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Divisione ereditaria e spese di lite

La sentenza definisce un caso di divisione ereditaria affrontando le questioni relative alla non comoda divisibilità, alla formazione dei lotti e al calcolo dei conguagli. Inoltre, chiarisce i criteri di ripartizione delle spese di lite, evidenziando come la soccombenza non sia l’unico parametro applicabile in materia di divisione.

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Pubblicato il 25 maggio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 2155/2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DI APPELLO DI FIRENZE TERZA

SEZIONE CIVILE

La Corte di Appello di Firenze, terza sezione civile, in persona dei Magistrati:

dott. NOME COGNOME Presidente dott. NOME COGNOME Consigliere dott.

NOME COGNOME Consigliere Relatore ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._795_2025_- N._R.G._00002155_2022 DEL_29_04_2025 PUBBLICATA_IL_29_04_2025

nella causa civile di II Grado iscritta al n. r.g. 2155/2022 promossa da:

(C.F. con il patrocinio dell’Avv. COGNOME e dell’Avv. COGNOME NOME COGNOME/I nei confronti di (CF ) con il patrocinio dell’Avv. COGNOME NOME COGNOMECF (CF ) con il patrocinio dell’Avv. NOME COGNOMECF APPELLATO/I (CF con il patrocinio dell’Avv. COGNOME NOME COGNOMECF APPELLATA ED APPELLANTE IN INDIRIZZO avverso la sentenza n. 2877/2022 emessa dal Tribunale di Firenze e pubblicata il 14/10/2022

CONCLUSIONI

C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. In data 9-29.10.2024 la causa veniva posta in decisione sulle seguenti conclusioni:

Per “Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello di Firenze, respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa, in accoglimento dell’appello proposto riformare integralmente la Sentenza appellata N. 2877/2022 del Tribunale di Firenze pubblicata il 17.10.2022 notificata a mezzo PEC in data 18.10.2022 in accoglimento dei motivi sopraesposti.

In subordine, disporre la compensazione delle spese del primo grado.

In via istruttoria, si chiede la rinnovazione della CTU con nomina di nuovo consulente al fine di accertare se l’immobile sia o meno comodamente divisibile.

Con condanna degli appellati al pagamento delle spese e competenze professionali dei due gradi di giudizio, oltre IVA e CPA, rimborso delle spese di CTU e CTP”;

Per :

“confermare integralmente la sentenza impugnata n. 2887/22 emessa nella causa n. R.G. 91230/2012 dal Tribunale di Firenze, G.I. Dott.ssa COGNOME pubblicata in data 17.10.2022;

nel merito, rigettare l’appello proposto dal sig. in quanto inammissibile e infondato e, per l’effetto, confermare la sentenza n. 2887/2022 emessa dal Tribunale di Firenze nella causa RG 91230/2012 relativamente alle questioni oggetto di appello da parte del Sig. con condanna dell’appellante al pagamento delle spese e compensi professionali di entrambi i gradi di giudizio, oltre rimborso spese generali 15%, Cap e Iva.

In via istruttoria, ci si oppone alla rinnovazione della CTU perché l’attività probatoria sul punto è stata dettagliata (ben 4 perizie) e con ampio contraddittorio tra le parti e i CTP intervenuti.

Inoltre la divisibilità dei beni è stata accettata dal Sig. in tutti gli atti di causa del primo grado”;

Per :

“rigettare l’avverso appello proposto da per tutti i motivi di cui in narrativa e per l’effetto confermare la sentenza n.2877/2022

emessa dal Tribunale di Firenze in data 14.10.2022, ad eccezione della parte in cui propone appello incidentale e per l’effetto riformare la sentenza precitata, in accoglimento della propria domanda proposta in sede di I° grado e precisamente “condannare alla demolizione, a sua cura e spese, di tettoia abusiva posta attualmente a copertura della particella 278 (rappresentata nella foto 3 all. n.1 dell’elaborato del CTU), nonché a tenere l’area sgombra da cose per permettere il legittimo esercizio di passo sia carrabile che pedonale già esistente per atto pubblico, in favore della particella 279 di proprietà di Con vittoria di spese funzioni ed onorari”. Per “Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Firenze, ogni contraria istanza, domanda ed eccezione reietta, respingere l’appello incidentale formulato da perché inammissibile, improcedibile e/o infondato per tutti i motivi esposti.

