REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE QUARTA CIVILE così composta:
dr.ssa NOME COGNOME presidente dr.ssa NOME COGNOME consigliere dr. NOME COGNOME consigliere relatore riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._3588_2025_- N._R.G._00004087_2022 DEPOSITO_MINUTA_09_06_2025_ PUBBLICAZIONE_09_06_2025
nella causa civile in grado d’appello iscritta al numero 4087 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2022, decisa a seguito di discussione orale, ex art. 281-sexies terzo comma c.p.c, all’udienza del giorno 6/6/2025 e vertente TRA (C.F. (C.F. (C.F. (C.F. ), con l’avvocato NOME COGNOME nel cui studio in Roma INDIRIZZO sono elettivamente domiciliati;
PARTE APPELLANTE (C.F. ), con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME nel cui studio in Roma INDIRIZZO è elettivamente domiciliata;
PARTE APPELLATA C.F. C.F. C.F. C.F. P.:
appello contro la sentenza n. 9389 pubblicata il 14/6/2022 del Tribunale di Roma.
FATTO E DIRITTO § 1. – La vicenda da cui ha tratto origine il presente giudizio di appello è così riassunta nella sentenza impugnata:
“Con atto di citazione spedito il 12.12.19 proponevano opposizione all’atto di precetto a loro notificato il 9.12.19 sulla scorta del contratto di mutuo sottoscritto per atto pubblico il 5.5.11, deducendo la nullità di quest’ultimo per violazione dell’art. 38 T.U.B. ;
l’annullabilità del medesimo per errore commesso da che ritenevano di essere unicamente terze datrici di ipoteca e non mutuatarie;
l’usurarietà degli interessi corrispettivi e moratori pattuiti.
Nel costituirsi ha chiesto il rigetto dell’opposizione con vittoria di spese, evidenziando di aver notificato il titolo esecutivo ed il precetto a seguito della pronunzia della Corte di Cassazione n. 17439-19 tra le medesime parti.
Ha quindi eccepito l’inammissibilità del motivo di opposizione relativo alla nullità del contratto per violazione dell’art. 38 T.U.B. chiedendo la conversione del mutuo e ha contestato nel merito gli ulteriori motivi di opposizione.
La causa è stata istruita con prova documentale e trattenuta in decisione all’udienza del 25.11.21 previa concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c..
” § 2. – All’esito del giudizio il Tribunale ha rigettato l’opposizione e condannato in solido, al pagamento delle spese di lite a favore di liquidate in € 10.343,00, oltre spese generali, Cpa ed Iva se dovuta.
A fondamento della decisione il primo giudice ha svolto le considerazioni che seguono:
“Occorre preliminarmente qualificare le doglianze mosse da come opposizioni preventive all’esecuzione poiché vertono sull’accertamento del diritto di procedere ad esecuzione forzata di di Roma in loro danno sulla scorta del contratto di mutuo sottoscritto il 5.5.11.
L’opposizione è infondata e, pertanto non merita accoglimento.
Va premesso che la qualificazione del contratto come mutuo ipotecario non fondiario è coperta dal giudicato della sentenza n. 17439-19 emessa dalla Suprema Corte di Cassazione il 18.6.19, che ha cassato con rinvio la sentenza n. 11819-17 emessa dal Tribunale di Roma il 9.6.17 su opposizione ex art. 617 c.p.c. promossa avverso altro atto di precetto intimato sulla scorta del medesimo mutuo.
Si tratta comunque di un titolo esecutivo poiché rientra nel catalogo dell’art. 474 c.p.c. in quanto atto ricevuto da notaio da cui emerge l’esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile.
