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Codice Civile
Codice Penale

Ente locale, obbligo contrattuale, impegno di spesa

L’atto con il quale l’ente locale assume un obbligo contrattuale è valido a condizione che sia emesso un impegno di spesa.

Pubblicato il 01 April 2020 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Potenza, sezione Civile, riunita in Camera di Consiglio nelle persone dei signori Magistrati:

ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 175/2020 pubblicata il 30/03/2020

nel giudizio in grado di appello iscritto al n. /2012 (al quale è riunito l’altro recante il n. /2012) Ruolo Generale avente ad oggetto “Opposizione a decreto ingiuntivo” e vertente tra:

XXX & C. s.n.c. in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dall’avv. ed elettivamente domiciliata in presso lo studio del medesimo

APPELLANTE

CONTRO

YYY

rappresentata e difesa dall’avv. ed elettivamente domiciliata in presso lo studio dell’avv.

APPELLATA – APPELLANTE INCIDENTALE

COMUNE DI ZZZ

in persona del Sindaco pro tempore rappresentato e difeso dall’avv. ed elettivamente domiciliato in presso lo studio del medesimo

APPELLATO

KKK, JJJ

APPELLATE CONTUMACI

Conclusioni delle parti: come da rispettivi atti

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Melfi, con sentenza depositata il 13 ottobre 2011, ha accolto l’opposizione proposta dal Comune di ZZZ e per l’effetto revocato il decreto ingiuntivo opposto, rigettando inoltre la domanda contro il medesimo Ente proposta dalla XXX & C. s.n.c. (di seguito XXX); ha accolto la domanda proposta dalla società medesima nei confronti di YYY, condannando quest’ultima al pagamento nei confronti della suddetta società e nei limiti dell’accettazione con beneficio di inventario, delle somme così come indicate nel decreto ingiuntivo per cui è causa, detratte quelle già corrisposte dal Comune di ZZZ nei confronti di essa società, oltre accessori; ha rigettato la domanda proposta dalla XXX nei confronti di JJJ e KKK; ha compensato integralmente fra le parti le spese di lite.

Il Comune di ZZZ aveva proposto opposizione, dinanzi al Tribunale di Melfi, avverso il decreto ingiuntivo n. /97, con il quale, ad istanza della XXX, all’Ente era stato ingiunto il pagamento della somma di lire 212.292.082, oltre interesse e spese.

L’Ente deduceva, a fondamento dell’opposizione, l’insussistenza delle condizioni di ammissibilità dell’azione monitoria; nel merito, l’infondatezza della pretesa azionata e, in particolare, l’insussistenza di obbligazioni di pagamento, quale stazione appaltante, in mancanza di atti e provvedimenti deliberativi idonei a vincolare la P.A.

Costituitasi in giudizio, la XXX chiedeva il rigetto dell’opposizione e di essere autorizzata a chiamare in giudizio ***, nella qualità di Sindaco del Comune di ZZZ, deducendo di aver intrattenuto con lui i rapporti contrattuali derivanti dal contratto di appalto di lavori pubblici e di averne eseguito gli ordini per l’effettuazione di lavori ulteriori.

Interrotto il giudizio per la morte di ***, lo stesso era stato riassunto dal Comune di ZZZ nei confronti della XXX e degli eredi del ***, ovvero la moglie, YYY, e le figlie, JJJ e KKK.

Queste si costituivano in giudizio, sollevando una serie di eccezioni e concludendo per il rigetto della domanda proposta nei loro confronti.

2. Con la sentenza impugnata, il Tribunale di Melfi ha affermato:

a) che l’opposizione proposta dal Comune di ZZZ è fondata;

b) che, difatti, le fatture per le quali fu emesso decreto ingiuntivo non posseggono valenza probatoria nel giudizio instaurato a seguito dell’opposizione;

c) che, pertanto, non avendo parte opposta fornito la prova di fatti sottesi all’emissione delle fatture, in atti, essa risulta soccombente.