Con vittoria di spese e competenze di lite”.

RAGIONI DI FATTO

E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione, regolarmente notificato, conveniva in giudizio, innanzi questa Corte di Appello, proponendo gravame avverso la sentenza n. 2877/2022, emessa dal Tribunale di Firenze e pubblicata il 14/10/2022, che, definitivamente pronunciando sulla domanda di divisione proposta da , aveva così deciso:

“dichiara sciolta la comunione esistente tra con riferimento ai seguenti beni immobili così identificati:

al Catasto Fabbricati del Comune di Vinci nel Foglio n. 51:

particella n. 271 categoria C/2 classe 2 consistenza mq.INDIRIZZO, INDIRIZZO; particella n. 277 (bene comune non censibile);

al Catasto Terreni del comune di Vinci nel Foglio n. 51:

particella n. 277 quale Ente Urbano della superficie di mq. 350;

– dispone lo scioglimento della comunione ereditaria secondo lo schema descritto nell’allegato C1 alla perizia depositata il 3/8/2021, con conseguente assegnazione del LOTTO A a del LOTTO B a , del LOTTO C a , del LOTTO D restando il LOTTO E a comune dei quattro lotti;

– accerta che, a condizione che sia intervenuto il frazionamento delle parti comuni secondo il progetto di divisione contenuto nell’allegato C1 alla relazione del c.t.u. del 3/8/2021, deve versare a titolo di conguaglio la somma di € 5.807,75 a e la somma di € 127,50 a e che deve versare a titolo di conguaglio la somma di € 2.155,25 a – dichiara inammissibili le ulteriori domande proposte nel presente giudizio;

– condanna in solido a rimborsare a le spese di lite sostenute nel presente grado di giudizio, quantificate nell’importo (già decurtato della metà) di € 5.171,50 per compensi, € 568,19 per spese, oltre rimborso spese 15%, IVA e CPA come per legge;

– condanna in solido a rimborsare a le spese di lite sostenute nel presente grado di giudizio, quantificate nell’importo (già decurtato della metà) di € 5.171,50 per compensi, oltre rimborso spese 15%, IVA e CPA come per legge;

– compensa per il resto le spese di lite tra le parti;

– pone le spese delle c.t.u. espletate in via definitiva a carico di per la quota di un quarto ciascuno”.

1 – Il giudizio di primo grado.

1.1.

– conveniva in giudizio chiedendo lo scioglimento della comunione dei beni immobili ex artt. 785 c.p.c. e 1111 c.c. ubicati nel comune di Vinci (FI), località INDIRIZZO e la conseguente attribuzione della quota spettante ai singoli condividenti.

1.2.

– Si costituivano in giudizio i quali, dopo avere aderito alla domanda di divisione, chiedevano che, nel caso in cui fosse stata attribuita a proprietà del resede antistante la sua abitazione, venisse riconosciuta in loro favore, sul predetto resede, la servitù di passo che era stata sino a quel momento da loro esercitata nella qualità di comproprietari del bene.

1.3.

– Si costituiva, altresì, in giudizio , la quale, dopo avere aderito alla domanda di scioglimento della comunione, chiedeva, in via riconvenzionale, che venisse ordinata la rimozione dei manufatti e/o delle tubazioni idriche e del gas presenti nella porzione che sarebbe stata a lei assegnata nonché la eliminazione della tettoia “realizzata dal sul proprio resede” (cfr. comparsa di costituzione e risposta, pag. 3), sul presupposto che la stessa ostacolava il transito degli autoveicoli ed impediva il passaggio della luce al resede tergale di proprietà della medesima convenuta. 1.4.

