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Codice Civile
Codice Penale

Statuto dell’associazione

Approvazione del nuovo regolamento, modifiche dello statuto dell’associazione, impugnazione delle modifiche apportate

Pubblicato il 13 March 2023 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA
SECONDA SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA

Composta dai Sigg.ri Magistrati

riunita in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 1483/2023 pubblicata il 28/02/2023

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 2328 del registro generale degli affari contenziosi dell’anno 2020, passata in decisione all’udienza del 28 febbraio 2023 e vertente tra

TRA

XXX, YYY, ZZZ, rappresentati e difesi – per procura in atti – dall’Avv.;

APPELLANTI E

“MoVimento KKK”, in persona del legale rapp.te pro tempore, rappresentato e difeso dall’;

APPELLATO

FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA

La presente causa non attiene alla materia di impresa.

§ 1 — La vicenda che ha dato origine alla lite è la seguente.

YYY, XXX, ***, ***, ZZZ si rivolgevano al Tribunale di Roma esponendo: 1. che avevano impugnato il Regolamento e la modifica del Non Statuto, di cui alla proclamazione pubblicata sul Portale dell’Associazione in data 28.10.2016, per sentire il riconoscimento della loro nullità, annullamento; 2. che le modalità utilizzate per procedere all’approvazione del Regolamento integrativo dello Statuto ( e per la modifica degli artt. 5 e 8 del Non Statuto) non avevano ottenuto la unanimità dei consensi; 3. che era stato violato, altresì, l’art. 21, comma 2, cod. civ., secondo il quale, per procedere alla modifica dello Statuto, occorreva una delibera assembleare; 4. che aveva partecipato solo il 67% degli iscritti alla votazione; 5. che la votazione per referendum non era sufficiente per soddisfare il requisito assembleare necessario per ottenere una delibera rituale; 6. che le modalità utilizzate escludevano qualsiasi possibilità di formazione di una effettiva volontà interattiva tra gli iscritti; 7. che la deliberazione assembleare avrebbe dovuto essere espressione della volontà unitaria dell’associazione; 8. che la votazione, per stessa ammissione di *** in data 28.10.2016, non aveva ottenuto il quorum partecipativo dei tre quarti degli associati; 9. che l’approvazione del Regolamento non aveva ottenuto il quorum favorevole del 50% degli aventi diritto; 10. che erano stati arbitrariamente esclusi gli associati iscritti tra il 1.1.2016 ed il 25.9.2016 in virtù di una decisione di ***; 11. che la convocazione avrebbe dovuto essere personale e con modalità tali da assicurarne la effettiva ricezione agli associati, ai sensi dell’art. 8, disp. att. cod. civ.; 12. che non era stato consentito ai partecipanti di verificare l’effettivo adempimento delle prestazioni di cui al citato articolo; 13. che l’avviso non era pervenuto a *** poiché l’account per l’accesso al portale era stato disabilito, per come comunicato il 27.7.2016 con raccomandata; 14. che le modalità di svolgimento della votazione e la contestualità dei quesiti non avevano consentito di individuare il testo del regolamento che avrebbe dovuto integrare lo statuto, con la conseguenza che l’approvazione era avvenuta come se fosse stata votata una norma in bianco; 15. che l’indeterminabilità dell’oggetto comportava l’annullamento della votazione; 16. che si contestava quanto stabilito dall’art. 2, commi 6,7,8 del Regolamento per violazione del principio “uno vale uno”; 17. che era nulla la previsione che consentiva di modificare lo Statuto senza quorum qualificato; 18. che la previsione di cui al primo comma, lett. c) dell’art. 3 del Regolamento era nulla per violazione dell’art. 20, comma 2, cod. civ. per avere innalzato il quorum necessario per richiedere la indizione di una assemblea a danno delle minoranze e dei singoli associati; 19. che era nullo il secondo comma dell’art. 3 del Regolamento nella parte in cui prevedeva il termine di 24 ore per il preavviso di convocazione a mezzo posta elettronica ordinaria in quanto non garantiva l’effettiva informazione del socio né la verifica dell’avviso a tutti gli associati; 20. che la votazione online, oltre a presentare criticità di sicurezza, non aveva le caratteristiche proprie della seduta e della delibera assembleare; 21. che era nulla la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 3 che attribuiva ad un organismo tecnico indipendente la verifica dell’abilitazione al voto dei votanti ed il conteggio dei voti; 22. che l’art. 4 era nullo per la previsione di sanzioni disciplinari generiche ed indeterminate; 23. che l’art. 4 era nullo per la previsione di contestazione disciplinare a mezzo email in quanto non assicurava l’effettiva ricezione; 24. che era nulla la previsione di non appellabilità della decisione dei probiviri; 25. che era nullo l’art. 5 che limitava la scelta e la candidabilità alla carica di probiviri ai soli componenti i gruppi parlamentari del MoVimento KKK indicati dal Capo politico; 26. che la nullità dello stesso articolo 5 derivava anche dall’attribuzione di una funzione giudicatrice a soggetti che facevano parte di un distinto ente, cioè il gruppo parlamentare M5S, emanazione di una distinta associazione; 27. che l’art. 6 era da considerarsi nullo per le modalità di composizione del comitato di appello.

Gli attori, quindi, chiedevano “previa sospensione dell’esito della votazione, ovvero della delibera se qualificata tale dal Tribunale nonché del regolamento impugnato e delle modifiche apportate allo statuto dell’associazione convenuta, accertare e dichiarare – in accoglimento dei motivi di cui all’atto di citazione – l’inesistenza giuridica o, in subordine la nullità, ovvero in ulteriore subordine annullare, la votazione svoltasi tra il 27 settembre 2016 ed il 26 ottobre 2016, ovvero la delibera se qualificata tale dal Tribunale, per l’approvazione del nuovo regolamento e per le modifiche dello statuto dell’associazione, dichiarando per l’effetto altresì nullo o comunque annullando, dichiarandoli di nessun effetto, il regolamento de quo e le modifiche dello statuto denominato “Non Statuto”, o, in subordine, dichiarando nulli o annullando e dichiarandoli comunque di nessun effetto gli artt. 2,3,4,5 e 6 del regolamento nelle parti oggetto di impugnazione”.

Si costituiva l’associazione convenuta, chiedendo il rigetto di tutte le domande attrici.

