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Mancato rilascio certificato di agibilità e danni

L’assenza del certificato di agibilità non comporta la nullità della compravendita ma può costituire inadempimento del venditore se l’immobile è privo dei requisiti per l’ottenimento e l’acquirente non vi abbia rinunciato. L’onere della prova del danno in capo all’acquirente è essenziale per il riconoscimento del risarcimento.

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Pubblicato il 17 aprile 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

R.G. 193/2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO

DI CAGLIARI SEZIONE CIVILE Composta dai magistrati Dott.ssa NOME COGNOME Presidente rel. Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._135_2025_- N._R.G._00000193_2023 DEL_08_04_2025 PUBBLICATA_IL_08_04_2025

nella causa iscritta al numero 193 del Ruolo Generale dell’anno 2023 promossa da:

(C.F.: ), in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Cagliari presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende per procura speciale in calce all’atto di appello, appellante contro (C.F.: ), in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende per procura speciale Oggetto: inadempimento vendita immobili.

All’udienza del 23 gennaio 2025 la causa è stata tenuta a decisione sulle seguenti

CONCLUSIONI

Nell’interesse dell’appellante:

“l’Ecc.ma Corte d’Appello, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, Voglia:

IN VIA PRINCIPALE a riforma della sentenza n. 2677/2022 del 16/11/2022 del Tribunale di Cagliari, G.I. Dott. NOME COGNOME accertata la fondatezza dei motivi d’appello di cui alla superiore narrativa:

1) condannare la , al risarcimento di tutti i danni, nessuno escluso, patiti dalla derivanti dall’inadempimento della predetta Srl venditrice per la consegna di un aliud pro alio, meglio descritto in premessa dell’atto di citazione del primo grado di giudizio, oltre interessi e rivalutazione monetaria, da quantificarsi in corso di causa, tra cui € 242.268,56 a titolo di danno emergente, e più specificatamente € 24.000,00 a titolo di spese per intermediazioni immobiliari, € 115.597,84 a titolo di spese per i canoni di locazione ( pagati sino al 25/01/14, € 95.024,76 a titolo di spese per i canoni di locazione (Ing. Lease) pagati sino al 25/01/14, € 2.294,60 a titolo di spese notarili, € 2.294,60 a titolo di spese notarili , € 3.056,76 a titolo di spese per CTU in sede di ATP, € 120.000,00 sono invece da imputare a titolo di lucro cessante derivante dalla mancata vendita dell’ immobile alla società , come meglio specificato nella narrativa dell’atto di citazione del primo grado, di cui € 50.000,00 costituente la differenza tra il prezzo convenuto d’acquisto nel contratto preliminare di compravendita del 05/10/13 con la società ed il prezzo di acquisto dell’immobile di cui al capo 1 dell’atto di citazione del primo grado di giudizio, ed € 70.000,00 costituente la differenza tra il prezzo convenuto d’acquisto nel contratto preliminare di compravendita del 05/10/13 con la società d il prezzo di acquisto dell’immobile di cui al capo 4 dell’atto di citazione del primo grado di giudizio; 2) condannare la , alla restituzione in favore della appellante di tutte le somme che la stessa fosse costretta a pagare nei confronti della.

, e/o alla , per i fatti per cui è causa e nelle more della presente causa;

3) condannare la , e la dovessero formalizzare nei confronti dell’attrice per i fatti per cui è causa;

4) con vittoria di compensi e spese di entrambi i gradi del giudizio e del procedimento di accertamento tecnico preventivo;

” Nell’interesse della appellata:

“Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello adita, a conferma di quanto statuito dalla sentenza del Tribunale di Cagliari n. 2677 del 16 novembre 2022:(i) rigettare tutte le domande proposte dall’Appellante, in quanto infondate per i motivi dedotti in narrativa;

iii)

con vittoria di spese e compensi dei due gradi di giudizio.

” SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 2677/2022 il Tribunale di Cagliari rigettava le domande risarcitorie proposte da nei confronti di condannando l’attrice alla rifusione delle spese processuali in favore della convenuta e compensando tra le parti le spese del procedimento ante causam di accertamento tecnico preventivo.

All’esito dell’espletato procedimento di a.t.p., con atto di citazione notificato in data 17 novembre 2015 conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Cagliari la società esponendo che:

– con atto di compravendita del 24 gennaio 2008, a rogito del notaio , rep. 32478 racc. 18460, RAGIONE_SOCIALE aveva venduto alla RAGIONE_SOCIALE la piena proprietà di a) un appartamento ad uso ufficio sito al secondo piano della palazzina sviluppata su cinque livelli sita nel Comune di Cagliari, in INDIRIZZO

b) un posto auto scoperto sito al piano terra di mq 13, distinto dal numero interno 1;

c) un posto auto scoperto sito al piano terra di mq 15, distinto dal numero interno 2;

– nel predetto atto la società di leasing aveva dichiarato che avrebbe concesso in locazione finanziaria l’appartamento ed i due posti auto alla società in qualità di utilizzatrice;

– con contratto di locazione finanziaria n. NUMERO_DOCUMENTO/001 del 24 gennaio 2009 la Ing. COGNOME aveva concesso in locazione finanziaria l’appartamento ed i posti auto alla ;

– con un secondo atto di compravendita in data 24 gennaio 2008, a rogito notaio , rep. 32482 racc. 18464, RAGIONE_SOCIALE aveva venduto alla la piena proprietà di:

a) un appartamento ad uso ufficio sito al terzo piano della palazzina sviluppata su cinque livelli sita nel INDIRIZZO Par numero INDIRIZZO;

c) un posto auto scoperto sito al piano interrato di mq 12, distinto dal numero interno 11;

d) un posto auto scoperto sito al piano interrato di mq 15, distinto dal numero interno 12;

– aveva dichiarato nell’atto di compravendita che avrebbe concesso in locazione finanziaria l’appartamento ed i tre posti auto alla in qualità di utilizzatrice;

– con contratto di locazione finanziaria n. NUMERO_DOCUMENTO la aveva concesso in locazione finanziaria l’appartamento ed i tre posti auto alla X3M;

– la nell’ottobre 2013 aveva concluso con la due contratti preliminari di vendita dei suddetti immobili;

– nel mese di dicembre 2013 l’attrice aveva riscontrato, con l’ausilio di un tecnico di fiducia, la presenza negli immobili di difformità strutturali ed architettoniche del prospetto interno nonché la mancanza dell’accesso secondario dal INDIRIZZO che comportavano l’impossibilità di ottenere l’agibilità degli immobili;

– la non aveva potuto vendere alla tali immobili;

– dalla procedura di ATP espletata innanzi al Tribunale di Cagliari (RG 5440/2014) era emerso che gli immobili oggetto di compravendita costituivano un aliud pro alio rispetto ai beni previsti nei contratti di vendita.

La società attrice chiedeva quindi che la convenuta fosse condannata al risarcimento dei danni conseguenti alle difformità strutturali e architettoniche degli immobili, oltre interessi e rivalutazione monetaria e, segnatamente le spese sostenute per la conclusione dei contratti di leasing ivi compresi i canoni versati, le spese del procedimento di atp nonché il lucro cessante per la mancata vendita dei beni alla oltre alla restituzione delle ulteriori somme che fosse costretta a corrispondere alla e /o alla La convenuta, a sua volta, eccepiva: – in via preliminare, la nullità dell’atto di citazione ai sensi dell’art. 163 n. 4 c.p.c. in ragione dell’indeterminatezza dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda;

– nel merito, l’infondatezza delle domande attoree quanto all’esistenza dei denunciati difetti e, comunque, l’inesistenza dei lamentati danni;

