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Prescrizione diritto alla rendita vitalizia

La sentenza affronta il tema della prescrizione del diritto alla costituzione della rendita vitalizia in caso di omissioni contributive, analizzando la normativa e la giurisprudenza di legittimità. La Corte, riformulando l’orientamento precedente, stabilisce che il diritto del lavoratore è imprescrittibile, con la possibilità di richiedere la costituzione della rendita a proprio carico anche dopo la prescrizione dei contributi.

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Pubblicato il 24 giugno 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI TORINO SEZIONE LAVORO Composta da:

Dott. ssa NOME COGNOME PRESIDENTE Rel.

Dott. NOME COGNOME CONSIGLIERE Dott. NOME COGNOME

CONSIGLIERE ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A N._168_2025_- N._R.G._00000242_2024 DEPOSITO_MINUTA_19_06_2025_ PUBBLICAZIONE_19_06_2025

nella causa di lavoro iscritta al n.ro 242 /2024 R.G.L. promossa da:

(C.F. ), nato a Biella il 28/07/1965 e residente in Cavaglià, INDIRIZZO rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME presso il cui studio in Vercelli, INDIRIZZOINDIRIZZO è elettivamente domiciliato per delega in atti RAGIONE_SOCIALE (C.F. ), con Sede in Roma, in persona del Presidente e legale Rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME per procura generale C.F. P. liti, rep n. 37590, del 23.1.2023, a rogito dr. Notaio in Fiumicino, elettivamente domiciliato in Torino, presso l’Ufficio Legale Distrettuale della Sede provinciale dell’Istituto APPELLATO Oggetto: costituzione rendita – art. 13 legge 1338/1962

CONCLUSIONI

Per l’appellante:

Come da ricorso depositato il 20.5.2024 Per l’appellato:

Come da memoria depositata il 21.10.2024

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n.71/2024, pubblicata il 14/03/2024, il Tribunale di Biella ha respinto il ricorso proposto da volto a ottenere la condanna dell alla costituzione della rendita ex art. 13 legge 1338 del 1962, avendo il proprio datore di datore di lavoro omesso di versare 78 contributi settimanali negli anni 1982, 1983, 1984 (periodo compreso tra la data del licenziamento e quella dell’ordine di reintegra ottenuto in giudizio).

Come eccepito dall’ , alla data della domanda amministrativa, del 14.4.2022, il diritto del ricorrente, soggetto alla prescrizione ordinaria decennale, era ormai prescritto atteso che, secondo l’insegnamento della S.C., tale termine non può che decorre dalla maturazione del termine di prescrizione, ratione temporis applicabile (nel caso di specie decennale), del diritto al recupero dei contributi da parte dell’ per l’accantonamento necessario alla costituzione della riserva (Cass. S.U.n.21302/2017, .n.27683/2020). Il diritto dell’ di recuperare i contributi si è prescritto al più tardi nel 1994 e, di conseguenza, il diritto del ricorrente si è a sua volta prescritto nel 2004.

ha proposto appello, cui ha resistito l’ All’udienza di discussione del 26.3.2025 la causa è stata decisa come da dispositivo.

RAGIONI DELLA DECISIONE I fatti di causa sono pacifici e il Tribunale ha fondato la decisione sulla base dell’insegnamento della S.C. secondo il quale:

“la questione controversa in causa è stata decisa dalle sezioni unite di questa Corte, con la pronuncia n. 21302 del 2017, che ha affermato il seguente principio di diritto:

“il diritto alla costituzione della rendita vitalizia previsto dall’art. 13 della L. n. 1338 del 1962, è soggetto all’ordinaria prescrizione decennale, che decorre dalla maturazione del termine di prescrizione, anch’esso decennale, del diritto al recupero dei contributi da parte dell’ per l’accantonamento necessario alla costituzione della riserva matematica del relativo fondo di destinazione”;

la fattispecie concreta, oggetto di disamina da parte delle sezioni unite, riguardava la domanda di condanna, intrapresa da una lavoratrice nei confronti della propria datrice di lavoro, al versamento, in favore dell della riserva matematica necessaria alla costituzione di una rendita, per l’omissione contributiva in relazione al periodo del rapporto di lavoro intercorso tra il mese di gennaio del 1973 e quello di settembre del 1974.

