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Indebito assistenziale e indebito previdenziale

Indebito assistenziale e indebito previdenziale: indebita percezione di prestazioni assistenziali e prestazioni pensionistiche.

TRIBUNALE DI FOGGIA
In composizione monocratica
IL GIUDICE DEL LAVORO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 4164/2022 pubblicata il 07/12/2022

Nella causa iscritta al n. 7976/2015 Ruolo Affari Contenziosi sez. lavoro decisa all’udienza del 7.12.2022, tenuta secondo le modalità di cui all’art. 83, comma 7°, lett. h), D.L. n. 18/2020, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27

TRA

XXX, YYY, ZZZ e KKK, in qualità di eredi di JJJ, tutti rappresentati e difesi dall’Avv. come da procura speciale alle liti in atti

RICORRENTI

E

INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. come da procura generale alle liti richiamata in atti

RESISTENTE

OGGETTO: indebito assistenziale

CONCLUSIONI: come in atti

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

Con ricorso depositato il 28.7.2015 JJJ conveniva in giudizio l’INPS dinanzi al Tribunale di Foggia, in funzione di giudice del lavoro, al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni: “accertare il diritto a percepire, per il periodo che va da agosto 2011 a giugno 2013, i ratei dell’assegno di assistenza per gli invalidi civili parziali, ex art. 13 legge 30/03/1971 n° 118 – Prestazione n. 03327965, ovvero i ratei della pensione in regime internazionale Lav. Dipendente, Cat. IOS n. 46005663, e, per l’effetto, condannare l’INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore, a riliquidare e corrispondere al ricorrente i ratei di pensione non percepiti dal mese di agosto 2011 al mese di giugno 2013, nonché i supplementi sui ratei arretrati dovuti in esito alla riliquidazione, con interessi legali; accertare il diritto ad andare esente dalla ripetizione dell’indebito e, per l’effetto, annullare il provvedimento emesso dall’INPS in data 18 dicembre 2013, condannando l’INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore, a restituire al ricorrente i ratei già trattenuti sulla pensione Cat. IOS n. 46000077 a partire dal mese di marzo 2014, per un totale di € 850,00; in subordine, accertare che la ripetizione dell’indebito riguardi gli anni 2003/2004/2005/2006 e che il sig. *** deve restituire la diversa somma pari ad € 11.774,37 – condannare l’Ente resistente, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese, diritti ed onorari del giudizio”.