– la carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. nei confronti della in relazione alle domande di manleva per eventuali richieste avanzate dalle società di leasing. Par Par Par /2014), il primo giudice respingeva in primo luogo l’eccezione di nullità della citazione, ritenendo agevolmente ricavabile dall’atto sia la tutela invocata dall’attrice che le ragioni assunte a sostegno della domanda risarcitoria e cioè l’inidoneità degli immobili oggetto di vendita alla funzione economico sociale dedotta in contratto (aliud pro alio). Nel merito, osservava il giudicante che il mancato rilascio del certificato di agibilità non incideva sulla validità ed efficacia del contratto e che la venditrice non aveva affatto garantito la regolarità degli immobili sotto il profilo dell’agibilità;

anzi negli atti di vendita era stabilito che il certificato di agibilità sarebbe stato ottenuto a cura della parte utilizzatrice, la quale si era impegnata a proprie spese ad eseguire tutte le opere di adeguamento edilizio e degli impianti necessarie secondo la vigente normativa, con esonero della società venditrice da ogni obbligo al riguardo.

A fronte di tale esplicita previsione contrattuale, secondo il tribunale, non era ravvisabile alcun inadempimento da parte della venditrice all’obbligazione di consegnare un bene completo delle sue qualità essenziali né la mancanza del predetto certificato rendeva l’immobile un aliud pro alio rispetto al bene dedotto in contratto, essendo rimessa all’iniziativa dell’utilizzatrice l’esecuzione delle opere necessarie a rimediare alle difformità riscontrate dal c.t.u. Ne conseguiva, secondo il giudicante, che la acclarata impossibilità di conseguire il certificato di agibilità – per la presenza di difformità secondarie attinenti per lo più al prospetto interno – era da considerare del tutto temporanea e subordinata alla realizzazione delle modifiche necessarie ad eliminare le difformità strutturali e architettoniche. Avverso tale decisione ha proposto appello la deducendo:

i) la contraddittorietà e/o illogicità della motivazione nella parte in cui il tribunale, pur prendendo atto della necessità che l’immobile fosse conforme al titolo concessorio per poter ottenere il rilascio del certificato di agibilità a norma dell’art. 24, comma 1, D.P.R. n. 380/2001, concludeva che, nella specie, non era apprezzabile un inadempimento all’obbligazione di consegna di un bene idoneo alla sua funzione economica, potendosi acquisire successivamente il certificato di agibilità;

ii) l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie laddove il all’agibilità degli immobili, nonostante la venditrice avesse garantito la regolarità urbanistica degli immobili e la conformità degli stessi alla concessione edilizia e quindi la sussistenza di tutti i requisiti di agibilità degli stessi, ponendo a carico dell’utilizzatrice soltanto l’onere di procurarsi la relativa certificazione;

(iii) l’erronea lettura della relazione redatta dal consulente tecnico in sede di a.t.p.

, ove invece si dava atto dell’inidoneità assoluta delle costruzioni ad ottenere la certificazione di agibilità stante il carattere insanabile delle difformità riscontrate.

L’appellante ha quindi ribadito l’istanza di consulenza tecnica d’ufficio per verificare la condizione urbanistica degli immobili, ove non ritenuta esaustiva la relazione depositata in seno al procedimento di istruzione preventiva, e ha insistito nella domanda di risarcimento dei danni per consegna di aliud pro alio.

La società si è costituita in giudizio, resistendo ai motivi di appello e contestando le voci di danno lamentate dall’utilizzatrice, la quale aveva goduto del bene in leasing per oltre sei anni prima di contestare presunti vizi del bene e pretendeva di dimostrare danni per lucro cessante producendo un preliminare di vendita privo di data certa e comunque senza provare che il fallimento dell’affare fosse dovuto alla mancanza del certificato di agibilità.

La causa è stata quindi tenuta a decisione all’udienza del 23 gennaio 2025 sulle conclusioni sopra trascritte, ai sensi del novellato art. 352 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Le censure sopra riassunte possono essere trattate congiuntamente per ragioni logico-giuridiche.