– All’esito dell’istruttoria, articolatasi nell’espletamento di c.t.u. sul compendio oggetto della domanda di divisione, il tribunale decideva nei termini sopra esposti sulla base delle seguenti considerazioni:

-) doveva essere disattesa l’eccezione di improcedibilità del giudizio, formulata da sul presupposto del mancato deposito delle visure ipocatastali, delle note di trascrizione, degli atti di provenienza e della successione di -) difatti, parte attrice aveva depositato, all’udienza del 4/6/2015, la copia degli atti di acquisto relativi ai beni in comunione di cui era stata chiesta la divisione;

parimenti, aveva allegato, alla comparsa di costituzione, l’atto di compravendita (nel quale la madre, si era riservata il diritto di usufrutto) e l’accettazione dell’eredità di suo padre -) inoltre, anche dalla c.t.u., depositata il 29.03.21, emergeva la presenza nel fascicolo di causa di tutti i titoli di provenienza degli immobili in comune;

-) passando ad esaminare la domanda di divisione, il progetto elaborato dal c.t.u., con la formazione di quattro lotti, meritava piena condivisione, essendo coerente assegnare a ciascun condividente il lotto contiguo alla propria abitazione, lasciando nel contempo uno spazio a comune utile al passaggio tra le proprietà (lotto E) dove si sarebbe dovuta realizzare una strada per accedere ai terreni retrostanti e dove sarebbero rimasti in comunione la fonte, il pozzo ed alcuni contatori;

-) in particolare, il lotto A andava assegnato a il lotto B a , come da quest’ultimo richiesto, il lotto C a , come da sua richiesta, il lotto D a restando il lotto E in comunione ai quattro lotti;

-) non essendo possibile formare quattro lotti di uguale valore, era necessario procedere alla previsione dei relativi conguagli, in relazione ai quali non era, però, possibile emettere la condanna al loro pagamento, occorrendo previamente eseguire il frazionamento catastale;

-) per quanto riguardava la domanda con cui avevano chiesto l’accertamento del loro diritto di servitù di passo sul resede di fronte all’abitazione di detta domanda non era stata riproposta in sede di precisazione delle conclusioni e doveva, pertanto, ritenersi rinunciata.

Ad ogni modo, gli stessi non avevano allegato alcun elemento né offerto alcuna prova a sostegno di tale domanda, che risultava, quindi, infondata;

-) per quanto concerneva, invece, la domanda, avanzata da nei confronti di con cui era stata chiesta la condanna di quest’ultimo alla rimozione di opere e manufatti abusivi (tra cui una tettoia), la stessa doveva considerarsi inammissibile, essendo stata proposta, per la prima volta, solo all’udienza di precisazione delle conclusioni;

-) le spese di lite dovevano essere compensate per ½, stante l’interesse comune delle parti a procedere allo scioglimento della divisione, mentre per il restante ½ dovevano essere poste a carico di considerato il loro comportamento processuale, diretto ad ostacolare la definizione del giudizio (adesione alla bozza di accordo del 4/4/2017 e successiva immotivata ritrattazione, proposizione di eccezioni infondate, richieste di rinvii per trattative in realtà non serie);

– le spese di c.t.u., infine, andavano poste a carico di tutti i condividenti nella misura di ¼ ciascuno, essendo funzionali allo scioglimento della comunione.

2 – Il giudizio di secondo grado.

2.1.

Avverso tale sentenza proponeva appello per i seguenti motivi:

1) con il primo, rilevava che il tribunale aveva errato nel rigettare l’eccezione di improcedibilità della domanda di divisione.

In particolare, il primo giudice non aveva considerato che i titoli di proprietà dei condividenti erano stati prodotti solo dopo la scadenza del termine per il deposito della memoria istruttoria, con conseguente loro inammissibilità.

Inoltre, contrariamente a quanto affermato dal tribunale, , in allegato alla comparsa di costituzione e risposta, non aveva prodotto né l’accettazione di eredità del padre né l’atto di compravendita.

Non risultava, altresì, depositata, entro il termine di formazione delle preclusioni istruttorie, la certificazione ipo-catastale ventennale degli immobili da dividere, che non era stata acquisita neppure dal c.t.u.;

2) con il secondo, rilevava la nullità della sentenza per la mancata acquisizione del certificato di destinazione urbanistica dei beni oggetto di divisione.

Difatti, tale certificato era stato prodotto dall’attore solo in allegato alla sua comparsa conclusionale, con conseguente tardività della produzione, circostanza che era stata completamente trascurata dal tribunale.

3) con il terzo, denunciava l’erroneità della sentenza impugnata per non avere considerato l’irrealizzabilità del progetto di divisione elaborato dal c.t.u., il quale aveva finito per creare una strada sul cortile dell’abitazione di riducendone sensibilmente il valore, e per impedire l’esercizio del diritto di passo vantato dal medesimo sulla corte di proprietà , in contrasto con quanto previsto nell’atto pubblico a rogito Notaio rep. 25082, racc n. 1280 del 1973;

4) con il quarto, censurava la decisione impugnata anche in punto di regolamentazione delle spese di lite, sussistendo i presupposti per la loro integrale compensazione.