Il ricorrente esponeva: che con verbale del 25 maggio 1991 veniva riconosciuto invalido civile con riduzione della capacità lavorativa superiore al 74% e che per tale motivo gli veniva riconosciuto e corrisposto dall’INPS, con decorrenza dal 1° giugno 1991, un assegno mensile di assistenza per gli invalidi civili parziali, ex art. 13 legge 30/03/1971 n° 118 – Prestazione n. 03327965; che, in data 8 aprile 2011, attraverso il “CAF Sicurezza Fiscale S.r.l., comunicava all’INPS la dichiarazione dei redditi per l’anno 2010, dalla quale risultava di essere percettore di una pensione estera dell’importo annuo di € 1704,00 e che, proprio a seguito di tale dichiarazione, l’INPS senza alcuna comunicazione formale, sospendeva l’assegno mensile di assistenza; che, pertanto, si rivolgeva nuovamente al CAF per conoscere le ragioni della sospensione della pensione; che con nota del 23 giugno 2011, l’INPS gli comunicava che, per effetto del ricalcolo della pensione n. 03327965 a partire dal 1 novembre 1998, era risultato che lo stesso avesse indebitamente percepito una somma pari ad € 23.313,74, che per le modalità di restituzione della somma suddetta gli sarebbe stata inviata una successiva comunicazione, e che, sulla base della riliquidazione, gli sarebbe stato corrisposto, dal mese di agosto 2011, un assegno mensile pari ad € 270,60; che, con nota dell’8 luglio 2011, l’INPS gli comunicava di aver rideterminato l’indebito suindicato, indicando in € 15.572,60 la somma da restituire e che, sulla base della nuova riliquidazione, nulla gli sarebbe stato corrisposto a titolo di assegno mensile di assistenza; che, con istanza del 7 settembre 2011, chiedeva all’INPS la ricostituzione dell’assegno mensile di assistenza; che, con nota del 12 ottobre 2011, l’INPS rigettava la domanda di ricostituzione della pensione per il seguente motivo “Pensione eliminata in seguito a sospensione per accertamenti sanitari. I modelli reddituali allegati non riportano redditi da lavoro conseguiti all’estero”; che, in data 10 ottobre 2011, chiedeva all’INPS di essere sottoposto a nuovi accertamenti sanitari per il riconoscimento dell’invalidità civile, reiterando, altresì, la domanda di ricostituzione dell’assegno assistenziale. Lo stesso era sottoposto a visita medica di controllo, in data 10 gennaio 2012; che, con verbale del 30 maggio 2012, veniva riconosciuto invalido civile con riduzione della capacità lavorativa superiore al 74%; che, nelle more, l’INPS, con nota del 20 dicembre 2011, gli comunicava il pagamento di € 23.313,74 in più sulla sua pensione n. 3327965, allegando, all’uopo, apposito bollettino postale precompilato per la restituzione di detta somma; che con nota del 27 dicembre 2011, l’INPS gli comunicava il versamento di € 15.572,66 in più sulla sua pensione n. 3327965, allegando, all’uopo, apposito bollettino postale precompilato per la restituzione di detta somma; che, in data 1 giugno 2012, in virtù del riconoscimento dell’invalidità civile ottenuto con il verbale del 30 maggio 2012, chiedeva nuovamente all’INPS l’erogazione dell’assegno mensile di assistenza; che, con nota del 28 agosto 2012, l’INPS gli comunicava l’impossibilità di accogliere la sua domanda per incompatibilità con altra prestazione di invalidità/rendita INAIL; che, con nota del 31 luglio 2012, l’INPS, sede di Catanzaro, gli veniva comunicato il riconoscimento della pensione in regime internazionale Lav. Dipendente, Cat. IOS n. 46005663, richiesta con domanda del 5 maggio 2008; che, invero, lo stesso per l’anno 2012 percepiva un solo rateo di tale pensione (ottobre 2012), pari ad € 331,00, e nulla per gli anni precedenti; che, con istanza del 10 settembre 2012, chiedeva all’INPS la ricostituzione reddituale per integrazione al trattamento minimo della pensione, Cat. IOS n. 46005663; che solamente a partire dal mese di luglio 2013, iniziava a percepire la suddetta tipologia di pensione richiesta; che, in data 2 maggio 2013, presentava all’INPS domanda per il riconoscimento dell’invalidità civile, venendo così sottoposto a visita medica di controllo in data 25 giugno 2013; che, con verbale del 2 luglio 2013, veniva riconosciuto invalido con totale e permanente inabilità lavorativa: 100% art. 2 e 12 L. 118/71; che, con ricorso amministrativo del 28 agosto 2013, chiedeva al Comitato Provinciale dell’INPS di Foggia di ripristinare il diritto all’assegno assistenziale, non più elargito dal mese di agosto 2011, e di pagare in suo favore la somma corrispondente ai ratei di pensione arretrati e non pagati, oltre rivalutazione ed interessi; l’INPS non dava riscontro, nel termine di 180 giorni, al ricorso amministrativo e la domanda, ex art. 443 c.p.c., diveniva procedibile; che, con raccomandata del 18 dicembre 2013, l’INPS gli comunicava che avrebbe recuperato la somma di € 15.572,66 con trattenuta di € 50,00 mensili sulla pensione Cat. IOS n. 46000077 a partire dal mese di marzo 2014; che, con raccomandata del 21 luglio 2014, l’INPS lo informava che la sua richiesta, presentata il 2 maggio 2013, era stata accolta e che gli era stata riconosciuta la prestazione quale invalido totale, Cat. INVCIV n. 07071944, con decorrenza dal 1 giugno 2013; che, come più volte evidenziato, risulta ancora creditore nei confronti dell’INPS della somma di € 8.040.00 in quanto, dal mese di agosto 2011 al mese di maggio 2013, pur essendo in possesso dei requisiti previsti dalla legge, non ha percepito né l’assegno mensile di assistenza né la pensione in regime internazionale.

Ritualmente evocato in giudizio, l’INPS rimaneva contumace.

All’udienza del 10.01.2017, il giudizio veniva interrotto a seguito del decesso di JJJ, avvenuto in data 6.12.2016 (come da certificato di morte contestualmente depositato).

Successivamente, con ricorso per riassunzione, depositato in data 9.03.2017, il giudizio veniva proseguito dagli eredi del de cuius in epigrafe indicati, i quali si riportavano integralmente al ricorso introduttivo.

L’INPS, la cui contumacia veniva dichiarata all’udienza del 14.10.2016 e poi revocata a seguito della costituzione in giudizio all’udienza del 16.05.2017, chiedeva il rigetto del ricorso in quanto infondato; vinte le spese di lite.