In particolare, la convenuta deduceva:

Si costituiva il convenuto MoVimento KKK, depositando fascicolo di parte, contenente comparsa di costituzione con la quale esponeva: 1. che il MoVimento era una “non associazione” per cui non erano applicabili le norme sull’associazione non riconosciuta; 2. che la mancata riconducibilità alla figura dell’associazione non riconosciuta comportava l’inapplicabilità delle norme sulla assemblea e, più in generale, della intera disciplina; 3. che solo il regolamento del 2014 prevedeva l’assemblea degli iscritti, il quale non era oggetto di impugnazione; 4. che le modalità di voto ed il quorum deliberativo erano espressamente previsti ed indicati nel Regolamento pubblicato on line il 23.12.2014, non impugnato in questa sede; 5. che gli attori avevano accettato lo strumento di regolamentazione dei rapporti interni, costituito dal regolamento del 2014, partecipando ad una serie di votazioni online; 6. che, dunque il regolamento del 2014 era stato accettato implicitamente quantomeno per factia concludentia; 7. che la modifica del regolamento era avvenuto secondo le modalità del regolamento del 2014; 8. che l’art. 2 del Regolamento 2014 prevedeva espressamente la votazione online; 9. che anche il non statuto era in linea sulle modalità di votazione online; 10. che, ancorchè si fosse voluto ricondurre il MoVimento alla figura delle associazioni non riconosciute, occorreva considerare le peculiarità derivante dalla sua vita in rete; 11. che gli iscritti erano stati previamente informati dell’oggetto della deliberazione ed avevano potuto partecipare, prima e durante la votazione, ad una discussione attraverso il blog del MoVimento; 12. che l’art. 2 del regolamento del 2014 prevedeva un quorum pari ad almeno 1/3 degli iscritti; 13. che si doveva considerare la partecipazione comunque del 100% degli iscritti, da considerarsi astenuti non avendo espresso un voto utile; 14. che il numero dei voti espressi era superiore al 50% degli iscritti; 15. che l’aggiornamento del sito avveniva una volta all’anno, per come previsto dal regolamento, determinando la infondatezza della eccezione relativa alla esclusione degli iscritti del 2016; 16. che *** non aveva partecipato al voto poiché era stato sospeso a far data dal 9.12.2014 per l’indebito uso del nome e del marchio del MoVimento; 17. che lo stesso *** non aveva impugnato la sanzione disciplinare di cui era a perfetta conoscenza per le comunicazioni ricevute; 18. che il testo aggiornato proposto era stato pubblicato sul sito e reso disponibile per la consultazione; 19. che era infondata la eccezione di nullità relativa ai poteri decisionali conferiti al Capo politico ed al Comitato di appello poiché già presenti nel regolamento del 2014; 20. che analoga infondatezza ed analoga ragione sussistevano per il contestato quorum previsto per richiedere la indizione dell’assemblea; 21. che, ancora, si reiterava la infondatezza anche della contestazione della convocazione a mezzo email 24 ore prima della assemblea in quanto già contenuta nel regolamento del 2014; 22. che, per analoghe motivazioni, era infondata anche la contestazione relativa all’attribuzione ad un organismo tecnico indipendente dell’espletamento di verifiche sulla regolarità delle votazioni in rete, come anche la sua nomina demandata al consiglio direttivo ad un organo terzo;

23. che la contestazione delle sanzioni disciplinari, oltre ad essere priva di interesse ed a trascurare la previsione contenuta in parte già nel regolamento del 2014, appariva infondata in quanto era espressione della presenza di gravi motivi ostativi alla permanenza del rapporto associativo; 24. che la inappellabilità del collegio dei probiviri era prevista solo nel caso di espulsione in dipendenza del riscontro automatico e vincolato della mancanza dei requisiti di iscrizione stabiliti nel Non Statuto, fatta salva sempre la possibilità di adire l’autorità giudiziaria; 25. che la nomina dei probiviri tra i membri dei gruppi parlamentari era una scelta di merito ed in quanto tale insindacabile nel presente giudizio; 26. che anche la nomina dei membri del comitato di appello era già contenuta nel regolamento del 2014.

§ 1.1 — Il tribunale, espletata l’istruttoria necessaria, ha respinto le domande attrici, condannando gli attori alla rifusione delle spese di lite.

§ 1.2 — A fondamento della decisione, il primo giudice ha posto le seguenti considerazioni:

