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Diritto del Lavoro

Demansionamento infermiere: l'onere della prova

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’infermiera che lamentava un demansionamento per essere stata adibita a mansioni inferiori (tipiche di OSS). La decisione si fonda sulla mancata allegazione e prova, da parte della lavoratrice, del carattere prevalente, sia in termini quantitativi che temporali, di tali mansioni rispetto a quelle proprie della sua qualifica. La Corte ha sottolineato che, senza una prova specifica della prevalenza, le mansioni inferiori possono essere considerate meramente complementari e non costituiscono demansionamento.

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Differenze retributive: no se manca l'atto aziendale

Un dirigente sanitario ha richiesto le differenze retributive sostenendo di aver svolto mansioni superiori. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che, nel pubblico impiego, il diritto alla retribuzione superiore non deriva dal mero svolgimento di fatto delle mansioni, ma richiede un atto aziendale formale che istituisca tale posizione nella dotazione organica dell’ente.

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Rinuncia atti giudizio: chi paga le spese legali?

Una società di trasporti, dopo aver impugnato una sentenza sfavorevole, decide di procedere con la rinuncia agli atti del giudizio. I lavoratori, controparti nel processo, accettano la rinuncia ma insistono per la condanna alle spese legali. La Corte di Cassazione dichiara estinto il giudizio e condanna la società rinunciante al pagamento delle spese di lite, liquidate in 4.700 euro più accessori, con distrazione in favore dei legali dei lavoratori.

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Contributo di solidarietà: quando è illegittimo?

Una Cassa Previdenziale privata aveva applicato un contributo di solidarietà sulle pensioni, ma la Corte di Cassazione ha dichiarato l’illegittimità di tali trattenute. La Corte ha stabilito che, in assenza di una specifica norma di legge, le casse non hanno il potere autonomo di imporre tale contributo, confermando la prescrizione decennale per le richieste di rimborso.

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Contributo solidarietà: illegittimo se senza legge

Una cassa di previdenza privata ha imposto un contributo di solidarietà sulle pensioni dei suoi iscritti. Un pensionato ha contestato la trattenuta, ottenendo ragione sia in primo grado che in appello. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni, dichiarando il ricorso dell’ente inammissibile. La Suprema Corte ha ribadito che il potere regolamentare delle casse private non consente di introdurre prestazioni patrimoniali imposte, come il contributo di solidarietà, in assenza di una specifica base legale. Ha inoltre confermato la prescrizione decennale per la restituzione delle somme e la decorrenza degli interessi da ogni singola trattenuta.

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Iscrizione gestione commercianti: quando è legittima?

Una socia accomandataria ha contestato la sua iscrizione d’ufficio alla gestione commercianti, sostenendo che la sua attività di elaborazione dati fosse di natura industriale e non commerciale. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito. La Corte ha stabilito che l’attività svolta, consistente in consulenza fiscale e contabile, rientra nel settore terziario (commerciale). Inoltre, una precedente richiesta di rateizzazione dei contributi è stata considerata una ricognizione di debito, rafforzando la legittimità della pretesa dell’istituto previdenziale.

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Inquadramento superiore: No automatismo per pubblici

La Corte di Cassazione ha stabilito che un dipendente di un ente pubblico non economico non ha diritto all’inquadramento superiore automatico per aver svolto mansioni di livello più elevato. Anche se una legge regionale rinvia a un contratto collettivo di diritto privato che prevede tale automatismo, prevalgono i principi fondamentali del pubblico impiego, in particolare l’art. 52 del D.Lgs. 165/2001, che esclude promozioni senza concorso. La Corte ha cassato la sentenza d’appello che aveva concesso l’inquadramento al lavoratore, affermando la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile e rapporto di lavoro pubblico.

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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese compensate

Una contribuente ha impugnato in Cassazione un avviso di pagamento per contributi previdenziali. A seguito di una nuova sentenza sfavorevole su un caso identico, ha presentato una rinuncia al ricorso per carenza di interesse. La Corte ha dichiarato l’estinzione del processo, compensando le spese legali tra le parti proprio in virtù del mutato orientamento giurisprudenziale.

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Nesso causale: chi paga per l'errore dell'ente?

Una società cooperativa ha citato in giudizio un ente previdenziale per danni derivanti da un errore di calcolo del debito, che le ha impedito di beneficiare di una forte riduzione. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, sottolineando l’assenza del nesso causale. Il danno, infatti, è stato attribuito alla scelta della società di non pagare la somma (seppur errata) entro i termini per poi chiederne la rettifica, interrompendo così il legame causale con l’errore iniziale dell’ente.

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Ordine di esibizione: discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ente previdenziale contro una sentenza che aveva ammesso un ordine di esibizione di documenti. La Corte ha ribadito che la decisione sull’ammissione di tale mezzo di prova è discrezionale e che il ricorso era generico, in quanto non criticava specificamente le motivazioni della corte d’appello, la quale riteneva i documenti indispensabili e in possesso esclusivo dell’ente.