A tale prima motivazione, il Tribunale ha aggiunto che la pretesa della società è altresì infondata, giacché mancano nel caso di specie le deliberazioni autorizzative delle spese divenute o dichiarate esecutive.

Con ulteriore motivazione, il Tribunale ha inoltre preso in esame ogni singola fattura, esponendo le ragioni per le quali esse non possono essere considerate prova della pretesa.

Il Tribunale ha inoltre rigettato la domanda di ingiustificato arricchimento, per mancanza dell’elemento della sussidiarietà dell’azione.

Passando poi ad esaminare la posizione processuale del Sindaco, il Tribunale ha affermato che, dall’esame dei testi *** e ***, è emerso il ruolo attivo dello stesso nel commissionare le attività “de quibus” e che pertanto risultano fornite di prova per lo meno con riguardo ai rapporti tra l’impresa appaltatrice ed il Sindaco “in proprio” e non quale organo deliberativo dell’ente comunale in assenza di ordini scritti.

Alla stregua di tanto, il Tribunale ha accolto la domanda proposta nei confronti di YYY, seppur nei limiti dell’accettazione dell’eredità del “de cuius” con beneficio di inventario.

Il Tribunale ha infine rigettato la domanda nei confronti delle figlie del ***, avendo queste rinunciato all’eredità del padre in data 13.10.2007.

***

3. Avverso tale sentenza ha proposto appello principale la XXX

Si sono costituiti YYY ed il Comune di ZZZ, chiedendo il rigetto dell’appello.

Con separato atto di appello, ha proposto impugnazione incidentale YYY.

In tale giudizio, poi riunito, si è costituito il solo Comune di ZZZ, mentre è rimasta contumace la XXX.

All’udienza del 13 novembre 2012 i due appelli erano riuniti.

All’udienza del 22 ottobre 2019, infine, la causa è stata nuovamente trattenuta in decisione, con assegnazione alle parti dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1 Con il primo motivo, rubricato Sussistenza dell’obbligazione di pagamento anche in capo al Comune di ZZZ, l’appellante impugna la statuizione di rigetto della domanda nei confronti dell’Ente.

L’appellante deduce, a tal riguardo:

a) che le fatture azionate, pur unilateralmente formate, sono state oggetto di riconoscimento quantomeno implicito da parte del Comune opponente;

b) che la prova dei lavori emerge senza alcun dubbio da una attenta lettura delle prove orali espletate nonché dal contenuto delle relazioni del 22.04.98, a firma del responsabile dell’Ufficio Tecnico dell’Ente opponente;

c) che, seppure i lavori furono eseguiti certamente alcuni senza un preventivo atto formale amministrato con il relativo impegno di spesa, erano stati ordinati dall’Ente proprio in una situazione di indifferibilità e urgenza, con l’assicurazione che un formale atto deliberativo con il relativo impegno di spesa sarebbe stato assunto successivamente;

d) che se alcun provvedimento amministrativo è stato mai assunto, detta omissione non può certamente far venir meno la sussistenza del rapporto obbligatorio;

e) che alcune fatture (la n. 36/96 e 7/97) furono pagate dall’Ente e che la fattura n. 6/97 risulta l’unica formalmente contestata prima della proposizione dell’azione;

f) che, per i lavori di cui alla fattura n. 7/94, si trattava di maggiori lavori che l’impresa XXX eseguiva in virtù di una perizia di variante adottata dal Tecnico Comunale e D.L. e quindi, su specifica richiesta dello stesso … anche se non per iscritto;

g) che in ipotesi di spesa non deliberata nei modi di legge, è ammissibile da parte dell’Ente locale il riconoscimento del relativo debito nei limiti dell’utilità e dell’arricchimento dello stesso.

4.2 Come è agevole rilevare, si tratta di argomentazioni che attengono a diversi profili di natura giuridica e fattuale, e tuttavia consistenti in un motivo di impugnazione che, complessivamente considerato, è in parte inammissibile, in parte infondato.

