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Mancata dichiarazione valutaria: respinto l’appello

La sentenza chiarisce che il termine per la trasmissione dei verbali di contestazione in materia valutaria è ordinatorio. Inoltre, la buona fede del trasgressore non esime dall’obbligo di informarsi sulla normativa in caso di trasferimenti di ingenti somme di denaro, specie se vi sono avvisi in più lingue.

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Pubblicato il 24 giugno 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI TORINO – Sezione Prima Civile – Composta dai sigg.ri Magistrati:

Dott.ssa NOME COGNOME Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME Consigliere rel. ha pronunciato la seguente:

SENTENZA N._505_2025_- N._R.G._00000631_2024 DEPOSITO_MINUTA_19_06_2025_ PUBBLICAZIONE_19_06_2025

nell’appello iscritto al n. 631 / 2024 R.G. ;

promosso da:

(c.f. ), rappresentata e difesa dall’Avv. COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo Studio in INDIRIZZO 28845 DOMODOSSOLA;

appellante contro (c.f. ), rappresentato e difeso dalla AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO DI TORINO ed elettivamente domiciliato in INDIRIZZO TORINO;

parte appellata C.F.

CONCLUSIONI

DELLE PARTI Per parte appellante:

“Voglia l’ecc.ma Corte di Appello di Torino, in riforma dell’impugnata sentenza, in via principale, ANNULLARE e/o DICHIARARE tardivo, errato, nullo od illegittimo il decreto predetto n. 448372 Pos.

n 448372/V emesso in data 21.04.2023 dal , Dipartimento del Tesoro, Direzione Quinta, Regolamentazione e Vigilanza del Sistema Finanziario, nonché ogni altro atto presupposto ovvero consequenziale, per le ragioni sopra esposte e/o per quanto potrà essere ritenuto dovuto e/o di giustizia.

In via di subordine, CONTENERE la sanzione nel minimo che sarà ritenuto dovuto e/o di giustizia.

Con il favore delle spese di causa dei due gradi di giudizio.

In via istruttoria, AMMETTERE eventuale prova per testi sulle circostanze di fatto, tutte od in parte, riportate nel ricorso in opposizione, nonché a conferma della documentazione prodotta.

Si ribadisce quale teste:

sig. (marito ACQUISIRE se ritenuti necessari gli estremi ulteriori di protocollo di ricevimento della raccomandata n. RW NUMERO_DOCUMENTO-5 del 7.09.2022 inviata dall’Ufficio postale di Domodossola da parte dell’avv. NOME COGNOME al Ministero, relativa all’invio degli scritti difensivi unitamente al verbale di contestazione ricevuti in data 12.09.2022 (doc. 6B);

in particolare si chiede di acquisire le informazioni o le copie informatiche seguenti, in tutto od in parte:

il numero di protocollo del documento generato automaticamente dal sistema e registrato in forma non modificabile;

la data di registrazione di protocollo assegnata automaticamente dal sistema e registrata in forma non modificabile;

il mittente dei documenti ricevuti;

l’oggetto del documento, registrato in forma non modificabile;

l’impronta del documento informatico, se trasmesso per via telematica, costituita dalla sequenza di simboli binari in grado di identificarne univocamente il contenuto, registrata in forma non modificabile”.

Per parte appellata:

“Valutata preliminarmente l’ammissibilità dell’appello avversario, le spese”.

MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO 1. – Gli antefatti e il primo grado di giudizio.

1.1 – In data 9 agosto 2022 la Guardia di Finanza effettuava un controllo su un treno presso la Stazione ferroviaria di Domodossola e diretto in Svizzera;

, cittadina ucraina, dopo avere risposto “no” alla richiesta dei finanzieri se portasse con sé del denaro, veniva trovata in possesso di valuta non dichiarata per un importo complessivo di € 100.000;

detta somma – che l’interessata dichiara essere il provento della cessione di un immobile nel proprio paese e del prelievo di fondi propri e di suoi familiari in Austria e in altri paesi – veniva sottoposta per intero a sequestro penale su disposizione del P.M. del Tribunale di Verbania per ipotesi di ricettazione, ma il sequestro veniva revocato in seguito a ricorso.