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Omessa denuncia lavoratori: la stima tecnica dell'ente

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’omessa denuncia lavoratori da parte di un’azienda agricola non impedisce all’ente previdenziale di utilizzare la stima tecnica per accertare il fabbisogno di manodopera e richiedere i contributi evasi. La Suprema Corte ha chiarito che tale meccanismo presuntivo si applica non solo in caso di dichiarazioni infedeli, ma anche e a maggior ragione in caso di totale omissione, considerata una violazione più grave dell’obbligo contributivo.

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Disconoscimento copie: la Cassazione chiarisce

Una contribuente si opponeva a un estratto di ruolo per contributi non versati, contestando la validità delle notifiche attraverso il disconoscimento delle copie prodotte in giudizio. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che il disconoscimento copie, per essere efficace, deve essere specifico e non generico. La Corte ha inoltre chiarito che la richiesta di rateazione interrompe la prescrizione e che le notifiche PEC da indirizzi della P.A. non presenti in pubblici elenchi non sono automaticamente nulle.

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Reddito da capitale: no contributi per socio S.r.l.

La Corte di Cassazione ha stabilito che i redditi percepiti da un socio di una società a responsabilità limitata (S.r.l.), che non svolge alcuna attività lavorativa all’interno della stessa, non devono essere inclusi nella base imponibile per il calcolo dei contributi previdenziali. Questi proventi, qualificati come reddito da capitale e non come reddito d’impresa, sono pertanto esenti dall’obbligo contributivo verso le gestioni artigiani e commercianti. La Corte ha rigettato il ricorso dell’ente previdenziale, confermando un orientamento ormai consolidato.

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Onere prova esenzioni contributive: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società, stabilendo che in tema di esenzioni contributive per trasferte, l’onere della prova grava interamente sul datore di lavoro. Non basta la registrazione sul Libro Unico del Lavoro; è necessaria una documentazione analitica che provi in modo rigoroso le singole trasferte e le spese sostenute, altrimenti l’esenzione non è applicabile.

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Reddito da capitale: no contributi per soci di S.r.l.

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’utile percepito da un socio di una S.r.l. che non svolge alcuna attività lavorativa nella società costituisce reddito da capitale e non reddito d’impresa. Di conseguenza, tale reddito è escluso dalla base imponibile per il calcolo dei contributi previdenziali dovuti alla Gestione artigiani e commercianti. L’ordinanza conferma un orientamento consolidato, respingendo il ricorso dell’ente previdenziale che mirava a un’interpretazione più ampia della base contributiva.

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Ricongiunzione dei contributi: quando è efficace?

La Cassazione ha stabilito che la ricongiunzione dei contributi non ha effetto retroattivo per il calcolo della pensione di anzianità. Il requisito contributivo si perfeziona solo con il pagamento dell’onere, non alla data della maturazione teorica. Un professionista si è visto negare la pensione con requisiti agevolati perché la domanda e il pagamento per la ricongiunzione dei contributi erano successivi alla data limite prevista dalla normativa.

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Sanzioni Contributive: Omissione o Evasione? La Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ente previdenziale contro un architetto. La Corte ha stabilito che la distinzione tra omissione ed evasione ai fini delle sanzioni contributive si basa su un accertamento di fatto, non rivalutabile in sede di legittimità. Viene inoltre sottolineata l’importanza di una nuova norma (ius superveniens) che esonera i professionisti da sanzioni per omessa iscrizione pregressa.

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Minimale contributivo: part-time oltre i limiti CCNL

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23388/2025, ha stabilito che per i lavoratori part-time assunti da un’impresa edile in numero superiore al limite fissato dal contratto collettivo, il calcolo dei contributi deve basarsi sull’orario di lavoro normale (full-time). Questo principio del minimale contributivo si applica indipendentemente dalla retribuzione effettivamente corrisposta, riformando la precedente decisione della Corte d’Appello.

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Interesse ad agire: impugnare l'estratto di ruolo

Un contribuente ha impugnato un estratto di ruolo relativo a contributi previdenziali. La Corte di Cassazione ha dichiarato l’azione inammissibile per difetto di interesse ad agire. La decisione si fonda su una nuova normativa che richiede al ricorrente di dimostrare un pregiudizio specifico e concreto per poter procedere legalmente, un requisito non soddisfatto nel caso di specie.

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Foro competente appalto: la scelta spetta al lavoratore

La Corte di Cassazione stabilisce che in una causa per appalto illecito, il lavoratore ha la facoltà di scegliere il foro competente. Può legittimamente citare in giudizio la società utilizzatrice presso il tribunale dove ha sede l’azienda, anche se la prestazione lavorativa si è svolta in un’altra circoscrizione. Questa decisione chiarisce l’applicazione dei criteri alternativi previsti dalla legge sul foro competente appalto, dando prevalenza alla scelta del ricorrente.

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