«[…Gli attori, in sostanza, lamentano, impugnando le modifiche del regolamento approvate dalle votazioni svoltesi tra il 27.9.2016 ed il 26.10.2016 e le modifiche del Non Statuto approvate all’esito delle stesse votazioni: a) che detta approvazione non aveva ottenuto l’unanimità dei consensi ed, in ogni caso, non aveva rispettato il dettato normativo di cui all’art. 21 del codice civile; b) che non vi era stata una necessaria delibera assembleare con la possibilità per gli associati di discutere le proposte; c) che la votazione non aveva avuto il quorum partecipativo dei tre quarti degli associati né quello deliberativo del 50% degli aventi diritto; d) che dalla votazione erano stati esclusi arbitrariamente gli associati iscritti tra il 1.1.2016 ed il 25.9.2016; e) che, in assenza di una espressa previsione statutaria, la convocazione non era avvenuta con una convocazione a mezzo avviso personale e con modalità tali da assicurarne la effettiva ricezione; f) che non vi era la possibilità di verificare l’effettivo adempimento delle formalità eseguite; g) che ***, non avendo ricevuto l’avviso di convocazione, non aveva potuto esercitare il diritto di voto anche per la chiusura dell’account; h) che le modalità della votazione non avevano consentito di valutare il testo del regolamento sottoposto alla votazione stessa; i) che erano illegittime le previsioni contenute nei commi 6,7,8, dell’art. 2 del Regolamento; j) che era illegittima la previsione di modificare il Non Statuto senza un quorum qualificato; k) che era illegittimo l’innalzamento del quorum richiesto per la richiesta di indizione di assemblea; l) che era illegittimo il preavviso di solo 24 ore e con un avviso inviato a mezzo posta elettronica; m) che era nullo l’ultimo comma dell’art. 3 che attribuiva ad un organismo tecnico indipendente la verifica dell’abilitazione al voto dei votanti ed il conteggio dei voti; n) che l’art. 4 era illegittimo per la genericità delle condotte sanzionate; o) che era illegittima la previsione della contestazione a mezzo email come anche la previsione della inappellabilità della decisione dei probiviri in materia di procedimenti di espulsione; p) che l’art. 5 e l’art. 6 erano nulli per le modalità di selezione del collegio dei probiviri e per le modalità previste per le candidature. Concludeva, come riportato puntualmente in epigrafe. A fronte di queste contestazioni, le difese della convenuta si possono riassumere in una assenza di novità delle disposizioni regolamentari e nella affermata natura pattizia delle modifiche nonché nella ritenuta ritualità delle operazioni di voto. Non vi è dubbio che il convenuto MoVimento e l’Associazione collegata, alla quale occorre riconoscere un ruolo maggiormente operativo in quanto più strutturata come associazione avendone i requisiti più tipici secondo la normativa civilistica, sono riconducibili entrambe alla fattispecie delle associazioni non riconosciute. Infatti, il c. d. Non Statuto, seppure indicato con una espressione in negativo sintomatica dei criteri ispiratori del MoVimento, manifesta una aggregazione di persone diretta a perseguire determinate finalità nell’ambito di un confronto interno. La particolare terminologia utilizzata è funzionale alla realizzazione di determinate finalità, ma non esclude la sua riconducibilità ad un fenomeno associativo, seppure indicato come Non associazione dotata di un Non statuto. L’art. 36 del codice civile prevede espressamente, infatti, che “l‘ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute come persone giuridiche sono regolati dagli accordi degli associati”, dettando così una sorta di norma di chiusura per l’accorpamento di tutte quelle aggregazioni che trovano la loro regolamentazione negli accordi pattizi, indipendentemente dalle modalità di espressione e dalla organizzazione prescelta. L’accordo degli associati, dunque, è la fonte dalla quale tra ispirazione ogni comportamento all’interno di una associazione, il cui significato ovviamente va interpretato in senso lato per racchiudere ogni tipo di aggregazione. L’accordo tra i soci che fanno parte dell’associazione è riconducibile alla figura del contratto nel quale a fronte di una proposta, o di una trattativa per addivenire ad un regolamento, vi è una accettazione informata e volontaria del contenuto del regolamento a cui si aderisce. Si tratta, dunque, di una adesione di natura contrattuale alla associazione ed al regolamento che vengono proposti. In questo contesto, nessun rilievo formulano gli attori in ordine a vizi nella loro manifestazione di volontà che, dunque, deve presumersi essersi formata in modo pienamente consapevole ed informato delle modalità operative dell’Associazione convenuta e dei suoi principi ispiratori, con tutte le peculiarità che la connotano. Detto ciò, la censura di fondo alla domanda proposta dagli attori consiste essenzialmente nella manifestazione di un disaccordo nel merito delle misure adottate, ponendo così il contenzioso più su un piano di non condivisione contenutistica che di contrasto prettamente giuridico e di legittimità, utilizzando principi generali che collidono con le previsioni statutarie e regolamentari in senso generico ed astratto. La domanda, infatti, mira a contestare principalmente le modifiche adottate sotto un profilo di merito ed in minima parte sotto un profilo di legittimità ( le modalità della votazione delle modifiche e la asserita esclusione di un associato). Gli stessi attori omettono, tuttavia, di considerare che le previsioni pattizie sono in linea con le determinazioni degli associati anche solo sotto il profilo della mera accettazione in assenza di una impugnazione rituale di decisioni ancorchè asseritamente illegittime. Va ricordato, infatti, che, proprio in ragione della centralità dell’accordo tra gli associati, la valutazione del tribunale non può che limitarsi a profili di illegittimità che hanno come parametro di riferimento sempre lo statuto, il regolamento e la legge. Ogni associazione, infatti, in virtù delle regole che si è data (e che sono state accettate dagli associati) può anche limitare, nell’ambito dei diritti disponibili ovviamente, le facoltà e gli oneri dei soci, attribuendo loro posizioni disomogenee. Ciò vale nella misura in cui viene accettato da ogni socio e nella misura in cui quanto deciso segua le regole che gli stessi associati si sono date. Quindi, tutte le contestazioni sollevate dagli attori come nullità e/o annullamento per contrarietà a determinati principi generali appaiono infondati nella misura in cui ogni associato ha consentito, accettandola, alla regola pattizia derogatrice. Quest’ultima può derivare anche da un comportamento illegittimo, ma la assenza di impugnazione dell’atto che l’ha introdotta, consente alla regola così introdotta di rimanere in vita, costringendo gli associati ad adeguarsi ad esse, intendendosi esservi stata una accettazione implicita quantomeno da parte di tutti coloro che non hanno impugnato. Ciò vale per il Regolamento del 2014 del MoVimento che non risulta impugnato nel presente giudizio né risulta fornito alcun riscontro in ordine alla sua illegittimità né risulta alcuna statuizione della sua illegittimità. La conseguenza di quanto sopra è la legittimità delle votazioni eseguite in conformità al predetto Regolamento del 2014, il quale già prevedeva: – “alle votazioni in rete sono ammessi gli iscritti dalla data indicata nel sito del MoVimento KKK, aggiornata almeno una volta l’anno”; – “ le decisioni sono assunte a maggioranza dei votanti”; – “ le votazioni sono valide indipendentemente dal numero dei votanti, salvo che per le votazioni su modifiche al regolamento od al programma, argomenti per i quali è richiesta la partecipazione al voto di almeno un terzo degli iscritti”; – “Nel caso partecipi alla votazione