Il tribunale adito dalla RAGIONE_SOCIALE per la declaratoria di inadempimento della alla consegna di un bene dotato delle caratteristiche di sicurezza, igiene e salubrità, risparmio energetico e regolarità degli impianti oltre che conforme al progetto assentito, concludeva che spettava all’utilizzatrice la realizzazione delle opere necessarie per rendere il bene “agibile” e quindi ottenere la relativa certificazione, richiamando il principio statuito dalla Suprema Corte secondo il quale il mancato rilascio del certificato di abitabilità comporta inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio a /2019). L’appellante ha censurato tale conclusione, obiettando di non aver rinunciato all’abitabilità degli immobili e che tale rinuncia non poteva trarsi dall’impegno assunto di procurare la relativa certificazione, la quale presupponeva appunto che l’immobile fosse dotato dei requisiti necessari per ottenerla.

In particolare, la ha criticato la motivazione assunta nella sentenza impugnata per incoerenza ed erronea interpretazione delle clausole del contratto di compravendita, avendo il giudicante confuso il profilo dell’agibilità degli immobili, e cioè il possesso dei requisiti, con quello della consegna del certificato di agibilità, finendo per addossare all’utilizzatrice l’onere di eseguire le opere necessarie per rendere gli immobili agibili.

Soccorre la lettura del testo contrattuale (i due atti di vendita sono uguali nelle parti di seguito trascritte).

Premesso che l’utilizzatrice aveva previamente individuato i beni da ottenere in locazione finanziaria dalla e che aveva personalmente definito con la parte venditrice il prezzo e le modalità inerenti il trasferimento della proprietà alla società di leasing, la medesima aveva partecipato alla compravendita acquisendo in proprio una serie di obblighi ed in particolare Art. 1, ultima parte:

“Ai sensi della legge 47/1985, la parte alienante dichiara che il complesso edilizio di cui gli immobili in oggetto sono parte è stato edificato in forza ed in conformità della concessione edilizia rilasciata in data 5-06-1992 n. 120/92C, prot. 7072 e successione concessione in variante in data 17 febbraio 1995, prot. 2379;

che in relazione ai medesimi non sono stati emessi provvedimenti sanzionatori previsti dall’art. 41 della predetta legge e di non aver apportato modifica alcuna comunque non autorizzata.

Il certificato di agibilità relativo agli immobili in oggetto sarà ottenuto a cura e spese della parte utilizzatrice, con esonero della società venditrice da ogni obbligo al riguardo, senza che la mancanza dello stesso possa costituire vizio dell’immobile o inadempimento della venditrice”.

Par compravendita, come pure le parti comuni dell’intero complesso edilizio di cui sono parte, necessitano di immediati interventi di manutenzione sia ordinaria che straordinaria;

al riguardo la parte utilizzatrice dichiara di avere esatta conoscenza dello stato degli immobili in oggetto, per averne preso visione prima d’ora e di trovarli comunque idonei all’uso cui intende destinarli;

dichiara altresì di essere a conoscenza degli interventi che si rendono necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei medesimi, con riferimento alle opere murarie, alla pavimentazione, agli impianti e servizi esistenti, alle facciate esterne, alle rifiniture ed all’ascensore.

Le parti convengono espressamente che tutti gli oneri connessi ai suddetti interventi manutentivi, anche straordinari, saranno ad esclusivo carico della parte utilizzatrice, con esonero della società venditrice dal prestare la garanzia per vizi, ex art. 1490 2° comma c.c. Le parti riconoscono e si danno reciprocamente atto che il prezzo di compravendita è stato convenuto nella misura precisata al precedente art. 2 anche in considerazione delle circostanze sopra esposte”.

Art. 6:

“La parte utilizzatrice con la firma del presente atto dichiara che l’immobile compravenduto, da essa visitato e trovato di pieno gradimento, è idoneo per le proprie necessità, corrispondente alle esigenze connesse alla propria attività ed approva senza riserve le condizioni tutte fissate nel presente atto … La parte utilizzatrice si impegna ad adeguare gli impianti a norma di legge (legge 46/90) nonché a sostenere le spese condominiali, sia ordinarie che straordinarie, dalla data odierna.

