N. 268/2023
R.G.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
***** CORTE DI APPELLO DI FIRENZE SEZIONE IV
CIVILE La Corte di Appello di Firenze, Sezione Quarta Civile, in persona dei Magistrati:
dott.ssa NOME COGNOME Presidente dott.ssa NOME COGNOME Consigliere dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Relatore ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._853_2025_- N._R.G._00000268_2023 DEL_28_04_2025 PUBBLICATA_IL_07_05_2025
nella causa civile di II Grado iscritta a ruolo il 10/02/2023 al n. 268/2023 r.g. promossa da:
(C.F. elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. COGNOME come da procura in atti;
-PARTE
COGNOME– contro (C.F. ), elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. COGNOME che lo rappresenta e difende come da procura in atti;
-PARTE
APPELLATA- avverso la sentenza n. 2090/2022 emessa dal Tribunale di Firenze e pubblicata in data 04/07/2022;
trattenuta in decisione con ordinanza ex art. 127ter c.p.c. del 10.04.2025 all’esito dell’udienza cartolare dell’1.04.2025 sulle seguenti conclusioni:
Per la parte appellante:
“Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello di Firenze, in riforma della C.F. P. per tardività delle allegazioni, contestazioni e produzioni svolte dalla appellata per la prima volta in grado di appello e declaratoria di inammissibilità o comunque di rigetto dell’appello incidentale avversario, visto l’art. 2051 c.c. ed in subordine comunque l’art. 2043 c.c., condannare il , in persona del sindaco pro – tempore, al risarcimento dei danni tutti sofferti dalla parte attrice odierna appellante in conseguenza del fatto esposto nella premessa dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, per i titoli indicati in atti e nelle misure che, anche all’esito della CTU depositata nel giudizio di primo grado e sempre con espressa salvezza delle diverse misure maggiori o minori che risultassero come dovute e/o giuste, vengono indicate in € 11.105,66 compresa IVA a titolo di risarcimento del danno patrimoniale derivante dal danneggiamento materiale della vettura modello RAGIONE_SOCIALE tg. DS TARGA_VEICOLO NV, € 650,00 a titolo di risarcimento del danno patrimoniale da fermo tecnico, € 1.000,00 a titolo di risarcimento del danno rappresentato dalla spesa di assistenza professionale stragiudiziale e € 507,92 a titolo di risarcimento del danno patrimoniale rappresentato dalla spesa sostenuta per la relazione peritale di stima del danno del Geom. allegata in copia sub 11 all’atto di citazione, in ogni caso oltre rivalutazione monetaria e interessi legali sul capitale via via rivalutato maturati e maturandi dal dì del sinistro al dì del saldo e con vittoria di compensi e spese di entrambi i gradi di giudizio, spesa di CTU a definitivo carico della parte appellata soccombente e condanna della medesima alla refusione in favore della parte appellante delle spese di CTU (€ 1.015,04) e CTP (€ 507,52)”; Per la parte appellata:
“Piaccia all’Ecc.ma Corte adita, contrariis rejectis, 1) In via principale:
rigettare l’appello poiché infondato in fatto e diritto;
2) In subordine, nella denegata ipotesi di accoglimento anche solo parziale dell’appello principale, rigettare la domanda accertando il difetto d’ingiustizia della lesione (trattandosi di danno arrecato dal sig. a sé stesso) per quanto osservato con il motivo d’appello incidentale condizionato di cui alla comparsa di costituzione dell’Ente qui rappresentato.
3) In ulteriore subordine, nella denegata ipotesi di accoglimento anche solo parziale dell’appello principale e di rigetto dell’appello incidentale, accertare il concorso colposo del Sig. nel determinismo dell’evento e del danno ai sensi dell’art. 1227 c.c. e, per l’effetto, ridurre il compendio risarcitorio che sarà eventualmente riconosciuto all’appellante.
4) In ipotesi d’accoglimento delle domande di cui ai punti 1 e 2, con vittoria di spese del giudizio d’appello, in ipotesi d’accoglimento della domanda di cui al atto di citazione ritualmente notificato, conveniva davanti alla Corte di Appello di Firenze il proponendo appello avverso la sentenza n. 2090/22 con la quale il Tribunale di Firenze, nella contumacia dell’amministrazione comunale convenuta, aveva respinto la domanda dell’attore avente ad oggetto il risarcimento dei danni subiti dalla sua autovettura RAGIONE_SOCIALE tg. TARGA_VEICOLO che, mentre percorreva INDIRIZZO con direzione di marcia verso il centro di era stata asseritamente colpita da un albero che si era spezzato ed era caduto sulla carreggiata stradale durante il passaggio dell’auto. In particolare, il primo giudice rilevava che, mentre la strada su cui viaggiava l’attore era di proprietà e nella custodia del l’albero che era caduto si trovava impiantato su un terreno privato posto lateralmente rispetto alla carreggiata, escludendo conseguentemente la responsabilità del invocata ai sensi dell’art. 2051 c.c., dal momento che il danno non aveva avuto origine dalla res propriamente nella custodia della parte convenuta.