Il nucleo della sentenza impugnata, nel punto che cade sotto esame, è costituito difatti dalla impossibilità di pretendere alcunché nei confronti dell’Ente locale, non essendo mai stato assunto l’impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione, ai sensi dell’art. 35, commi 1, 2, 3 e 4 del D. Lgs. N. 77/1995.

Si afferma, da parte della giurisprudenza di legittimità, che l’atto con il quale l’ente locale assume un obbligo contrattuale è valido a condizione che sia emesso un impegno di spesa destinato ad incidere, vincolandolo, su un determinato capitolo di bilancio, con attestazione della sussistenza della relativa copertura finanziaria come previsto dall’art. 191 d.lgs. n. 267 del 2000, diversamente discendendone la nullità tanto della deliberazione che lo autorizza quanto del susseguente contratto stipulato in attuazione di essa, ferma l’obbligazione a carico dell’amministratore, funzionario o dipendente del medesimo ente che sia responsabile della violazione. Differente è, invece, il regime stabilito per il parere di cui all’art. 49 del d.lgs. citato, attestante la mera regolarità contabile della volontà manifestata dagli organi politici del detto ente (consiglio o giunta), la mancata acquisizione del quale non comporta alcuna illegittimità o nullità né della deliberazione né del contratto (cfr. Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 33768 del 19/12/2019).

Nel caso di specie, inoltre, non esiste nessun atto dell’ente locale con il quale siano stati assunti gli obblighi contrattuali.

Consegue a tanto:

a) che nessun rilievo può assumere una eventuale ricognizione del debito[1], giacché la ricognizione di debito, consistendo in una dichiarazione unilaterale recettizia, non integra una fonte autonoma di obbligazione ma ha effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, comportando soltanto l’inversione dell’onere della prova dell’esistenza di quest’ultimo, sicché è destinata a perdere efficacia qualora la parte da cui provenga dimostri che il rapporto medesimo non sia stato instaurato, o sia sorto invalidamente (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13506 del 13/06/2014);

b) che rimane del tutto irrilevante che i lavori siano stati effettuati;

c) che, anche a voler considerare che i lavori siano stati ordinati in situazione di indifferibilità ed urgenza, gli stessi non sono stati regolarizzati entro trenta giorni e comunque entro il 31 dicembre dell’anno di riferimento, a mente della disposizione contenuta nell’art. 35 comma 3 del D. Lgs. N. 77/1995;

d) che a nulla può rilevare la circostanza che l’Amministrazione abbia pagato alcuni dei lavori irritualmente commissionato e non abbia contestato le fatture;

e) che anche per i maggiori lavori eseguiti in base a perizia di variante, lo stesso appellante ammette che l’ordine del Direttore dei Lavori era stato impartito non per iscritto, non potendo pertanto impegnare in nessun modo l’Amministrazione;

f) che mai l’Ente locale ha riconosciuto il debito per cui è causa fuori bilancio.

***

5. Con il secondo motivo, l’appellante principale censura la sentenza impugnata per aver rigettato la domanda di ingiustificato arricchimento nei confronti dell’Ente.

Il motivo di appello è infondato, sol che si rifletta sul fatto che in tema di spese fuori bilancio dei Comuni (e, più in generale, degli enti locali) agli effetti di quanto disposto dall’art. 23, quarto comma, del d.l. 2 marzo 1989, n. 66 (convertito, con modificazioni, in legge 24 aprile 1989, n. 144), l’insorgenza del rapporto obbligatorio direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione – con conseguente impossibilità di esperire nei confronti del Comune l’azione di arricchimento senza causa, stante il difetto del necessario requisito della sussidiarietà – si ha in tutti i casi in cui manchi una valida ed impegnativa obbligazione dell’ente locale, con la conseguenza che, dopo l’introduzione di tale normativa, la questione del riconoscimento dell’utilità della prestazione si pone, di regola, solo allorché il funzionario o l’amministratore – responsabili verso il privato – propongano l’azione di cui all’art. 2041 cod. civ. nei confronti della P.A. (cfr. Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1391 del 23/01/2014).

