N. R.G. 475/2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI TORINO
Sezione I
Civile Riunita in camera di consiglio nelle persone dei Magistrati:
Dott.ssa NOME COGNOME Presidente relatore Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Dott. NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._504_2025_- N._R.G._00000475_2024 DEPOSITO_MINUTA_12_06_2025_ PUBBLICAZIONE_12_06_2025
Nel procedimento civile di appello iscritto al n. di R.G. 475/2024 e promosso da:
in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, per procura in atti;
– parte appellante – Contro in proprio e in qualità di legale rappresentante della società rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME per procura in atti;
– parte appellata –
Oggetto: Opposizione all’ordinanza-ingiunzione ex artt. 22 e ss., L. 689/1981.
Conclusioni delle parti Per parte appellante:
“In accoglimento del proposto appello, riformarsi la sentenza n. 3655/2023 del 16 ottobre 2023, resa dal Tribunale di Torino nel procedimento R.G.21525/22, non notificata, e per l’effetto confermarsi le ordinanze-ingiunzioni originariamente opposte.
Con vittoria delle spese di lite”.
Per parte appellata:
“Nel merito:
– respingersi il ricorso in appello dell in quanto infondato in fatto e in diritto e per l’effetto confermare la sentenza del Tribunale di Torino n. 3655/2023, depositata il 16.10.2023 (R.G. 21525/2022) – con vittoria di spese ed onorari di giudizio come per legge per entrambi i gradi di giudizio, da distrarsi a favore del difensore avv. NOME COGNOME con riserva di ulteriormente capitolare, indicare a testi e produrre documenti”.
Materia del contendere e motivi della decisione 1.
Con ricorso del 16.11.2022 al Tribunale di Torino, il sig. in proprio e quale legale rappresentante della ditta proponeva opposizione avverso due ordinanze-ingiunzione (prot. n. 46672 del 14.10.2022 dell’importo di euro 28.122,00 e prot.n.
46669 del 14.10.2022 dell’importo di euro 5.033,75) emesse dall a seguito della contestazione, per la prima, della violazione dell’art. 291 bis comma 1 e 2 del D.P.R. n. 43/1973 per il mancato possesso delle prescritte autorizzazioni alla vendita di prodotti di (tabacco lavorato nazionale per pipe ad acqua -narghilè-) e, per la seconda, della violazione dell’art. 96 L. 907/1942 per l’assenza dei contrassegni e della documentazione fiscale denotante la provenienza del prodotto (melassa di vari gusti per narghilè). 1.2.
Con la suddetta opposizione, il sig. chiedeva, in via preliminare cautelare, la sospensione dell’efficacia esecutiva dei provvedimenti impugnati e, nel merito, l’accoglimento dell’opposizione con conseguente declaratoria di nullità e/o annullamento dei provvedimenti e del sequestro amministrativo delle melasse sequestrate.
Parte opponente esponeva in fatto che:
1) il 21.04.2022 i funzionari dell’Ufficio dei Monopoli per il Piemonte e Valle d’Aosta, in collaborazione con i Militari del Comando Carabinieri RAGIONE_SOCIALE di Torino, a seguito di un accesso presso il locale commerciale del ricorrente (in Torino INDIRIZZO, al fine di effettuare un controllo in ordine al consumo di prodotti a base di tabacco o melassa di tabacco per pipe ad acqua (narghilè) avevano rilevato la presenza di n. 7 confezioni di tabacco per pipe ad acqua di marca “RAGIONE_SOCIALE”, gusti vari da 50 g ciascuna provvista di tassello fiscale e n. 2 confezioni di tabacco per pipe ad acqua di marca “RAGIONE_SOCIALE”, gusti vari da 250 g ciascuna provvista di tassello fiscale; 2) gli agenti avevano ritenuto che il titolare fosse sprovvisto dell’autorizzazione alla vendita prevista ai sensi della L. 907/1942, L. 1293/1957 e dell’art. 5 comma 1 della L. 50/1994, conseguentemente, provvedevano a sottoporre a sequestro amministrativo i beni sopra citati;
3) a seguito dell’accertamento venivano anche rinvenuti Kg 5,450 di altre melasse per narghilè conservate in un apposito contenitore, che erano state disigillate dalle confezioni originali riportanti il sigillo dei e, pertanto, veniva contestata la violazione degli artt. dal 39 bis al 39 terdecies del D.lgs 504/1995 e venivano sequestrate anche tali merci;
4) tutte le confezioni erano state regolarmente acquistate presso la RAGIONE_SOCIALE rivendita INDIRIZZO di , sita in Torino INDIRIZZO (come da doc. n. 5 prodotto dall’opponente);
5) con verbale di contestazione del 19.05.2022 – ex art. 14 L. 689/1981 veniva quindi contestata la violazione dell’art. 291 bis, comma 2 del D.P.R. 23.01.1973, n. 43 per aver introdotto/ venduto/ acquistato/detenuto nel territorio dello Stato
Kg 5,450 di prodotti assimilati ai tabacchi lavorati, nella fattispecie melasse per narghilè, cui seguivano due memorie difensive del difensore di parte opponente (con cui si richiedeva il dissequestro della merce) poi riscontrate dalla controparte mediante ordinanza di rigetto di opposizione a sequestro del 20.07.2022;
6) seguiva la notifica, effettuata in data 17 e 18.10.2022, delle due ordinanze oggetto del ricorso in opposizione.