Il Tribunale aveva quindi proceduto ad esaminare la fattispecie anche sotto il profilo dell’art. 2043 c.c., escludendola, sul presupposto che l’attore non aveva neppure allegato il comportamento colposo ascrivibile all’amministrazione comunale e dalla stessa esigibile.
Rilevava altresì che, nella fattispecie, l’albero non si trovava in una delle pertinenze stradali di cui all’art. 14 C.d.
RAGIONE_SOCIALE, bensì pacificamente in un fondo privato adiacente, come tale soggetto agli oneri manutentivi del proprietario, anche con riferimento agli obblighi di protezione degli utenti della strada ex art. 31 C.d.S.
Il primo giudice dichiarava infine le spese di lite interamente compensate, stante la contumacia della parte convenuta, ponendo i costi della CTU a carico dell’attore.
Esponeva l’appellante che la sentenza impugnata era ingiusta per i seguenti motivi:
1) erronea interpretazione dell’art. 2051 c.c. e conseguente contraddittorietà della motivazione, con particolare riferimento alla parte in cui si è esclusa la responsabilità del per la caduta di un albero in una strada sottoposta alla sua custodia, pur non essendo stato provato il caso fortuito;
2) erronea applicazione dell’art. 2043 c.c. e contraddittorietà della motivazione sul punto;
in particolare omessa valutazione della violazione da parte del dell’art. 14 C.d.S., implicante l’obbligo di garantire la sicurezza della strada, mediante l’adozione delle opere e dei provvedimenti necessari, tra i quali anche il far rispettare ai privati le distanze minime degli alberi impiantati rispetto alla sede stradale;
3) erronea compensazione delle spese di lite e dell’apposizione dei costi della CTU a ’appellante chiedeva quindi che la Corte, in riforma della impugnata sentenza, accogliesse le conclusioni come in epigrafe trascritte, con conseguente condanna del convenuto a risarcirgli tutti i danni arrecati alla sua autovettura, oltre il danno da c.d. fermo tecnico ed al rimborso delle spese stragiudiziali affrontate.
Radicatosi il contraddittorio, si costituiva il che contestava le censure mosse dalla parte appellante nei confronti della sentenza impugnata, avverso la quale proponeva a sua volta appello incidentale, condizionato all’eventuale accoglimento dell’impugnazione principale, per il seguente motivo:
1)mancata considerazione che l’attore aveva omesso di provare di aver subito un danno ingiusto, essendo stata omessa la valutazione dei dati di fatto contenuti nel verbale della Polizia Municipale intervenuta (tracce dei pneumatici, tipologia di danni alla vettura, posizione di quest’ultima post urto), da cui emergeva univocamente che era stata l’autovettura del ad uscire fuori di strada, abbattendo l’albero in questione, il quale era quindi caduto sulla strada come conseguenza del colpo subito.
In ulteriore subordine il appellato contestava il quantum dei danni richiesti da parte attrice e chiedeva che fosse comunque accertato il concorso colposo della parte danneggiata ex art. 1227 c.c. Con le note depositate in data 29.01.2024 parte appellante eccepiva l’inammissibilità e tardività delle allegazioni e delle produzioni fatte dal rimasto contumace in primo grado.
Acquisito il fascicolo di ufficio del procedimento di primo grado, veniva fissata la discussione orale ex art. 281 sexies c.p.c. con udienza cartolare e concessione di termini antecedenti.
Con ordinanza ex art. 127ter c.p.c. del 10.04.2025, anziché procedere alla discussione orale, la causa veniva trattenuta in decisione e decisa in camera di consiglio senza concessione di ulteriori termini ex art. 190 c.p.c., stante la specifica rinuncia anticipata dalle parti per detta eventualità.
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MOTIVI DELLA DECISIONE
1.I fatti di causa ed il perimetro della decisione – Non è contestato che verso le 10,15 del 27.12.2016, in condizioni metereologiche di nebbia, , alla guida della sua autovettura modello RAGIONE_SOCIALE stava percorrendo la strada comunale denominata INDIRIZZO con direzione da Lecore verso il centro abitato di.
Del pari non contestato
è che in tale circostanza cadeva sulla corsia di marcia dalla documentazione in atti che verso le 10,30 della stessa giornata, interveniva sul posto, su disposizione della centrale radio, una pattuglia della Polizia Municipale che constatava la posizione post urto del veicolo in questione ‘a ridosso della ripa sovrastante la scarpata del corpo stradale, con la parte anteriore secondo il senso di marcia ma in posizione lievemente obliqua rispetto all’asse della strada e, segnatamente, con la ruota anteriore destra sopra la linea longitudinale di margine e con la ruota posteriore destra a filo della zanella di raccolta delle acque, oltre la linea anzidetta’ (cfr. rapporto redatto dalla PM prodotto come doc 6 di parte attrice). Il conducente del veicolo ed una persona trasportata, identificato dalla Polizia in Bitossi Laura, risultavano entrambi illesi.