I doganieri procedevano alla contestazione della violazione dell’art. 3 d.lgs. 195/2008, per avere omesso di redigere la dichiarazione di esportazione di denaro contante, necessaria per trasportare somme superiori al limite consentito dalla legge, pari ad € 10.000;

il relativo verbale veniva inviato al in data 24 novembre 2022.

Contestualmente, veniva disposto il sequestro amministrativo della somma di € 45.000, a valere sulla maggior somma di € 100.000 sottoposta a sequestro penale.

1.2 – Con decreto sanzionatorio n. 448372/v, emesso in data 21 aprile 2023, il applicava alla la sanzione di € 36.000, ritenuta l’ipotesi sanzionatoria dell’art. 9, co. 1, lett. b, d.lgs. 195/2008.

1.3 – ha proposto opposizione al Tribunale di Verbania avverso il predetto decreto, sostenendo che:

non conoscendo la lingua italiana, non aveva compreso la richiesta avanzata dai funzionari doganali di riferire se avesse con sé del danaro e le sanzioni cui sarebbe andata incontro in caso di dichiarazione inesatta o mendace;

il traduttore era stato chiamato ad intervenire solo al momento della redazione del verbale;

non era a conoscenza della necessità di rendere la dichiarazione ed era convinta dell’assenza di adempimenti, non essendo debita abitualmente al trasferimento di NOME si trovava in uno stato di necessità, avendo lasciato il proprio paese di origine, l’Ucraina, a causa della guerra, ed essendo in uno stato di stravolgimento emotivo;

era tenuto adottare il decreto sanzionatorio nel termine di 180 giorni dal momento in cui aveva ricevuto il verbale, trasmessogli dalla ricorrente stessa in data 12 settembre 2022, unitamente alle osservazioni in replica alla contestazione;

ma il decreto era stato adottato solo il 26 aprile 2023, dunque oltre i 180 giorni di legge;

inoltre, l’AGENZIA DELLE DOGANE aveva violato il termine di sette giorni per la trasmissione del verbale al ministero, inviandolo solo il 24 novembre 2022 pur essendo stato redatto il 9 agosto;

la percentuale applicata per la determinazione della sanzione era incomprensibile.

1.4 – Il si costituiva contestando la fondatezza in fatto e in diritto dei motivi di opposizione e chiedendone il rigetto.

1.5 – Con sent. n. 230/2024, pubblicata in data 23 aprile 2024, il Tribunale di Verbania ha respinto l’opposizione sui seguenti rilievi:

il decreto sanzionatorio era stato adottato tempestivamente, senza che vi fosse violazione del termine previsto dalla legge.

Il aveva ricevuto il verbale di contestazione in data 24 novembre 2022 e aveva adottato il decreto in data 26 aprile 2022.

ai sensi dell’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 195/2008 “il decreto di cui al comma 2 è adottato dal ministero dell’economia e delle finanze nel termine perentorio di centottanta giorni dalla data in cui riceve i verbali di contestazione”.

secondo la Cassazione, il termine decorreva dalla data di ricezione da parte del ministero del verbale di contestazione dell’addebito, come risultante dal registro del protocollo informatico (in quanto atto pubblico che faceva fede fino a querela di falso del momento della ricezione e della successione nel tempo delle ricezioni e delle spedizioni);

la S.C. aveva chiarito che il termine di sette giorni entro il quale i verbali di contestazione andavano trasmessi al ministero dell’economia e delle finanze, tramite supporti informatici, ai sensi del d.lgs. n. 195/2008, art. 4, co. 6, non aveva natura perentoria e non era collegato al termine di cui al successivo art. 8, co. 3, del medesimo d.lgs. Pertanto, il termine di sette giorni previsto dall’art. 4, co. 6, previsto per la trasmissione al Ministero del verbale, non aveva alcun rilievo, trattandosi di termine ordinatorio; la Contr Contr Contrfosse identificato con un protocollo;

