fbpx
Generic filters
Parola esatta ...
Cerca nei titolo
Search in excerpt
Filtra per categoria
Codice Civile
Codice Penale

Vizi della cosa venduta, prova dell’esistenza dei vizi

Vizi della cosa venduta, azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo, onere della prova a carico del compratore.

Pubblicato il 13 February 2020 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

TRIBUNALE DI PERUGIA
Seconda Sezione Civile
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice del Tribunale di Perugia, dott., in funzione di giudice monocratico, sulle conclusioni precisate all’udienza del giorno 4 novembre 2019 ed all’esito dello scambio degli scritti conclusivi, ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 217/2020 pubblicata il 11/02/2020

nella causa iscritta al n. R.G. /2014 tra

XXX S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. (fusa per incorporazione in YYY s.r.l.) Rappresentata e difesa dall’avv., ed elettivamente domiciliata presso lo studio giusta delega in atti;

Attore in opposizione

CONTRO

ZZZ S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t.; Rappresentata e difesa dall’avv. ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, sito in giusta delega in atti;

Convenuto in opposizione

OGGETTO: Vendita di cose mobili.

Conclusioni: I procuratori delle parti hanno concluso come da verbale del giorno 4 novembre 2019 le cui conclusioni sono qui da intendersi integralmente trascritte.

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. La società ZZZ s.p.a. ha chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Perugia il decreto ingiuntivo n. /2013 del 10.12.2013, con il quale è stato ingiunto alla società XXX s.r.l. il pagamento del complessivo importo di € 16.872,09, quale complessivo importo ancora dovuto per forniture di merci, siccome rappresentato dalle fatture poste a fondamento del procedimento monitorio.

1.1. A fondamento della propria opposizione, l’attore ha dedotto:

(i) l’inefficacia del decreto ingiuntivo in violazione dell’art. 644 c.p.c. per essere stato lo stesso notificato dopo il decorso del termine di giorni 60 previsto dalla citata disposizione;

(ii) la nullità della notifica eseguita ai sensi dell’art. 145 c.p.c. atteso che la notifica era stata eseguita al legale rappresentante in persona del legale rappresentante senza ulteriori indicazioni;

(iii) la non debenza, nel merito, della pretesa monitoria, a causa della presenza di vizi della cosa venduta: “…i beni oggetto di compravendita sono apparsi immediatamente oggetto di vizi…” sicché gli stessi, destinati ad una gelateria, si sono rivelati inidonei all’uso dal momento che si verificava un cambio della consistenza del gelato in essi contenuto con problemi di spatolatura e necessità di smaltimento del prodotto nonché per la comparsa di fenomeni di condensa.

Deduce, in particolare, l’opponente che, nonostante le ripetute segnalazioni, la società ZZZ s.p.a. non si era attivata per eliminare la problematica sicché il cliente finale cui i beni erano stati venduti aveva sospeso i pagamenti nei confronti dell’opponente, reiterando le proprie segnalazioni.

Riferisce, ancora, l’opponente che solo in data 26.8.2013 l’opposta, previo pagamento di € 750,00 oltre IVA, ha acconsentito a partecipare ad un sopralluogo per la verifica dei difetti riscontrati; il sopralluogo, prosegue l’opponente, ha avuto luogo in data 23.9.2013, all’esito del quale veniva riscontrata una serie di problematiche.

Da qui la contestazione circa la violazione dell’art. 1375 c.c. e la richiesta di danni causati dal comportamento dell’opposta – identificati, nella sospensione dei pagamenti da parte del cliente finale dei beni oggetto di compravendita sia nei confronti dell’opponente che della YYY s.r.l. (società del gruppo di cui fa parte l’opponente), poi sfociata in un accordo transattivo con rinuncia parziale al proprio credito – nonché la richiesta di restituzione della somma di € 750,00 ingiustamente corrisposta nonostante la circostanza che il bene fossero ancora in garanzia.

1.2. Si è costituita l’opposta chiedendo il rigetto dell’opposizione.

Quanto alle eccezioni preliminari, ha osservato, in particolare, la convenuta:

– che non sussisteva alcuna ipotesi di inefficacia in quanto, scadendo il termine per la notifica nel giorno di sabato, lo stesso era da intendersi prorogato immediatamente al primo successivo, in cui la notifica è regolarmente avvenuta;

– che la notifica era correttamente avvenuta al sig. *** in persona quale legale rappresentante, dopo precedenti tentativi di notifica non andati a buon fine, con pieno rispetto della procedura di cui all’art. 145 c.p.c.

Nel merito ha premesso che a fronte della somma dovuta per € 16.872,09, l’opponente ha opposto in compensazione un danno pari a complessivi € 2.399,50.

