in Collesalvetti, talché per l’esistenza di un secondo immobile libero da pesi, ne derivava l’insussistenza del lamentato danno che sarebbe derivato dall’impossibilità di ottenere finanziamenti da parte delle banche.
Dopo aver dedotto che il danno lamentato conseguente al mutamento del piano regolatore non potesse essere addebitato all’ ripercorso l’intera vicenda processuale per ribadire l’assenza di tardività nell’operato degli uffici amministrativi nella cancellazione dell’iscrizione e la regolarità delle condotte tenute ai sensi delle leggi applicabili alla materia come già motivato dal primo giudice (anche con riguardo al profilo della totale assenza di colpa e di ipotizzabili abusi).
Ha concluso evidenziando che, comunque, avrebbe dovuto tenersi conto di un concorso di colpa della che, dopo l’entrata in vigore del D. lgs. num.
4721997, aveva omesso di intraprendere iniziative per ottenere cancellazione dell’ipoteca, con conseguente rigetto della sua domanda o riduzione del quantum ex art. 1227 c.c.
In comparsa dell’Avvocatura ha, infine, affermato di proporre appello incidentale avverso la sentenza impugnata che, nel punto in aveva regolamentato le spese del giudizio compensandole tra le parti, dopo aver premesso la correttezza del comportamento dell’amministrazione, aveva poi contraddittoriamente affermato a giustificazione della disposta compensazione, che, sebbene tale nell’aver dovuto sopportare per la durata di 15 anni un’iscrizione ipotecaria per un importo ingente con “inevitabili ricadute sulla sua immagine di solvibilità presso il ceto creditorio e danno alla disponibilità dell’immobile”. La Corte, all’udienza fissata per la trattazione e precisazione delle conclusioni, poi come in atti formulate dalle parti, ha trattenuto la causa in decisione assegnando alle parti medesime i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per le memorie conclusionali e per le eventuali repliche.
Per quanto concerne l’eccepita inammissibilità dell’appello per la sua “genericità”, la Corte ritiene che si tratti di eccezione infondata in quanto, a parte talune parti generiche e ripetitive di tesi sostenute già in primo grado, deve ritenersi che l’atto di impugnazione contenga chiare e specifiche argomentazioni contrapposte alle ragioni giustificative della decisione di primo grado rese dal Tribunale in motivazione.
Per quanto concerne l’eccepita inammissibilità dell’appello per la prospettazione di motivi attinenti a fatti e circostanze nuove, la Corte ritiene che anche in tal caso si tratti di eccezione infondata, in quanto dalla lettura dell’originario atto di citazione, seppur con una certa approssimazione e confusione espositiva, emerge che aveva comunque lamentato che l’iscrizione ipotecaria fosse stata adottata in assenza di “ragioni giustificative” (lamentando quindi l’illegittimità dell’atto) e che, anche a volerla ritenere in origine giustificata, illecito ne fu il rinnovo avvenuto il 3.7.2007. Considerata anche l’estensione della motivazione della sentenza generatori dell’illecito oggetto causa (l’iscrizione ipotecaria e il suo rinnovo), non può quindi ritenersi che la abbia prospettato motivi nuovi inammissibili in appello, al di là della considerazione secondo la quale l’accertamento incidentale sulla legittimità di un atto amministrativo operata dal giudice ordinario, non può essere limitata ai profili di validità allegati ma deve ritenersi estesa alla verifica di tutte le condizioni, presupposti e requisiti di validità prescritti dalla Legge. Sempre in ordine alle questioni preliminari, la Corte ritiene che anche la sollevata eccezione di carenza di legittimazione passiva da parte del debba essere respinta.
Va infatti ritenuto che l’attrice abbia prospetto che il danno subito fosse conseguenza una condotta ascrivibile all’ufficio dell’Intendenza di finanza (ufficio oggi non esistente, che ha visto le sue funzioni devolute alle Direzioni regionali delle entrate) organo decentrato del Ministero.
E quindi la prospettata responsabilità del non riguarda tanto la legittimazione passiva, quanto piuttosto la titolarità del rapporto controverso (quindi una questione di merito, attendo alla fondatezza della domanda contro il soggetto “passivo” individuato in citazione dall’attore).
Venendo al merito della controversia, va rilevato che con riguardo ai profili di legittimità dei due atti in questione, emerge palesemente come questi siano stati entrambi adottati in assenza delle condizioni di legge e in particolare della necessaria richiesta previa autorizzazione del Presidente del Tribunale competente, prescritta in tutta evidenza a pena di nullità, dal citato art. 26 della L. num.
41929, il cui tenore è chiarissimo.
pertanto, deve ritenersi che l’iscrizione ipotecaria suo rinnovo (che pure doveva avvenire rispettando la disposizione di legge del 1929) furono effettuati con un atto adottato in violazione di legge.