l’obbligo in capo al (già a conoscenza del verbale per averlo ricevuto dalla ricorrente) di richiedere la trasmissione del verbale non era previsto dalla legge, né l’iniziativa del privato, che avesse trasmesso il verbale al di fuori del sistema dei registri pubblici, poteva incidere sull’organizzazione di un ufficio pubblico;

non risultava neppure che la ricorrente avesse in alcun modo sollecitato o richiesto informazioni all’agenzia delle dogane sull’avvenuta trasmissione degli atti al ministero;

le allegazioni della ricorrente non erano sufficienti a ritenere integrata l’esimente dello stato di necessità:

la ricorrente non aveva allegato alcuna circostanza concreta per evidenziare la sussistenza di una situazione di pericolo imminente di un danno grave alla persona al momento dell’illecito, né poteva ritenersi che la situazione di pericolo per la persona esistente in ucraina fosse sussistente anche in Italia.

a tale proposito, la generica allegazione di essersi allontanata dal suo paese di origine a causa della guerra nulla diceva sulle circostanze di fatto esistenti al momento immediatamente precedente l’uscita dall’Italia, né sulla percezione da parte della ricorrente di una situazione di pericolosità attuale.

considerato che l’omessa dichiarazione era sanzionata di per sé, a prescindere dalla liceità della provenienza del danaro e dalla finalità di utilizzo della somma, le allegazioni circa il fatto che fosse arrivata ad Otaci in Moldavia il 2 agosto e che, ripartita da Chisinau, fosse giunta a Malpensa il 3 agosto, oltre che tardive (in quanto allegate solo nelle note di udienza di discussione), non facevano venire meno l’oggettiva possibilità per la ricorrente, in vista di un trasferimento di danaro, di informarsi sulla normativa applicabile, né di prestare attenzione ai cartelloni presenti in uscita dal paese. inoltre, vista la programmazione del trasferimento dei fondi (il denaro si dice provenisse dalla vendita di un immobile in ucraina e da un prelievo effettuato in Austria e in altri paesi europei per conto di tutta la famiglia), la ricorrente aveva sia l’onere, sia la possibilità di informarsi specificamente sulla normativa applicabile nei paesi in cui lo avrebbe trasportato.

da ultimo, si evidenziava che i riferimenti della ricorrente al proprio stato di preoccupazione e di ansia per i familiari rimasti in Ucraina non erano idonei a integrare lo stato di necessità e ad escludere l’addebito in termini di colpa, sia perché elementi idonei a evidenziare un mero stato “emotivo e passionale” irrilevante ai sensi dell’art. 90 c.p., sia in considerazione dell’entità considerevole della somma che la ricorrente portava con sé e della predetta programmazione del trasferimento;

’assenza di adempimenti necessari al trasferimento di danaro contante.

le affermazioni di non aver compreso “la richiesta avanzata dai funzionari doganali sul treno” e “le sanzioni a cui sarebbe andata incontro in caso di dichiarazione inesatta o mendace (ovvero se e cosa avrebbe dovuto pagare in caso di dichiarazione positiva)” erano inconferenti:

la ricorrente aveva ricevuto un preventivo ed esplicito avvertimento da parte dei funzionari dell’obbligo di dichiarazione, segnalato tramite apposita cartellonistica redatta in più lingue e che, su espressa richiesta dei funzionari, aveva negato di trasportare denaro contante eccedente la soglia consentita, rispondendo “no”;

la circostanza che la ricorrente non avesse compreso quanto gli fosse stato riferito dai verbalizzanti, oltre a essere contrastante con l’aver reso una specifica risposta, era irrilevante, tenuto conto che l’obbligo di dichiarazione doveva, in ogni caso, ritenersi conoscibile dalla ricorrente prima dell’uscita dal paese e, ancor più, al momento dell’uscita, in forza della segnalazione dell’obbligo con la cartellonistica redatta in più lingue.