Acquisiti gli atti e i documenti delle parti, all’odierna udienza la causa veniva discussa e decisa mediante sentenza contestuale, lette le note di trattazione scritta.

***

La domanda è fondata nei limiti e per le ragioni che seguono.

Appare opportuno, in primo luogo, fornire una ricostruzione generale delle coordinate ermeneutiche sottese al thema litis.

L’indebito assistenziale e l’indebito previdenziale costituiscono due figure differenti.

Invero, mentre il primo deriva dalla indebita percezione di prestazioni assistenziali (ad esempio, l’indennità di accompagnamento ex lege n. 18/80, l’assegno mensile e la pensione d’inabilità degli invalidi civili ex lege n. 118/71, l’assegno sociale, la maggiorazione sociale, l’integrazione al trattamento minimo), il secondo si configura in seguito alla indebita percezione di prestazioni pensionistiche (ad esempio, la pensione di vecchiaia, la pensione anticipata, la pensione ai superstiti, l’assegno mensile e la pensione di inabilità ex lege 222/84).

Nel caso di specie, si verte in tema d’indebito assistenziale.

La Suprema Corte, con una serie di statuizioni chiarificatrici ha affermato che, al ricorrere di determinate condizioni, di seguito enucleate, l’accipiens non è tenuto alla restituzione all’INPS delle somme indebitamente percepite a titolo di pensione d’invalidità civile, e ciò in deroga al principio generale, sancito dall’art. 2033 c.c., secondo il quale chi esegue un pagamento d’indebito ha diritto di ottenere la restituzione di ciò che ha pagato. Mutatis mutandis, le stesse condizioni valgono anche per l’assegno d’invalidità civile. Orbene, la Corte ha individuato, in relazione alle singole e diversificate fattispecie esaminate, un principio generale secondo cui il regime dell’indebito assistenziale presenta tratti eccentrici rispetto alla regola della ripetibilità propria del sistema civilistico e dell’art. 2033 c.c., in ragione dell’affidamento dei pensionati nell’irripetibilità di trattamenti pensionistici indebitamente percepiti in buona fede, atteso che le prestazioni pensionistiche, pur indebite, sono normalmente destinate “al soddisfacimento di bisogni alimentari propri e della famiglia” (Corte Cost. n. 1/2006), con disciplina derogatoria che individua “alla luce dell’art. 38 Cost. un principio di settore che esclude la ripetizione se l’erogazione (…) non sia (…) addebitabile al percettore” (Corte Cost. n. 431/1993).

In quest’ottica, il Tribunale condivide l’orientamento giurisprudenziale della Cassazione – dal quale si è discostata di recente Cass. n.1579/2019- per cui << La revoca di un trattamento di invalidità civile a motivo dell’insussistenza delle condizioni per il godimento (nella specie, perché il beneficiario era titolare anche dell’assegno ordinario di invalidità) comporta l’obbligo di restituzione all’Inps, a titolo di indebito, dei soli ratei percepiti dalla data del provvedimento ablatore, esclusa la ripetizione anche delle somme precedentemente corrisposte.>> (Cass. n.28163/2018)

In particolare ha affermato la Suprema Corte che <<Come già affermato da Cass. 1 ottobre 2015, n. 19638, la disciplina della ripetibilità muta a seconda della ragione che ha dato luogo all’indebito assistenziale (mancanza dei requisiti sanitari ovvero dei requisiti reddituali o, ancora, in via generale dei requisiti di legge) e le disposizioni sull’indebito assistenziale che fanno riferimento alla mancanza, in via generale, dei requisiti di legge (escludendosi, quindi, le norme che regolano espressamente la sorte dell’indebito per difetto del requisito sanitario o di quello reddituale) vanno individuate nel D.L. n. 850 del 1976, art. 3-ter, convertito in L. n. 29 del 1977, secondo cui “Gli organi preposti alla concessione dei benefici economici a favore… degli invalidi civili hanno facoltà, in ogni tempo, di accertare la sussistenza delle condizioni per il godimento dei benefici previsti, disponendo la eventuale revoca delle concessioni con effetto dal primo giorno del mese successivo alla data del relativo provvedimento”, nonchè nel D.L. n. 173 del 1988, art. 3, comma 9, convertito nella L. n. 291 del 1988, che recita: “Con decreto del Ministro del Tesoro sono stabiliti i criteri e le modalità per verificare la permanenza nel beneficiario del possesso dei requisiti prescritti per usufruire della pensione, assegno o indennità previsti dalle leggi indicate nel comma 1 e per disporne la revoca in caso di insussistenza di tali requisiti, con decreto dello stesso Ministro, senza ripetizione delle somme precedentemente corrisposte”.>>