Requisito essenziale dei titoli esecutivi, giudiziali e stragiudiziali, menzionati dall’art. 474 cod. proc. civ., infatti, è la certezza del diritto risultante dal titolo stesso, intesa nel senso che la situazione giuridica accertata in favore di un soggetto deve emergere esattamente e compiutamente, nel suo contenuto e nei suoi limiti dal relativo provvedimento giurisdizionale o atto negoziale, di guisa che ne risulti determinato e delimitato anche il contenuto del titolo ( Cass., sez. III, 25 febbraio 1983, n. 1455). Nel contratto in esame gli opponenti mutuatari hanno dichiarato di ricevere da di Roma la somma di € 540.000,00, rilasciando ampia e liberatoria quietanza ( Cfr. art. 1 del contratto);
da tale dichiarazione deriva l’obbligo di restituzione e l’efficacia esecutiva del contratto di mutuo (Cass., sez. I, ordinanza 27 ottobre 2017, n. 25132; Cass., sez. III, 27 agosto 2015, n. 17194).
Al fine di verificare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., occorre infatti valutare, attraverso l’interpretazione di esso integrata con quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo e di erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge.
Va poi smentita la dedotta usurarietà dei tassi di interesse pattuiti nei contratti azionati.
Con riferimento al contratto di mutuo sottoscritto il 5.5.11, risulta fatto pacifico fra le parti che, alla data della stipula del finanziamento il tasso effettivo medio praticato per le operazioni di mutuo a tasso variabile, quale rilevato ai sensi dell’art. 7 della L. 108/96 con D.M. del Ministero dell’Economia e Finanze in data 29.3.11, era pari al 2,79% su base annua e, quindi, il relativo “tasso soglia” (da determinarsi, a norma dell’art. 2 della L. 108/96 a suo tempo vigente, mediante l’aumento della metà del suddetto tasso medio) era pari al 4,185 % su base annua. Pertanto, il tasso di interesse corrispettivo variabile previsto in contratto del 3,56% nominale annuo era inferiore rispetto al tasso soglia vigente al momento della stipula ( cfr. art. 3 del contratto).
Quanto agli interessi moratori pattuiti, ai fini della verifica dell’usurarietà – qualora il decreto ministeriale di cui all’art. 2, comma 1, della l. n. 108 del 1996, contenga comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali – occorre individuare il tasso soglia considerando il T.e.g.m. , incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l’aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di Conttolleranza, dal quarto comma dell’art. 2 ( Cass., Ss. , Uu. , 18 settembre 2020, n. 19597).
Nel caso in esame, il T.E.G.M. era pari a 4,185% annuo:
conseguentemente il tasso soglia per gli interessi moratori era pari al 8,285 % ( 6,08 % + 2,1 % ex art. 3 comma IV del D.M. 29 marzo 2011 + 2% ).
È evidente, quindi, che gli interessi moratori pattuiti nel contratto di mutuo del 5.5.11 nella misura del 6,56 % ovvero in tre punti percentuali in più rispetto al tasso corrispettivo praticato ( cfr. art. 8 del contratto di mutuo) non fossero usurari.
Va infine rigettata la domanda di annullamento del contratto proposta da per errore che sarebbe stato commesso nella negoziazione del contratto quali mutuatarie e non quali mere terze datrici di ipoteca.
L’errore – spontaneo o provocato dall’altrui azione ingannatrice (dolo) – costituisce causa di annullamento del contratto in quanto abbia inciso sul processo formativo del consenso, dando origine ad una falsa o distorta rappresentazione della realtà, a causa della quale il contraente si sia determinato a stipulare.
Pertanto, l’effetto invalidante dell’errore è subordinato, prima ancora che alla sua essenzialità e riconoscibilità (richieste nell’ipotesi di errore non determinato da dolo), alla circostanza (della cui prova è onerata la parte che deduce il vizio di consenso) che la volontà negoziale sia stata manifestata in presenza – o in costanza – di questa falsa rappresentazione, spontanea o provocata;
con l’ulteriore conseguenza che la domanda di annullamento non può essere accolta allorché, in relazione al concreto ed inequivoco contenuto delle clausole negoziali, o per effetto di qualsiasi altra circostanza, debba escludersi che l’attore versasse in errore al momento della prestazione del consenso (Cass., sez, II, 19 aprile 1988, n. 3065) .