l’ignoranza delle sanzioni cui sarebbe andata incontro nel caso di dichiarazione inesatta o mendace non escludeva la conoscibilità dell’obbligo di rendere la dichiarazione ed anzi, la mancanza di conoscenza delle sanzioni per le dichiarazioni “mendaci” presupponeva quantomeno la conoscenza di esistenza dell’obbligo di rendere la dichiarazione, motivo per cui sul punto la difesa della ricorrente risultava contraddittoria;

a proposito dell’entità della sanzione, l’importo di 36.000 euro era compreso nei limiti dell’art. 9, co. 1, lett b), d.lgs. 195/2008, in quanto di poco superiore al minimo 30 % dell’importo di euro 90.000, che la ricorrente tentava di trasferire in eccedenza rispetto alla soglia prevista dall’art. 3, pari ad euro 10.000.

Il aveva motivato l’applicazione di una sanzione maggiore al minimo edittale in ragione della mancanza di collaborazione della ricorrente al momento dell’accertamento.

Non vi erano motivi per discostarsi da tale valutazione, non potendosi considerare la mancata conoscenza della lingua, a fronte della programmazione del trasferimento di danaro di tutta la famiglia e della esistenza di specifiche segnalazioni con cartelloni redatti in più lingue, elemento indicativo di un minor disvalore dell’omissione.

2. – L’appello di.

L’esame dei motivi.

ha proposto appello avverso la predetta sentenza del Tribunale di ’appello è stato proposto con citazione anziché con ricorso ex art. 434 c.p.c. e tale circostanza viene denunciata come irrituale dalla difesa del nondimeno, una volta disposta dal Collegio la fissazione dell’udienza di discussione secondo il rito del lavoro (e così implicitamente mutato il rito), la sentenza di primo grado, depositata il 23 aprile 2024 e non notificata, sarebbe stata appellabile nel termine semestrale lungo fino al 23 ottobre 2024, considerata la sospensione feriale; la costituzione in giudizio dell’appellata equivalente al deposito del ricorso ex art. 434 c.p.c. è avvenuta il 28 maggio 2024, sicchè l’errore nella scelta del rito non ha determinato alcun un problema di tempestività dell’impugnazione.

2.1 – Con il primo motivo di impugnazione (“Termine di emissione del decreto sanzionatorio, art. 8 co. 3 ed art. 4 co. 6 D.Lvo 195/08; protocollo degli atti in entrata”) l’appellante rileva che il legislatore ha stabilito un termine perentorio entro il quale adottare il decreto sanzionatorio ministeriale e che tale termine decorre dalla data di ricevimento, da parte del , del verbale di accertamento, senza altra specifica, ossia che il termine debba partire a decorrere dal ricevimento del verbale spedito da soggetto predeterminato, in particolare da parte dell Non sarebbe corretto ritenere che l’unica data a cui si dovrebbe fare riferimento nella fattispecie sia quella del protocollo informatico del Ministero relativa al momento di ricevimento degli atti (il verbale) da parte dell Il verbale è stato inviato dal legale di essa appellante unitamente agli scritti difensivi con raccomandata ricevuta dal il 12 settembre 2022 e iscritta a protocollo il 16 seguente, e il termine di 180 giorni decorrerebbe dalla prima delle due date – senza che rilevi il ritardo con cui gli uffici del hanno proceduto alla protocollazione. L’AGENZIA DELLE DOGANE, si dice, stante il termine di 60 giorni per inviare scritti difensivi da parte del trasgressore, avrebbe dovuto (e comunque potuto) inviare il verbale di contestazione al quantomeno entro detto termine;

invece, l’Agenzia lo ha inviato dopo quasi quattro mesi, malgrado essa abbia l’obbligo di trasmetterlo entro sette giorni dalla data di contestazione.