Ha, quindi, osservato che le deduzioni erano infondate dal momento che il prezzo della fornitura non comprendeva il montaggio che non veniva commissionato e che restava ad esclusivo carico della società XXX s.r.l., la quale era altresì onerata dell’eventuale assistenza post-vendita, quale (autonomo) venditore, trattandosi anch’esso di servizio non ricompreso nel prezzo di vendita.

Ha, quindi, evidenziato di essere intervenuta in relazione ai disservizi palesatisi, sostanzialmente in luogo della XXX s.r.l. che “…tenuta all’assistenza post-vendita, non si è dimostrata in gado di porre rimedio, chiedendo conseguentemente l’intervenuto della ZZZ s.p.a…”, richiedendo proprio per tale ragione l’importo di € 750,00 oltre IVA; ha, ancora, dedotto di aver, dapprima, fornito tutte le spiegazioni ed i chiarimenti necessari nonché indicato tutti gli accorgimenti del caso, quindi, le parti avrebbero convenuto l’intervento di un proprio tecnico, al costo concordato di € 750,00 oltre IVA.

Quindi, con riferimento ai lamentati vizi, ha osservato che all’esito di tale sopralluogo non erano stati riscontrati difetti di produzione; ed infatti, in occasione di tale intervento, erano emerse problematiche esclusivamente connesse al tasso di umidità presente nell’ambiente ove era stata installata la macchina compravenduta, richiamando in tal senso proprio la corrispondenza intercorsa tra la società opponente e la società *** s.n.c. ove era stato installato il macchinario.

Da qui la richiesta di rigetto dell’opposizione.

1.3. Concessa la provvisoria esecuzione relativamente all’importo riferito alla fornitura non oggetto di contestazione, giusta ordinanza del 21 luglio 2014, la causa è stata trattata con lo scambio delle memorie di cui all’art. 183, c. 6, c.p.c.; all’esito, non ritenendosi necessario lo svolgimento di attività istruttoria, per le ragioni meglio espresse nell’ordinanza del 23 febbraio 2015, il procedimento è stato rinviato per la precisazione delle conclusioni.

Quindi, mutato il giudice istruttore nella persona fisica, la causa è stata assegnata allo scrivente già per la precisazione delle conclusioni sicché, espletato il suddetto incombente, il procedimento è stato trattenuto in decisione con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.

2. Prima di esaminare il merito è necessario, brevemente soffermarsi sulle eccezioni di carattere preliminare sollevate dall’opponente inerenti l’inefficacia del decreto ingiuntivo nonché il vizio della notifica ai sensi e, per gli effetti, di cui all’art. 145 c.p.c.

Entrambi gli assunti sono privi di fondamento.

2.1. Quanto al primo si osserva, in primo luogo, che nel caso in esame il termine di giorni 60 per la notifica del decreto ingiuntivo andava a scadere in data 08.02.2014, essendo il provvedimento monitorio stato depositato in data 10.12.2013; nondimeno, cadendo di sabato il giorno 08.02.2014, lo stesso, giusta il disposto dell’art. 155 c.p.c., era da intendersi prorogato al primo giorno non festivo, e, dunque, al 10.02.2014, con conseguente esclusione della violazione dell’art. 644 c.p.c.

Peraltro, è ben vero che il termine previsto dall’art. 644 c.p.c. per la notifica del decreto ingiuntivo è perentorio ed il suo mancato rispetto, quanto meno in assenza di un provvedimento di proroga, comporta l’inefficacia del provvedimento monitorio; ciò nondimeno, qualora il creditore provveda comunque alla notificazione del medesimo dopo il decorso di tale termine, le ragioni del debitore, ivi comprese quelle relative all’inefficacia del titolo prevista dalla citata norma, possono essere fatte valere solo con l’ordinaria opposizione da esperirsi sempre nel termine prefissato dal provvedimento notificato, con decorrenza ovviamente dalla notificazione – seppur tardiva – del decreto.

A quel punto, inoltre, una volta che il decreto ingiuntivo sia stato, sia pur tardivamente, notificato e la controparte vi abbia fatto opposizione, il contraddittorio sulla domanda di condanna proposta con il ricorso è realizzato e dunque se, in ragione del mancato rispetto del termine stabilito dall’art. 644 c.p.c., va dichiarata l’inefficacia del decreto e ne va disposta la revoca, tuttavia, nel giudizio che prosegue per effetto dell’opposizione sulla domanda di condanna il giudice si deve pronunciare (cfr. Cass. civ. sez. III, 23 marzo 2007, n. 7206).