Inoltre la parte utilizzatrice si impegna ad ottenere qualsiasi certificazione richiesta a norma di legge per lo svolgimento della propria attività (ed in particolare si impegna ad ottenere congiuntamente con la parte venditrice il certificato di agibilità completo di tutta la documentazione richiesta a norma di legge).

La parte utilizzatrice si impegna ad eseguire sotto la propria esclusiva responsabilità tutte le opere di adeguamento edilizio e degli impianti che fossero richieste dalla vigente normativa per il corretto utilizzo dell’immobile, in relazione all’attività che ivi sarà svolta… Resta inteso che le spese degli adempimenti e degli obblighi di natura urbanistica, edilizia e fiscale, relativi all’immobile compravenduto, che possano essere assolti solamente dal proprietario, saranno totalmente rimborsate dalla parte utilizzatrice Alla luce di tale regolamentazione contrattuale risulta chiaro che (a) la venditrice aveva garantito soltanto la conformità degli immobili ai titoli concessori e l’assenza di modifiche non autorizzate; (b) l’utilizzatrice si sarebbe procurata a sue spese il certificato di agibilità, esonerando la venditrice da ogni obbligo al riguardo, senza che la mancanza dello stesso potesse costituire vizio dell’immobile o inadempimento della venditrice;

(c) l’utilizzatrice si era fatto carico delle opere di adeguamento edilizio e degli impianti richiesti dalla normativa vigente.

Giova a questo punto richiamare la consolidata giurisprudenza di legittimità in ordine all’incidenza dell’assenza del certificato di agibilità sulla validità ed efficacia della compravendita.

Chiarisce la Corte che l’assenza del certificato non concreta un vizio genetico del contratto, ma può alterare il sinallagma funzionale, “dovendo essere verificata in concreto l’importanza e la gravità dell’omissione in relazione al godimento e alla commerciabilità del bene, sicché, ove in corso di causa, si accerti che l’immobile promesso in vendita presentava tutte le caratteristiche necessarie per l’uso suo proprio e che le difformità edilizie rispetto al progetto originario erano state sanate a seguito della presentazione della domanda di concessione in sanatoria, del pagamento di quanto dovuto e del formarsi del silenzio-assenso sulla relativa domanda, la risoluzione non può essere pronunciata. … Pertanto, solo ove difettino – in termini assoluti e senza possibilità di sanatoria – i requisiti igienico- sanitari e di sicurezza per ottenere l’agibilità, la vendita può essere risolta per l’intervenuta consegna di aliud pro alio.

… Ne discende che l’assenza del certificato di agibilità rappresenta un vizio che rende la cosa venduta difforme nel genere o nel sottogenere da quella pattuita – ossia un’ipotesi di aliud pro alio datum – esclusivamente allorchè difettino irrefutabilmente i requisiti sostanziali legittimanti il suo rilascio … salvo (il promissario acquirente) non abbia espressamente rinunciato al requisito dell’agibilità” (Cass. Civ. n. 23604/2023; conf. n. 32944/2024; v. anche n. 10665/2020, n. 23265/2019).

Nella specie, l’interpretazione della volontà contrattuale operata dal primo giudice non trova sicura conferma nel testo sopra riportato:

ferma la dichiarazione della venditrice di conformità dell’immobile ai titoli concessori e di assenza di abusi, l’utilizzatrice si era assunta l’onere di curare personalmente la che la mancanza dello stesso possa costituire vizio dell’immobile o inadempimento della venditrice.