La Polizia Municipale attestava e documentava altresì fotograficamente che nella corsia dell’autovettura del e in posizione posteriore rispetto alla stessa –con riferimento al senso di marcia – ad alcuni metri di distanza, si trovava ‘un albero di medie dimensioni divelto, con la base del fusto poggiata sulla zanella anzi detta e la chioma ramificata sulla ripa e su parte della corsia di marcia stessa’.
posto, la controversia si incentra sulla dinamica del sinistro e, in particolare, sulle cause della caduta dell’albero, ovvero se lo stesso sia stato colpito dall’auto uscita fuori strada e sia stato conseguentemente distaccato dalla propria radice precipitando sulla sede viaria, ovvero, se la caduta della pianta sulla strada sia stata determinata da cause indipendenti dalla condotta di guida dell’attore e odierno appellante.
Controversa è altresì, per tale ultima ipotesi, la responsabilità del proprietario della strada, sia sotto il profilo dell’art. 2051 c.c., sia ex art. 2043 c.c. 2. .
Il primo motivo di appello principale:
la responsabilità ex art. 2051 c.c. – Con il primo motivo di appello principale il ha lamentato l’erroneità e contraddittorietà della motivazione nella parte della sentenza in cui è stata esclusa la responsabilità del ex art. 2051 c.c. A tale proposito l’appellante ha in particolare rilevato la responsabilità dell’ente territoriale convenuto nella sua qualità di custode della strada in cui la vettura dell’attore stava transitando, evidenziando trattarsi di una ipotesi di responsabilità oggettiva, esclusa solo dal c.d. caso fortuito, non ricorrente nella fattispecie. Il motivo è infondato per come di seguito specificato.
Va premesso in diritto come la responsabilità ex art. 2051 c.c. presuppone un rapporto di custodia tra il soggetto e la res, che non è espressione di uno specifico titolo giuridico, ma è da ritenere sussistente quando il soggetto abbia la disponibilità di fatto e giuridica della cosa, che gli permette un potere di controllo effettivo sulla stessa (cfr. ex multis, Cass. Civ., 29/07/2016, n. 15761; Cass. Civ., Sez. III, n. 1948, del 10 febbraio 2003).
Nel caso di specie risulta pacificamente – ed è comprovato dall’accertamento effettuato dalla Polizia Municipale – che l’albero in questione non si trovava in alcuna delle pertinenze stradali e neppure all’interno del c.d. confine stradale di cui all’art. 3 co 10 CdS, bensì nel terreno di un privato, come tale sottratto ad ogni potere di controllo del sullo stesso così come sulle piante in esso insistenti.
Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante la custodia della strada da parte del comune non implica alcun controllo di fatto sugli adiacenti terreni di proprietà di privati né quindi sugli alberi che in essi insistono.
Peraltro, come detto sopra, il terreno del privato su cui insiste l’albero è costituito da una ripa ovvero un terreno in ripida discesa verso la strada, la cui manutenzione a mente dell’art. 31 CdS spetta sempre al proprietario del fondo (che nel caso di specie è il privato).
.Il secondo motivo di appello principale:
la responsabilità ex art. 2043 c.c. – Con il secondo motivo di gravame principale l’appellante ha censurato la parte della sentenza in cui è stata esclusa la responsabilità del anche sotto il profilo dell’art. 2043 c.c., evidenziando che gli enti proprietari delle strade, ex art. 14 C.d.S.
RAGIONE_SOCIALE devono provvedere alla manutenzione anche di tutte le pertinenze stradali e vigilare affinchè non insorgano situazioni di pericolo.
In proposito evidenziava che il avrebbe omesso di far rispettare la distanza minima dell’albero dalla sede stradale che, se fosse stato alla distanza imposta dall’art. 16 CdS, cadendo, non avrebbe colpito la vettura in transito sulla strada.
In proposito si osserva come l’art. 26 co 6 reg att CdS, prevede che gli alberi siano collocati, al di fuori dei centri abitati, ad una distanza dalla sede stradale proporzionale alla rispettiva aspettativa di crescita (nel caso di specie rimasta ignota), ma comunque di almeno 6 metri (riferendosi la norma all’impianto di nuovi alberi rispetto all’entrata in vigore del nuovo Codice della Strada, da effettuarsi tenendo conto di detta misura).
Nella fattispecie, come già sopra evidenziato, dai rilievi effettuati dalla Polizia Municipale è risultato che la radice dell’albero era individuata a circa 21,70 metri dall’inizio del muro di contenimento nella parte alta – rispetto alla sede stradale – del terrapieno in cui si trovava, collocata su un pendio in discesa verso la strada, sopraelevato rispetto al piano stradale di mt. 0,90.
Da nessuna parte risulta indicata la esatta distanza dal margine della carreggiata che, tuttavia, ictu oculi, dall’esame della documentazione fotografica allegata, appare ampiamente inferiore a 6 mt, tenendo conto del piano fortemente inclinato in cui era posto l’albero.
Nessun elemento risulta circa l’epoca di impianto dell’albero, avendo la Polizia Municipale documentato soltanto il buono stato vegetativo in cui si trovava la pianta nel 2016 sulla base delle foto riprese su ‘Google Maps’.
posto, si osserva che la condotta negligente dell’ente, consistente nel non aver imposto al privato l’abbattimento dell’albero collocato ad una distanza dalla sede viaria inferiore a quella dettata dal Codice della Strada, è stata posta dall’attore in correlazione causale con la spontanea caduta della pianta sulla propria autovettura.