Per tali ragioni è stata formulata dall’appellante richiesta di riforma della sentenza gravata in accoglimento delle conclusioni come in epigrafe trascritte, con condanna della controparte alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.

2.2.

– Radicatosi il contraddittorio, nel costituirsi in giudizio, contestava, perché infondate, le censure mosse da parte appellante nei confronti della sentenza impugnata, della quale chiedeva per contro la conferma con vittoria delle spese anche in questo grado di giudizio.

2.3.

– Si costituiva, altresì, in giudizio , contestando integralmente l’appello proposto da e proponendo, a sua volta, appello incidentale avverso il capo della sentenza che aveva rigettato la domanda, dalla stessa proposta, volta ad ottenere la demolizione della tettoia abusiva presente sulla proprietà di In proposito, l’appellante incidentale evidenziava che solo dopo l’espletamento della c.t.u. era emerso che la tettoia appartenesse a con la conseguenza che era senz’altro giustificata l’iniziale proposizione della domanda anche nei confronti di essendovi incertezza sull’individuazione del responsabile dell’abuso. In ogni caso, non era contestato né il carattere abusivo del manufatto (accertato anche dal c.t.u.) né il suo impedimento all’esercizio del passo carrabile da parte di , sicché sussistevano tutti i presupposti per l’accoglimento della domanda.

2.4.

– Con ordinanza del 30.4.2024, veniva ordinato a parte appellante di procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti di 2.5.

– Esteso il contraddittorio, si costituiva in giudizio eccependo l’inammissibilità dell’appello incidentale tardivo proposto da di cui evidenziava, comunque, l’infondatezza.

2.6.

– La causa è stata trattenuta in decisione in data 9-29.10.2024, sulle conclusioni delle parti, precisate come in epigrafe trascritte, a seguito di trattazione scritta, con i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

*** 3 – L’esame del gravame principale.

3.1.

– Il primo motivo di appello è palesemente infondato.

3.1.1.

Senz’altro pertinente è il riferimento, da parte della difesa di , a Cass. civ. n. 6228/2023 secondo cui:

“nei giudizi di scioglimento della comunione, la prova della comproprietà dei beni dividendi non è quella rigorosa richiesta in caso di azione di rivendicazione o di accertamento positivo della proprietà, atteso che la divisione, oltre a non operare alcun trasferimento di diritti dall’uno all’altro condividente, è volta a far accertare un diritto comune a tutte le parti in causa e non la proprietà dell’attore con negazione di quella dei convenuti, sicché, in caso di non contestazione sull’appartenenza dei beni, non può disconoscersi la possibilità di una prova indiziaria, né la rilevanza delle verifiche compiute dal consulente tecnico, siccome ridondanti a vantaggio della collettività dei condividenti”. In particolare, nella parte motiva della citata pronuncia si legge (pg.

6-7):

“la Suprema Corte ha chiarito che non si può escludere a priori la rilevanza della non contestazione e, a fortiori, dell’esplicito o implicito riconoscimento dell’appartenenza dei beni ai coeredi (Cass. n. 40041/2021).

Con questo, naturalmente, non si intende sostenere che la divisione immobiliare possa farsi “sulla parola”, ma più limitatamente che, in una situazione nella quale la comune proprietà dei beni dividendi, nel significato sopra chiarito, sia incontroversa, non si potrebbe disconoscere la possibilità della prova indiziaria, né la rilevanza delle verifiche compiute dal consulente tecnico (cfr. Cass. n. 21716/2020), tenuto conto, appunto, che non si fornisce la prova di un fatto costitutivo di una domanda che vede le parti in contrapposizione fra loro (Cass. n. 1065/2022). La domanda di divisione, infatti, anche quando sia proposta da uno solo, è sempre comune a tutti i condividenti (Cass. n. 6105/1987;

n. 15504/2018), i quali sono tutti sul medesimo piano ed hanno tutti eguale diritto alla divisione (Cass.n.4353/1980).