Il motivo è infondato.

2.1.1 – Il termine di sette giorni previsto dall’art. 4, co. 6, d.lgs. 195/2008 entro il quale i Contr RAGIONE_SOCIALE Contrsua violazione prevista alcuna conseguenza in termini di consumazione del potere sanzionatorio della P.A., diversamente da quanto invece stabilito per il termine di centottanta giorni per la decisione sull’infrazione dall’art. 8, co. 3, d.lgs. 195/2008 (cfr. il co. 6 della stessa disposizione:

“La mancata emanazione del decreto nel termine indicato al comma 3 comporta l’estinzione dell’obbligazione al pagamento delle somme dovute per le violazioni contestate”).

In questo senso, infatti, la Cass., n. 9521/2018, già citata anche dal giudice di primo grado.

2.1.2 – A sua volta, il dies a quo da cui decorrono i centottanta giorni entro i quali, secondo l’art. 8, co. 3, d.lgs. 195 cit., il MEF deve comminare la sanzione, se ritiene la responsabilità del trasgressore, non possono che essere fatti decorrere dalla data di ricezione, da parte del , dei verbali e della documentazione correlata ad opera degli organi accertatori, senza che rilevi l’eventuale conoscenza acquisita aliunde dagli uffici ministeriali, ed in particolare la conoscenza che essi possano avere avuto delle attività accertative attraverso le memorie difensive che il (presunto) trasgressore può depositare nell’ambito del procedimento sanzionatorio. La previsione dell’art. 8, co. 3, cit. – essendo quello delineato dalla norma un procedimento sanzionatorio che resta regolato, per quanto non specificamente disposto, dalle previsioni generali della l. 689/81 – va infatti letta in coerenza con l’art. 17 della stessa l. 689/81, il quale prevede che sia il funzionario o l’agente che ha accertato la violazione a dover presentare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, all’autorità amministrativa competente a decidere sulla sussistenza dell’illecito. E se così è, la data nella fattispecie da cui decorreva il computo dei centottanta giorni prescritti è quella del 24 novembre 2022, giorno in cui gli uffici del cui spetta l’irrogazione della sanzione, hanno ricevuto il verbale di contestazione, iscrivendolo a protocollo informatico.

2.2 – Con il secondo motivo di impugnazione (“stato di necessità ed ignoranza inevitabile”), l’appellante ribadisce che all’epoca, si trovava nello stato di necessità di proteggere e tutelare se stessa e i propri familiari, profughi, dal conflitto ancora in essere tra Ucraina e Russia, portando con sé il denaro che possedeva:

non poteva, dunque, essere ritenuta non responsabile ai sensi dell’art. 4 della Legge 689/1981 (sullo stato di necessità) e dell’art. 3, ContrSi ricorda che il 14 luglio 2022 i russi hanno lanciato dei razzi sul centro di Vinnytsia, città di residenza dell’appellante e in seguito a tali fatti, lei è fuggita e si è rifugiata in Italia in data 3 agosto 2022.

Si aggiunge che l’omissione di redigere la dichiarazione di possesso di denaro contante presso la dogana (al pari della dichiarazione verbale negativa) può, in certi casi, non essere sanzionabile e si cita la Cass., n. 15.409 del 2003:

il principio “ignorantia legis non excusat” prevede delle eccezioni, ad esempio quando il cittadino sia stato tratto in inganno dal suo preciso convincimento di una assenza di adempimenti, non essendo quest’ultimo dedito abitualmente al trasferimento di somme di denaro;

inoltre, l’aver trascurato la norma è giustificato dall’aver ritenuto, in buona fede, primario il generale principio di libera circolazione dei capitali in ambito europeo.

Anche questo secondo motivo è infondato.