Nel caso in esame l’oggetto, l’intestazione e le clausole del contratto di mutuo sono inequivoche;
inoltre la forma stessa del negozio sottoscritto per atto pubblico a seguito di lettura da parte del Notaio rogante dinanzi alle parti presenti esclude in nuce che che erano all’epoca le rispettive coniugi di e di , anch’essi mutuatari, abbiano errato nell’interpretazione del contratto di mutuo poiché, al più, l’asserito errore sarebbe stato quantomeno riconoscibile ai loro stessi rispettivi sposi, che ne avrebbero dovuto impedire la sottoscrizione.
hanno invece sottoscritto l’atto nella consapevolezza della loro limitata capacità reddituale dichiarando anche il loro stato di occupazione:
casalinga la prima, impiegata la seconda.
L’opposizione va, in definitiva, rigettata.
Le spese di lite seguono la soccombenza e, in assenza di notula, sono liquidate come in dispositivo in applicazione del D.M. 55/14 con riferimento valori medi previsti per le fasi di studio, introduttiva, di trattazione e decisoria per le cause di valore indeterminabile di media complessità.
” § 3. – Hanno proposto appello rassegnando le seguenti conclusioni:
“Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello di Roma, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma n. 9389/2022, pubblicata in data 14.6.2022:
1. sospendere l’efficacia del titolo esecutivo e/o l’esecuzione;
2. accertare e/o dichiarare la nullità del contratto di mutuo del 5/5/2011;
3. accertare e/o dichiarare nulla essere dovuto dalle Sig.re in favore della per le ragioni esposte in narrativa;
4. compensare l’eventuale credito della convenuta con il credito risarcitorio per i tutti danni, anche non patrimoniali, patiti dagli opponenti, da liquidarsi come in narrativa ed occorrendo in via equitativa;
5. accertare e/o dichiarare l’inefficacia e/o l’invalidità dell’atto di precetto opposto;
6. ordinare alla di interrompere le segnalazioni periodiche dei nominativi degli opponenti alla Centrale dei rischi della Banca d’Italia, ovvero, in subordine, di rettificare dette segnalazioni in proporzione all’eventuale minor credito accertato nei confronti di ciascun opponente;
7. vinte le spese, anche generali, del doppio grado di giudizio da distrarsi in favore dello scrivente procuratore antistatario”.
Ha resistito rassegnando le seguenti conclusioni:
“…affinché l’Ecc.ma Corte di Appello adita, ogni contraria istanza disattesa, voglia:
– in via preliminare, rigettare la richiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo de quo e/o dell’esecuzione immobiliare per i motivi di cui in narrativa;
– nel merito, rigettare l’interposto appello, confermando integralmente la sentenza di primo grado.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio.
” Dichiarata inammissibile l’istanza di sospensione della esecutività della sentenza, dopo il mutamento del rito che ha disposto la discussione orale ex art.281 sexies c.p.c., la causa è stata discussa oralmente all’udienza odierna e trattenuta in decisione ai sensi del terzo comma dell’art.281 sexies c.p.c. (comma aggiunto dall’art.3 d.lgs.n.149/2022 e reso applicabile ai processi già pendenti alla data del 28.2.2023 dall’art.7 comma 3 d.lgs.n.164/2024).
§ 4. – L’appello proposto da contiene tre motivi.
§ 4.1 – Il primo è intitolato:
“la nullità e/o l’inefficacia del mutuo”.
Con tale motivo la parte appellante lamenta che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che il contratto del 5/5/2011 fosse un mutuo ipotecario non fondiario, contraddicendo il giudicato della sentenza n. 17439 emessa dalla Suprema Corte di Cassazione il 18.6.19, che aveva cassato con rinvio la sentenza n. 11819-17 emessa dal Tribunale di Roma il 9.6.17 su precedente opposizione promossa avverso altro atto di precetto intimato sulla scorta del medesimo mutuo.
Secondo l’appellante la Cassazione avrebbe affermato la natura fondiaria del mutuo e accertato che tale finanziamento fosse di importo superiore all’80% del bene offerto in garanzia in violazione dell’art. 38 del D.Lgs. 358/1993.