***

6.1 È necessario rilevare, prima di passare all’esame dei motivi dell’appello incidentale, che la XXX non si è costituita nel giudizio n. /2012, successivamente riunito a quello avente ad oggetto l’appello principale.

Inoltre, la stessa società non ha mai preso posizione sulle doglianze dell’appellante incidentale, né nel corso del giudizio, né infine con la comparsa conclusionale o con la memoria di replica, non avendole depositate (al fascicolo, difatti, si trovano depositate le sole comparse e memorie di YYY e del Comune di ZZZ).

Tanto premesso, con i primi due motivi la YYY ripropone in questa sede le questioni relative alla violazione e falsa applicazione dell’art. 106 c.p.c. e della violazione e falsa applicazione degli artt. 303 c.p.c. e art. 125 disp. Att. C.p.c.

Con il primo motivo, si afferma che il tribunale di Melfi avrebbe dovuto accertare e dichiarare la chiamata in garanzia prima del *** e, quindi, della YYY del tutto inammissibile e/o improponibile per non essere il ***, a nessun titolo, tenuto a garantire il convenuto Comune di ZZZ.

Si aggiunge, a tal riguardo, che la chiamata in garanzia che l’opposto (attore in senso sostanziale) ha inteso esercitare risulta del tutto inammissibile oltre che proposta in mancanza di procura.

Con il secondo motivo, si afferma da un lato che il processo interrotto si è estinto a causa della tardività e/o intempestività della riassunzione che risulta proposta al di là del termine perentorio e, in ogni caso, notificata alla YYY oltre il termine concesso dal giudice.

Si aggiunge, quanto a tale secondo motivo di doglianza, che l’estinzione è determinata anche dalla assoluta insufficienza dell’atto di riassunzione a soddisfare l’ineludibile esigenza della YYY di conoscere la lite in quanto l’atto di riassunzione non contiene gli estremi della domanda proposta nei suoi confronti e, in particolare, non indica le ragioni della domanda proposta nei suoi confronti né vengono formulate conclusioni nei suoi confronti.

Difatti, nel ricorso notificato alla YYY è riportato l’originario atto di opposizione al D.I. n. /97 a suo tempo notificato dal Comune di ZZZ e vien data mera notizia della successiva chiamata in causa del ***.

6.2 È fondato ed assorbente il secondo motivo dell’appello incidentale.

A seguito della dichiarazione di interruzione del processo per la morte di ***, il processo è stato riassunto con ricorso dal Comune di ZZZ, notificato, oltre che alla XXX, a YYY, quale erede del marito defunto.

Tuttavia, come fatto rilevare dall’appellante, il ricorso per la riassunzione conteneva esclusivamente l’atto di opposizione al decreto ingiuntivo n. /97, con il quale era stato introdotto il giudizio originario; al netto di un mero riferimento alla successiva chiamata in causa del ***, nessun elemento concreto era contenuto, nel ricorso, per indicare i fatti costitutivi della domanda proposta, con la chiamata del terzo al quale la causa era ritenuta comune, dalla XXX nei confronti del ***.

La giurisprudenza di legittimità afferma che l’atto di riassunzione del processo non introduce un nuovo procedimento, ma espleta esclusivamente la funzione di consentire la prosecuzione di quello già pendente, con la conseguenza che per la sua validità il giudice di merito deve apprezzarne l’intero contenuto, onde verificarne la concreta idoneità a consentire la ripresa del processo. Infatti la nullità dell’atto di riassunzione non deriva dalla mancanza di uno o più dei requisiti di cui all’art. 125 disp. att. c.p.c., bensì dall’impossibilità del raggiungimento dello scopo a causa della carenza di elementi essenziali quali: il riferimento esplicito alla precedente fase processuale; l’indicazione delle parti e di altri elementi idonei a consentire l’identificazione della causa riassunta; le ragioni della cessazione della pendenza della causa stessa; il provvedimento del giudice che legittima la riassunzione; la manifesta volontà di riattivare il giudizio attraverso il ricongiungimento delle due fasi in un unico processo. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto inidoneo allo scopo di riassumere taluni giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, in precedenza riuniti e poi interrotti per la morte di uno degli opponenti, l’atto di riassunzione in cui gli altri opponenti, fideiussori del debitore principale deceduto, avevano dichiarato di agire quali suoi eredi e non in qualità di garanti del medesimo) (cfr. Cass. Sez. 1 -, Sentenza n. 11193 del 09/05/2018).