Eccepita da parte della l’inesistenza di tali autorizzazioni, era onere probatorio in capo alla P.A. dare dimostrazione dell’osservanza dell’iter previsto dalla Legge.
L’Avvocatura in merito si è difesa in comparsa dapprima limitandosi ad eccepire che si trattasse dell’allegazione da parte di un’argomentazione difensiva inammissibile in quanto nuova e poi sostenendo che – v. a pag. 3 – dalla documentazione in atti risultava che era stata trascritta l’ipoteca legale ai sensi della richiamata Legge n. 41929, “di talchè” doveva ritenersi che la stessa “sia avvenuta nel rispetto delle previsioni di legge”.
In realtà dalle produzioni in atti dell’Avvocatura di Stato non risulta l’esistenza, sia per l’iscrizione ipotecaria che per il suo rinnovo, della previa emanazione del provvedimento autorizzativo del Presidente del Tribunale ed aver affermato che, siccome l’ipoteca è stata iscritta ai sensi di legge ciò equivale alla dimostrazione che l’iscrizione sia stata regolare, è una difesa inconsistente e che non vale a sopperire al citato onere probatorio (peraltro facile ed estremamente agevole da assolvere per le P.A. convenute – l’atto doveva necessariamente esser in loro possesso). E’ poi vero che, come motivato anche nella sentenza appellata, l’illegittimità nell’adozione del provvedimento amministrativo non implica l’automatica illiceità della condotta dell’amministrazione, in quanto per accedere alla tutela risarcitoria di cui all’art. 2043 amministrativa e che da questa sia derivato, secondo un giudizio di regolarità causale, un pregiudizio direttamente riferibile all’assunzione o all’esecuzione della determinazione amministrativa adottata contra ius.
Si può infatti affermare sulla base delle ora esposte risultanze di causa che l’adozione e l’esecuzione dell’iscrizione ipotecaria, già ab origine priva della prescritta autorizzazione del Presidente del Tribunale, sia anche stata basata su elementi giustificativi della pretesa tributaria che si intendeva garantire quantomeno discutibili (erano infatti già state adottate decisioni sfavore voli alla P.A. da parte degli organi di giustizia tributaria) e sia avvenuta e poi stata reiterata col successivo atto di rinnovo, in violazione delle regole di buona amministrazione, sì da palesare negligenza e imperizia nell’assunzione dei provvedimenti invalidi. Era indubbiamente verificabile facilmente l’assenza della prescritta autorizzazione del Presidente del Tribunale richiesta ex art. 26 citato, il cui tenore imponeva all’ ufficio dell’Intendenza di Finanza di ottenerla prima di procedere all’iscrizione.
Non è certo illecito il comportamento delle amministrazioni convenute nell’aver proposto, come era loro pieno diritto, le impugnazioni contro le decisioni rese dagli organi di giustizia tributaria, con particolare riferimento ai ricorsi proposti davanti alla Corte di Cassazione aventi ad oggetto le decisioni di secondo grado.
Sussiste quindi il diritto al ristoro del danno subito dal proprietario di un immobile a causa di un’illegittima e imprudente iscrizione di ipoteca giudiziale, poiché ne consegue quasi necessariamente la compromissione della “commerciabilità” del illecito dal carattere permanente, che perdura fino a quando non venga cancellata l’ipoteca (l’illiceità del comportamento lesivo non si esaurisce nel primo atto, ma si protrae sino a quando permanga la situazione illegittima posta in essere) cosicché anche ultimo termine quinquennale far valere un’eventuale prescrizione comincia a decorrere dall’avvenuta cancellazione dell’ipoteca e non dalla sua iscrizione. Come ritenuto dalla giurisprudenza (v. Cassazione, Sez. 3 – , Ordinanza n. 12123 del 22/06/2020), “in caso di accertamento dell’illegittimità dell’ iscrizione ipotecaria ricorre un evento di danno costituito dall’apparenza di una situazione idonea a determinare difficoltà alla commerciabilità del bene;
tuttavia, ai fini del risarcimento, occorre accertare se in concreto si è verificato un danno-conseguenza, che non può essere configurato “in re ipsa”, ma può consistere nel pregiudizio economico derivante dalla perdita di occasioni di alienare il cespite oppure di venderlo a condizioni più favorevoli.
” La Corte ritiene di precisare che le statuizioni rese dal primo giudice e che richiamano l’art. 96 c.p.c. siano ultronee, atteso che dalla lettura del citato atto originario d citazione introduttivo del presente giudizio da parte dell’attrice che aveva proposto un’azione riguardata esclusivamente sotto il profilo del ristoro da danno illecito ex art. 2043 c.c., non era fatta questione alcuna su una responsabilità della P.A. riguardata sotto quel profilo.