Esposti i fatti come sopra, il ricorrente riteneva non configurabile la violazione in quanto le melasse sequestrate non erano assolutamente di contrabbando:
esse, erano state conservate in un’apposita scatola che le preservasse dall’umidità e le confezioni originali erano state rimosse, non esistendo alcuna norma che vieti di conservare i tabacchi o suoi derivati in contenitori differenti dall’imballaggio originale e non potendo quindi, la sola circostanza che fossero stati tolti dall’imballaggio originale, far presupporre che si trattasse di beni di contrabbando.
Le conclusioni degli organi accertatori erano prive di qualunque riscontro probatorio o indiziario e, peraltro, l’opponente aveva dimostrato di essere in possesso di altre melasse ancora imballate della stessa tipologia di quelle disigillate con idonea di dichiarazione della rivendita di tabacchi da cui li aveva acquistati.
Quanto alla seconda ordinanza ingiunzione, fondata sulla presunta violazione dell’art. 96 della L. 906/1947, il ricorrente rilevava di non aver mai messo in vendita la melassa ma solo di somministrarla, cioè la preparava e la rendeva disponibile per il consumo all’interno del narghilè, che i clienti fumavano esclusivamente nel proprio locale e, inoltre, per questa fattispecie erano applicabili le esimenti relative al tempus regit actum in quanto, solamente dal 01.01.2023, così come previsto dalla Circolare 28/2022 dell sarebbe stato necessario un apposito patentino per il consumo e la somministrazione all’interno di appositi locali dei suddetti prodotti. 1.3.
Si costituiva ritualmente in giudizio a mezzo di propri funzionari l resistente contestando la fondatezza dell’avversaria impugnazione e insistendo per la conferma delle ordinanze impugnate con rigetto dell’opposizione.
1.4.
Il Tribunale di Torino con la sentenza n. 3655/2023 pubblicata in data 16 ottobre 2023, accoglieva il ricorso e annullava le ordinanze-ingiunzione, compensando interamente le spese di lite.
In particolare, il Tribunale, premessi i fatti oggetto della contestazione e ripercorsa la normativa di riferimento, quanto alla prima ordinanza ingiuntiva, riteneva che l stabilendo che la melassa fosse di contrabbando, sebbene conservata negli incarti originali e con il sigillo, non aveva assolto il proprio onere probatorio ex art. 2697 c.c. essendo peraltro, la natura e la classificazione giuridica della melassa, non assoggettabile alla regolamentazione prevista dagli artt. 39 bis e 39 ter del D.Lgs. 504/1995 in quanto, alla data dell’accesso degli ufficiali accertatori nei locali della ditta , ossia al 21 aprile 2022, la giurisprudenza della Cassazione e quella di merito, dal punto di vista della classificazione giuridica, escludevano l’assimilazione delle melasse al tabacco, mutando sul punto, l’interpretazione normativa solo mesi dopo l’accesso e dovendosi quindi applicare in via analogica il principio tempus regit actum. Anche quanto all’ordinanza ingiuntiva relativa alla presunta violazione dell’art. 96 L. 907/1947 poteva applicarsi la sopra citata esimente, in quanto, per l’applicazione di tale norma la giurisprudenza richiedeva la prova del dolo del trasgressore.
Osservava ancora sul punto il Tribunale, che l’art. 96 citato è norma posta a tutela delle entrate fiscali dello Stato e che, essendo state le melasse in oggetto già acquistate presso una rivendita di tabacchi, le relative imposte erano state assolte e, infine che il consumo e la somministrazione di tali prodotti all’interno dei locali non sono sottoposti ad alcun vincolo e quindi sono legittimi.
Per le sopra esposte motivazioni il Tribunale accoglieva il ricorso annullando le ordinanze ingiuntive impugnate, in quanto illegittime, compensando le spese di lite.
2.
Con ricorso in appello del 16.04.2024 l ha impugnato la sentenza di primo grado dolendosene per tre motivi con cui censura la sentenza nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto insussistenti gli illeciti contestati.
Col primo motivo di appello l lamenta l’errore del Tribunale sull’applicazione dell’art. 291 bis, co. 1 e 2, DPR 43/1973.