un numero inferiore di iscritti, la votazione può essere ripetuta, a richiesta del capo politico del MoVimento KKK o di almeno il 20% degli iscritti, mediante la procedura prevista nel link”; – “L’assemblea viene indetta con avviso sul portale del MoVimento KKK e con e-mail inviata agli iscritti interessati dalla votazione, con preavviso di almeno 24 ore per le votazioni sulla scelta dei candidati e sulle modifiche al regolamento”; – “La verifica dell’abilitazione al voto dei votanti ed il conteggio dei voti vengono effettuate in via automatica dal sistema informatico. La regolarità di funzionamento del sistema sarà verificata e certificata da un organismo tecnico indipendente, nominato con cadenza triennale dal consiglio direttivo dell’associazione”; – “Gli iscritti al MoVimento KKK sono passibili di espulsione: a) per il venire meno dei requisiti di iscrizione stabiliti dal “non statuto”; b) per violazione dei doveri previsti dall’articolo 1 del presente regolamento; c) se eletti ad una carica elettiva, anche per violazione degli obblighi assunti all’atto di accettazione della candidatura”; – “dispone la sospensione dell’iscritto, dandone comunicazione al gestore del sito, il quale provvede alla disabilitazione dell’utenza di accesso”; – “contesta all’interessato la violazione con comunicazione a mezzo e-mail, assegnandogli un termine di dieci giorni per la presentazione di eventuali controdeduzioni”; – “Entro i dieci giorni successivi, l’interessato può proporre ricorso contro l’espulsione, a mezzo email da inviare al link www.***.it/movimento/regolamento/9.html. Il ricorso viene esaminato dal comitato d’appello entro il mese successivo. Il comitato d’appello ha facoltà di acquisire informazioni o chiarimenti, nel rispetto del contraddittorio. Se il comitato d’appello ritiene sussistente la violazione contestata, conferma l’espulsione in via definitiva. Se il comitato d’appello ritiene insussistente la violazione contestata, esprime il proprio parere motivato al capo politico del MoVimento KKK, che se rimane in disaccordo rimette la decisione sull’espulsione all’assemblea mediante votazione in rete di tutti gli iscritti, la quale si pronuncia in via definitiva sull’espulsione. In ogni caso di espulsione, il gestore del sito provvede alla cancellazione dell’espulso dall’elenco degli iscritti”. I motivi di contestazione trovano già la loro disciplina nel precedente regolamento e la votazione della modifica del regolamento impugnato e delle modifiche del non statuto è avvenuta ritualmente con le indicazioni contenute nel regolamento del 2014, soprattutto considerando una base del 100% in presenza di modalità di voto on-line e la durata della votazione protrattasi temporalmente. Prevede, infatti, il regolamento del 2014, la maggioranza dei votanti nell’ambito degli iscritti al momento della votazione con un quorum libero, salvo il caso della modifica al regolamento o al programma per il quale è richiesto un quorum di almeno un terzo degli iscritti. Nessun profilo di illegittimità presenta dunque la modifica del regolamento del 2014, la quale sola, tra le contestazioni sollevate, può essere esaminata dal Tribunale poiché le residue contestazioni attengono al merito dell’accordo tra i soci. Anche tra queste non vi è alcun profilo di illegittimità nel senso di pregiudicare qualche diritto indisponibile idoneo ad incidere su una posizione soggettiva. Quest’ultimo è un ulteriore aspetto di infondatezza della domanda poiché, a parte il profilo di illegittimità della delibera o del provvedimento impugnato, l’impugnazione generica o astratta di un atto senza la indicazione di un pregiudizio concreto si pone sotto un profilo, come sopra detto, di contestazione di merito, ma non di illegittimità, connotata da generalità ed astrattezza. Qualunque sia la espressione della volontà dei soci, adottata a maggioranza, una volta accertata la legittimità della decisione in quanto conforme alle regole che si sono dati gli associati, la eventuale contestazione di una regola non può prescindere dalla sua applicazione e dal pregiudizio arrecato ad un socio, circostanza già fatta rilevare peraltro in sede cautelare. In caso contrario, è bene ribadire, ogni contestazione rimane su un profilo di merito che avrebbe dovuto essere fatto valere con le modalità consentite dall’associazione e con le regole dalla stessa adottate ed accettate dagli aderenti. Nessuno degli attori ha contestato il regolamento del 2014 e nessuno lo ha impugnato al momento della sua entrata in vigore, così accettandolo di fatto. In ogni caso, non viene allegata nessuna statuizione di illegittimità per la quale sia venuto meno il regolamento 2014. Nella stessa misura, l’attore – che oggi fa valere la sua esclusione dalla votazione che costituisce un profilo di legittimità valutabile (peraltro non contestato) – avrebbe dovuto far valere tale posizione al momento della sua sospensione ed al momento della disattivazione del suo account. In assenza di una pronuncia su detto profilo, appare infondata ogni contestazione nel presente giudizio poiché la mancata comunicazione e disattivazione dell’account non sono compresi nel presente giudizio. Nella email sottoscritta dall’attore *** (all. 12 della comparsa di costituzione), lo stesso *** afferma “di fatto veniamo espulsi dal movimento dopo anni di certificazione e partecipazione attiva come attivisti e candidati o inibiti alla partecipazione”. Pertanto, l’attore *** era perfettamente a conoscenza della sua posizione e della sua impossibilità a votare, come da regolamento 2014, nel quale è espressamente prevista la disattivazione dell’account. Le residue contestazioni, relative al preavviso o al controllo della spedizione delle email ovvero alla loro ricezione, rimangono su un piano generico e sono carenti di un pregiudizio per il quale è legittimato solo chi lo ha subìto. Va precisato che le modalità di convocazione, in ogni caso, rientrano tra quelle regole accettate dai soci al momento della loro adesione alla associazione ed, in quanto tali, sono sottratte al sindacato del giudice poiché attengono a profili di merito. Analogamente negativa è la decisione sulla contestata indeterminatezza dell’oggetto della modifica atteso che tramite il sito e tramite le indicazioni fornite è stato possibile avere la precisa conoscenza di ciò per il quale si chiedeva di votare. Nessuna indeterminatezza dell’oggetto può rilevarsi, ma solo un modo di formulare la proposta in modo diverso rispetto a quella tradizionale allegata dagli attore, non per questo illegittima. La stessa censura deve replicarsi per la indicazione di un organo di controllo esterno atteso che gli attori omettono di considerare nelle loro valutazioni che appaiono legittime le c. d. associazioni complesse cioè associazioni formate da una struttura piramidale, il cui vertice è composto da altre associazioni, ovvero associazioni parallele. Questo tipo di associazioni rientrano nella c. d. rappresentanza indiretta cioè associazioni che possono derogare al metodo collegiale e di democrazia diretta in virtù di multilivelli pur sempre manifestazione dell’autonomia privata ai sensi dell’art. 36 cod. civ. Tale possibilità consente di ritenere superata la visione “associazione” prospettata dagli attori, improntata a canoni risalenti e che non tengono conto della possibilità oggi consentita anche alle associazioni di diversi livelli per una direzione e coordinamento, come nelle cooperative ai sensi dell’art. 2540 cod. civ. Inoltre, occorre considerare che, l’evoluzione informatica, ha introdotto sistemi organizzativi diversi che si distinguono da quelli ordinari, ma che, tuttavia, non per questo non sono legittimi soprattutto in considerazione della disciplina introdotta dal digitale con concetti altamente innovativi e divenuti ormai tipici.]»