Ciò in quanto, la notificazione del decreto ingiuntivo dopo il decorso del termine dalla pronuncia comporta l’inefficacia del provvedimento, ma non incide sulla qualificabilità del ricorso per ingiunzione come domanda giudiziale, con la conseguenza che, ove su detta domanda, a seguito dell’opposizione dell’intimato che eccepisca l’inefficacia, si costituisca il rapporto processuale, il giudice adito ha il potere-dovere, alla stregua delle comuni regole del processo di cognizione, non soltanto di vagliare la consistenza dell’eccezione, ma anche di decidere sulla fondatezza della pretesa avanzata dal creditore ricorrente.

2.2. Con riferimento alla nullità della notifica, infatti, si osserva che in virtù delle modifiche apportate all’art. 145 c.p.c. per effetto della L. 263/2005, è oramai pacificamente consentita la notificazione direttamente al legale rappresentante secondo la disciplina delle notifiche.

Ne consegue che la notifica al medesimo a mani proprie, ex art. 138 c.p.c., ovvero presso la residenza, dimora o domicilio, ex art. 139 c.p.c, o ancora presso l’eventuale domiciliatario, ai sensi dell’art. 141 c.p.c., ha cessato di essere una modalità sussidiaria e residuale, attivabile unicamente quando la notifica presso la sede sia stata infruttuosamente tentata, come previsto dall’art. 145 c.p.c. nel testo previgente a quello applicabile ratione temporis.

Ciò che è richiesto è che nell’atto da notificare sia stata specificata la qualità nonché residenza, domicilio e dimora abituale (cfr. di recente, Cassazione civile sez. III, 03/12/2019, n.31458), cosa puntualmente avvenuta, ove si consideri che, dopo gli inutili tentativi di notifica eseguiti presso la sede, nella relata di notifica compare l’espressa menzione del sig. *** quale presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante e, ancora, detta qualità del sig. *** è espressamente indicata anche nella cartolina, prodotta in copia, oltre che, da ultimo, spesa anche nell’atto di citazione in opposizione.

Sicché è evidente l’infondatezza del motivo di opposizione, senza considerare che, anche a voler prescindere da quanto sopra, qualsivoglia ipotesi di nullità è certamente sanata dal raggiungimento dello scopo, certamente conseguito dalla notifica.

3. Ciò premesso, è possibile esaminare il merito dell’opposizione.

In punto di diritto, reputa il Tribunale di dover premettere che secondo i noti principi in tema di riparto dell’onere probatorio nelle azioni contrattuali di adempimento, di risarcimento danni da inadempimento e di risoluzione (art. 1453 c.c.), incombe al creditore esclusivamente di dimostrare il titolo e la scadenza delle obbligazioni che assume inadempiute, e di allegare il fatto d’inadempimento, incombendo poi al debitore convenuto di allegare e dimostrare dei fatti impeditivi, modificativi od estintivi idonei a paralizzare la domanda di controparte (così per tutte, da ultimo Cass. n.15659/2011 per cui “in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento”; conf. Cass. n.3373/2010; Cass. n.9351/2007; Cass. n.1743/2007; Cass. n.20073/2004).

In tal senso va altresì specificato che se da un lato il creditore che agisce per il pagamento deve dare prova dei fatti costitutivi del proprio credito e di avere correttamente adempiuto la propria prestazione, ogni qualvolta il debitore svolga eccezione di inadempimento, è pur vero che la valutazione circa l’adeguatezza della prova fornita passa attraverso una verifica preliminare delle contestazioni sollevate dal debitore, atteso che tanto più puntuali e specifici sono i rilievi di inadempimento sollevati, tanto più circostanziata dovrà essere la prova del corretto adempimento offerta dal creditore.

Con specifico riferimento, poi, al procedimento monitorio si osserva che la regola appena enunciata non subisce certo deroghe in ragione della natura del procedimento e della meramente apparente inversione delle posizioni processuali.

Ancora, è bene notare che il Giudice dell’opposizione è investito della cognizione non della sola fondatezza formale del decreto ingiuntivo opposto bensì dell’intero rapporto obbligatorio, di cui, conseguentemente, dovranno essere allegati e provati i relativi fatti costitutivi ovvero quelli modificativi, impeditivi ed estintivi, secondo la consueta (e certo non derogata) articolazione del riparto dell’onere della prova, il quale non subisce modifica a cagione della mera inversione del rapporto processuale fra le parti.

Sicché è circostanza più che pacifica quella per cui, una volta ottenuto il decreto ingiuntivo sulla base della documentazione depositata competa, da un lato, al ricorrente in ingiunzione offrire la prova, nei sensi di cui si è prima detto, degli elementi costitutivi da cui tragga origine la pretesa azionata, rivestendo questi la parte il ruolo di attore in senso sostanziale.