Sul punto rileva che:
i) il rinvenimento di 5,450 Kg di melassa in 11 confezioni prive di contrassegno e l’assenza di documentazione fiscale atta a dimostrare la provenienza dell’acquisto, erano circostanze documentalmente accertate nel verbale redatto da pubblici ufficiali, che fa piena prova fino a querela di falso e la cui verità e/o veridicità non può e non deve essere sindacata e, inoltre, la contestazione di cui all’ordinanza prot. n. 46672 del 14 ottobre 2022 era stata elevata in relazione al quantitativo di cui all’art. 291 bis T.U.L.D.; ii) la circostanza che alcune confezioni (per la precisione 9 per un quantitativo totale di 0,850 Kg) fossero dotate di tassello fiscale, non dimostra di per sé la liceità della provenienza del tabacco contenuto nelle altre confezioni prive del contrassegno di Stato e tale circostanza aveva infatti portato ad una diversa e separata contestazione rispetto a quella ex art. 291 bis T.U.L.D. ossia quella di cui all’art. 96 L. 906/1947 con ord. Prot. n. 46669 del 14 ottobre 2022;
iii) il fatto che le melasse erano state acquistate da presso altro rivenditore (RAGIONE_SOCIALE rivendita n. INDIRIZZO di , sita in Torino, INDIRIZZO) non provava nulla, in quanto la relativa documentazione prodotta dal ricorrente faceva riferimento a due acquisti relativi a quantitativi diversi ed avvenuti rispettivamente il 15 maggio 2021 e nel mese di giugno del 2022, ossia un anno prima e due mesi dopo rispetto dalla data dell’avvenuto controllo;
iv) il Tribunale ha errato a ritenere che l non avesse offerto idonea prova ai sensi dell’art. 2697
c.c., in quanto l’Ufficio aveva agito sulla base di un atto avente pubblica fede che di per sé costituisce piena prova, ma soprattutto perché il suddetto onere era posto a carico, a contrario, della parte ricorrente in virtù del principio di vicinanza o riferibilità della prova, cosa non fatta dal sig. );
v) infine, l’elemento costitutivo della condotta delittuosa non è rappresentato soltanto dalla vendita, acquisto e trasporto del tabacco lavorato estero, ma anche – e soprattutto – dall’introduzione del tabacco e dalla sua detenzione nel territorio dello stato italiano, risultante così irrilevante la sua successiva destinazione.
Col secondo motivo di appello l’appellante si duole della violazione/falsa applicazione degli artt. 39-bis e 39-ter del d.lgs. n. 504/1995 in quanto le melasse sono tabacchi lavorati, sub specie di tabacchi da fumo e vanno ricomprese nelle fattispecie indicate dalle suddette norme, così come confermato da numerose pronunce giurisprudenziali di merito di legittimità (TAR Emilia-Romagna, sentenza n. 34 del 14 gennaio 2022, Cassazione penale, sez. III, sentenza n. 32745 del 6 settembre 2022, Tribunale di Torino, sez. III, sentenza n. 813 del 22 febbraio 2023) per cui, non si può ritenere, che il signor aveva agito “con la certezza che le melasse non fossero sottoposte ad alcun vincolo fiscale, doganale ecc…” perché, in primo luogo, la normativa di riferimento è chiara nella sua portata e nessuna ignorantia legis può essere invocata nel caso di specie; in secondo luogo, perché nessuna rilevanza può assumere il riferimento al principio del tempus regit actum vigente.
Col il terzo motivo di appello l lamenta infine la violazione dell’art. 96 legge 906/1947 evidenziando che le melasse seguono lo stesso regime di circolazione e di vendita dei tabacchi lavorati, per cui, la loro vendita e/o somministrazione all’interno di un pubblico esercizio, deve avvenire solo sulla base di una regolare licenza rilasciata dall in assenza della quale si configura l’illecito.
Il Tribunale avrebbe quindi errato a ritenere applicabile l’esimente relativa al tempus regit actum.
3. Con comparsa del 01.11.2024 si è costituito in proprio e quale l.r.
della società chiedendo nel merito respingersi il ricorso in appello dell in quanto infondato in fatto e in diritto e per l’effetto confermare la sentenza del Tribunale di Torino n. 3655/2023, in quanto corretta e priva di vizi logici o giuridici.
4. All’esito dell’udienza di comparizione parti, svolta per trattazione scritta ex art. 127 ter, la Corte ha rinviato la causa all’udienza di discussione dinanzi al Collegio del 10 giugno 2025 ove la causa è stata trattenuta in decisione.
Alle ore 13.00 la Corte ha dato lettura del dispositivo.