L’art. 4 l. 689/81, stabilendo la non punibilità di chi ha commesso un illecito amministrativo in stato di necessità, richiama la nozione di cui all’art. 54 c.p.;

ma per aversi una situazione definibile come stato di necessità, occorre che il fatto sia commesso nella necessità (assoluta, ossia non altrimenti evitabile) di evitare un danno grave alla persona, propria o altrui.

E nel caso di specie, la guerra in atto tra Russia ed Ucraina non può essere ritenuta alla stregua di stato di necessità per giustificare la movimentazione del denaro non dichiarato in uscita dal territorio italiano, posto che l’illecito valutario – come già rilevato dal primo giudice – non era in quelle circostanze di tempo e di luogo in cui è stato commesso affatto necessitato da una situazione di pericolo attuale ed incombente di danno grave alla persona della o dei suoi familiari (qui, semmai, si farebbe riferimento ad un pregiudizio di natura eminentemente economica) e non altrimenti evitabile. A sua volta, non vi è propriamente errore di fatto che esclude la punibilità per difetto di colpa o dolo ex art. 3, 2° co., l. 689/81, bensì un errore di diritto circa l’esistenza di una norma nazionale che impone di dichiarare, in uscita dai territori UE, il possesso di denaro contante oltre i 10.000 euro;

ma a tale riguardo, l’esimente della buona fede (id est, dell’ignoranza incolpevole della norma sanzionatoria, alle condizioni previste dalla C. Cost. 364/88, dichiarativa della parziale incostituzionalità dell’art. 5 c.p.) può essere ritenuta solo quando sussistano elementi idonei ad ingenerare nell’autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta e, allo stesso tempo, risulti che il trasgressore abbia fatto tutto quanto possibile per adempiere ai suoi obblighi informativi sulle condizioni di liceità del suo normativa valutaria italiana non appare inevitabile in quando la non ha assolto all’obbligo d’informazione, con normale diligenza richiesta ad ogni consociato: è infatti evidente che a fronte del suo intendimento di portare in Svizzera denaro per oltre 100 mila euro, la prevenuta non poteva trascurare di informarsi sulla liceità di una tale operazione, dai valori economici così importanti, rivolgendosi proprio alle autorità doganali italiane che le hanno contestato l’infrazione o comunque assumendo previamente informazioni su tale possibilità;

a maggior ragione, se di considera l’affissione di cartelli di avviso riguardanti proprio l’obbligo di dichiarare agli agenti della dogana il possesso di contante oltre i 10 mila euro negli uffici doganali e redatti in una pluralità di lingue, ciò che esclude che la RAGIONE_SOCIALE possa essere stata tratta in errore da erronee rassicurazioni fornite da soggetti istituzionalmente preposti ad accertare e/o a giudicare i fatti.

2.3 – Con il terzo motivo, l’appellante afferma che non essendo in grado di comprendere la lingua italiana come rilevato dai funzionari stessi, non ha compreso la richiesta avanzata dai doganieri sul treno e né tantomeno le sanzioni a cui sarebbe andata incontro in caso di dichiarazione inesatta o mendace, ovvero se e cosa avrebbe dovuto pagare in caso di dichiarazione positiva.

La traduttrice è stata chiamata dai funzionari solo in seguito, ossia soltanto per la traduzione del verbale.

E si richiama una pronuncia del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, IV sez., sent. n. 2345/2000) in cui viene affermato il diritto dello straniero ad essere posto nella condizione di comprendere ogni atto che, provenendo da un’autorità giurisdizionale od amministrativa, abbia forza e capacità di incidere su di un suo diritto soggettivo.

Anche il terzo motivo è infondato.

L’applicazione di una norma sanzionatoria prescinde dalla consapevolezza delle sanzioni che, in presenza di una condotta illecita da essa norma prevista, possa averne il trasgressore;

in disparte il rilievo circa la presenza di una cartellonistica in più lingue che informava quanti si accingevano ad attraversare la frontiera dell’obbligo valutario di dichiarare il contante oltre i 10 mila euro, vale, ancora una volta, la considerazione per cui non avrebbe compiutamente assolto i propri doveri informativi sulle condizioni di liceità del suo agire nel momento in cui si è determinata ad effettuare un’importazione di ben 100.000 euro in Svizzera senza comunicarlo agli agenti della dogana.