 

§ 2 — Hanno proposto appello YYY, XXX, ***, ***, ZZZ contestando la sentenza di primo grado sotto vari profili e chiedendo, previa riforma dell’impugnata sentenza, “accertare e dichiarare l’inesistenza giuridica o, in subordine la nullità, ovvero in ulteriore subordine annullare, la votazione svoltasi tra il 27 settembre 2016 e il 26 ottobre 2016, ovvero la delibera se qualificata tale, per l’approvazione delle modifiche al Regolamento e per le modifiche”.

Ha resistito parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello.

Con ordinanza in atti la Corte accoglieva l’istanza ex art. 283 CPC, formulata dagli appellanti. Con provvedimento in data 15 febbraio 2023 la causa veniva assegnata a questo relatore.

§ 2.1 — All’udienza 28 febbraio 2023 procuratori delle parti hanno precisato le conclusioni e trasmesso note scritte per via telematica secondo quanto disposto dalla Corte ai sensi degli artt. 221 comma 4 D.L. 19 maggio 2020 n.34, conv. con mod. nella legge 17 luglio 2020 n.77, ed 1 comma 3 lett. a) e lett. b) n.7) D.L. 7 ottobre 2020 n.125, dal d.l. n. 105 del 2021, conv. con mod. nella l. n. 126 del 2021, dal d.l. 30.12.2021 n. 228, conv. nella l. 15/2022, il quale nel suo articolo 16, ha prorogato la possibilità di disporre la trattazione cartolare sino al 31.12.2022 e tenuto anche conto di quanto disposto dal d.lgs. n. 149 del 10.10.2022, entrato in vigore il 18.10.2022 ed in particolare dagli artt. 35 II comma e 127 ter del medesimo d.lgs.

Con le medesime note i procuratori delle parti hanno, altresì, svolto le memorie conclusionali anticipate, come autorizzate dalla Corte per la trattazione cartolare.

La Corte, quindi, ha trattenuto la causa in decisione con motivazione contestuale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

§ 3 — L’appello, composto di 54 pagine, è articolato in cinque motivi.

§ 3.1 — Dopo aver ricostruito la vicenda in fatto e processuale, col primo motivo (pagg. 12/18) – titolato “IMPUGNAZIONE DEL CAPO DELLA SENTENZA CHE HA RITENUTO LEGITTIMA LA MANCATA CONVOCAZIONE E L’IMPEDIMENTO AL VOTO IN CAPO ALL’ASSOCIATO

***: VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEL COMBINATO

DISPOSTO DEGLI ARTT. 8 DISP. ATT. C.C., 20, 24, 36, 1334 C.C., 1372 C.C. E 11 DISPOSIZIONE SULLA LEGGE IN GENERALE (O DEL PRINCIPIO GENERALE “TEMPUS REGIT ACTUM”) O IN SUBORDINE: VIZIO DI MOTIVAZIONE APPARENTE: VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 113 C.P.C. E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 132, N.4, C.P.C.; VIOLAZIONE DELL’ART. 115 C.P.C. .” – gli appellanti , con riguardo alla posizione di ***, lamentano l’erroneità della sentenza per non aver il primo giudice tenuto conto dell’impedimento al voto , subito da ***, a seguito della disattivazione dell’account in data 10.12.14 – antecedente anche al regolamento del 23.12.14 – senza un provvedimento espulsivo o sospensivo nei suoi confronti idoneo a far cessare il rapporto associativo.

Aggiungono gli appellanti che la disattivazione era stata comunque effettuata da un soggetto terzo e che la lettera ricevuta il 9.12.14 non conteneva affatto un provvedimento disciplinare, sicchè non era stato posto nelle condizioni di ricevere la convocazione, con l’ulteriore conseguenza che la sua mancata partecipazione per mancato avviso aveva reso nulla o annullabile la delibera e le votazioni del settembre/ottobre 2016, invocando all’uopo giurisprudenza di legittimità nonché gli artt. 1334 C.C. e 8 disp. Att. C.c.

§ 3.2 — Col secondo motivo (pagg. 18/28) – titolato “IMPUGNAZIONE DEL CAPO DELLA SENTENZA CHE, IN VIOLAZIONE DELL’ART. 21, 2° COMMA, C.C. E DEL COMBINATO DISPOSTO DEGLI ARTT. 36, 1418, 2°COMMA, E 1325, N. 1, 1421, 2377, ULTIMO COMMA, C.C.

HA RITENUTO LEGITTIMA LA MODIFICA DELLO STATUTO PUR IN ASSENZA DEL RAGGIUNGIMENTO DEL QUORUM DI PARTECIPAZIONE DEI TRE QUARTI DEGLI ISCRITTI ALLA VOTAZIONE “ – gli appellanti si dolgono della erroneità della decisione impugnata per non avere il primo giudice tenuto conto della illegittimità della delibera in ragione della assenza del quorum (3/4 degli scritti) come evincibile dal comunicato del 27.10.16 in cui si indica il 67% degli iscritti quale ammontare dei partecipanti, così violando quanto previsto dall’art. 21 C.C.

Aggiungono gli appellanti che solo con la modifica del regolamento era stato rivisto, riducendolo, il quorum, in quanto nel regolamento del 2014 nulla era stato previsto al riguardo, peraltro a sua volta impugnato da altri appartenenti all’associazione.

Proseguono gli appellanti nell’esporre che il regolamento del 2014 era stato meramente pubblicato e mai approvato, con la conseguenza che non poteva integrare un accordo pattizio idoneo a regolamentare gli associati, tenuto anche conto che non era stato approvato con il quorum richiesto dall’art. 21 comma 3 C.C. , come era stato rilevato in sede cautelare nell’ordinanza emessa in data 14.7.16 dal Tribunale di Napoli.

Espongono, infine, gli appellanti che- contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale – non occorreva impugnare detto regolamento del 2014 in quanto non supportato da alcuna delibera, con conseguente inesistenza di un accordo e comunque nullità imprescrittibile, rilevabile d’ufficio ex art. 1421 C.C., negando la configurabilità di una acquiescenza tacita.

§ 3.3 — Col terzo motivo (pagg. 28/33)- titolato “IMPUGNAZIONE DEL CAPO DELLA SENTENZA CHE HA RIGETTATO IL CAPO D’IMPUGNAZIONE RELATIVO ALL’INDETERMINABILITA’ EX ANTE DEL CONTENUTO DELLA MODIFICA DA APPORTARE ALLO STATUTO TENUTO (capo d’impugnazione intitolato: “Annullabilità della votazione per indeterminatezza dell’oggetto della votazione stessa con riferimento alla individuabilità ex ante della modifica da apportare allo Statuto del 4.10.2009”: VIOLAZIONE DELL’ART. 132 C.P.C. PER MOTIVAZIONE APPARENTE. VIOLAZIONE DELL’ART. 2697 C.C.. RICHIESTA DI RIFORMA DI TALE CAPO DELLA SENTENZA CON ACCOGLIMENTO DELLA DOMANDA DI ANNULLAMENTO DELLE MODIFICHE DELLO STATUTOPER INDETERMINATEZZA DELL’OGGETTO DELLA VOTAZIONE.” – le parti appellanti reiterano la tesi della indeterminatezza oggetto di modifica dello statuto, presentata con tre quesiti non essendo dal raccordo ipertestuale evincibile quale fosse il testo che veniva aggiornato in base alle diverse risposte.