Dunque, a questo punto, si creano le condizioni per l’esame del motivo di appello incidentale vertente proprio sulla stessa ricostruzione del fatto storico posto a fondamento della fattispecie di responsabilità dell’ente e, dunque, anche dei presupposti dell’art. 2043 c.c. 5.Il primo motivo di appello incidentale:
l’eccezione di inammissibilità – Preliminarmente va esaminata l’eccezione di inammissibilità dell’appello incidentale proposto dal rimasto in primo grado contumace.
La parte appellante principale ha in proposito lamentato la novità delle allegazioni e produzioni fatte in secondo grado dal convenuto che, essendo rimasto assente dal giudizio di primo grado, avrebbe potuto espletare in sede di appello solo mere difese.
L’eccezione è infondata e l’appello incidentale del ammissibile per come di seguito specificato.
La parte rimasta contumace in primo grado può in via generale proporre appello e può far valere tutte le sue argomentazioni e difese, ove esse siano dirette a dimostrare che la controparte non ha offerto la prova dei presupposti di fatto della sua domanda, di cui essa stessa era tenuta a fornire la prova, o che i principi giuridici applicati dalla sentenza impugnata sono errati.
Non può invece sollevare nuove eccezioni o nuove questioni delle quali essa stessa debba fornire la prova (cfr. Cass. n° 301/2012).
In sostanza, dunque, chi è rimasto contumace in primo grado e poi propone appello, incorre nelle stesse preclusioni previste dalle regole generali per ogni altra parte, con il limite relativo alla proposizione di eccezioni in senso proprio, non formulate in primo grado ove la medesima parte è rimasta contumace.
In pratica, detta parte non può sollevare eccezioni non rilevabili dal giudice, né può richiedere prove nuove che non siano state già sollevate o richieste in primo grado.
Nel caso di specie il contumace e vittorioso in primo grado, a fronte dell’appello principale del , ha proposto appello incidentale, subordinato all’accoglimento del gravame principale, con riferimento alla mancata prova del danno ingiusto posto a fondamento della pretesa risarcitoria dell’attore, aspetto non espressamente esaminato dal primo giudice, che ha respinto la domanda sul presupposto dell’insussistenza dei non essere stata provata né prima ancora allegata, una condotta negligente posta in essere dall’ e causalmente connessa al danno lamentato dall’attore. Ora, la prova della verificazione di un fatto ingiusto, integrando il presupposto stesso della responsabilità della parte convenuta, rappresenta fatto costitutivo della domanda proposta dall’attore e odierno appellante principale, di talchè si tratta sicuramente di elemento la cui sussistenza può essere contestata dalla parte convenuta rimasta contumace in primo grado.
In tal senso, la ricostruzione del fatto secondo il quale non sarebbe stato l’albero a cadere spontaneamente, ma sarebbe stato il a colpirlo con la propria auto, determinando il distacco della pianta dalla sua sede naturale, non integra una allegazione di fatti nuovi, essendo la stessa fondata su elementi di fatto risultanti dalla stessa documentazione prodotta dall’attore, che ha allegato all’atto di citazione di primo grado anche il rapporto della Polizia Municipale intervenuta subito dopo il sinistro ed il relativo materiale fotografico (riallegando i medesimi documenti anche all’atto di appello principale); tutti documenti questi utilizzati in appello dal per escludere che il avesse subito un danno ingiusto come conseguenza della res e/o della condotta dell’Ente.
Ciò detto, l’appello incidentale è stato correttamente proposto dal ex art. 334 c.p.c.:
ancorchè non riguardi un capo della sentenza di merito già oggetto di gravame in via principale, bensì una questione rimasta assorbita, lo stesso inerisce comunque un unico rapporto giuridico rispetto a quanto oggetto dell’appello principale, ovvero il medesimo fatto illecito posto dal a fondamento della sua pretesa risarcitoria.
La giurisprudenza è infatti concorde nell’affermare che “l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, ove l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto d’interessi derivante dalla sentenza cui la parte non impugnante aveva prestato acquiescenza, con la conseguenza che è ammissibile anche se riguarda un capo della decisione diverso da quello oggetto del gravame principale, o se investe lo stesso capo per motivi diversi da quelli già fatti valere (cfr. Cass. Civ., ord. 22/02/2022, n. 5824; Cass. n. 25285 del 2020; Cass. n° 26164/2020; Cass. Sez. VI, ordinanza n. 14094 del 07/07/2020; Cass. n. 1879 del 2018; Cass. n. 5876 del 2018; Cass. n. 15770 del 2018).
2.1.Il merito dell’appello incidentale:
la ricostruzione del fatto storico– Venendo dunque all’esame del merito del motivo di gravame incidentale, con lo stesso l’appellante ha contestato la stessa sussistenza di un danno ingiusto a carico dell’attore, la quale l’albero sarebbe caduto come conseguenza dell’urto da parte dello stesso veicolo del , finito fuori strada.