Ancora, allo stesso modo, costituisce circostanza pacifica quella per cui la parte opponente che intenda contestare la validità di quella pretesa è gravata di un onere di specifica contestazione della validità delle condizioni contrattuali applicate ovvero degli importi ingiunti, così offrendo gli elementi che scalfiscano la fondatezza della pretesa creditoria.

In buona sostanza, in tema di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, grava su chi fa valere un diritto in giudizio il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa sicché parte opposta deve dimostrare gli elementi costitutivi del credito azionata in sede sommaria, mentre l’opponente ha l’onere di contestarne la fondatezza allegando circostanze estintive o modificative del medesimo o l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda.

3.1. Ora, nel caso di specie non è dato dubitare dell’esecuzione della fornitura, dal momento che la stessa è provata:

– in via documentale dalle fatture prodotte, non oggetto di contestazione nel loro contenuto se non, essenzialmente, in relazione al malfunzionamento dei beni di cui alla fattura n. 306 del 12.3.2013, senza alcuna altra contestazione relativamente agli altri beni di cui alle fatture n. 78/2013 e n. 143/2013. E 476/2013 (in relazione alle quali era stata accordata la provvisoria esecuzione parziale);

– dall’allegazione stessa dell’opponente che, nell’atto di citazione in opposizione si duole invero non già dell’omessa esecuzione della fornitura quanto, piuttosto, che uno dei beni oggetto di fornitura, la vetrina gelateria con basamento refrigerato e relativi accessori, avrebbe presentato un cattivo funzionamento in conseguenza di vizi e difetti, che avrebbero causato cambi di consistenza del gelato, problemi di spatolatura e smaltimento del prodotto, come documentato dalle foto prodotte.

Ne consegue, dunque, che, a prescindere da ogni considerazione circa l’assenza di ogni riferimento temporale in relazione alle foto prodotte, deve ritenersi certamente provata in questo giudizio l’esecuzione della fornitura richiesta dall’opponente e di cui è richiesto il pagamento dall’opposta.

4. Come si diceva, dunque, reale oggetto del contendere tra le parti è la conformità del prodotto e delle sue caratteristiche a quello richiesto.

Tale circostanza è contestata dall’opposta la quale ha evidenziato che il bene fornito non presentava vizi di sorta, che il solo problema era l’inidoneità dell’ambiente ove il macchinario era stato installato, trattandosi di ambiente eccessivamente umido rispetto alle condizioni dell’ambiente in cui il macchinario avrebbe dovuto essere installato, che l’assistenza post-vendita non era contrattualmente prevista, di essere, comunque, intervenuta concordando il prezzo dell’intervento in maniera peraltro risolutiva, e che, infine, ogni contestazione del cliente finale, la società *** s.n.c., si era risolta con un accordo con la XXX s.r.l., all’esito del quale era stato convenuto uno stralcio di € 1492,00 oltre Iva rispetto al prezzo.

4.1. Pacifica la conclusione di un contratto di compravendita, come noto, l’inadempimento del venditore rispetto agli obblighi annunciati comporta la sua responsabilità valutabile ai sensi degli artt. 1495 c.c., 1497 c.c. e 1453 c.c. a seconda che le criticità riscontrate nella cosa venduta siano qualificate in termini di vizi, mancanza di qualità o addirittura di consegna di aliud pro alio.

Sul punto si ricorda che i vizi consistono nelle imperfezioni materiali della cosa, concernenti il processo della sua produzione, fabbricazione e formazione, ed incidenti sulla sua utilizzabilità, rendendola inidonea all’uso cui è destinata ovvero diminuendone il valore in modo apprezzabile (vds. ex multis Cass. n. 19199/2004); la mancanza di qualità inerisce, diversamente, agli elementi sostanziali, i quali, all’interno del medesimo genere, influiscono sulla classificazione della cosa in una specie piuttosto che in un’altra (vds Cass. n. 244/1997); si ha invece consegna di aliud pro alio, quando la cosa venduta appartiene ad un genere del tutto diverso da quello della cosa consegnata, ovvero presenta difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti (vds. Cass. n. 5202/2007).

La distinzione descritta rileva ai fini della disciplina applicabile, in quanto mentre nell’ipotesi di cosa viziata o difettante delle qualità promesse o essenziali l’azione del compratore è vincolata ai termini di decadenza e prescrizione previsti dall’art. 1495 c.c., laddove il bene alienato sia invece completamente diverso da quello pattuito, in quanto appartenendo ad un genere diverso, si riveli funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere la destinazione economico – sociale della res promessa e, quindi, a fornire l’utilità richiesta, l’azione contrattuale di risoluzione o di adempimento è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, applicandosi l’art. 1453 c.c.

