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Vizi della cosa venduta, riconoscimento del vizio

Vizi della cosa venduta, il riconoscimento del vizio per escludere la necessità di denuncia, concerne la materiale esistenza del vizio, non essendo necessaria un’ammissione di responsabilità del venditore.

Pubblicato il 09 September 2018 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

TRIBUNALE DI BRINDISI SEZIONE CIVILE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Brindisi in composizione monocratica nella persona del dott., ha emesso la seguente

SENTENZA n. 1315/2018 pubblicata il 06/09/2018

nella controversia in primo grado rubricata al N RGAC; tra

XXX, YYY, ZZZ,

KKK, JJJ, WWW e PPP, in persona del legale rapp.te, rappr. e dif. dall’avv.; attori contro

UUU, in persona del legale rapp.te, rappr. e dif. dall’avv.;

convenuto

Oggetto: risarcimento danni da responsabilità contrattuale;

precisazione delle conclusioni come da verbale dell’udienza del 25 maggio 2017;

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione, notificato in data 9 luglio 2003 nei confronti di UUU,

XXX, YYY, ZZZ, KKK, JJJ, WWW e PPP adivano questo Tribunale al fine di sentire accertare la mancanza di qualità della cosa venduta e la presenza dei vizi denunciati e per l’effetto accogliere la domanda di risoluzione dei singoli contratti di compravendita intercorsi nella primavera del 2002 con la società convenuta ed aventi ad oggetto piantine di pomodoro per destinazione industriale, per inadempimento della venditrice, con condanna della stessa alla restituzione del prezzo versato ed al risarcimento danni da quantificarsi in ragione di €.13.000,00 per ettaro di coltivazione.

Assumevano gli attori che le piantine di pomodoro da ciascuno acquistate, nella quantità e prezzo risultanti dalle fatture emesse dalla convenuta in favore di ciascun acquirente, avevano manifestato nel processo produttivo numerose anomalie ( accrescimento indeterminato, allegagione scarsa, predisposizione alla virosi, frutto non di forma ovale, ma globosa e con presenza di marciume apicale, processo di maturazione del frutto non simultaneo ) che avevano reso il frutto del tutto inidoneo alla trasformazione industriale per pelato cui era destinato, lamentando che di tanto gli acquirenti avevano mosso immediate contestazioni alla venditrice cui avevano fatto seguito incontri con i rappresentanti della stessa volti a ricercare una soluzione transattiva, precisando che della vicenda la società convenuta aveva fatto partecipe la *** s.r.l. quale propria fornitrice.

In difetto di alcun bonario componimento, gli odierni attori avevano proposto dinnanzi a questo Tribunale procedimento di ATP a cui aveva fatto seguito la nomina e la relazione tecnica del CTU geom. ***, il quale riscontrava tutte le anomalie lamentate e riconosceva la totale inutilizzabilità del prodotto a scopi industriali.

Con comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata, la difesa dell’UUU convenuta, previa richiesta di differimento della prima udienza al fine di operare la chiamata in causa della *** per la eventuale manleva, preliminarmente eccepiva la decadenza dalla garanzia da parte degli attori, per tardiva trasmissione della denuncia siccome avvenuta ben oltre gli otto giorni previsti dall’art. 1495 c.c. e nel merito domandava il rigetto dell’avversa domanda contestando la difformità della merce venduta rispetto a quella commissionata e rilevando che i vizi lamentati sarebbero dipesi da errori nella coltivazione e contestando infine il quantum delle avverse pretese, in considerazione del limite al risarcimento dei danni previsto dall’art. sei delle condizioni di vendita debitamente sottoscritte a norma degli artt. 1341 e 1342 c.c., in base al quale la venditrice non potrebbe rispondere che in ragione dell’importo fatturato; la convenuta spiegava inoltre domanda riconvenzionale volta ad ottenere la condanna dei convenuti al pagamento del prezzo della merce acquistata quale risultante dalle fatture.

Differita l’udienza e previa rituale notifica, si costituiva la terza chiamata la quale preliminarmente domandava il differimento della prima udienza per poter a sua volata chiamare in causa la ***, quale propria fornitrice del seme da cui essere manlevata e nel merito rigettare la domanda attorea e la domanda di manleva.

Nella contumacia della ***, la causa sulla base della documentazione prodotta dalle parti, veniva istruita attraverso l’acquisizione del fascicolo di ATP, ampia prova orale e CTU.