Detta previsione esonera la venditrice solo dalla consegna del certificato, così da non costituire espressa obbligazione in capo a sé anche ai fini di un eventuale inadempimento, ma non è estesa espressamente all’esistenza dei requisiti di agibilità che parrebbero invece presupposti proprio dallo spostamento dell’obbligo di ottenere il rilascio a carico dell’utilizzatrice;

quest’ultima, invero, si era fatta carico, oltre che degli interventi edilizi diretti a soddisfare esigenze di manutenzione (ordinaria e straordinaria) e dell’adeguamento degli impianti alla L. 49/1990, anche dell’esecuzione delle opere di adeguamento edilizio e degli impianti richieste dalla normativa vigente per il corretto utilizzo dell’immobile, impegnandosi “ad ottenere congiuntamente con la parte venditrice il certificato di agibilità completo di tutta la documentazione richiesta a norma di legge” (art. 6 cit.). Quindi, se da una parte il venditore non aveva esplicitamente garantito l’esistenza dei requisiti igienico sanitari necessari all’agibilità (da non confondere con la conformità al permesso a costruire, afferendo a diversi presupposti seppure eventualmente interferenti, v. Cass. Civ. n. 23604/2023), dall’altra, l’utilizzatrice aveva esonerato il venditore soltanto dall’obbligo di procurare il certificato di agibilità.

L’esito dell’indagine condotta dal consulente tecnico d’ufficio nel procedimento di istruzione preventiva circa la regolarità urbanistica-edilizia degli immobili oggetto di compravendita e di leasing – le cui risultanze non sono state oggetto di contestazione nella causa di merito e rendono dunque superfluo l’espletamento di una nuova consulenza – ha consentito di accertare che:

– tra il progetto approvato e le opere realizzate si riscontrano alcune difformità sostanziali nel piano interrato, nel piano terra, nel piano rialzato, nei piani alti, nel prospetto posteriore;

– per poter sanare la difformità occorrerebbe presentare una nuova istanza con richiesta di rilascio di concessione edilizia in “accertamento di conformità”, ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2001;

– alcuni elementi di fabbrica contrastano con la disciplina urbanistica vigente (v. art. 63 regolamento edilizio del PUC), in particolare, il vano scala esterno non è corrispondente al progetto approvato in quanto la scala risulta speculare rispetto alle previsioni ivi contenute ed è inoltre in contrasto con le norme vigenti in quanto aperta e non aggiuntiva conformità e comporta l’impossibilità di ottenere da parte dei competenti uffici pubblici le autorizzazioni necessarie per ottenere il certificato di agibilità. Non si tratta, dunque, di impossibilità solo temporanea di acquisire la certificazione di agibilità, come sostenuto in prime cure, bensì di impossibilità definitiva quantomeno nei limiti della vigenza dell’attuale regolamento edilizio che non consente al complesso immobiliare di raggiungere la doppia conformità con particolare riferimento al posizionamento della scala esterna.

Né dal tenore dei contratti potrebbe ricavarsi che l’utilizzatrice si fosse obbligata, ammesso sia tecnicamente possibile, a inserire il vano scala all’interno del fabbricato, trattandosi di modifica certamente non rientrante nel concetto di manutenzione, neppure straordinaria, (art. 3) e in quello di opera di adeguamento edilizio necessaria per il corretto utilizzo dell’immobile in relazione all’attività svolta (art. 6).

Dalla consegna di un bene radicalmente difforme da quello pattuito, perché privo dei requisiti sostanziali legittimanti il rilascio dell’agibilità (aliud pro alio), consegue la responsabilità del venditore per i danni eventualmente arrecati al compratore per effetto della diminuita utilizzabilità e commerciabilità del bene ove siano dimostrati gli effetti pregiudizievoli concretamente subìti dall’acquirente in conseguenza di tale mancanza, “altrimenti la riparazione non spetterà, specie allorché sia stato accertato che tale circostanza non ha impedito all’avente diritto di utilizzare pienamente il bene come abitazione, senza che questi abbia concretamente subito quei pregiudizi economici che sarebbero potuti astrattamente derivare dalla mancanza del suddetto certificato, anche in termini di esborso di spese necessarie per la sua materiale acquisizione” (Cass. Civ. n. 23604/2023 cit.; v. anche n. 12226/2018; n. 30950/2017).