Posto che nella specie tra le parti è indubbiamente stato concluso un contratto di vendita, in punto di diritto e di disciplina applicabile si evidenzia che:

– l’art 1490 c.c. (Garanzia per i vizi della cosa venduta), per quanto qui interessa, stabilisce: “Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore” (I comma);

– l’art. 1492 c.c. (Effetti della garanzia) precisa: “Nei casi indicati dall’articolo 1490 il compratore può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del prezzo, salvo che, per determinati vizi, gli usi escludano la risoluzione” (I comma) e che “La scelta è irrevocabile quando è fatta con la domanda giudiziale” (II comma);

– il legislatore, nella disciplina particolare dettata per la compravendita, quando l’inadempimento del venditore si sostanzi nella consegna di una cosa affetta da vizi, ha quindi operato una diretta valutazione dell’importanza dell’inadempimento in relazione al contratto considerato (Cass. SS.UU n. 2665/88; Cass. n. 3398/96; Cass. 4564/94; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22416 del 2004);

– l’art. 1494 c.c. (Risarcimento del danno) aggiunge tuttavia: “In ogni caso il venditore è tenuto verso il compratore al risarcimento del danno, se non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa” (I comma) che “Il venditore deve altresì risarcire al compratore i danni derivati dai vizi della cosa” (II comma).

Si precisa che l’azione di risarcimento dei danni proposta, ai sensi dell’art. 1494 c.c., dall’acquirente non si identifica né con le azioni di garanzia di cui all’art. 1492 c.c., né con l’azione di esatto adempimento (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5202 del 07/03/2007; Cass. N. 7718 del 2000), atteso che mentre la garanzia per evizione opera anche in mancanza della colpa del venditore, onde eliminare, nel contratto, lo squilibrio tra le attribuzioni patrimoniali determinato dall’inadempimento del venditore, l’azione di risarcimento danni che presuppone di per sé la colpa di quest’ultimo, consistente nell’omissione della diligenza necessaria a scongiurare l’eventuale presenza di vizi nella cosa, può estendersi a tutti i danni subiti dall’acquirente e non solo quindi a quelli relativi alle spese necessarie per l’eliminazione dei vizi accertati, ma anche a quelli inerenti alla mancata o parziale utilizzazione della cosa o al lucro cessante per la mancata rivendita del bene (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5202 del 07/03/2007; Cass. N. 7718 del 2000).

Da ciò consegue, fra l’altro, che tale azione si rende ammissibile in alternativa ovvero cumulativamente con le azioni di adempimento in via specifica del contratto, di riduzione del prezzo o di risoluzione del contratto medesimo e può essere esercitata anche da sola, essendo autonoma rispetto alle azioni di cui all’art. 1492 c.c. in ragione della diversità di presupposti e di finalità (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5202 del 07/03/2007; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6044 del 26/03/2004; Cass. N. 7718 del 2000).

Ed invero, il compratore che abbia subito un danno a causa dei vizi della cosa può rinunciare a proporre l’azione per la risoluzione del contratto o per la riduzione del prezzo ed esercitare la sola azione di risarcimento del danno dipendente dall’inadempimento del venditore, sempre che in tal caso ricorrano tutti i presupposti dell’azione di garanzia e, quindi, siano dimostrate la sussistenza e la rilevanza dei vizi ed osservati i termini di decadenza e di prescrizione ed, in genere, tutte le condizioni stabilite per l’esercizio di tale azione (cfr. Cass. n. 15481 del 2011).

A riguardo, l’azione per la riduzione del prezzo e l’azione per il risarcimento del danno non coperto dalla prima, spettanti al compratore a norma degli artt. 1492 e 1494 cod. civ., sono rivolte a ristabilire il rapporto di corrispettività fra prestazione e controprestazione, nonché a porre il compratore medesimo nella situazione economica in cui si sarebbe trovato se il bene fosse stato immune da vizi (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4278 del 21/07/1984; Cass. N. 987 del 1975).

Ne consegue che detta riduzione va apportata con una diminuzione del prezzo pattuito corrispondente alla percentuale di disvalore della cosa derivante dall’esistenza dei vizi e che il danno va quantificato nella differenza fra gli utili rispettivamente ricavabili dalla concreta utilizzazione della medesima, nelle diverse situazioni, ottimale e deficitaria (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4278 del 21/07/1984; Cass. N. 987 del 1975).

