REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Lecce – Sezione 2a civile – composta dai signori:
Dott. NOME COGNOME Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Dott. NOME COGNOME Consigliere rel. ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._300_2025_- N._R.G._00001025_2022 DEL_10_04_2025 PUBBLICATA_IL_10_04_2025
nella causa iscritta al n. 1025/2022 R.G., introdotta da (CF.
, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME;
APPELLANTE contro (CF.
(CF.
rappresentate difese dall’avv. NOME COGNOME
APPELLATE
OGGETTO: Appello avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale Civile di Lecce, pubblicata il 01/12/2022, pronunciata nel procedimento civile avente RGN. 1883/2021.
All’udienza del 11/02/2025 la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell’art. 352 c.p.c..
MOTIVAZIONE Con ricorso depositato in data 2.3.2021 esponeva:
– che era stato incaricato da assisterle per ottenere il risarcimento dei danni patiti a seguito del sinistro stradale occorso in data 20.11.2018, nel quale erano decedute madre e sorella delle predette;
– che l’attività svolta era consistita nell’assistenza nel procedimento penale contro , imputato di omicidio stradale, e in attività stragiudiziale finalizzata ad ottenere il ristoro dalle compagnie C.F. C.F. .305,60 per le varie fasi espletate e per l’attività stragiudiziale la somma di € 4.320,00 in ragione del valore della controversia, al netto dell’acconto di € 3.000,00 già ricevuto, per ciascuna delle parti;
– che in data 11.11.2019 le clienti gli comunicavano la revoca del mandato, a seguito della quale inoltrava nota per il pagamento delle proprie competenze;
– che le clienti non pagavano quanto richiesto.
Tanto premesso concludeva chiedendo di accertare e dichiarare lo svolgimento della predetta attività professionale con conseguente condanna delle resistenti al pagamento di quanto richiesto.
Nel contraddittorio delle resistenti, che contestavano la pretesa, il Tribunale, con provvedimento n. 4379/2022 dell’1/12/2022, ha rigettato la domanda e condannato il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 1.700,00 per compensi, oltre accessori.
Il primo giudice ha rilevato, con riferimento all’attività svolta nel procedimento penale, che “l’avv. ha documentato di aver ricevuto mandato dalle in data 20.11.2018, tuttavia, non ha provveduto a depositare alcun documento che provasse l’attività giudiziale espletata.
L’unico documento prodotto è un avviso di udienza in camera di consiglio innanzi al GIP per una data (12.12.2019) nella quale il ricorrente non aveva più mandato, essendogli stato revocato in data 11.11.2019”.
Il giudicante riguardo all’attività stragiudiziale dà atto di come questa sia stata documentata dal difensore con il deposito di “tre missive inviate, in costanza di mandato, alla compagnia assicurativa tese ad ottenere il ristoro del pregiudizio derivante alle parti dalla perdita delle proprie congiunte”.
Pertanto, ritenuto così provato l’espletamento dell’attività, il Tribunale ha determinato il quantum del compenso per l’attività svolta dal difensore ricorrente alla stregua dei parametri di cui all’art. 19 del D.M. 55/2014.
Quantificato il compenso in € 4.752,00, a cui devono aggiungersi IVA e CAP come per legge, per un totale di € 5.836,48, il giudice ha annotato che il ricorrente “nulla deve ricevere dalle parti resistenti, avendo già percepito (come da lui stesso dichiarato) € 6.000,00 a titolo di acconto.
”.
Avverso la sentenza ha proposto appello , articolando due motivi di impugnazione, che saranno più diffusamente trattati, e reiterando le richieste formulate nel ricorso introduttivo di primo grado;
conseguentemente condannare le resistenti al pagamento in solido della somma di € 23.276,88, o di quell’altra somma maggiore o minore che determinerà la Corte, a titolo di comparsa depositata il 21/3/2023 si sono costituite , eccependo l’improcedibilità dell’appello per violazione dell’art. 342 cpc, e la sua infondatezza nel merito.
Deve essere disattesa l’eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello sollevata dalle parti appellate.