Pertanto, le verifiche condotte dall’ausiliario d’ufficio ridondano a vantaggio della collettività dei condividenti, così come andrebbe a svantaggio di tutti una acquisizione postuma, anche se operata d’ufficio dal consulente, dal quale emergesse che la proprietà comune, non contestata o desunta a livello indiziario, non trova conferma sul piano documentale (Cass. n. 40041/2021)”.

3.1.2.

– Nella specie, mette conto di evidenziare come non si fosse inizialmente opposto alla domanda di scioglimento della comunione avanzata da , tanto che, all’udienza del 4.4.2017, tutte le parti avevano dichiarato di approvare il progetto di divisione redatto dal c.t.u. “salvo il profilo relativo all’aggiunta di una striscia di terreno in favore di , così ritenendo insussistente la questione della procedibilità della domanda.

Solo all’udienza del 25.1.2018 – successivamente, cioè, non solo alla scadenza dei termini per il deposito delle memorie ex art. 183, sesto comma, c.p.c. ma anche al deposito della c.t.u. – ha sollevato l’eccezione di improcedibilità ed inammissibilità della domanda di divisione per non essere stati allegati “né all’atto di citazione né alle memorie istruttorie le visure ipocatastali nel ventennio complete delle note di trascrizione sia degli atti di provenienza sia della successione di Ora, non vi è dubbio che l’iniziale non contestazione di consentisse di ritenere provato, quanto a meno livello presuntivo, l’esistenza del diritto di comproprietà in capo ai singoli condividenti, anche in ragione del fatto che costui, in allegato alla comparsa di costituzione e risposta in prime cure, aveva depositato un progetto di divisione, redatto dal tecnico da lui incaricato, alternativo rispetto a quello proposto dall’attore, ed aveva espressamente riconosciuto i diritti di comproprietà degli altri condividenti. Pertanto, la successiva (tardiva) contestazione non solo ha reso legittima la produzione in giudizio dei titoli di provenienza ma, inoltre, ha giustificato la decisione del tribunale di conferire al c.t.u. specifico incarico volto ad accertare la loro esistenza.

Ebbene, l’ausiliario, nella relazione peritale depositata il 29.3.2021, ha accertato che “agli atti di causa vi sono tutti i titoli di provenienza con riferimento a tutti gli immobili oggetto di giudizio di divisione che si allegano alla presente” (cfr. pag. 9 ed allegati 1-6), specificamente indicati nella c.t.u. (alle pag. 2-4).

3.1.3.

– L’ausiliario ha anche verificato la regolarità del compendio oggetto della domanda di divisione dal punto di vista catastale e delle trascrizioni ventennali, come da allegato H alla perizia del 19.10.2015 ed I alla perizia dell’8.1.2018, precisando che “essendo in possesso di tutti i contratti e trascrizioni allegate, non ha ritenuto opportuno accedere alle conservatoria, perché le proprietà corrispondono esattamente allo stato attuale e non esistono altri pretermessi” (cfr. relazione peritale dell’8.1.2018, pag. 4-5, e del 20.10.2015, 6-7). Al riguardo, contrariamente a quanto affermato dall’appellante, la decisione del c.t.u. di non recarsi “in conservatoria” non vale ad inficiare le risultanze del suo elaborato, in quanto egli ha ritenuto esaustiva la documentazione di cui era già in possesso al fine di compiere i demandati accertamenti, il che rendeva superflua ogni ulteriore verifica.

D’altra parte, la difesa di non ha neppure indicato, in modo specifico, eventuali errori o lacune dell’elaborato peritale, di talché la censura in disamina si presenta, oltre che infondata, anche del tutto generica.

3.2.

– Infondato è, poi, il secondo motivo di appello.

3.2.1.

– Anche a voler ritenere la produzione del certificato di destinazione urbanistica come condizione di procedibilità della domanda di divisione ex art. 713 c.c., mette conto di evidenziare come tale condizione risulti integrata con il deposito, da parte di , del predetto certificato in allegato alla comparsa conclusionale del 25.7.2022.

Invero, trattandosi di condizione dell’azione,

la stessa può essere soddisfatta anche mediante la produzione del relativo documento nell’ambito del giudizio di appello, con la conseguenza che il deposito del certificato di destinazione urbanistica, in allegato alla comparsa conclusionale, non può considerarsi tardivo (cfr. Cassazione civile, ordinanza n. 16068 del 14/06/2019, che, sia pur riferita al contratto preliminare di compravendita, esprime un principio di portata generale suscettibile di applicazione anche al caso in esame).