Lamentano quindi gli appellanti che il Tribunale non ha tenuto conto in modo specifico del loro motivo di impugnazione della delibera di cui chiedono dichiararsi la nullità o annullabilità.

§3.4 – Con il quarto motivo (pagg. 33/40) – titolato “IMPUGNAZIONE DEL CAPO DELLA

SENTENZA CHE HA RIGETTATO IL CAPO D’IMPUGNAZIONE RELATIVO ALLA RICHIESTA DI DICHIARAZIONE DI NULLITA’ O IN SUBORDINE DI ANNULLAMENTO DELLA MODIFICA STATUTARIA PER MANCATA ADOZIONE DEL PROCEDIMENTO ASSEMBLEARE: VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 21 C.C. NONCHE’ DEL COMBINATO DISPOSTO DEGLI ARTT. 36, 1325 N. 1, E 1418 C.C”- gli appellanti denunciano che il Tribunale non avrebbe considerato l’omessa procedura assembleare ex art. 21 C.C., non potendosi prevedere nel regolamento la sostituzione dell’assemblea mediante il voto on-line, richiamando quanto affermato dal Tribunale di Napoli in data 14.7.14 in materia di assemblea rinforzata ex art. 21 citato nonché il principio secondo il quale l’organo assembleare non può mai essere soppresso, considerato anche che l’art. 4 dello statuto prevede la centralità della rete ma non la detta sostituzione.

§3.5 – Con il quinto motivo (pagg. 41/50) gli appellanti ripropongono la questione di nullità dei singoli articoli contenuti nel regolamento come innovato con il voto del 2016, riportati segnatamente, lamentando la mancata delibazione da parte del Tribunale se, come risultava, il giudice aveva ritenuto queste delle norme pattizie.

§ 4 — L’appello è fondato e merita accoglimento.

I motivi di gravame, tutti strettamente connessi tra loro , possono essere unitamente delibati.

Va premesso, però, che è ormai definitiva la statuizione del Tribunale in ordine alla riconducibilità della parte originariamente convenuta – oggi appellata – alla associazione non riconosciuta, con la conseguente applicabilità alla stessa di quanto disposto dalle norme in materia.

Ed è sulla base di tale premessa che le doglianze devono essere delibate.

Risulta, in primo luogo, fondato il primo motivo di appello che riguarda la posizione di ***, destinatario sin dal 10 dicembre 2014 (e quindi prima del regolamento 23.12.14 con il quale, all’art. 4, è disciplinato il procedimento di espulsione e/o cessazione dal rapporto associativo) della disabilitazione dall’utilizzo dell’account, con la conseguenza – pacifica anch’essa – della impossibilità di essere destinatario della convocazione (con le modalità telematiche adottate) così come di poter esercitare il diritto di partecipare alla votazione.

Non è possibile – come sembra aver fatto il primo giudice – applicare al *** la previsione di una norma regolamentare in via retroattiva, contenente in ogni caso uno specifico procedimento così come previsto dall’art. 24 C.C. che garantisce, ovviamente, sia la conoscibilità dei fatti contestati (e della loro previsione quali idonei a determinare l’espulsione) sia la possibilità di contraddittorio.

Nessuno di tali aspetti risulta emergere dalla vicenda in esame, ove si assiste ad una mera comunicazione di risposta alle doglianze del *** in ordine al “distacco” del suo account, con la indicazione dei comportamenti ai quali uniformarsi per il futuro: proprio tale elemento, alla luce di quanto finora esposto, esclude che detta risposta (v. lettera del 9 dicembre 2014 a firma del capo politico ***) possa integrare un provvedimento di natura sanzionatoria o sospensiva rispetto al rapporto associativo che, pertanto, non è stato mai effettivamente interrotto , tanto meno con un provvedimento ossequioso di quanto previsto nella citata norma codicistica.

Ciò conduce, logicamente, ad escludere che *** possa aver prestato acquiescenza ad un provvedimento in realtà mai adottato nei suoi confronti e tanto meno dal medesimo ricevuto. Ne consegue che, non risultando validamente ed efficacemente interrotto il rapporto associativo (neppure temporaneamente), *** ha visto illegittimamente compresso (rectius: escluso) il suo diritto di partecipazione al voto, con la conseguenza che nei suoi confronti certamente va dichiarata la nullità della delibera finale per il mutamento nel 2016 del regolamento previgente.

In ogni caso, vi è pieno riscontro di una “reazione” del *** alla disabilitazione dell’account informatico, con l’ulteriore conseguenza che di certo non può ritenersi sussistente – come ancora sostiene parte qui appellata – una condotta inequivoca di acquiescenza.

Il detto profilo di illegittimità non inficia, però, di per sé la delibera, atteso che il richiamo formulato dagli appellanti ad una pronuncia di legittimità – secondo la quale l’assenza di un socio dall’assemblea compromette la delibera – non appare conferente, riferendosi ad una precisa norma codicistica (art. 2479 ter C.C.) che attiene alle società di capitali, enti di ben diversa natura rispetto alla associazione non riconosciuta, con conseguente inapplicabilità analogica della norma, invero neppure invocata o argomentata. Ciò non esclude, ovviamente, la legittimazione attiva anche degli altri attori a far valere la invalidità della deliberazione del 2016 proprio in ragione dell’assenza di uno degli aventi diritto.

Nel merito, poi, si osserva quanto segue.

La vicenda è stata ed è a tutt’oggi oggetto di un nutrito contenzioso, sebbene la specifica questione relativa alla modifica del regolamento, avvenuta con le espressioni di voto telematico nel 2016, è stata affrontata via via sotto profili diversi, in particolar modo con riguardo a provvedimenti di espulsione intervenuti prima e dopo detta modifica, sicchè ogni situazione accertata nei vari uffici giudiziari è effettivamente diversa.

Da ciò consegue che l’invocazione da parte appellante così come da parte appellata dell’esito di alcune di tali vicende giudiziarie non è mai del tutto calzante e/o conferente, dovendosi appunto effettuare una verifica rispetto alla fattispecie concreta.

Giova, però, una precisazione preliminare in ordine alle norme che hanno disciplinato e disciplinano la vita associativa della parte appellata, così come documentalmente emergono dai fascicoli delle parti che, sul punto, sono concordi.

La precisazione appare doverosa perché alla luce della ricostruzione di detta disciplina nel tempo dovrà avvenire la delibazione delle doglianze degli originari attori oggi appellanti.