Ciò posto, il motivo di appello incidentale deve essere ritenuto fondato per come di seguito specificato.
In sede di dichiarazioni testimoniali COGNOME NOMECOGNOME che premetteva di essere la compagna del , confermava di essere stata a bordo dell’auto come trasportata al momento del sinistro in esame e di essere rimasta illesa.
La stessa in particolare dichiarava:
‘l’albero è cascato nel mentre passavamo con l’auto’ spiegando di seguito ‘preciso che l’albero si è spezzato a circa 20 cm dalla base’.
Della presenza della suddetta passeggera veniva dato atto anche nel rapporto della Polizia Municipale intervenuta subito dopo il fatto, che nel verbale redatto attestava l’assenza di altri testimoni oculari, specificando che il conducente aveva riferito di essere stato preceduto e seguito da altri veicoli al momento del sinistro, senza tuttavia fornire dati per poter procedere alla relativa identificazione.
In primo grado veniva sentito come testimone anche che interrogato sul capitolo EE) di parte attrice (DCV che il giorno 27.12.2016, alle ore 10.15 circa, in condizioni metereologiche di nebbia, nel territorio del Comune di Signa (FI), la vettura modello RAGIONE_SOCIALE tg. TARGA_VEICOLO condotta da procedeva sulla INDIRIZZO con direzione di marcia da Lecore verso il centro della città di allorquando veniva attinta da un albero impiantato sulla ripa esistente al ciglio destro della carreggiata stradale della INDIRIZZO il quale si spezzava e cadeva sulla carreggiata stradale andando in tal modo ad urtare la vettura modello RAGIONE_SOCIALE CAPTIVA tg. DS TARGA_VEICOLO NV, la quale a seguito dell’urto con il suddetto albero si sollevava sul lato destro e poi sbandava prima a destra e poi a sinistra sino a raggiungere la posizione di quiete), rispondeva:
‘Confermo.
Preciso che io ero con la mia macchina proprio dietro a quella del sig. .
Io non ho subito alcun danno in quanto mi sono fermato in tempo’.
Il medesimo teste confermava altresì il capitolo con cui gli si chiedeva se il , subito dopo il fatto, avesse scattato le fotografie dei luoghi riprodotte in atti e che gli erano state mostrate, aggiungendo ‘Io mi sono fermato per un poco, ma non ho atteso l’arrivo della Polizia’.
agenti della Polizia Municipale, intervenuti nel luogo del sinistro circa 15 minuti dopo gli accadimenti e, dunque, poco dopo la verificazione del sinistro, individuavano in primo luogo la radice dell’albero le cui fronde si trovavano riverse sulla sede stradale:
la collocavano a circa 21,70 mt dall’inizio del muro di contenimento del terrapieno scosceso in cui la pianta si trovava, ad un’altezza di mt 0,90 rispetto al piano stradale.
In corrispondenza del punto in cui il tronco della pianta si era staccato era rilevata la presenza di una ‘recisione a strappo’.
I Vigili procedevano quindi a dare atto a verbale dei danni rilevati nell’autovettura e così descritti: danni al fianco destro, ruota anteriore destra e in particolare graffi e lievi ammaccature longitudinali sulla carrozzeria della parte laterale destra, distacco della fascia paracolpi della portiera anteriore destra, lieve introflessione della detta portiera con esposizione della barra sottoporta, introflessione del parafango della ruota anteriore destra con distacco della protezione in plastica e della griglia di presa d’aria e conseguente disallineamento del cofano motore lato destro, rottura del paraurti anteriore e del rivestimento anteriore, abrasioni e graffi allo scivolo di protezione del paraurti anteriore, distacco del gancio di traino, scoppio dello pneumatico della ruota destra, nonché rottura del cerchione in lega, compromissione di semiasse e sistema di sospensioni. La Polizia Municipale verificava come, invece, la parte superiore del SUV, così come il cofano motore ed il lunotto del parabrezza si presentassero completamente integri.
Sul fondo stradale limitrofo al luogo del sinistro i Vigili davano atto di aver rinvenuto rilevanti segni e tracce di scarrocciamento e/o slittamento del veicolo, in particolare consistenti in:
una abrasione gommosa lunga circa mt 5,10 tracciata sulla zanella di raccolta delle acque ed avente un andamento lievemente sinuoso che iniziava alcuni metri prima del punto di distacco della pianta nel senso di marcia del veicolo dell’attore e terminava all’altezza di quest’ultimo;
una ulteriore abrasione gommosa più corta, in uscita dalla ripa, posta poco oltre la linea di proiezione su strada del punto di distacco della pianta, con direzione verso il centro strada;
infine era riscontrata una terza traccia gommosa, più marcata delle altre, accompagnata da residui terriccio foglie (presenti nella ripa), lunga mt 6,60, sempre in uscita dalla ripa che costeggia la corsia e terminante proprio sotto la ruota anteriore della Chevrolet in posizione di quiete.
Veniva dato atto della compatibilità di tutte le predette tracce con l’autovettura dell’attore.