Peraltro, per completezza, sul punto si può richiamare la giurisprudenza (vedi Cassazione, Sez. 3 – , Ordinanza n. 39441 del 13/12/2021 – la quale ha stabilito che “In caso di iscrizione di ipoteca giudiziale su beni il cui valore sia eccedente rispetto all’importo del credito vantato, il creditore può essere chiamato a rispondere ai sensi dell’art. 2043 c.c. per il danno subìto dal dei beni medesimi ovvero nella difficoltà di accesso al credito;
invero, la previsione della speciale responsabilità processuale art.96 c.p.c. quale responsabilità del soccombente che abbia abusato del diritto di agire o resistere in giudizio – non esclude l’applicabilità della disciplina generale dell’illecito civile, atteso che il creditore è tenuto ad una condotta prudente e diligente, nonché informata al rispetto dei principi di buona fede e correttezza, non solo in caso di ricorso a rimedi processuali, bensì, ancor prima, nell’attuazione dei propri diritti contrattuali o negoziali, e dunque anche del diritto di garanzia, il quale deve essere esercitato in termini consentanei con la sua funzione di mezzo volto a creare una situazione di preferenza rispetto agli altri creditori, e non per determinare situazioni di discredito sociale e professionale e, conseguentemente, di blocco del patrimonio e dell’attività del debitore. ”) Il danno di cui si è chiesto e risulta accertato come dovuto il risarcimento, è tuttavia di difficile quantificazione e liquidazione.
L’istruttoria svolta ha offerto unicamente alcuni elementi che, ad avviso della Corte non consentono una decisione definitiva sul punto, nemmeno ricorrendo ai poteri di operare in merito in via equitativa (qualunque determinazione adottata sulla base delle risultanze qui acquisite, si risolverebbe in una scelta arbitraria).
stando ai termini dell’atto di citazione, aveva chiesto il risarcimento del danno che l’illegittima iscrizione ipotecaria sull’immobile causato:
1 – per effetto della lesione del rapporto di “fiducia della società attrice nei confronti dei fornitori e particolarmente con gli istituti bancari” che sarebbero rimasti “suggestionati” dalla rilevante – per l’impossibilità per la attrice di disporre a pieno titolo del bene immobile, con impossibilità di offrirlo in garanzia o di fare opere migliorative sullo stesso.
La stessa appellante ha offerto solo alcune indicazioni e parametri sui quali basare una determinazione di una somma in via equitativa.
La Corte ritiene che sia necessario procedere alla nomina di un esperto anche perché non si può ritenere raggiunta alcuna “evidenza” in ordine alla somma oggetto della accolta domanda risarcitoria.
La causa andrà quindi, con separata ordinanza, rimessa sul ruolo per procedere all’incombente ora indicato, cui si procederà ovviamente salvo che le parti non abbiano raggiunto un accordo sulla determinazione.
Prima di procedere agli incombenti conseguenti alla nomina del perito, appare opportuno invitare le parti in vista della prossima udienza a depositare, entro il termine di 5 giorni antecedenti, note difensive nelle quali:
Ciascuna avrà facoltà di prospettare un importo da calcolare quale indennizzo/ristoro del danno da sottoporre sia alla controparte che al perito, importo da valere anche quale base e criterio in ordine al quale ipotizzare un percorso di trattative volte alla definizione della controversia o anche all’eventuale formulazione da parte del CTU o di questa Corte di una proposta in tal senso;
Ciascuna proporrà le proprie considerazioni, anche sotto forma di specifico quesito da affidare al CTU.
Non definitivamente pronunciando, in riforma della sentenza impugnata n.
39352019 emessa inter partes dal Tribunale di Firenze, pubbl.
il g. 24.12.2019:
– DICHIARA illegittima l’iscrizione ipotecaria oggetto di causa e il suo rinnovo e per l’effetto DICHIARA, in riforma dell’impugnata sentenza, il convenuto e la convenuta , responsabili in solido tra di loro, ex art. 243 c.c. del danno prospettato in atti dalla società danno da determinarsi all’esito dell’ulteriore istruttoria da svolgersi.
– RIMETTE con separata ordinanza, le parti davanti alla Corte per l’ulteriore corso.
Spese al definitivo.
PQM
Così deciso, in Firenze, all’esito della camera di consiglio del 10.6.2024.
Il Presidente rel. NOME. COGNOME Nota:
La divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell’ambito strettamente processuale, è condizionata all’eliminazione di tutti i dati sensibili in esso contenuti ai sensi della normativa sulla privacy di cui al D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.
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