L’errore del Tribunale l’avrebbe indotto a trascurare l’eccezione di nullità del mutuo per violazione dell’art. 38 del D.Lgs. 358/1993 e di difetto dei presupposti per la conversione ex art. 1424 c.c. in semplice mutuo ipotecario, dal momento che il credito sarebbe stato erogato nella consapevolezza che il valore dell’immobile non raggiungesse la soglia di legge in relazione all’importo finanziato, e dal momento che i vantaggi fondiari avrebbero rappresentato ragione determinante dell’affare.
Sotto altro profilo l’appellante lamenta che l’omessa pronuncia del primo giudice sulla doglianza secondo cui l’erogazione del finanziamento sarebbe stata occasionata da causa illecita o da motivi illeciti comuni ad entrambe le parti, o sarebbe stata comunque simulata, per avere la Banca finanziato non già essi appellanti, bensì la società RAGIONE_SOCIALE RSRAGIONE_SOCIALE come avrebbe provato la circostanza che essi non avessero avuto la capacità reddituale minima per sostenere l’ammortamento, nonchè la circostanza che l’importo erogato sarebbe immediatamente servito per ripianare l’esposizione debitoria della società RAGIONE_SOCIALE Il motivo è infondato.
Non è vero che con la sentenza n. 17439 del 18.6.19 la Corte di Cassazione abbia qualificato il mutuo ipotecario del 5/5/2011 come fondiario e che l’abbia considerato nullo a causa del superamento del limite di finanziabilità previsto dall’art. 38 del D.Lgs. 358/1993.
E’ vero, invece, che, richiesta di stabilire se la godesse del privilegio fondiario dell’esonero della notifica del titolo esecutivo, la Cassazione ha risposto negativamente sul presupposto che il superamento del limite di finanziabilità, essenziale per la qualificazione del mutuo come fondiario, non consentisse di qualificare il mutuo ipotecario del 5/5/2011 come fondiario.
Tanto perché la Corte di Cassazione, chiamata a risolvere la mera questione della ricorrenza del privilegio processuale della Banca, ha escluso di dover prendere posizione tanto sulla tesi che considera il superamento del limite di finanziabilità ragione di nullità dell’intero contratto di mutuo suscettibile di conversione in mutuo ordinario, quanto sulla tesi che considera tale superamento elemento che non rende nullo ma riqualifica il finanziamento fondiario come mutuo ordinario.
Sul falso presupposto che la Corte di Cassazione avesse stabilito che il contratto fosse un mutuo fondiario nullo, l’appellante ha pure rinunciato al motivo nelle sue note conclusive, richiamando le Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 33719 del 16 novembre 2022, hanno escluso la nullità per superamento del limite di finanziabilità, tuttavia il motivo deve continuare ad essere esaminato proprio perché ha frainteso la sentenza n. 17439 del 18.6.19 della Corte di Cassazione che sul punto ha fatto stato. Vero è che, il contratto del 5/5/2011, pure denominato “Contratto di mutuo ipotecario”, non potesse considerarsi fondiario in mancanza dell’elemento, secondo la Cassazione essenziale per tale fattispecie di finanziamento, quale è il limite dell’80% del valore del bene offerto in garanzia.
Ne discende, come ha correttamente rilevato il primo giudice, che si tratta di un semplice mutuo ipotecario, il quale non pone alcun problema di nullità in relazione al limite di finanziabilità o di verifica della sussistenza dei presupposti per la conversione del negozio nullo, a nulla rilevando che la abbia in via prudenziale invocato anche l’eventuale conversione del negozio nullo.
Quanto alla omessa pronuncia sulla doglianza per cui l’erogazione del finanziamento sarebbe stata occasionata da causa illecita o da motivi illeciti comuni ad entrambe le parti, o sarebbe stata comunque simulata, deve rilevarsi che una simile domanda non è mai stata formalizzata entro le preclusioni legate alla formazione del thema decidendum, mentre l’eventuale rilevabilità d’ufficio della nullità deve necessariamente coordinarsi con il principio dispositivo, senza potersi fondare su elementi tardivamente indicati. Vero è che l’unica allegazione sul punto tempestivamente formalizzata in primo grado ha riguardato il tentativo della avvalersi dei privilegi fondiari pur non ricorrendone il presupposto di legge del limite di finanziabilità, sicchè bene ha fatto il Tribunale ad esaminare la questione di nullità strettamente collegata a tale allegazione, e a trascurare ogni altro profilo di nullità o inefficacia del contratto fatto dipendere da allegazioni intempestive e tardive.