Frammenti ed elementi della carrozzeria del veicolo erano rinvenuti concentrati sull’argine stradale, in adiacenza al solco lasciato dal veicolo.
Ciò posto, con riferimento alla valenza probatoria del verbale di polizia si osserva come secondo ormai consolidato orientamento giurisprudenziale l’efficacia piena prova, fino a querela di falso, che ad esso deve riconoscersi – ex art. 2700 c.c., in dipendenza della sua natura di atto pubblico – oltre che quanto alla provenienza dell’atto ed alle dichiarazioni rese dalle parti, anche relativamente “agli altri fatti che il pubblico ufficiale che lo redige attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”, non sussiste nè con riguardo ai giudizi valutativi che esprima il pubblico ufficiale, nè con riguardo alla menzione di quelle circostanze relative a fatti, i quali, in ragione delle loro modalità di accadimento repentino, non si siano potuti verificare e controllare secondo un metro sufficientemente obbiettivo e, pertanto, abbiano potuto dare luogo ad una percezione sensoriale implicante margini di apprezzamento, come nell’ipotesi che quanto attestato dal pubblico ufficiale concerna l’indicazione di un corpo o di un oggetto in movimento, con riguardo allo spazio che cade sotto la percezione visiva del verbalizzante. E, pertanto, al riguardo la parte non è tenuta nemmeno dell’incidente, quale risultava al momento del loro intervento (cfr. ex multis Cass. n° 29320/2022).
In tal senso dunque se nessun valore probatorio può essere attribuito alla ipotesi ricostruttiva della dinamica suggerita dai verbalizzanti, il rapporto degli agenti di Polizia Municipale intervenuti subito dopo il sinistro deve essere invece ritenuto fidefacente relativamente ai dati di fatto osservati dai poliziotti e dagli stessi descritti senza margini di apprezzamento e, dunque,
riguardo a:
la presenza di tracce gommose sinuose, corrispondenti alle ruote dell’auto del , poste sulla zanella adiacente alla corsia destra, aventi inizio vari metri prima del punto in cui l’albero risultava essere caduto e aventi fine in corrispondenza del punto di caduta della pianta;
la posizione dell’albero caduto sulla strada, collocato dietro alla vettura del e il tipo di recisione del tronco ‘a strappo’, su un terreno in discesa verso la strada, ad una altezza di circa mt 0,90 rispetto al piano stradale e ad una distanza di mt 21 circa dal sovrastante muro di contenimento;
la presenza di ulteriore traccia gommosa, sempre corrispondente alle ruote dell’auto dell’attore, in uscita dalla ripa destra a lato della strada e avente inizio in punto successivo rispetto alla proiezione su strada del punto di caduta dell’albero;
la presenza di una ulteriore e più marcata traccia gommosa, sempre in uscita dalla ripa boscosa a margine della carreggiata, accompagnata da residui di terra e foglie, avente inizio dopo il punto di caduta della pianta e termine proprio in corrispondenza della ruota anteriore destra della Chevrolet in posizione di quiete;
la posizione post urto dell’auto dell’attore, posta a ridosso della ripa destra sovrastante la strada, leggermente obliqua rispetto all’asse viaria, con la ruota posteriore destra a filo della zanella posta a lato strada e la ruota anteriore destra sopra la linea longitudinale di margine;
la descrizione visiva delle parti danneggiate, concentrate nel fianco destro della vettura e specificamente nella parte bassa della stessa, ivi compresa una ruota risultata scoppiata, mentre erano completamente assenti danni nella parte superiore, nel lunotto e nella parte orizzontale del cofano motore.
Tutti i suddetti dati di fatto non sono conciliabili con le dichiarazioni testimoniali ed in particolare con quanto affermato da che in sede di testimonianza ha confermato di aver visto un albero che dal lato destro della strada cadeva sopra l’auto dell’attore che viaggiava davanti a lui e che, a seguito di detto colpo si sollevava sul lato destro e poi sbandava prima a destra e poi a sinistra, sino a raggiungere la posizione di quiete.
proposito occorre ricordare che la valutazione circa la veridicità delle deposizioni rese dal testimone è riservata ad un giudizio discrezionale del giudice, alla stregua di elementi di natura oggettiva (quali la precisione e la completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni e incongruenze con la documentazione versata in atti) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità (cfr. ex multis, Cass., Ordinanza n. 26547 del 30.09.2021; Cass., Ordinanza n. 21239 del 09.08.2019). Nel caso di specie la veridicità della testimonianza del si scontra nettamente con i dati oggettivi rilevati dalla Polizia Municipale intervenuta e da questa trasfusi nel rapporto del sinistro con attestazioni fidefacenti.
Intanto va detto che la caduta dell’albero sopra l’auto mentre la stessa stava viaggiando nella propria corsia di marcia sul lato destro della strada è del tutto incompatibile con il tipo di danni subiti dal veicolo, descritti dalla Polizia Municipale nel corso dell’intervento subito dopo il sinistro e sostanzialmente confermati dalla espletata CTU:
nessuna benchè minima scalfittura riguarda la parte superiore del veicolo, né il lunotto, né la parte orizzontale del cofano, come, secondo l’id quod plerunque accidit, si sarebbe invece dovuto verificare in conseguenza della caduta di un albero da una posizione più elevata rispetto all’auto.