Di qui, l’individuazione del termine decennale anche la prescrizione del credito contributivo dell’ a tale principio e alle ragioni che lo sorreggono, qui da intendersi integralmente richiamate ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., occorre assicurare continuità in questa sede;

l’esigenza di certezza del diritto impone di affermare la sussistenza di un termine finale entro il quale lavoratore interessato possa esercitare il diritto potestativo a vedersi costituire la rendita di cui alla L. n. 1338 del 1962, art. 13, per i contributi omessi e tale termine non può che essere quello di prescrizione ordinaria decennale (sui rapporti tra l’azione della L. n. 1338 del 1962, ex art. 13, e quella ex art. 2116 c.c., comma 2, e sulla qualificazione in termini di responsabilità contrattuale, v., in motivaz. , Cass., sez. un., n. 3678 del 2009).

A sua volta, per le stesse ragioni di certezza, quest’ultimo periodo di prescrizione non può che decorrere dalla maturazione della prescrizione, ratione temporis applicabile, del diritto al recupero dei contributi da parte dell’ , senza che rilevi la conoscenza o meno, da parte del lavoratore, della omissione contributiva (così Cass. n. 983 del 2016 conf. a Cass. n. 3756 del 2003, richiamate da Cass., sez. un., n. 21302 cit.)” ( Cass.n.27683/2020).

L’appello sostiene che, ove il lavoratore abbia chiesto, a suo spese, la costituzione della rendita all’ – come avvenuto nel caso di specie ex art.13, co.5 e 6, L1338/1962 – il diritto azionato deve considerarsi imprescrittibile atteso che nei confronti dell’ non è addossato alcun onere economico.

Nelle ipotesi esaminate dalla S.C., invece, il lavoratore aveva la condanna del datore di lavoro al pagamento della riserva matematica necessaria alla costituzione della rendita, di qui la necessità che la pretesa si esaurisca in un lasso di tempo che assicuri la certezza dei diritti, quindi entro i termini di prescrizione previsti dall’ordinamento.

L’appello è meritevole di accoglimento nei termini di seguito riportati.

La questione di causa stata oggetto dell’ordinanza interlocutoria della S.C. n.13229/2024 che, in controversia analoga, ha ritenuto suscettibile di rimeditazione l’orientamento di legittimità espresso in tema di prescrittibilità del diritto azionato dal lavoratore nei confronti dell’ (quanto meno in punto decorrenza della prescrizione), sulla base di un’ampia ricostruzione dei principi di diritto che regolano la materia.

In particolare, con tale pronuncia il collegio ha autorevolmente argomentato che:

“indipendentemente dalle argomentazioni dogmatiche spese da Cass. n. 7853 del 2003, cit., circa la latitudine del principio secondo cui in facultativis non datur praescriptio, soccorrono riguardo ragioni letterali strettamente connesse alla ratio dell’art. 13, l. n. 1338/1962, più volte cit.;