§ 4.2 – Il secondo motivo è intitolato:
“Il vizio del consenso”.
Con tale motivo la parte appellante critica la sentenza nella parte in cui ha disatteso la domanda di annullamento del mutuo prospettata da sul presupposto di essere state in errore nel ritenersi semplici datrici di ipoteca e non mutuatarie.
Secondo l’appellante il Tribunale avrebbe limitato alle risultanze contrattuali la propria indagine ’errore, trascurando che dalla documentazione offerta sarebbe risultato un esplicito invito della Banca alle donne a partecipare all’atto nella qualità supposta.
Il motivo è infondato.
Il Tribunale ha già spiegato che il 5/5/2011 hanno dichiarato davanti al Notaio di costituirsi quale parte mutuataria e di accettare la somma concessa a titolo di mutuo, esplicitando un consenso incompatibile con l’eventuale intenzione di voler intervenire all’atto quali semplici datrici di ipoteca, né nel processo di formazione di quella volontà può aver interferito una simile intenzione.
L’esplicitazione di volersi rendere mutuatarie non può essere stata fuorviata dall’intenzione di costituirsi come semplici datrici di ipoteca, e, in ogni caso, pur volendo ammettere una completa deresponsabilizzazione delle donne in ordine a quanto stessero dichiarando davanti ad un Notaio, soggiunge il primo giudice, i congiunti e di avrebbero dovuto impedire la sottoscrizione, se l’intenzione fosse stata quella di assegnare ad esse il ruolo di semplici garanti.
Seppure fossero estranee alla compagine societaria della famiglia e il loro reddito fosse stato insufficiente a sostenere il peso del mutuo che sarebbe stato chiesto dai soli congiunti, e seppure fosse mancata nei loro confronti un’indagine sulla capacità reddituale, è vero che esse, titolari di diritti sui beni concessi in garanzia, hanno consapevolmente volontariamente accettato rendersi cointestatarie del mutuo, al quale pure erano interessati e di Lo stretto rapporto di parentela tra le due donne e i due uomini e il comune interesse alle sorti delle imprese familiari rende evidente che esse abbiano voluto rendersi solidali nel debito oltre che nella garanzia. In tale contesto è del tutto irrilevante che nella convocazione di un mese prima la abbia invitato nella qualità di richiedenti il mutuo, mentre abbia invitato nonché nella qualità di garanti, perché, se anche in quel momento fosse stata valutata sufficiente la sola garanzia che avrebbe potuto prestare, la comune determinazione di tutte le parti maturata da quel momento in poi è stata quella di includere la donna nella cointestazione con il suo esplicito consenso.
Secondo l’appellante il Tribunale non avrebbe potuto affermare la consapevolezza e volontarietà dell’atto per essere l’atto fidefacente rispetto all’estrinseco ma non all’intrinseco delle dichiarazioni, tuttavia proprio la veridicità fino a querela di falso in ordine alla circostanza che le donne abbiano reso quelle dichiarazioni dimostra che abbiano inteso costituirsi , a nulla rilevando ai fini dell’annullabilità dell’atto un’eventuale riserva mentale sul proprio ruolo di meri garanti.
Secondo l’appellante il Tribunale non avrebbe potuto valorizzare la presenza del Notaio perché questi avrebbe ricevuto un atto nullo per violazione del limite di finanziabilità, tuttavia, pur non comprendendosi l’incidenza che tale eventualità avrebbe avuto sulle attestazioni storiche del pubblico ufficiale in ordine alle dichiarazioni delle due donne, non può non rimarcarsi che l’atto non fosse nullo ma semplicemente non qualificabile come mutuo fondiario, qualificazione oltretutto mai esplicitata nell’atto pure denominato “Contratto di mutuo ipotecario”. § 4.3 – Il terzo motivo è intitolato:
“L’estinzione dell’obbligazione portata dal titolo”.