Dalle foto allegate al rapporto di Polizia si nota sopra il tetto di copertura dell’auto solo la presenza di piccoli rametti, compatibili con lo spargimento delle fronde dell’albero in caduta.
I danni sono invece risultati tutti localizzati nella parte anteriore destra e, specificamente, nel paraurti e nel parafango anteriore destro, nella parte laterale destra di cofano e sportello, nella ruota bucatasi e nel cerchione, nello sradicamento del longherone di tenuta della sospensione della ruota stessa.
La dinamica descritta dal teste confligge anche con le tracce di pneumatici, corrispondenti all’auto dell’attore, rinvenute nel luogo del sinistro:
dalle stesse risulta infatti che la Chevrolet cominciava lo scarrocciamento, sulla zanella di raccolta della acque adiacente al lato destro della corsia di marcia percorsa dall’auto, già alcuni metri prima del punto di caduta dell’albero e non dopo, con ciò avvalorando l’ipotesi che il conducente avesse perso il controllo del proprio mezzo in uscita dalla curva a sinistra, offerta dal teste secondo il quale a seguito dell’urto l’auto si sarebbe alzata sulla destra e avrebbe sbandato prima a destra e poi a sinistra. Da parte il fatto che non è spiegabile come la caduta di un albero sopra un auto determini il suo conducente a spostarsi sulla stessa ripa da dove era caduto l’albero, piuttosto che invece allontanarsene, dalle ulteriori tracce gommose rilevate dal risulta che l’auto impegnava il pendio scosceso sovrastante il margine destro della strada con la parte destra, rimanendo nella sede stradale con la parte sinistra, con la quale tracciava l’abrasione gommosa rilevata.
Le ruote di destra, poi appaiono rientrare in strada dopo aver percorso una parte della ripa, di cui risultano essersi portate dietro tracce di terra e foglie.
Considerato che anche sulla ripa boscosa era possibile intravedere la traccia di pneumatico che partiva in prossimità al punto in cui il tronco dell’albero si era spezzato e tenuto conto che quest’ultimo presentava una sorta di strappo della parte legnosa, si ritiene sussistano elementi chiari precisi e concordanti per poter inferire che l’auto, perdendo il controllo e uscendo fuori strada, abbia violentemente impattato contro l’albero, strappando il tronco a circa 20 cm dalla sua base, che risulta infatti caduto non sopra l’auto, né davanti ad essa, bensì dietro all’auto, che non è stata colpita dalle fronde essendo rientrata in strada con tutte le ruote dopo il punto di proiezione della caduta della pianta. La testimonianza in oggetto deve dunque essere ritenuta inattendibile non soltanto in relazione alle incongruenze della dinamica ‘confermata’ dal teste rispetto ai dati di fatto oggettivi rilevati sul luogo del sinistro, ma altresì in quanto non risulta in alcun modo la presenza dello stesso al momento dell’arrivo della Polizia, la quale ha dato atto nel proprio rapporto di aver chiesto al conducente elementi per identificare un testimone oculare e di non aver ricevuto nessuna indicazione utile in tal senso. Se anche il teste se ne fosse andato dopo aver osservato l’attore scattare delle foto, per poter essere poi citato all’occorrenza come testimone.
avrebbe dovuto lasciare al i propri dati ovvero qualche elemento con cui poterlo poi successivamente rintracciare, cosa che invece non risulta nella fattispecie per come affermato, con attestazione fidefacente, nel verbale della polizia municipale.
Quanto all’altra testimonianza della passeggera, la stessa si presenta in realtà di contenuto molto più neutro rispetto alla ricostruzione del fatto sostenuta dall’attore e indicata nel capitolo di prova:
la teste non risponde infatti confermando il capitolo , ma affermando che l’albero era caduto mentre loro passavano (locuzione che nulla Tesprecisazioni, un elemento importante a fini ricostruttivi, ovvero l’altezza del punto di rottura del tronco, ad una ventina di centimetri da terra e, dunque, con collocazione assolutamente compatibile rispetto alla verificazione di un urto dell’auto, all’altezza della ruota della Chevrolet che è risultata scoppiata.
Altro dato di fatto che depone in tal senso è il tipo di rottura del tronco che, come si vede chiaramente nelle foto, suggerisce un azione violenta esercitata sullo stesso.
In tal senso dunque il primo motivo di appello incidentale appare fondato, risultando dagli atti ed in particolare dai dati di fatto descritti nel verbale della Polizia Municipale e dalla allegata documentazione fotografica, elementi gravi, precisi e concordanti nel senso di far ritenere che la caduta dell’albero sia stata conseguente all’interazione violenta con l’auto dell’attore uscita fuori strada ed andata a sbattere su di esso.