che, sul punto, Cass. n. 31337 del 2022 ha recentemente rimarcato, sulla scorta dei lavori preparatori, che lo scopo della norma consiste nell’attuare un congegno di regolarizzazione contributiva che consente di valorizzare, ai fini del trattamento pensionistico, quei periodi contributivi per i quali si siano verificate omissioni contributive non sanabili per di prescrizione e che, proprio per ciò, deve considerarsi strettamente collegata alla previsione di cui all’art. 2116, comma 2°, c.c., a norma del quale “nei casi in cui le istituzioni di previdenza e di assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute, l’imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro”, costituendo una forma di reintegrazione in forma specifica del danno derivante dall’omessa contribuzione (cfr., nello stesso senso, già Cass. nn. 6088 del 1981, 6517 del 1986, 5825 del 1995, 14680 del 1999, 22751 del 2004, 2630 del 2014); che, proprio per ciò, è stato escluso che l’azione proposta dal lavoratore ai sensi dell’art. 13, comma 5°, l. n. 1338/1962, sia assoggettabile alla decadenza triennale di cui all’art. 47, d.P.R. n. 639/1970 (così Cass. n. 32500 del 2021), o necessiti della previa proposizione di una domanda amministrativa (Cass. n. 31337 del 2022, cit.), trattandosi di azione che non ha ad oggetto una prestazione previdenziale, ma si propone piuttosto di rimediare alla decurtazione pensionistica conseguente all’omesso versamento dei contributi dovuti; che, sotto questo profilo, si è evidenziato in dottrina che l’art. 13, l. n. 1338/1962, rappresenta peraltro una norma di favore per il datore di lavoro, dal momento che il versamento del solo importo necessario per la costituzione della riserva matematica gli permette di risarcire in forma specifica il danno cagionato al lavoratore dall’omissione contributiva, che altrimenti sarebbe pari all’importo di tutti i ratei pensionistici perduti conseguenza dell’omissione medesima inevitabilmente, darebbe luogo a dissidi di non facile soluzione circa le modalità della sua liquidazione; che, sotto diverso ma concorrente profilo, altra dottrina ha messo in chiaro che, una volta che la riserva matematica sia stata versata dal datore di lavoro o dal lavoratore, la costituzione della rendita vitalizia non comporta alcun onere economico per l’ essendo congegnate le tariffe di cui al d.m. 19.2.1981 (emanato in attuazione dell’ult. co. dell’art. 13, cit.) in modo tale che la riserva matematica copra interamente l’onere assunto dall’assicurazione generale obbligatoria dal momento in cui è riferito il calcolo in poi (cfr. in specie l’All. 12 al d.m. 19.2.1981, cit.);

che, così ricostruito l’impianto normativo, sembra evidente, a parere di questo Collegio, che un problema di prescrizione dell’azione volta alla costituzione della rendita vitalizia si pone nei rapporti tra lavoratore e datore di lavoro, precisamente allorché il lavoratore chieda in giudizio (in contraddittorio necessario con l’ cfr. Cass. S.U. n. 3678 del 2009) che il datore di lavoro venga condannato a versare la riserva matematica utile alla costituzione della rendita;

che a venire in rilievo, in tal caso, è infatti la responsabilità che l’art. 2116 comma 2° c.c. prevede in capo al datore di lavoro allorché, “per mancata o irregolare contribuzione”, le istituzioni di previdenza e assistenza non siano tenute “a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute” al lavoratore assicurato, la quale è sottoposta a prescrizione ordinaria decennale (cfr. per tutte. n. 13997 del 2007);

che, per contro, seri dubbi si pongono, quanto meno in ordine alla decorrenza della prescrizione, nei rapporti tra l’ente previdenziale e il datore di lavoro che intenda avvalersi del congegno di cui all’art. 13, l. n. 1338/1962, per rimediare in forma specifica al danno cagionato al lavoratore, e tra l’ente previdenziale e il lavoratore che intenda sostituirsi al datore di lavoro nel versamento della riserva matematica, essendo l’ente mero destinatario di un pagamento che, come s’è anzidetto, è destinato a coprire interamente l’onere assunto dall’assicurazione generale obbligatoria dal momento in cui è riferito il calcolo in poi; che in tal senso depongono anzitutto le modalità di calcolo della riserva matematica, che – per come disciplinate dal d.m. 19.2.1981 e dal successivo d.m. 31.8.2007 – hanno riguardo non solo al rendimento che la contribuzione regolarmente versata avrebbe avuto, ma anche alla speranza di vita del beneficiario della rendita e dei superstiti aventi diritto alla sua reversibilità, all’evidente scopo di scongiurare il pericolo di una socializzazione dei costi dell’inadempimento dell’obbligo contributivo;