Con tale motivo la parte appellante lamenta l’omessa pronuncia del Tribunale sull’eccezione di estinzione dell’obbligazione restitutoria per compensazione tra il credito della e quello invocato per danni generati dall’essersi trovarti esposti verso la per un importo che non sono mai stati nelle condizioni di restituire, di essersi visti ingiustamente segnalati come cattivi pagatori e di vedere minacciata, con l’esecuzione, l’abitazione che la aveva preteso come garanzia di un finanziamento deliberato in violazione della disciplina fondiaria e dei principi di buona fede, correttezza, solidarietà sociale e tutela del risparmio. Il motivo è infondato.
Tribunale implicitamente rigettato domanda compensazione non ravvisando nella condotta della fatti che fossero fonte di responsabilità civile per danni.
Tanto ha fatto il Tribunale perché non ha ravvisato alcuna imprudenza nella segnalazione degli appellanti come cattivi pagatori, dopo aver scrupolosamente ritenuto esatte le somme pretese in restituzione, respingendo tutte le doglianze sull’usurarietà dei tassi con cui era stato calcolato il debito residuo.
Il pieno diritto della a pretendere la somma ingiunta esclude pure che possa essere qualificata come ingiusta l’esecuzione preannunciata sull’abitazione prestata in garanzia del finanziamento.
Né la circostanza che il mutuo fosse stato concesso al di là di quanto la normativa fondiaria avesse consentito, rende illecita la pretesa intimata perché non originata da mutuo fondiario ma da semplice mutuo ipotecario.
E’ pure rimasta non provata la preordinazione della di aver elargito il prestito a chi non fosse in condizioni di restituirlo, sol che si consideri che i avessero goduto in relazione alla loro attività imprenditoriale di merito creditizio anche da parte di altri istituti di credito.
non tempestivamente dedotta in primo grado inammissibilmente prospettata in appello, l’eventualità che la Banca li avesse da ultimo finanziati per saldare debiti pregressi e munirsi di garanzie, nel contesto di finalità condivise, non costituirebbe illecito (Cass. 28663/2013), né il finanziamento era orientato ad una specifica finalità, avendo avuto il mutuatario piena libertà nella destinazione delle somme.
§ 5. – Le spese del grado seguono la soccombenza e vanno liquidate, ex decreto n. 147 del 13/8/2022, in rapporto al sesto scaglione di riferimento in relazione all’effettivo valore della causa, secondo parametri medi ad eccezione della fase di trattazione che ha avuto minimo sviluppo.
§ 6. – Trattandosi di procedimento di appello introdotto dopo la data del 31.1.13 (entrata in vigore della L. n. 228/12)
deve darsi atto che sussistono i presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater TU approvato con DPR n. 115/02 come modificato dall’art. 1 comma 17 L. n. 228/12 a carico dell’appellante.
PER QUESTI MOTIVI definitivamente pronunciando sull’appello proposto da nei confronti contro la sentenza n. 9389 pubblicata il 14/6/2022 resa tra le parti dal Tribunale di Roma, ogni altra conclusione disattesa, così provvede:
1. – rigetta l’appello e conferma la sentenza impugnata;
2. – condanna , in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite in favore di liquidate in complessivi € 17.179,00, di cui € 4.389,00 per la fase di studio, € 2.552,00 per la fase introduttiva, € 2.940,00 per la fase di trattazione, € 7.298,00 per la fase decisoria, oltre rimborso forfettario al 15%, iva e cap come per legge;
3. – dichiara che sussistono i requisiti di cui all’art. 13 comma 1 quater TU approvato con DPR n. 115/02 come modificato dall’art. 1 comma 17 L. n. 228/12, per il pagamento a carico dell’appellante di un ulteriore importo pari a quello già versato a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Roma il giorno 6/6/2025.
L’estensore Il presidente NOME COGNOME NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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