3.2.2.

– Si duole, poi, l’appellante del fatto che il c.t.u. non avrebbe tenuto conto della effettiva destinazione urbanistica dei beni, il che inficerebbe non solo la congruità dei conguagli stabiliti dal tribunale ma anche la possibilità di eseguire il progetto di divisione.

Trattasi, tuttavia, di argomentazioni completamente infondate laddove si consideri che non risulta in alcun modo provato che l’attuale destinazione urbanistica dei terreni impedirebbe, come sostenuto dall’impugnante, la possibilità di porre in essere gli interventi indicati dal c.t.u. nella sua relazione al fine di dare attuazione al progetto di divisione.

Né risulta che tale destinazione urbanistica incida sui conguagli individuati dal tribunale, non avendo l’appellante neppure quantificato l’entità del presunto discostamento.

Il mezzo, quindi, è caducato 3.3.

– Infondato è, altresì, il terzo motivo di appello.

3.3.1.

– Innanzi tutto, l’appellante non è legittimato a far valere l’eventuale carattere lesivo del progetto di divisione per l’altro condividente il quale, tra l’altro, ha dichiarato di rimettersi a giustizia in ordine all’accoglimento dell’appello principale, così manifestando sostanziale disinteresse circa il suo esito.

3.3.2.

– Ciò posto, deve disattendersi la tesi di circa la non comoda divisibilità del compendio immobiliare.

Invero, come affermato dalla Suprema Corte:

“in tema di divisione giudiziale, la non comoda divisibilità di un immobile, integrando un’eccezione al diritto potestativo di ciascun partecipante alla comunione di conseguire i beni in natura, può ritenersi giustificata solo quando risulti rigorosamente accertata la ricorrenza dei suoi presupposti, costituiti dalla irrealizzabilità del frazionamento dell’immobile, o dalla sua realizzabilità a pena di notevole deprezzamento, o dalla impossibilità di formare in concreto porzioni suscettibili di autonomo e libero godimento, non compromesso da servitù, pesi o limitazioni eccessivi” (cfr. Cassazione civile, sentenza n. 15380 del 22/07/2005). Nessuna di queste circostanze ricorre nel caso in esame, dal momento che il c.t.u. ha formato quattro lotti sostanzialmente omogenei, come dimostra anche il contenuto ricorso ai conguagli, lotti che sono stati costituiti in corrispondenza delle abitazioni di proprietà esclusiva dei singoli condividenti.

Ciò esclude una riduzione del valore economico delle proprietà individuali formatesi a seguito dello scioglimento della comunione, come testimonia anche il ridotto numero di servitù costituite come conseguenza della divisione.

Senza pretermettere che l’eccezione di non divisibilità del compendio risulta avanzata, per la prima volta, solo in questo grado di giudizio (con conseguente inammissibilità ex art. 345 c.p.c.), dopo che, nella comparsa di costituzione e risposta depositata in primo grado, non si era opposto allo scioglimento della comunione, proponendo, addirittura, un suo progetto di divisione (redatto dal geom. 3.3.3.

– Inoltre, non può dolersi della “chiusura dell’accesso da sempre esistente di fronte all’ingresso di ” non essendo egli titolare di alcuna servitù di passo sullo stesso, in quanto l’atto d’acquisto a rogito Notaio rep. 25082, racc. n. 1280 del 1973, riconosce all’appellante il diritto di transito su “due passi laterali” che, in mancanza di qualsiasi ulteriore allegazione sul punto, non risulta in alcun modo compromesso dal progetto di divisione elaborato dal c.t.u. In proposito, è rimasto incontestato quanto affermato dagli appellati circa il fatto che i “due passi laterali” svolgerebbero la funzione di congiunzione del resede frontale a quello tergale di cui alla particella 271, sicché gli stessi non riguardano l’accesso sulla corte antistante l’abitazione di 3.3.4. – Solamente in comparsa conclusionale, l’appellante ha dedotto la violazione dell’art. 1117 c.c. da parte del progetto divisionale, in quanto lo stesso avrebbe ad oggetto un cortile condominiale, come tale indivisibile