Nel caso di specie, il ricorso in riassunzione era del tutto inidoneo a raggiungere lo scopo, a causa della carenza di elementi essenziali. In esso, difatti, mancava qualsiasi elemento idoneo a consentire concretamente l’identificazione della causa riassunta, almeno con riferimento alla domanda connessa introdotta con la chiamata in causa dalla XXX nei confronti del ***.

Ciò è tanto vero, del resto, che nell’atto di riassunzione non è proposta nessuna conclusione nei confronti della YYY.

La giurisprudenza di legittimità afferma che in caso di litisconsorzio facoltativo e, quindi, di cause scindibili, la nullità, la tardività o l’assoluta mancanza dell’atto di riassunzione del processo nei confronti di alcuni coobbligati non si estende ai rapporti processuali relativi agli altri, nei cui riguardi la riassunzione sia stata validamente e tempestivamente eseguita, estinguendosi il giudizio, in applicazione del principio previsto dall’art. 1306 cod. civ., esclusivamente con riferimento ai primi, nei cui confronti la conseguente declaratoria di estinzione ha natura di sentenza definitiva (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15539 del 08/07/2014).

Alla stregua di tanto, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare l’estinzione del processo nei riguardi di YYY.

L’accoglimento di tale motivo di gravante assorbe gli altri.

***

7. La disciplina delle spese di lite è operata sulla scorta del principio di soccombenza (in tal modo rimanendo assorbito il terzo motivo dell’appello principale).

La XXX deve essere, conseguentemente, condannata al pagamento delle spese del doppio grado nei confronti di YYY e al pagamento delle spese del presente grado di giudizio nei confronti del Comune di ZZZ.

La liquidazione dei compensi è effettuata alla stregua degli artt. 1, 2, 4 e 28 del Decr. Min Giustizia 10.3.2014 n. 55 (cfr. Corte Cost., ord. n. 261/2013), tenuto conto del valore della causa e dello scaglione fino a 260.000,00 euro (con esclusione dei compensi per la fase di istruzione/trattazione per il secondo grado).

P.Q.M.

la Corte di Appello, definitivamente pronunciando sull’appello proposto con atto depositato l’11.4.2012 dalla XXX & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso la sentenza del Tribunale di MELFI n. /2011, depositata il 13 ottobre 201, nei confronti del COMUNE DI ZZZ, in persona del Sindaco pro tempore, nonché di YYY, KKK e JJJ, nonché sull’appello incidentale proposto da YYY, nel contraddittorio delle parti così provvede in parziale riforma dell’impugnata sentenza:

1) rigetta l’appello principale;

2) accoglie l’appello incidentale e per l’effetto dichiara l’estinzione del giudizio nei confronti di YYY;

3) condanna la XXX & C. s.n.c al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore di YYY, che liquida per il primo grado in complessivi euro 15.444,50 (di cui euro 2.014,50 per spese generali) e per l’appello in complessivi euro 10.942,25 (di cui euro 1.427,25 per spese generali) oltre Iva e Cassa;

4) condanna la XXX & C. s.n.c al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore del Comune di ZZZ, che liquida in complessivi euro 10.942,25 (di cui euro euro 1.427,25 per spese generali) oltre Iva e Cassa.

Così deciso in Potenza nella Camera di Consiglio svolta per via telematica il 26 marzo 2020.

Il Consigliere est. Il Presidente

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