4.3. Come si diceva, il compratore è assoggettato all’onere di denunciare, ossia di comunicare al venditore, i vizi (art. 1495 c.c.) o la mancanza di qualità (art. 1497, c. 2) della cosa venduta, entro otto giorni dalla scoperta, a pena di decadenza dell’azione tendente ad ottenere la risoluzione del contratto o, nella sola prima ipotesi, la riduzione del prezzo.

Seppure la decadenza menzionata non possa essere rilevata d’ufficio dal giudice – trattandosi di materia non sottratta alla disponibilità delle parti (art. 2969 c.c.) – tuttavia la comunicazione dei vizi eventuali nel breve termine di otto giorni è imposta, secondo l’opinione comunemente accolta, per l’esigenza, da un lato, di evitare che la sorte del concluso contratto resti sospesa per lungo tempo, e, dall’altro, che l’accertamento della loro eventuale sussistenza sia più agevole; con ovvio vantaggio per i contraenti più scrupolosi e corretti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6365 del 1991).

Pertanto, i due elementi richiesti per una efficace denuncia dei vizi, rappresentati da una idonea comunicazione ed il brevissimo lasso di tempo posto per la sua esecuzione, costituiscono due aspetti intimamente connessi dalla stessa ratio della norma, nel senso che la mancanza del secondo vanificherebbe, rispetto alla ratio medesima, la sussistenza dell’altro (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6365 del 1991).

In sostanza si tratta di un’attività unica, richiesta dalla legge perché possa essere utilmente promossa l’azione giudiziaria prevista a tutela dell’acquirente, che rilevi vizi o mancanza di qualità nella cosa comprata: di una condizione, di natura eminentemente processuale, a cui è assoggettata la relativa domanda, con la conseguenza che, in armonia con i principi generali, la prova della sua sussistenza, e dunque della tempestività dell’azione una volta sollevata la relativa eccezione, incombe all’attore (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6365 del 1991).

Tale soluzione del delicato problema, rigorosamente adeguato ai criteri che regolano l’onere della prova, è conforme anche alla concreta esigenza di favorire, in caso di contrasto, la prova effettiva del fatto in esame. Va invero ricordato che il termine di decadenza di otto giorni, decorre dalla “scoperta” dei vizi, intesa come piena consapevolezza e non semplice sospetto della loro esistenza e della loro entità, è collegato ad una circostanza intimamente e soggettivamente legata alla parte acquirente.

E poiché la decadenza, sostenuta o negata, deriva in egual misura dalla determinazione del tempo trascorso tra la “scoperta” e la denuncia nonché dalla individuazione del momento iniziale del decorso del termine, ognuno vede come i due elementi costituiscano, ai fini in esame, aspetti di un’unica ed indivisibile realtà (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6365 del 1991).

Del resto, per il venditore, sarebbe estremamente disagevole dare la prova della decadenza ad essa connessa, dato che, in caso di vizio occulto, dovrebbe stabilire, e dimostrare, l’elemento soggettivo, e temporale, del conseguimento, da parte dell’acquirente, della piena consapevolezza dei vizi in contestazione. Mentre posto tale onere a carico dell’attore, sarebbe anche per il convenuto meno disagevole opporre, e provare, eventuali circostanze contrastanti con le tesi svolte dalla controparte. In definitiva, la soluzione adottata ha anche il vantaggio di favorire un contraddittorio corretto ed equilibrato (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6365 del 1991), essendo la finalità della denuncia quella di mettere il venditore sull’avviso in ordine alle intenzioni del compratore e, contemporaneamente, in condizione di verificare tempestivamente la veridicità della doglianza (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6234 del 2000).

Deve quindi concludersi e ribadirsi che nell’azione dell’acquirente diretta a far valere i vizi della cosa venduta ai sensi dell’art. 1495 cod. civ., spetta al detto attore – nell’ipotesi in cui il convenuto venditore contesti (come nella specie) di avere ricevuto tempestiva denuncia della loro esistenza – dimostrare che li ha comunicati alla controparte nel termine di otto giorni dalla scoperta, trattandosi condizione per l’utile esperibilità dell’azione (cfr. ex multis Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12130 del 14/05/2008; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13695 del 12/06/2007; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13695 del 2007; Cass. 1031/00; Cass. 11519/99; Cass. 844/97; Cass. 2394/94; Cass. 9010/93; Cass. 2952/93; Cass. 6365/91; Cass. 2107/91; Cass. 3796/89).

4.3.1. Ancor più nel dettaglio, anche di recente, la S.C. ha osservato che il riconoscimento dei vizi della cosa venduta, che ai sensi dell’art. 1495 c.c., comma 2 rende la denunzia non necessaria, oltre che in forma espressa può avvenire anche tacitamente e cioè mediante il compimento di atti incompatibili con l’intenzione di respingere la pretesa del compratore o di far valere la decadenza dal diritto alla garanzia (cfr. Cass. 22.10.2013, n. 23970; Cass. 16.7.2002, n. 10288; cfr. Cass. 24.4.1998, n. 4219; cfr. Cass. civ., sez. II, 21 giugno 2019, n. 16766).