Riservata a sentenza, la causa veniva rimessa sul ruolo per essere dichiarata l’interruzione del giudizio per il decesso del procuratore costituito della terza chiamata, quindi la causa veniva tempestivamente riassunta dagli attori con ricorso che veniva tuttavia ritualmente notificato nei soli confronti della UUU, non rivestendo viceversa esito favorevole il tentativo di notifica nei confronti dei terzi chiamati, laddove nel termine perentorio assegnato dal giudice ai sensi degli artt. 303 e 291 c.p.c. nessuna delle parti vi provvedeva inducendo così il giudice a separare la causa principale fra attori e società convenuta rispetto a quella avente ad oggetto le accessorie domande di manleva.

All’udienza del 25 maggio 2017, le parti precisavano le rispettive conclusioni, la causa veniva riservata per la decisone, assegnando i termini di cui all’art. 190 c.p.c..

L’intervenuta separazione dei giudizi ha definitivamente sottratto dal thema decidendum le domande di garanzia impropria per come formulate nei confronti dei terzi chiamati in causa.

Sul punto va comunque rilevato che per essere intervenuta l’ordinanza di separazione dei giudizi, successivamente alla interruzione della causa disposta nel suo complesso, e non avendo la parte più diligente ritualmente operato la notifica nei confronti dei terzi chiamati, per come disposto dal giudice a norma del combinato disposto di cui agli artt. 303 e 291 c.p.c., vertendosi in materia di cause scindibili siccome caratterizzate dal litisconsorzio facoltativo, tali giudizi si sono in ogni caso estinti per inattività delle parti.

Quanto alla domanda principale, va innanzitutto affrontata l’eccezione sollevata dalla UUU, di inammissibilità dell’azione attorea per l’intervenuta decadenza dalla garanzia per vizi.

Premesso che a norma dell’art. 1495 c.c. – norma che, a differenza di quanto opinato dagli attori, è applicabile all’ipotesi di garanzia del venditore per mancanza delle qualità essenziali o promesse della cosa venduta, per essere espressamente richiamata dall’art.1497, comma 2, c.c. -, è onere dell’acquirente che intenda avvalersi della garanzia – per vizi e/o mancanza qualità – denunciare al venditore il vizio o la qualità mancante nel termine di gg. otto dalla scoperta a pena di decadenza e della prova della tempestività della denuncia deve farsi carico lo stesso acquirente che agisca o sia convenuto in giudizio, tuttavia a norma del secondo comma del richiamato articolo, la denuncia non è necessaria, fra l’altro, “se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del vizio”.

Premesso che secondo consolidata giurisprudenza della S.C., da cui chi giudica non intende discostarsi, il riconoscimento del vizio richiesto per escludere la necessità di denuncia, “concerne la materiale esistenza del vizio … non essendo necessaria un’ammissione di responsabilità del venditore medesimo” ( ex plurimis Cass. Civ., Sez. II, n18050/2013 ), nel caso di specie, essendo pacifico fra le parti – e comunque risultante dalla espletata prova orale – la sussistenza di incontri con la società convenuta – la quale coinvolgeva la società fornitrice dei semi – finalizzati alla valutazione dei vizi e mancanza di qualità lamentate dagli attori, involgendo un tale comportamento un tacito riconoscimento di quanto lamentato, deve ritenersi irrilevante ogni verifica volta per ciascuna posizione all’accertamento della data della scoperta e della conseguente tempestività della denuncia.

Nel merito le domande attoree sono fondate nell’an e vanno accolte per quanto di ragione nel quantum.

Premesso che è incontestato e comunque documentalmente provato che gli odierni attori acquistavano le piantine di pomodoro dalla società convenuta nella primavera del 2002 e che tali piantine venivano messe a dimora nella stessa primavera nei terreni di rispettivamente posseduti e/o condotti e che pertanto tutti i vizi e le mancanze di qualità riscontrate nelle piante di pomodoro ivi presenti, si riferiscono esattamente ed esclusivamente alle piantine di pomodoro acquistate dalla convenuta come meglio indicate per quantità nelle fatture emesse da quest’ultima, il giudicante alla luce dell’espletata attività istruttoria e segnatamente delle risultanze di CTU, ritiene che le suddette piantine presentino le mancanze di qualità promesse ( come da opuscolo informativo in atti ) e comunque le mancanze delle qualità essenziali in relazione alla destinazione “industriale per pelato” che inequivocamente i frutti avrebbero dovuto avere.