ex art. 1119 c.c. A prescindere dall’inammissibilità dell’eccezione (in quanto tardivamente formulata), giova considerare come non risulti in alcun modo dimostrato che i terreni (di cui alle part. 271 e 277) oggetto della domanda di divisione si inseriscano in una più ampia situazione di condominialità, non essendo stato nemmeno allegato che tra le due tipologie di beni (terreni e abitazioni di proprietà esclusiva dei singoli condividenti) esista quel “collegamento strutturale, materiale o funzionale, ovvero quella relazione di accessorio a principale, che costituisce il fondamento della condominialità dell’area scoperta, ai sensi dell’art. 1117” (cfr. Cassazione civile, sentenza dell’11.3.2022, n. 7971). 3.4.

– Infondato è, infine, il quarto motivo di appello.

Difatti, come affermato dalla Suprema Corte:

“nei procedimenti di divisione giudiziale, le spese occorrenti allo scioglimento della comunione vanno poste a carico della massa, in quanto effettuate nel comune interesse dei condividenti, trovando, invece, applicazione il principio della soccombenza e la facoltà di disporre la compensazione soltanto con riferimento alle spese che siano conseguite ad eccessive pretese o inutili resistenze alla divisione” (cfr. Cassazione civile, sentenza n. 22903 del 08/10/2013).

Facendo corretta applicazione di tale principio, il tribunale ha posto a carico di la metà delle spese processuali, tenuto conto del loro comportamento processuale “diretto ad ostacolare la definizione del giudizio (adesione alla bozza di accordo del 4/4/2017 e successiva immotivata ritrattazione, proposizione di eccezioni infondate, richieste di rinvii per trattative in realtà non serie)”.

Del resto, dopo aver prestato adesione, sia pure parziale, all’iniziale progetto di divisione (cfr. verbale di udienza del 4.4.2017), hanno concluso chiedendo di dichiararsi l’improcedibilità/inammissibilità della domanda di divisione nonché la nullità della c.t.u., così risultando soccombenti sulle questioni sollevate.

L’appello principale va, dunque, respinto.

4 – L’esame dell’appello incidentale proposto da 4.1.

– In primo luogo, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del gravame incidentale sollevata dalla difesa di Invero, come affermato dalla Suprema Corte:

“l’impugnazione incidentale tardiva – da proporsi con l’atto di costituzione dell’appellato o con il controricorso nel giudizio di cassazione – può essere sollevata anche quando sia scaduto il termine per l’impugnazione principale, indipendentemente dal fatto che investa un capo autonomo della sentenza stessa e che, quindi, l’interesse ad impugnare fosse preesistente, dato che nessuna distinzione in proposito è contenuta negli artt. 334, 343 e 371 c.p.c. e che occorre consentire alla parte, che avrebbe di per sé accettato la decisione, di contrastare l’iniziativa della controparte, volta a rimettere comunque in discussione l’assetto di interessi derivante dalla pronuncia impugnata” (cfr. Cassazione civile, ordinanza del 29.5.2024, n. 15100; in senso conforme anche Cass. S.U., n. 8486/2024).

Non rileva, quindi, che l’interesse dell’appellata/appellante incidentale a contestare il rigetto della sua domanda (volta ad ottenere la rimozione della tettoia) fosse esistente già al momento della pubblicazione della sentenza di primo grado, in quanto è evidente che l’iniziativa assunta dall’appellante principale è finalizzata a rimettere in discussione l’intero assetto della stessa, anche con riferimento alla posizione di il che legittima , alla luce di quanto affermato dalle Sezioni Uniti, all’impugnazione incidentale tardiva. 4.2.

– Nel merito, l’appello è infondato.

4.2.1. –

Correttamente il tribunale ha ritenuto inammissibile la domanda formulata nei confronti di perché avanzata, per la prima volta, all’udienza di precisazione delle conclusioni.

Invero, nel formulare la domanda riconvenzionale, aveva inteso chiaramente esercitare, nei confronti di , un’azione di carattere personale, ritenendolo responsabile per aver realizzato la tettoia.

Tuttavia, l’originaria convenuta, nella memoria ex art. 183, sesto comma n. 2 c.p.c., aveva espressamente riconosciuto che la tettoia fosse stata realizzata da circostanza che era stata confermata, da , nella stessa memoria, il quale aveva anche depositato la “attestazione di conformità in sanatoria per le modifiche interne” presentata, in data 17.2.2012, in cui questi si riconosceva autore delle opere abusive (tra cui, appunto, la tettoia) che erano state contestate dal Comune di Vinci.