Quindi, la Cassazione, dando atto di dare continuità ad un proprio orientamento, ha pure affermato che << Si tratta, dunque, di norme speciali rispetto all’art.2033 cod. civ. che pertanto cede loro il passo (v. Cass. n. 19638 del 2015 cit. e successive conformi, fra le quali Cass. 12 luglio 2017, n.17216) che limitano la restituzione ai soli ratei indebitamente erogati a decorrere dalla data del provvedimento che accerta che la prestazione assistenziale non era dovuta, restando esclusa la ripetizione delle somme precedentemente corrisposte>>.

In sostanza la citata sentenza fonda la salvaguardia dei ratei del trattamento di invalidità civile anteriori al provvedimento di revoca, sul combinato disposto dell’art. 3 ter d.l. 850/76 e del decimo comma dell’art. 3 del d.l. 173/88, laddove la prima norma recita“ Gli organi preposti alla concessione di benefici economici a favore dei ciechi civili, invalidi civili e sordomuti hanno facoltà, in ogni tempo, di accertare la sussistenza delle condizioni per il godimento dei benefici previsti, disponendo la eventuale revoca delle concessioni con effetto dal primo giorno del mese successivo alla data del relativo provvedimento” e, la seconda, rimanda al Ministero competente l’onere di regolamentare i controlli finalizzati alle verifica della permanenza dei requisiti prescritti per fruire del beneficio.

L’opzione ermeneutica della Suprema Corte, valorizza, richiamando la suddetta fonte normativa, il criterio, indicato dalla Consulta, di attuazione del principio della buona fede nel diritto positivo – perché il provvedimento di revoca sicuramente induce nel beneficiario del trattamento di invalidità la consapevolezza di non averne diritto – ed è, a parere del Tribunale, condivisibile rispetto alla successiva, richiamata, pronuncia, la quale, accogliendo il ricorso dell’INPS, ha escluso la non ripetibilità dell’indebito assistenziale, sulla sola considerazione che <<La condizione della mancata percezione di altro trattamento ….si pone come elemento esterno alla prestazione goduta che costituisce ostacolo non al suo riconoscimento, bensì all’erogazione della stessa in presenza della percezione di altro analogo trattamento>>.

Insegna da ultimo la Cassazione:

– con sentenza 13915 del 20.05.2021 che in <<In tema di prestazioni economiche corrisposte agli invalidi civili – quale la maggiorazione della pensione sociale prevista dall’art. 38 della L. n. 448 del 2001 -, la disciplina della ripetibilità di quelle indebitamente erogate va ricercata nella normativa appositamente dettata in materia, non potendo trovare applicazione in via analogica le regole dettate con riferimento alle pensioni o ad altri trattamenti previdenziali, le quali non possono interpretarsi neppure estensivamente, in quanto derogano alla previsione generale di cui all’art. 2033 c.c.; ne consegue che i ratei indebitamente erogati per mancanza del requisito reddituale vanno restituiti – trovando applicazione l’art. 3-ter del D.L. n. 850 del 1976, conv., con modif., dalla L. n. 29 del 1977, e l’art. 3, comma 9, del D.L. n. 173 del 1988, conv., con modif., dalla L. n. 291 del 1988 – a partire dalla data del provvedimento che accerta che la prestazione assistenziale non era dovuta, salvo che l’erogazione indebita sia addebitabile al percipiente e non sussistano le condizioni di un legittimo affidamento>>;

– con sentenza n. 13223 del 30.06.2020 che <<In tema di indebito assistenziale, in luogo della generale ed incondizionata regola civilistica della ripetibilità, trova applicazione, in armonia con l’art. 38 Cost., quella propria di tale sottosistema, che esclude la ripetizione, quando vi sia una situazione idonea a generare affidamento del percettore e la erogazione indebita non gli sia addebitabile. Ne consegue che l’indebito assistenziale, per carenza dei requisiti reddituali, abilita alla restituzione solo a far tempo dal provvedimento di accertamento del venir meno dei presupposti, salvo che il percipiente non versi in dolo, situazione comunque non configurabile in base alla mera omissione di comunicazione di dati reddituali che l’istituto previdenziale già conosce o ha l’onere di conoscere>>.