Premesso che non appare utile soffermarsi su quanto emerso dalla pur ampia prova orale, il giudicante reputa piuttosto dirimente quanto emerso dalla CTU – e cioè quella espletata nel presente giudizio dal dott. ***, laddove quanto all’ATP, se ne reputano utili le emergenze, nella sola parte in cui hanno costituito utile documentazione per la CTU stessa – siccome frutto di un lavoro analitico, esaustivo e scevro da vizi logici e metodologici, ritenendo in particolare assolutamente convincenti e dunque del tutto condivisibili le risposte che il CTU ha fornito alle pur puntuali osservazioni dei CTP.

In particolare il CTU, dopo aver identificato e descritto le caratteristiche peculiari delle piantine acquistate dagli odierni attori presso il vivaio della convenuta, per come risultanti dalla scheda tecnica in atti ( cioè piantine varietà ibrida F1 di pomodoro, Ax 3043: forma ovale, peso della bacca di circa 120 grammi, varie resistenze genetiche, sviluppo determinato della pianta, allegagione – fruttificazione eccellente ed ottima a tutte le condizioni climatiche, maturazione uniforme ), accertava sulla base delle risultanze di cui all’ATP e dei reperti fotografici in atti, una “totale disformità” e segnatamente: piante con sviluppo indeterminato, ridotta presenza di frutti, quasi totalità delle bacche aventi forma tonda e peso medio inferiore ai 100 grammi.

Il CTU rilevava che le suddette differenti caratteristiche dipendevano in prevalenza dal “genotipo” e non invece dall’”ambiente”, quantomeno in ordine alla forma del frutto, l’accrescimento indeterminato della pianta, la contemporaneità di maturazione, laddove soltanto il peso, le dimensioni e l’allegagione, potevano essere state influenzate da fattori ambientali, precisando tuttavia che anche per queste – e salva la presenza di marciume sulle bacche, dipendente da squilibri idrici e nutrizionali –, non essendo stata riscontrata presenza di parassiti e avendo il prodotto manifestato similari caratteristiche in terreni situati anche a distanza e condotti da differenti imprenditori, non si poteva escludere che tali anomalie fossero dipese dalle effettive caratteristiche delle piantine.

Il CTU accertava altresì la assoluta inidoneità del prodotto alla destinazione industriale del pomodoro pelato non soltanto per la forma ed il peso delle bacche non richieste dal mercato, ma altresì per l’allegagione e la non conforme maturazione, caratteristiche che comportano l’antieconomicità della raccolta.

Del resto, che gli attori avessero acquistato dalla società convenuta piantine per la produzione di pomodoro destinato all’industria del pelato, non appare controvertibile in quanto non specificamente contestato e comunque desumibile dalle stesse caratteristiche desumibili dalla scheda tecnica delle piantine varietà ibrida F1 di pomodoro, Ax 3043, pertanto al cospetto di frutti aventi non soltanto qualità differenti da quelle promesse sulla base della predetta scheda tecnica, ma comunque prive di quelle essenziali per la destinazione per cui erano state acquistate, risulta senza dubbio integrata la fattispecie di cui all’art. 1497 c.c. e per l’effetto va riconosciuto in capo agli attori, il diritto a domandare la risoluzione del contratto per inadempimento ed il risarcimento del danno.

Anche in ordine alla quantificazione dei danni, chi giudica ritiene di doversi senz’altro rifare a quanto accertato dal CTU.

Va premesso che nel caso di specie, attesa la destinazione di produzione per la vendita all’industria e la qualità di imprenditori agricoli degli attori, il danno effettivamente da questi subito, non può limitarsi al prezzo pagato per l’acquisto e alle spese sostenute per la messa a dimora e coltivazione delle piante, ma in applicazione di quanto previsto dall’art.1223 c.c. altresì va apprezzato in termini di danno da lucro cessante, inteso come perdita delle aspettative di guadagno – trattandosi sicuramente di danno prevedibile nel momento in cui l’obbligazione fu contratta -, queste, sia pur attraverso un criterio equitativo di quantificazione ex art. 1226 c.c., desumibili dal prezzo di mercato corrente nell’annata in questione, al netto delle ulteriori spese eventualmente non sopportate ( es. le spese connesse alla raccolta del prodotto ).