Non si comprende, del resto, per quale ragione, se l’appellante dichiara di non “no”, come attestato, con valore di pubblica fede, nel verbale di contestazione;

e ciò nonostante il verbale attesti la presenza di cartelloni redatti in più lingue su tale obbligo e che analoga segnalazione sia contenuta nei modelli, anch’essi in più lingue, consegnati agli uffici di frontiera.

2.4 – Con il quarto motivo, concernente “l’importo della sanzione”, sostiene che l’entità della sanzione non è motivata e che le argomentazioni contenute nel parere del Comitato consultivo sulle violazioni valutarie del 13 aprile 2023 sono di pura forma, sicchè né dal verbale né dal parere emerge il criterio adottato per la determinazione della sanzione.

Sarebbero errate le affermazioni del Tribunale secondo cui la sanzione era giustificata dal fatto che essa appellante non aveva collaborato al momento dell’accertamento:

la non era scappata e non ha rifiutato la perquisizione, ma ha collaborato e fornito i documenti e se avesse in qualche modo compreso gli agenti doganali allora non avrebbe risposto soltanto “no” alle loro domande e non avrebbe commesso di conseguenza alcuna violazione di legge.

Anche quest’ultimo motivo non merita accoglimento.

La sanzione comminata corrisponde a quella prevista dall’art. 9, co. 1, lett. b, d.lgs. 195/2008, nel testo anteriore alle modifiche del d.lgs. 211/2024, vigente all’epoca dei fatti (agosto 2022), ed è ricompresa tra il 30 e il 50 % dell’importo non dichiarato alla dogana.

Premesso che l’insufficiente o carente specificazione dei motivi circa la determinazione della sanzione non è causa di invalidità del provvedimento amministrativo sanzionatorio, spettando infatti al giudice dell’opposizione un pieno apprezzamento anche sul quantum della sanzione stessa indipendentemente dalle ragioni addotte dall’Amministrazione, la sanzione risulta congrua, a parere di questa Corte, in rapporto all’illecito commesso, stante l’ingente importo della somma che si voleva esportare senza dichiarazioni (100.000 euro, con una differenza di 90 mila rispetto al limite massimo dei 10.000) e il comportamento tenuto dalla volto a trarre in inganno gli accertatori col negare – ad onta delle informazioni contenute nella cartellonistica in più lingue presente al passaggio di frontiera – di portare con sé denaro contante; le deduzioni dell’appellante non appaiono, cioè, idonee a scalfire la valutazione effettuata dal in punto alla sanzione irrogabile nel caso concreto.

L’appello, per concludere, deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza, come per legge;

esse vanno liquidate nei medi tariffari, esclusa la fase istruttoria/trattazione, non svoltasi.

Non sono dovuti gli oneri accessori in quanto il si è difeso mediante l’Avvocatura dello Stato, in applicazione dell’art. 1, co. 208, l. 266/2005 (legge finanziaria per l’anno 2006), richiamando sul punto quanto detto da App. Torino, sez. lavoro, n. 422 del 7.09.2018.

Va da ultimo dichiarata la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 13, co. 1-quater, D.P.R. 115/2002 per il pagamento, a carico dell’appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

La Corte, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da contro il avverso la sent. n. 230/2024 pronunciata in data 23.04.2024 dal Tribunale di Verbania, con atto di citazione notificato in data 22.05.2024:

a) rigetta l’appello;

b) condanna alla rifusione delle spese di questo grado di giudizio, che liquida in complessivi € 6.946;

c) dichiara la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 13, co. 1-quater, D.P.R. 115/2002 per il pagamento, a carico dell’appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso in Torino, il 10.06.2025.

Il Presidente Il Consigliere Est.

Dott.ssa NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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