E’ certo che il primo atto è costituito dallo statuto dell’ottobre 2009 al quale ha fatto seguito l’atto costitutivo dell’associazione in data 14.12.12: da segnalare come all’art. 4 di detto ultimo atto viene indicata la rete internet come “modello di consultazione e partecipazione democratica alla vita politica” e come siano indicati gli organi dell’associazione quali l’assemblea , il consiglio direttivo ed il presidente. L’art. 8, poi, rimanda pienamente allo statuto (c.d. non statuto).

A ciò ha fatto seguito lo statuto aggiornato al 2012 che, all’art. 3, richiama la rete internet come modello di partecipazione, riprendendo testualmente quanto previsto all’art. 4 dell’atto costitutivo, prevede all’art. 8 la cessazione della qualità di socio lì ove quest’ultimo perda i requisiti per l’iscrizione, all’art. 9 il diritto del socio a partecipare alla vita associativa e ad essere informato delle iniziative mediante il sito dedicato, all’art. 11 gli organi associativi (assemblea, consiglio direttivo e presidente) e, soprattutto, all’art. 12 viene disciplinata l’attività dell’assemblea. E’ in questa sede che si prevede, in caso di modifiche allo statuto, il vaglio del consiglio direttivo così come la possibilità di convocare detta assemblea per le modifiche dello statuto, con apposito quorum (3/4 di presenti tra gli associati, voto favorevole della maggioranza dei presenti).

Questa la situazione quando, nel 2014, è stato pubblicato sul sito dedicato il “regolamento”, nel quale all’art. 1 è prevista la partecipazione in rete ed il voto per decisioni di indirizzo politico con la previsione della necessità di una scelta condivisa; all’art. 2 si prevede la votazione in rete anche per le modifiche del regolamento (v. lett. c)) e con la previsione che è necessaria la partecipazione di almeno 1/3 degli iscritti, con ripetizione in caso di numero inferiore e con la validità della seconda votazione a prescindere.

Merita segnalare che in caso di delibera dell’assemblea per le ipotesi della lettera c) è espressamente prevista la vincolatività per il capo politico.

E’ all’art. 3, poi, che viene prevista, in sede di assemblea, la votazione in rete, che – pertanto – per la prima volta è prevista in modo specifico quale modalità di svolgimento dell’assemblea, organo dell’associazione.

Modifiche a questo regolamento sono state, quindi, introdotte nel 2016 a seguito delle espressioni di voto avvenute, appunto, in rete, oggetto di impugnazione nel presente giudizio.

Non può , però, condividersi la valutazione fatta dal Tribunale in ordine al mancato coinvolgimento – nel “petitum” – del regolamento 2014, pacificamente mai deliberato in assemblea ma meramente pubblicato nell’apposito sito dedicato.

Premesso che gli atti difensivi – in particolare l’atto originario introduttivo del giudizio – vanno letti nella loro completezza, è sufficiente richiamare il punto 5) di pag. 5 del detto atto di citazione (ove gli attori lamentano il contrasto con lo statuto e la omessa modalità di approvazione del regolamento 2014 mediante assemblea), l’allegazione a pag. 13 – ove si “impugna” il regolamento e la sua modifica successiva – nonché la indicazione contenuta a pag. 40 – ove si indica chiaramente l’illegittimità del procedimento di approvazione del regolamento 2014 contenente anche le modifiche statutarie nonché del regolamento 2016 – per comprendere con tranquillante certezza che il regolamento 2014 era oggetto di “causa petendi” e “petitum” sia direttamente (anche in forza della impugnazione di singoli articoli di quel regolamento 2014, non mutati nel 2016), sia in via incidentale al fine di vedere accertata la illegittimità del regolamento 2016.

Ne consegue che ben deve essere delibata, a questo punto, la legittimità di detto regolamento 2014, sulla base del quale, poi, la votazione del 2016 è stata effettuata in rete.

Orbene, è pacifico che detto regolamento – come già detto – non sia mai stato deliberato, neppure con votazione in rete, ma semplicemente pubblicato nell’apposito sito.

La “reazione” difensiva dell’odierna parte appellata, sin dal primo grado, è stata nel senso che gli originari attori avevano prestato “acquiescenza” a detto regolamento, accettandolo (quale proposta contrattuale nel rapporto associativo) mediante comportamenti concludenti di accettazione, appunto, tacita.

Va, sin da subito, premesso che non è oggetto di discussione l’utilizzo dello strumento della rete quale modalità di votazione o comunque di svolgimento di un’assemblea (considerato che sono ammissibilità modalità similari come il referendum o il voto per posta), bensì la fonte normativa (in questo caso contrattuale) che ha previsto detta modalità.

Gli odierni attori hanno sempre sostenuto di non aver accettato una tale soluzione, per non averla deliberata e per non aver tenuto condotte incompatibili con detta disciplina regolamentare, così reagendo all’unica circostanza che la parte odierna appellata ha allegato quale eccezione, si badi bene, in senso stretto ex art. 2697 comma 2 C.C. (e quindi soggetta a specifiche preclusioni).

In particolare, alle pagg. 11/17 della comparsa di costituzione in primo grado, vengono citati alcuni precedenti (in particolare il giudizio relativo a ***) e poi i documenti nn. 6 e 7 dai quali risulterebbero le partecipazioni a votazioni on-line effettuate dagli attori, a dimostrazione che trattandosi di una modalità (anche per l’espulsione di un iscritto nel 2015) prevista da detto regolamento, l’utilizzazione da parte degli attori costituirebbe condotta di accettazione del regolamento stesso.

La tesi sostenuta dall’odierna appellata – anche in questa sede – per quanto suggestiva, non risulta fondata per diverse ragioni.

Il nuovo regolamento è stato pubblicato solo a dicembre 2014, sicchè tutte le espressioni di opinioni (denominate a volte “votazioni”, a volte “consultazioni”) antecedenti a tale data non possono essere di certo prese in considerazione.

Quelle successive – anch’esse con le due diverse denominazioni – non riguardano tutti gli attori: è certo, infatti, che né *** né *** vi hanno potuto partecipare, perché disabilitati nell’account, con tutto ciò che ne consegue.

Per i restanti attori , sono visibili dal detto documento i nomi di XXX, ZZZ e YYY. Rileva la Corte che, però, tali singole votazioni/consultazioni non possono – in assenza di altri elementi significativi ed univoci – essere sufficienti a sostenere l’eccezione di parte oggi appellata. Giova ricordare, a questo punto, che alcune condotte – come quelle indicate da parte oggi appellata

– non possono costituire di per sé circostanze induttive della inequivoca accettazione della modifica (v. Cass. n. 13592/00), così come non può certo essere considerato fatto concludente la mera inerzia degli iscritti rispetto alla pubblicazione sul sito del regolamento 2014 o, ancora, la mancata contestazione della convocazione.