5. L’appello è infondato.
Come ha osservato il primo giudice, “la natura e la classificazione giuridica della melassa da narghilè hanno un ruolo fondamentale e dirimente nella presente vicenda” e al riguardo deve essere premesso che le ordinanze-ingiunzione oggetto di causa seguono ad un accertamento effettuato in data 21.4.22 e hanno ad oggetto il ritrovamento presso il locale commerciale dell’appellato di melassa di vari gusti per narghilè che, secondo la prospettazione di parte appellante, seguono il regime di circolazione e di vendita dei tabacchi con tutte le relative conseguenze in caso di violazione della pertinente normativa. La tesi dell appellante è esatta ma a questa conclusione – e cioè che anche la melassa da narghilè rientra nella definizione di “tabacco lavorato” nonostante la mancanza di una elencazione specifica nella legge – la giurisprudenza è arrivata successivamente e solo con la sentenza di Cass. penale 5.5.22 n. 32754.
Con tale sentenza, la Suprema Corte esamina la precedente giurisprudenza di legittimità (che escludeva di dover ricomprendere la melassa da narghilè nella definizione di tabacco lavorato), afferma che tale impostazione deve essere rivista, illustra gli artt. 39 bis (definizione di tabacchi lavorati) e 39 ter (definizione di prodotti assimilati ai tabacchi lavorati) del d. lgs. 1995 n. 504 e conclude che “dal combinato disposto delle norme appena richiamate, risulta dunque evidente che, nell’ottica dell’assoggettamento alle imposte dei relativi prodotti da tabacco, le definizioni di cui agli artt. 39 bis e 39 ter del d.lgs. n. 504 del 1995 risultano per la loro ampiezza idonee a ricomprendere una pluralità di prodotti lavorati tra cui anche la melassa di tabacco per narghilè, in quanto assimilabile al tabacco da fumo, posto che, a prescindere dalla quantità di tabacco presente, il prodotto può essere fumato senza successiva trasformazione industriale”. Questi passaggi temporali non sono senza rilievo nel caso oggetto di appello perché, in questo contesto, è evidente che non si tratta, da parte dell’appellato, di ignoranza della legge ma di un errore in buona fede sulla portata della normativa, errore ingenerato dall’interpretazione della norma come univocamente effettuata da fonte qualificata (giurisprudenza di legittimità).
Quanto sopra ricomprende anche le contestazioni ex art. 291 bis del dpr 1973 n. 43 e ex art. 96 della legge 17 luglio 1942, n. 907 e resta da aggiungere che anche l’Amministrazione si mostra consapevole della problematica interpretativa, posto che la circolare n. 28/2022 dell (afferente la l’attività di vendita di melassa per narghilè e tabacco per pipa ad acqua) è stata emanata in data 5.8.22 e dunque successivamente alla citata sentenza n. 32754 della Corte di Cassazione che ha definitivamente fatto chiarezza sulla qualificazione giuridica del prodotto “melassa da narghilè”. Per questi motivi, che assorbono e rendono ininfluenti le prospettazioni delle parti in punto di onere/vicinanza della prova, l’appello deve essere respinto.
6.
Le spese processuali del presente grado di giudizio di appello vengono poste a carico di parte appellante a fronte della soccombenza della medesima.
Le stesse vengono liquidate ai sensi del D.M. 55/2014 e smi, scaglione da € 26.001 a € 52.000 e – tenuto conto del valore di causa e della bassa complessità della controversia e dell’attività svolta (con esclusione della fase istruttoria) – nei seguenti importi corrispondenti ai valori minimi:
euro 1.029,00 per fase di studio, euro 709,00 per fase introduttiva, euro 1.735,00 per fase decisionale, pari a totali euro 3.473,00 per compensi;
oltre al 15% rimborso forfettario spese, CPA e IVA se dovuta.
7. La Corte dichiara la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del DPR 115/02 perché la parte appellante sia dichiarata tenuta al versamento di ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari all’importo dovuto per lo stesso titolo e la stessa impugnazione.
PQM
La Corte d’Appello di Torino, sezione I civile, definitivamente pronunciando sull’appello proposto in persona del suo Direttore pro tempore, avverso la sentenza del Tribunale di Torino n. 3655/2023 depositata in data 16 ottobre 2023, nei confronti di in proprio e nella sua qualità di legale rappresentante della ditta Ogni contraria istanza disattesa:
– Rigetta l’appello e per l’effetto – Condanna l in persona del suo Direttore P.t.
, alla rifusione delle spese di lite del grado, in favore della parte appellata, che si liquidano in complessivi euro 3.473,00 oltre spese generali e oneri come per legge.
3) Dichiara la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del DPR 115/02 perché la parte appellante sia dichiarata tenuta al versamento di ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari all’importo dovuto per lo stesso titolo e la stessa impugnazione.
Così deciso in Torino, nella Camera di Consiglio della I Sezione Civile della Corte d’Appello in data 10/06/2025.
La Presidente Est.
Dott.ssa NOME COGNOME
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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