Con riferimento all’art. 342 c.p.c., il gravame risulta strutturato in modo tale da rendere comprensibili le doglianze rispetto alla sentenza di primo grado, con indicazione dei capi che si ritiene deficitari in punto di diritto e di fatto.
Con il primo motivo d’appello l’originario ricorrente impugna il capo dell’ordinanza con cui “il Tribunale ha rigettato la domanda dell’appellante per l’attività svolta in sede penale, perché sprovvista di prova, non avendo ritenuto sufficiente a tale scopo la nomina successivamente revocata.
La difesa dell’avvocato deduce che “la nomina, a differenza della procura, presuppone la esistenza di un rapporto professionale in atto e quindi legittima la pretesa dell’avv. sia pure per il tempo sino alla revoca.
Il motivo di impugnazione è infondato e va rigettato.
Le argomentazioni articolate dall’appellante in merito alla natura giuridica e alla valenza della nomina a difensore nel procedimento penale sono inconferenti dal momento che il Tribunale correttamente ha ritenuto di non poter determinare i compensi professionali per difetto di prova circa l’effettiva e concreta attività giudiziale asseritamente svolta.
Non è sufficiente a tal riguardo che l’avvocato produca la nomina come difensore, poiché quest’ultima, essendo l’atto mediante cui il cliente investe il professionista del mandato di rappresentarlo ed assisterlo nella tutela dei propri interessi oggetto dell’azione penale o di quella civile accessoria, rappresenta al più il titolo legittimante della pretesa di pagamento ma non la prova dell’attività espletata.
Per la determinazione dei compensi per l’attività professionale prestata nel giudizio è necessario che il difensore soddisfi l’onere di allegazione dell’attività in concreto svolta e dia la prova della stessa.
Nella specie, il difensore non ha comprovato di aver svolto specifiche attività nell’ambito del procedimento penale
R.G.N.R. 11353/18 e 4265/19 R.GIP, in cui le erano persone offese, limitandosi ad affermare di aver svolto “incontri con il P.M. competente, attività di indagine e di supporto al c.t.u. e comparendo nelle varie udienze innanzi al GIP”.
Si tratta di allegazioni generiche e prive di qualsiasi riscontro.
, si conferma quanto statuito con l’ordinanza impugnata anche in ragione del fatto che il difensore ha prodotto come unico documento di prova della attività asseritamente svolta nel procedimento citato “un avviso di udienza in camera di consiglio innanzi al GIP” datato 12.12.2019, per un’udienza avente data 10/01/2020 e pertanto successiva a quella in cui le parti avevano già revocato l’incarico all’avvocato (11/11/2019).
A tutto voler concedere, l’avviso di udienza per il patteggiamento prodotto dall’appellante altro non rappresenta se non una comunicazione di cancelleria priva di carattere probatorio in ordine ad una presunta attività difensiva espletata in favore delle Con il secondo motivo di gravame l’appellante censura il provvedimento impugnato nella parte in cui il Tribunale, nel determinare il quantum del compenso spettante per l’attività stragiudiziale, ha tenuto conto solo dell’attività prestata nei rapporti con e non anche in quelli con la RAGIONE_SOCIALE (ovvero La difesa rileva come dalla documentazione prodotta risulti che il legale ha prestato la propria opera a favore delle appellate non solo nei confronti di ma anche nei confronti di Tribunale, nel quantificare l’ammontare dei rimborsi e corrispettivi dovuti, ha preso in considerazione solo una delle parti “passive” della vicenda risarcitoria, nulla dicendo “riguardo all’attività stragiudiziale prestata dall’avv. favore delle appellate nel rapporto con La decisione censurata non merita riforma neppure con riferimento al secondo motivo di impugnazione in ragione della correttezza delle valutazioni esplicate dal giudice di prime sia in fatto che in diritto. Giova preliminarmente qui rammentare che l’art. 18 del Decreto 10 marzo 2014 n. 55, rubricato “Compensi per attività stragiudiziale”, sancisce che “i compensi liquidati per prestazioni stragiudiziali sono onnicomprensivi in relazione ad ogni attività inerente l’affare”.