Occorre, piuttosto, una condotta con la quale sia stata data esecuzione proprio a quelle regole (che si contestano) idonea ad integrare, quindi, la volontà di avvalersi di quegli effetti negoziali contenuti nelle nuove disposizioni contenute nel citato regolamento del 2014.

Devono, cioè, sussistere condotte incompatibili con la volontà di rifiutare quelle regole e di dimostrare – in modo inequivocabile – il loro gradimento (v. Cass. n. 7057/04).

Ritiene, dunque, la Corte – dando applicazione ai principi sopra richiamati – di dover procedere con rigore alla verifica della configurabilità di un tacito consenso che non può , pertanto , ritenersi sussistente nel caso in esame in ragione delle votazioni (peraltro non eseguite da tutti e alcune neppure riconosciute come effettuate da alcuni degli appellanti, senza ulteriori riscontri al riguardo, tenuto conto della mera genericità dei capitoli articolati in primo grado, neppure reiterati in questa sede da parte appellata) effettuate dopo la pubblicazione del citato regolamento 2014.

Come si è sopra evidenziato, infatti, il sistema della consultazione in rete era stato già previsto nello statuto, ma riguardava – in sostanza- l’espressione dell’orientamento politico da assumere da parte del gruppo associativo; era invece prevista , quale organo, l’assemblea secondo la modalità “tradizionale” e solo con il citato regolamento 2014 è stata disciplinata la modalità “on line” (v. art. 4 dell’atto costitutivo 14.12.12 in cui si parla, appunto, di rete internet come modello di consultazione e partecipazione democratica alla vita politica, tenuto distinto dalla disciplina degli organi tra i quali l’assemblea).

Posto, allora, che non è dato conoscere neppure con quale tenore siano state indette le votazioni/consultazioni indicate nel doc. n. 7 di parte appellata , vale a dire se la convocazione richiamasse espressamente la disciplina di cui al regolamento 2014 – è invece certo che la consultazione on line lanciata al riguardo nel luglio e poi nel settembre 2016 usa espressamente il termine ‘modifica’, proponendo ipotesi alternative di modifica del ‘Non statuto’ e del Regolamento e tale consultazione gli appellanti non hanno partecipato), con la conseguenza che non è possibile ritenere sussistente, in assenza di altri elementi gravi, precisi e concordanti, in capo ai singoli votanti una consapevole adesione a quella disciplina, mai deliberata (v. Cass. n. 5794/17).

Peraltro, la condotta successivamente tenuta (e non contestata da parte appellata) di omessa votazione dopo il nuovo regolamento 2016 – quando cioè hanno avuto piena consapevolezza di intervenire su altra precedente disciplina non deliberata in assemblea – depone in senso esattamente contrario alla tesi sostenuta dalla parte qui appellata.

Il confronto, poi, che quest’ultima fa tra la fattispecie in esame ed altri casi esaminati dinanzi ad altri giudici di merito non è conferente, atteso che – al di là della diversità del petitum – in alcuni di essi erano palesi comportamenti inequivocabili di utilizzazione di strumenti propri della nuova disciplina introdotta nel 2014 che, invece, non sono in questo giudizio individuati né individuabili.

Ricordato, allora, che è alla associazione appellata si applicano le norme codicistiche dell’associazione non riconosciuta e che, senza dubbio e come condivisibilmente affermato già da altri giudici di merito , il regolamento 2014 (come si è più volte spiegato) è intervento quanto meno ad integrare e in certi passaggi anche a modificare quanto previsto nello statuto e nell’atto costitutivo dell’associazione, – disciplinando organi e modalità di funzionamento del Movimento – era necessaria la sua condivisione da parte degli iscritti, in quanto insieme delle regole associative fondamentali, mediante espressione del voto assembleare, che, in mancanza di disciplina statutaria circa il procedimento di modifica, va attuato secondo le regole ordinarie previste per le associazioni dall’art. 21 comma 2 del codice civile.

Di qui l’annullabilità del citato regolamento 2014 e, per l’effetto, della deliberazione intervenuta nel 2016 per la modifica di detto regolamento, con la conseguenza che la sentenza impugnata va riformata, con accoglimento dell’originaria domanda come da dispositivo.

Restano, ovviamente, assorbite tutte le restanti questioni proposte dalle parti nei rispettivi atti difensivi.

§ 5 — Quanto alle spese del doppio grado, queste seguono la soccombenza e si liquidano secondo le tabelle vigenti, tenuto conto del valore della controversia e dei parametri medi (considerata la molteplicità di questioni devolute), oltre IVA e CPA nonché rimborso per spese generali.

Tabelle: 2022 (D.M. n. 147 del 13/08/2022)

Competenza: Giudizi di cognizione innanzi al tribunale

Valore della Causa: Indeterminabile – complessità media

Fase di studio della controversia, valore medio: € 2.127,00

Fase introduttiva del giudizio, valore medio: € 1.416,00

Fase istruttoria e/o di trattazione, valore medio: € 3.738,00

Fase decisionale, valore medio: € 3.579,00

Compenso tabellare (valori medi) € 10.860,00

Tabelle: 2022 (D.M. n. 147 del 13/08/2022)

Competenza: Corte d’ Appello

Valore della Causa: Indeterminabile – complessità media

Fase di studio della controversia, valore medio: € 2.518,00

Fase introduttiva del giudizio, valore medio: € 1.665,00

Fase istruttoria e/o di trattazione, valore medio: € 3.686,00

Fase decisionale, valore medio: € 4.287,00

Compenso tabellare (valori medi) € 12.156,00

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando sull’appello proposto contro la sentenza n. 6692/20 del tribunale di Roma, ogni diversa istanza, deduzione o eccezione disattesa, così provvede:

1. Accoglie l’appello e, in riforma dell’impugnata sentenza, accerta e dichiara l’invalidità del Regolamento del MoVimento KKK pubblicato sul blog ***.it il 23.12.2014 e, per l’effetto, accerta e dichiara l’invalidità della delibera dell’assemblea del MoVimento KKK conclusa il 26.10.2016;

2. Condanna la parte appellata alla rifusione, in favore degli appellanti delle spese del doppio grado, spese che si liquidano – quanto al primo grado – in Euro 10.860,00 e – quanto al secondo grado – in Euro 12.156,00, oltre al rimborso delle spese generali, IVA e CPA come per legge;

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 febbraio 2023

IL PRESIDENTE

Il consigliere estensore

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