5.1.La valenza dell’accoglimento dell’appello incidentale in riferimento al secondo motivo di appello principale – Riprendendo dunque la trattazione del secondo motivo di appello principale alla luce dell’accoglimento del motivo di appello incidentale, si osserva che la condotta negligente dell’ente, consistente nel non aver imposto al privato l’abbattimento dell’albero collocato ad una distanza dalla sede viaria inferiore a quella dettata dal Codice della Strada, è stata posta dall’attore in correlazione causale unicamente con la spontanea caduta della pianta sulla propria autovettura. Ora, la domanda introduttiva di un giudizio di risarcimento del danno da fatto illecito, poiché ha ad oggetto un diritto c.d. eterodeterminato (o c.d. non autoindividuante), esige che l’attore indichi espressamente i fatti materiali che assume essere stati lesivi del proprio diritto, a pena di nullità per violazione dell’art. 163, n. 4, c.p.c. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17408 del 12/10/2012, Rv. 624080 – 01 cit. nel ricorso; Conf.: Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 10577 del 04/05/2018 (Rv. NUMERO_DOCUMENTO – NUMERO_DOCUMENTO).
A tale principio corrisponde l’onere di esaminare unicamente i fatti generatori di danno allegati dall’attore a sostegno della propria domanda.
Nel caso di specie il ha posto l’omessa attivazione del per far rimuovere l’albero posto in un terreno privato, ma a distanza inferiore a quella normativamente prevista rispetto alla sede viaria, in correlazione con il pericolo della sua spontanea caduta sui mezzi che viaggiavano nella strada;
ciò comporta la preclusione dell’esame della suddetta condotta del anche in relazione alla diversa dinamica del sinistro che si ritiene essersi verificata, ovvero l’uscita fuori strada del finito con l’auto contro l’albero.
L’attore e odierno appellante non ha infatti a sbattere contro l’albero in quanto troppo vicino alla sede stradale (circostanza anzi decisamente negata).
In tale prospettiva, dunque, anche il secondo motivo di appello principale deve essere ritenuto infondato.
Se è vero che l’albero era sicuramente impiantato ad una distanza dalla sede stradale inferiore rispetto a quella normativamente prevista, per come sopra specificato, tale condotta negligente è stata infatti posta dall’attore in correlazione con un evento – la spontanea caduta dell’albero – che per quanto detto sopra non può ritenersi essere effettivamente accaduto con le modalità e nei termini descritti dall’odierno appellante principale.
6.Il terzo motivo di appello principale:
le spese di lite di primo grado – Con il terzo motivo di gravame l’attore lamenta l’ingiustizia della statuizione del primo giudice in punto di spese di lite (compensate integralmente) e di spese di CTU (poste a carico dell’attore), come conseguenza dell’erronea decisione sul merito della causa.
A ben vedere non si tratta di una vero e proprio motivo di impugnazione della statuizione sulle spese in sé, bensì della dedotta erroneità della stessa quale conseguenza della prospettata modifica della decisione di merito.
In tal senso, dunque, considerato il rigetto dei primi due motivi di merito, non sussiste margine per alcun mutamento della decisione in punto di spese di lite.
In proposito ci si limita ad osservare come si tratti di una ‘compensazione’ in senso improprio, data la contumacia della parte convenuta risultata totalmente vincitrice, risultando tuttavia confermato il concetto che le spese dell’attrice soccombente, rimangono in tal modo sostanzialmente gravanti interamente sulla stessa, mentre nessuna spesa di lite riguarda il comune rimasto assente dal giudizio.
7.Le spese di lite – Quanto alle spese del presente grado di giudizio di appello, le stesse seguono il principio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo in base al DM 55/14, così come aggiornati al D.M. nr. 147/2022, tenuto conto del valore del petitum (ricompreso nello scaglione da € 5200 a € 26.000) e dell’impegno difensivo prestato (medio), con esclusione della fase istruttoria, tecnicamente non espletata (in particolare:
€ 1134,00 per la fase di studio, € 921,00 per la fase introduttiva, € 1911,00 per la fase decisoria, per un totale di euro 3.966,00).
Poiché il presente giudizio è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e l’impugnazione è stata respinta, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.
la Corte di Appello di Firenze, definitivamente pronunciando sull’appello proposto, ogni diversa eccezione disattesa e respinta, così statuisce:
1) respinge l’appello principale;
2) accoglie l’appello incidentale;
3) per l’effetto conferma la sentenza di primo grado con la parzialmente differente motivazione di cui sopra;
4)condanna parte appellante principale a rifondere a parte appellata le spese di lite, che vengono liquidate in complessivi € 3966,00 per compenso, da maggiorare del 15% per rimborso forfetario spese oltre IVA e CPA come per legge;
5) ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P. R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, dalla parte impugnante principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il gravame, a norma del comma l-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Firenze, nella camera di consiglio del 22.04.2025 dalla Corte di Appello di Firenze su relazione della dott.ssa NOME COGNOME
Il Consigliere relatore Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Dott.ssa NOME COGNOME Nota La divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell’ambito strettamente processuale, è condizionata all’eliminazione di tutti i dati sensibili in esso contenuti ai sensi della normativa sulla privacy ex D. Lgs 30 giugno 2003 n. 196 e successive modificazioni e integrazioni
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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