Prima di più specificamente valutare i criteri di quantificazione del danno, va rilevata la nullità della clausola contrattuale ( art. 6 condizioni di vendita ) limitativa della responsabilità per come invocata dalla società convenuta a norma dell’art. 1229 c.c.

Invero, rilevato il rispetto dei requisiti di forma di cui all’art. 1341, comma 2, c.c. ( trattandosi clausola vessatoria redatta per iscritto su modulo predisposto unilateralmente dal venditore in favore del quale è pattuita e specificamente approvata dalle parti ) e l’inapplicabilità dell’art.1469 quinquies, comma 2, n.2, c.c. – norma vigente all’epoca dei fatti –, non rivestendo gli attori la qualità di consumatori, posto che l’acquisto del prodotto è avvenuto nell’ambito della loro attività professionale di imprenditori agricoli, la clausola è tuttavia nulla a norma dell’art. 1229 c.c. in quanto non esclude dalla limitazione della responsabilità, le ipotesi di dolo o colpa grave del venditore.

Peraltro, quand’anche si dovesse ritenere che la limitazione fosse implicita e comunque, nel silenzio della clausola, discendente dalla legge, allora la clausola sarebbe nel caso di specie inapplicabile, versandosi senza dubbio in una ipotesi di responsabilità del venditore determinata da colpa grave, attesa la particolare diligenza richiesta a qualsiasi operatore professionale nello svolgimento della sua attività, di certo mancata nel caso di specie ove, con ogni evidenza, la società convenuta poneva in vendita piantine prive delle caratteristiche promesse, senza aver prima operato alcuna effettiva e concreta verifica.

Superata la eccepita limitazione pattizia della responsabilità, alla luce dei criteri di individuazione e quantificazione dei danni come sopra indicati e tenuto conto della estensione dei terreni messi effettivamente a coltura con le piantine di pomodoro oggetto di causa, a ciascun attore vanno riconosciuti i danni nell’ammontare indicato dal CTU nella ipotesi di “mancata vendita all’industria di pomodoro pelato” e segnatamente: YYY €.10.063,05; XXX €.6.910,27; ZZZ €.13.418,00; KKK €.18.114,30; JJJ €.8.050,80; WWW €.3.019,05; PPP €.26.836,00.

Trattandosi di debito di valore, gli importi innanzi indicati vanno maggiorati degli interessi legali e della rivalutazione monetaria con decorrenza dal termine dell’annata agraria del 2002.

Le spese processuali, ivi comprese quelle di ATP, debbono seguire la soccombenza e vanno poste a carico della società convenuta e liquidate nella misura di cui al dispositivo, tenuto conto della tariffa di cui al DM 55/2014 siccome applicabile ai giudizi ancora pendenti al momento della sua entrata in vigore.

PQM

Il Tribunale di Brindisi in composizione monocratica nella persona del dott., definitivamente pronunciando sulla domanda in primo grado proposta con atto di citazione notificato in data 9 luglio 2003 da XXX, YYY, ZZZ, KKK, JJJ, WWW e PPP nei confronti di UUU, in persona del legale rapp.te, respinta ogni contraria domanda, eccezione e deduzione, così provvede:

1. in accoglimento della domanda attorea condanna la UUU al pagamento a titolo di risarcimento danni in favore degli attori, delle somme di seguito indicate oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria con decorrenza dal 10 novembre 2002: in favore di YYY €.10.063,05; in favore di XXX €.6.910,27; in favore di ZZZ €.13.418,00; in favore di KKK €.18.114,30; in favore di JJJ €.8.050,80;; WWW €.3.019,05; in favore di PPP €.26.836,00;

2. condanna inoltre la UUU al pagamento in favore degli attori ed in solido fra essi delle spese processuali che si liquidano in €.6.356,28 per esborsi ( comprese anticipazioni ai CCTTU ) ed €.4.000,00 per compensi ( compreso aumento pluralità parti ) fase istruzione preventiva, oltre 15% per rimborso forf., CAP e IVA ed €.10.000,00 per compensi ( compreso aumento pluralità parti ) giudizio di merito, oltre 15% per rimborso forf., CAP e IVA.

Brindisi, lì 6 settembre 2018

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