In secondo luogo, in materia di garanzia per i vizi della cosa venduta, il termine di decadenza di otto giorni dalla scoperta del vizio occulto, di cui all’art. 1495 c.c., decorre dal momento in cui il compratore ne ha acquisito certezza obiettiva e completa, sicché, ove la scoperta del vizio avvenga gradatamente ed in tempi diversi e successivi, in modo da riverberarsi sulla consapevolezza della sua entità, occorre far riferimento al momento in cui si sia completata la relativa scoperta (cfr. Cass. 27.5.2016, n. 11046; Cass. 16.3.2011, n. 6169; Cass. 8.7.1995, n. 7541).

In terzo luogo, quando sia stata venduta, a consegne ripartite, merce con le medesime caratteristiche di qualità, il riconoscimento del vizio della merce stessa da parte del venditore, dopo la prima consegna, esclude il verificarsi della decadenza, ai sensi dell’art. 1495 c.c., in relazione a vizi dello stesso genere, relativi alle successive partite (cfr. Cass. 3.6.1976, n. 2001).

E, ulteriormente, qualora l’esecuzione di un contratto di vendita avvenga mediante consegne ripartite di una stessa merce, il termine per la denunzia dei vizi sussistenti già nella prima partita di merce consegnata ricorre dalla loro scoperta e con riferimento a quella consegna, senza che la successiva consegna di altra partita della stessa merce sia idonea a far decorrere un nuovo termine per la denunzia (cfr. Cass. 21.6.1993, n. 6855; Cass. 22.4.1999, n. 4019).

Da ultimo, si soggiunge che i termini di decadenza e di prescrizione di cui all’art. 1495 c.c. riguardano tutte le azioni spettanti al compratore per i vizi o la mancanza di qualità della cosa pattuita e, pertanto, anche quella di risarcimento dei danni relativi (cfr. Cass. 3.8.2001, n. 10728; Cass. 6.6.1977, n. 2322, secondo cui tutte le azioni spettanti al compratore per i vizi o la mancanza di qualità della cosa venduta, ivi compresa, pertanto, l’azione di risarcimento del danno, prevista dall’art. 1494 c.c., sono soggette ai termini di decadenza e di prescrizione di cui all’art. 1495 c.c.; tale principio opera anche nel caso di esperimento di detta azione risarcitoria in via autonoma, rispetto all’azione di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo).

Su tale scorta si puntualizza che l’art. 1495 c.c., comma 3, ove dispone che l’azione di garanzia per vizi della cosa venduta si prescrive “in ogni caso” in un anno dalla consegna, intende far decorrere quel termine anche se il compratore non abbia scoperto il vizio, ma non sottrarre il termine medesimo alle cause di interruzione di cui agli artt. 2943 e segg. c.c.; cosicché la prescrizione annuale deve ritenersi – senza dubbio con riferimento all’azione risarcitoria – interrotta, a norma dell’art. 2944 c.c., per effetto del riconoscimento, da parte del venditore, del diritto del compratore alla garanzia (cfr. Cass. 6.6.1977, n. 2322; Cass. 13.6.1996, n. 5434).

Infine, ma sul punto si avrà modo di tornare a breve, onerato della prova dell’esistenza dei vizi è il compratore che degli stessi intenda dolersi.

5. Ciò premesso in punto di diritto, in forza del materiale documentale in atti, emerge che in data 9 maggio 2013, l’ufficio tecnico della XXX ha inoltrato all’opposta le contestazioni ricevute dalla *** s.n.c., allegando materiale fotografico da cui si poteva apprezzare la presenza di ghiaccio all’interno delle carapine della vetrina, con conseguente lamentata non vendibilità del prodotto.

Si segnalava, in tale missiva, anche vibrazioni che veniva innescate dai quadri elettrici dei due banchi all’arrivo nonché il fatto che le pompe di movimentazione del glicole non fossero sufficientemente coibentate.

Agli atti vi è poi una mail del 2 maggio 2013 da cui risulta una contestazione relativa a difficoltà di installazione “dovuta alle scarse informazioni fornite (a volte discordanti)…”, ed a “…risposte discordanti tra i diversi tecnici della ZZZ fornite telefonicamente…”, nonché la presenza di condensa nella parte terminale esterna delle pompe e presenza di ghiaccio nelle controcanapine, sollecitando, per l’effetto un intervento da parte dei tecnici della ZZZ.