Nella disposizione citata il legislatore opera una scelta di sistema tale per cui “per l’attività stragiudiziale svolta nella vigenza dell’art. 18 del d.m. n. 55 del 2014 (anteriormente alle modifiche introdotte dall’art. 4, comma 1, d.m. n. 147 del 2022), il compenso professionale spettante all’avvocato è improntato al principio di onnicomprensività” (Cass. n. 28327/2023) con riferimento all’affare precisazione viene in soccorso per il caso che ci occupa.
L’obiezione del difensore relativa alla mancata liquidazione dei compensi relativi all’attività prestata nei confronti della compagnia assicurativa RAGIONE_SOCIALE è infondata proprio in ragione della circostanza che l’”affare” di cui egli si è occupato con riferimento alla predetta compagnia ha ad oggetto sempre il medesimo risarcimento danni derivante dalla perdita di un congiunto da parte delle assistite a causa di un sinistro mortale.
Difatti, l’attività stragiudiziale posta in essere dal al fine di ottenere il predetto risarcimento dalle compagnie assicurative interessate (RAGIONE_SOCIALE è stata unica nel suo complesso, non ha comportato l’instaurazione di una pluralità di trattative o la trattazione di posizioni differenziate né dal lato attivo e né dal lato passivo.
L’attività espletata avente ad oggetto l’unica vertenza si è sostanziata nell’inoltro di tre missive via pec (di cui, in realtà, solo una contiene come allegati le ricevute di avvenuta consegna), ciascuna delle quali indirizzata alle due compagnie di assicurazioni, indistintamente e congiuntamente inserite nell’intestazione della corrispondenza;
il tutto senza che la prestazione posta in essere per la richiesta risarcitoria nei confronti della compagnia RAGIONE_SOCIALE avesse caratteri di novità e autonomia rispetto all’altra.
Le prestazioni d’opera svolte dal procuratore delle sorelle per la trattazione stragiudiziale dell’”affare” risarcitorio sono state correttamente prese considerazione dal giudice prime cure secondo principio onnicomprensività e liquidate correttamente anche con riferimento all’aumento del compenso tabellare del 10%, ex art. 19 dm.55/2014, per la trattazione di due posizioni di fatto identiche e sovrapponibili come quelle delle due sorelle assistite.
Questa Corte non ritiene pertanto di dover rideterminare il quantum del compenso liquidato dal giudice di primo grado, dal momento che l’attività prestata dal professionista avente ad oggetto la richiesta risarcitoria per i danni subiti dalle nei confronti della compagnia RAGIONE_SOCIALE inerisce il medesimo affare e non ha comportato il compimento di attività diversa e ulteriore rispetto a quella espletata per far valere la medesima pretesa nei confronti di L’appello deve pertanto essere rigettato con integrale conferma del provvedimento impugnato. Al rigetto dell’impugnazione consegue la condanna al pagamento delle spese del grado.
dato atto – ai sensi del comma 1-quater dell’art. 13 DPR 115/2002 – della sussistenza, carico dell’appellante, dell’obbligo versamento dell’ulteriore importo, se dovuto, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione.
La Corte, decidendo sull’appello avverso l’ordinanza del Tribunale di Lecce pubblicata in data 1/12/2022 nel procedimento civile avente N. 1883/2021 RG, proposto da nei confronti di , così provvede:
1) respinge l’appello per l’effetto, conferma provvedimento impugnato;
2) condanna parte appellante a pagare le spese in favore della parte appellata liquidate in euro 3.500,00 oltre rimborso forfetario spese di studio nella misura del 15%, iva e cap, con distrazione in favore del procuratore costituito;
3) dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1-quater DPR 115/2002, della sussistenza dell’obbligo a carico dell’appellante di versamento dell’ulteriore importo, se dovuto, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo.
Lecce, 1 aprile 2025 Il Consigliere est. Il Presidente (dott. NOME COGNOME (dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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