Nella specie, immesso nell’immediatezza della compravendita (2008) nel possesso degli immobili (art. 5 contratto di vendita), ritenuti idonei all’uso cui si intendeva destinarli (art. 3), l’utilizzatrice aveva mantenuto la disponibilità dei beni in virtù della locazione finanziaria successivamente stipulata senza formulare contestazione alcuna fino all’introduzione del giudizio di primo grado nel novembre 2015.

Nell’atto di citazione avanti il tribunale parte attrice non allegava di non aver potuto godere pienamente degli immobili condotti in locazione finanziaria a causa della mancanza dei requisiti igienico-sanitari rappresentante della dichiarava di aver perso il possesso dei beni fin dal 2014 (metà anno circa) e aggiungeva che la società non li aveva mai effettivamente utilizzati.

Infine, è circostanza pacifica in causa – in disparte l’ammissibilità dei nuovi documenti prodotti con le note di precisazione delle conclusioni nel presente grado, la cui rilevanza ai fini della decisione è da escludersi per le ragioni di seguito indicate – che l’utilizzatrice era rimasta morosa nel pagamento dei canoni e che gli immobili sono stati venduti a terzi da parte della società di leasing.

In questi termini, ritiene questa Corte che non sia apprezzabile un pregiudizio economico causalmente collegato alla mancanza dei requisiti di agibilità, ai sensi ed agli effetti di cui all’art. 1223 c.c. Invero, la era stata immessa nel possesso dei beni dal 2008 e la circostanza, rimasta mera asserzione, che la società non li avesse effettivamente utilizzati (in che misura?)

non toglie che non aveva sofferto alcuna limitazione al godimento previsto dalla locazione finanziaria e che fosse dunque tenuta al pagamento dei canoni.

Il danno emergente allegato dall’appellante non può pertanto essere individuate nelle spese sostenute per il leasing, invece dovute in ragione del godimento ricevuto.

Va poi rilevato che entrambi i leasing avevano durata di 18 anni, al termine dei quali la società avrebbe potuto esercitare l’opzione di acquisto;

tuttavia, detti rapporti erano cessati a causa della morosità della locatrice ben prima della scadenza contrattuale, rendendo inverosimile l’ipotesi che la medesima avrebbe concluso la locazione e acquistato il bene con il difetto di agibilità, che le avrebbe potuto pregiudicare la reimmissione sul mercato.

Neppure costituisce voce di danno, quale lucro cessante, la mancata vendita degli immobili in questione alla nei cui confronti la si era obbligata con contratto preliminare datato 5-10- 2013.

A prescindere dalla mancanza di data certa della scrittura privata prodotta in giudizio, è rimasta allo stato di pura allegazione la circostanza che l’affare non sarebbe stato concluso per effetto della mancanza dell’agibilità né il dissenso della promissaria acquirente al riguardo può desumersi da qualche Par RAGIONE_SOCIALE nuovo soggetto nel rapporto di leasing.

In difetto di prova di un pregiudizio economico causalmente collegato alla condizione del bene ricevuto in leasing, la domanda risarcitoria va respinta.

L’appello deve, pertanto, essere rigettato, condannando l’appellante alla rifusione in favore dell’appellata delle spese processuali, liquidate come in dispositivo al valore medio dello scaglione indeterminabile-complessità media.

Si deve dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 c. 1 quater D.P.R. 115/02.

La Corte d’Appello, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione:

1) rigetta l’appello proposto da avverso la sentenza n. 2677/22 del Tribunale di Cagliari;

2) condanna l’appellante alla rifusione in favore dell’appellata delle spese processuali del presente grado, che liquida in euro 8.470,00 per compensi, oltre quanto dovuto per legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 c. 1 quater D.P.R. 115/02.

Così deciso in Cagliari, il 13-03-2025 Il Presidente rel. Dott.ssa NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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