che non dissimilmente deve dirsi con riguardo ai periodi per i quali la relativa quota di pensione andrebbe calcolata con il sistema contributivo, atteso che il corrispondente onere è determinato, per espressa previsione dell’art. 4, comma 1, d.lgs. n. 184/1997, in modo analogo alla determinazione dell’onere per il riscatto dei periodi di studio, ai sensi del comma 5 del precedente art. 2;

che, invero, la ratio che ispirò l’introduzione dell’art. 13, l. n. 1338/1962 risiede nell’intento di scongiurare il rischio di rendere potenzialmente definitivo il danno inferto al lavoratore dall’omissione contributiva, laddove come evidenziato dalla Corte costituzionale – la norma in questione è chiamata ad assicurare “un trattamento di favore ai lavoratori i quali, per effetto del mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro e della impossibilità del loro tardivo pagamento per intervenuta prescrizione, siano stati privati della pensione” (così Corte cost. n. 568 del 1989, in motivazione), manifestando la sua precipua utilità proprio “nei casi in cui le omissioni contributive vengono fatte risalire a periodi assai lontani nel tempo, che possono attingere, ed anche oltrepassare, mezzo secolo, e vengono denunciate a distanza di molti anni nei confronti di datori di lavoro deceduti o di ditte scomparse” (così, sempre in motivazione, Corte cost. n. 26 del 1984); che, escludendo la tesi della imprescrittibilità nei confronti dell’ente previdenziale dell’azione volta alla costituzione della rendita vitalizia, le ragioni testuali, logiche e finalistiche che sopra si sono evidenziate nell’interpretazione dell’art. 13, l. n. 1338/1962, militerebbero quanto meno per ancorare la decorrenza della prescrizione in danno del lavoratore non già alla data di prescrizione dei contributi (rectius, alla data di prescrizione della facoltà del datore di lavoro di versare la riserva matematica, a sua volta decorrente da quella di prescrizione dei contributi), ma alla stessa data in cui matura il danno di cui all’art. 2116 comma 2° c.c., ossia al momento in cui, verificatosi l’evento protetto, l’ente previdenziale non è tenuto al pagamento della prestazione pensionistica in conseguenza dell’omissione contributiva”. Alla data della decisione non risulta che tale ordinanza abbia avuto seguito ma la questione deve ritenersi risolta dal legislatore con la previsione di cui all’art.30, c.1 L. 203/2024:

“.All’articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, dopo il sesto comma è aggiunto il seguente:

«Il lavoratore, decorso il termine di prescrizione per l’esercizio delle facoltà di cui al primo e al quinto comma, fermo restando l’onere della prova previsto dal medesimo quinto comma, può chiedere all’ la costituzione della rendita vitalizia con onere interamente a proprio carico, calcolato ai sensi del sesto comma»”.

Conseguentemente deve essere riconosciuto il diritto di alla costituzione della rendita vitalizia per n. 78 contributi settimanali mancanti negli anni 1982, 1983 e 1984, con condanna dell’ a costituire la rendita vitalizia ex art. 13 L. 12/08/1962 n. 1338.

In ragione del contrasto giurisprudenziale e del recente intervento legislativo, sono compensate le spese di entrambi i gradi del giudizio.

Visto l’art. 437 c.p.c., in accoglimento dell’appello, accerta e dichiara il diritto di alla costituzione della rendita vitalizia per n. 78 settimanali mancanti negli anni 1982, 1983 e 1984 e, per l’effetto, condanna l’ a costituire la rendita vitalizia ex art. 13 L. 12/08/1962 n. 1338;

compensa le spese del doppio grado del giudizio.

Così deciso all’udienza del 26.3.2025 La Presidente Dott. ssa NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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