Ne consegue che la domanda proposta nei confronti di oltre che inammissibile (in quanto avanzata, per la prima volta, all’udienza di precisazione delle conclusioni), si presentava anche infondata, per non essere egli il responsabile dell’abuso.

Né può l’appellante invocare le risultanze dell’espletata c.t.u. – la quale ha affermato che la tettoia in questione dovrà essere demolita a cura e spese di (cfr. c.t.u. del 19.10.2015, pag. 26;

c.t.u. dell’8.1.2018, pag. 21) – in quanto le stesse si fondano sul fatto che la tettoia si trova all’interno della proprietà di mentre, al contrario, la domanda riconvenzionale spiegata da era rivolta nei confronti dell’autore materiale dell’abuso che ella stessa ha ammesso essere Del resto, il fatto che la tettoia si trovi all’interno della proprietà di era certamente noto a (che, nelle conclusioni della comparsa di costituzione e risposta, aveva chiesto la “eliminazione della tettoia sul resede di proprietà esclusiva ), di talché, al riguardo, la c.t.u. niente ha aggiunto per giustificare la tardiva proposizione della domanda nei suoi confronti. 4.2.2.

– Per quanto concerne, poi, la domanda con cui è stata chiesta la condanna di “a tenere l’area sgombra da cose per permettere il legittimo esercizio di passo sia carrabile che pedonale già esistente per atto pubblico, in favore della particella 279 di proprietà di , correttamente la stessa è stata dichiarata inammissibile dal tribunale, in quanto proposta anch’essa solo all’udienza di precisazione delle conclusioni.

Del resto, tale statuizione non è stata neppure contestata nel gravame incidentale, sicché la mera riproposizione della domanda in sede di conclusioni dell’atto d’appello si appalesa inammissibile, difettando completamente l’impugnazione, sul punto, di argomentazioni critiche da contrapporre alla sentenza impugnata.

5 – Le spese del grado seguono la soccombenza e si liquidano secondo il computo che segue ex D.M. 55/2014 come modificato da ultimo dal D.M. 147/2022, § 12 (valore 26.001-52.000).

Fase di studio della controversia, valore medio:

€ 2.058,00 Fase introduttiva del giudizio, valore medio:

€ 1.418,00 Fase istruttoria/trattazione, valore minimo:

€ 1.523,00 Fase decisionale, valore medio:

€ 3.470,00

Compenso tabellare:

€ 8.469,00, oltre 15% per rimborso forfetario, IVA (se ed in quanto dovuta) e CAP come per legge.

Si applica il valore minimo per la fase istruttoria/trattazione, in considerazione della ridotta attività difensiva espletata.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 – quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell’appellante principale ed incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per l’impugnazione a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13, se dovuto.

La Corte di Appello di Firenze, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza eccezione e deduzione, sull’appello principale proposto da e sull’appello incidentale proposto da avverso la sentenza n. 2877/2022 emessa dal Tribunale di Firenze e pubblicata il 14/10/2022, così provvede:

1) rigetta l’appello principale;

2) rigetta l’appello incidentale;

3) condanna al pagamento, in favore di , delle spese del presente grado di giudizio che liquida, per ciascuno, in € 8.469,00 per compenso professionale, oltre 15% per rimborso forfetario, IVA (se ed in quanto dovuta) e CAP come per legge;

4) condanna al pagamento delle spese del presente grado di giudizio nei confronti che liquida in € 8.469,00 per compenso professionale, oltre 15% per rimborso forfetario, IVA (se ed in quanto dovuta) e CAP come per legge;

Dichiara che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ex art. 13, comma I- quater, del D.P.R. n. 115/2002 a carico dell’appellante principale e dell’appellante incidentale.

Firenze, 16.4.2025 Il Consigliere relatore ed estensore dott. NOME COGNOME Il Presidente dott. NOME COGNOME Nota La divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell’ambito strettamente processuale, è condizionata all’eliminazione di tutti i dati sensibili in esso contenuti ai sensi della normativa sulla privacy ex D. Lgs 30 giugno 2003 n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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