I ratei indebitamente erogati per mancanza del requisito reddituale vanno dunque sì restituiti a partire dalla data del provvedimento che accerta che la prestazione assistenziale non era dovuta, salvi, tuttavia, i casi di erogazione indebita addebitabile al percipiente e insussistenza delle condizioni di un legittimo affidamento>>.

Da ultimo, la Cassazione ha ulteriormente rimarcato che “in tema di prestazioni assistenziali, l’indebito derivante dalla contemporanea fruizione di due prestazioni incompatibili “ex lege”, in difetto di regole specifiche, va assoggettato alla disciplina generale dell’art. 2033 c.c., atteso che l’incompatibilità non costituisce un requisito ostativo all’insorgenza del diritto, ma solo un impedimento all’erogazione della prestazione che comporta la facoltà dell’interessato di optare per il trattamento economico più favorevole” (Cass., Sez. L – , Ordinanza n. 30516 del 18/10/2022).

Ciò posto, occorre rilevare, da una parte, che le note INPS del 23.6.2011 e dell’8.7.2011, relative all’indebito in un primo momento determinato in € 23.313,74 e successivamente in € 15.572,60, hanno ricalcolato l’assegno d’invalidità civile (del quale JJJ era percettore sin dal mese di giugno 1991) a far data dal 1998, in dispregio dell’invocata prescrizione (nel caso di specie, decennale) quanto meno relativamente alle annualità 1998-1999-2000.

Dall’altra, considerato che, quanto all’anno 2010, l’Istituto era a conoscenza della condizione reddituale del ricorrente (doc. 2 fascicolo di parte) e che, già dal 2001, anno di presentazione della domanda di concessione di pensione in regime internazionale, l’INPS aveva avuto contezza dell’attività lavorativa in Germania (si veda, altresì, estratto contributivo del ricorrente, in atti, ove sono contabilizzati tutti i contributi per il lavoro all’estero), è evidente che l’erogazione – ritenuta dall’INPS -indebita non sia in alcun modo addebitabile all’originario ricorrente.

Nulla, quindi, potrebbe essere ripetuto prima dell’anno 2011.

Ad ogni buon conto, non appare superato il limite reddituale per godere dell’assegno d’invalidità civile anche successivamente a tale data.

Posto che è documentalmente provato lo status sanitario sotteso al predetto beneficio (cfr. verbale del 30.5.2012, doc. 8; verbale del 2.7.2013, doc. 17), il requisito reddituale (redditi 2011 pari ad € 1.921,56; redditi 2012 pari ad € 1.963,56 – cfr. doc. 24-25-26), non specificamente contestato dall’Ente, non è stato sforato, tanto anche in ragione del fatto che, per l’anno 2012, Occhionero ha percepito soltanto un rateo della pensione in regime internazionale Lav. Dipendente, cat. IOS n. 46005663 (all.14 fascicolo di parte ricorrente).

Deve quindi dichiararsi l’irrepetibilità delle somme portate nelle note surrichiamate ed ordinarsi la restituzione, nei limiti di quanto già ottenuto dall’INPS.

Di conseguenza, deve altresì dichiararsi il diritto di JJJ al ripristino dell’assegno d’invalidità civile per il periodo agosto 2011-giugno 2013, con la conseguente condanna dell’Ente al pagamento delle relative somme, oltre accessori di legge, in favore degli odierni ricorrenti.

Non può invece riconoscersi la pensione in regime internazionale, stanti le carenti allegazioni in ricorso sui requisiti sottesi alla prestazione invocata.

Ogni ulteriore questione resta assorbita.

Spese compensate, stante la particolarità della materia.

P.Q.M.

Il Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando sul ricorso, iscritto al n. 7976/2015, proposto da XXX, YYY, ZZZ e KKK, in qualità di eredi di JJJ, nei confronti dell’INPS in persona del rappresentante legale p.t., ogni ulteriore istanza od eccezione disattesa, così provvede:

– dichiara l’irrepetibilità delle somme portate nelle note INPS del 23.6.2011 e dell’8.11.2011 (e 20 e 27 dicembre 2011) ed ordina la restituzione, nei limiti di quanto già ottenuto dall’INPS, in favore degli odierni ricorrenti;

– dichiara il diritto di JJJ al ripristino dell’assegno d’invalidità civile per il periodo agosto 2011-giugno 2013, con la conseguente condanna dell’Ente al pagamento delle relative somme in favore degli odierni ricorrenti, oltre accessori di legge dalla maturazione al saldo;

– rigetta ogni ulteriore domanda;

– compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Foggia, 7.12.2022

IL GIUDICE DEL LAVORO

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