Tali contestazioni sono state riscontrate con nota del 14 maggio 2013 (prodotta da entrambe le parti), in cui la società opposta ha negato qualsivoglia riconducibilità alla stessa dei difetti del prodotto, rappresentando, piuttosto, la presenza di eccessiva umidità del legale nonché paventando che quanto denunciato potesse essere riconducibile a caratteristiche stesse del prodotto (il gelato), modalità di conservazione e (non) corretto bilanciamento degli ingredienti; infine, con riferimento alla vibrazione sul quadro di comando esterno ai pozzetti, aveva rilevato che tale problema poteva essere causato da plurimi fattori, declinando, per l’effetto, ogni responsabilità a riguardo.

Nel fascicolo di parte opponente sono state, quindi, allegate le contestazioni dei vizi formalmente eseguite nel mese di luglio e agosto 2013, nonché la richiesta dell’opposta, del 18.9.2013, (anche tale documento è prodotto da entrambe le parti) dell’importo di € 750,00 oltre iva per l’intervento di un proprio tecnico, effettivamente avvenuto in data 23.9.2013.

5.1. Il doc. 11 del fascicolo di parte opponente contiene, quindi, la descrizione dell’intervento eseguito e una spiegazione delle cause dello stesso.

In quella sede, si evidenziava che la macchina lavorava in un ambiente con una percentuale di umidità del 74% – difforme, dunque, da quella massima in cui il macchinario era tarato per poter operare – consigliando pertanto l’applicazione di fori di areazione di fronte al frontale al fine di evitare fenomeni di condensa, generata dall’ambiente eccezionalmente umido; veniva, altresì, consigliata l’applicazione di uno speciale silicone tra l’anello e la carapina, con indicazione delle modalità di esecuzione dell’intervento, secondo indicazioni, per vero, già fornite con la mail prodotta dallo stesso opponente sub doc. 6.

Quindi, con nota del 2 ottobre 2013 (cfr. doc. 12 del fascicolo di parte opponente), proprio il difensore della *** dava atto dell’intervento eseguito dal tecnico della ZZZ s.p.a., rappresentando in quella sede che lo stesso “…è intervenuto sul quadro elettrico ripristinato le resistenze che erano state staccate nel corso dei precedenti interventi effettuati dal Vostro tecnico, le quali avevano aggravato i problemi di condensa presentati dal banco pozzetto…”, con risoluzione, quindi, del problema della vibrazione; inoltre, la società *** rappresentava gli interventi indicati dall’opposta e di cui si sollecitava l’esecuzione da parte dell’opponente.

È documentata, infine, in atti che i rapporti tra l’opponente e la *** s.n.c. si sono risolti con una transazione del 13.2.2014.

6. Ciò posto, il materiale documentale che si è appena ripercorso evidenzia l’infondatezza dell’opposizione.

Queste le ragioni.

Con la sentenza n. 11748, del 3 maggio 2019, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono intervenute in materia, affermando il principio secondo cui la prova della sussistenza dei vizi grava in capo all’acquirente.

Tale orientamento apparentemente innova la posizione assunta in materia dalla Suprema Corte nell’anno 2013.

Con la sentenza n. 20110/2013 infatti, la Cassazione aveva sostenuto che tra le obbligazioni del venditore rientrasse quella di consegnare all’acquirente un bene immune da vizi; vizi, la cui sussistenza, configurava una ipotesi di inadempimento contrattuale.

Il regime probatorio risultava, quindi, quello proprio delle azioni di inadempimento: segnatamente, il compratore era tenuto esclusivamente a provare l’esistenza e la fonte del proprio diritto, nonché il mancato adempimento dell’obbligazione assunta; al contrario, spettava al venditore dare prova dell’avvenuta consegna di un bene privo di vizi.

Il successivo e recente intervento della Corte ha determinato un importante cambio di direzione in materia.

L’art. 1476, comma 1, c.c. infatti, prevede l’obbligo per il venditore di consegnare la cosa nello stato in cui si trovava al momento della vendita (art. 1477 c.c.), senza che alcuna menzione sia fatta in merito alla assenza di vizi.

Il terzo comma dell’art. 1476 c.c., poi, pone a carico dell’alienante l’obbligo di garantire la controparte dai vizi della cosa. Alla suddetta nozione di garanzia, la Suprema Corte attribuisce un carattere assicurativo di accollo di un rischio in ordine al verificarsi di eventi che non si è obbligati ad evitare e che si collocano, dunque, al di fuori dell’obbligazione tipica.

Detto altrimenti, la consegna di un bene viziato non costituisce inadempimento contrattuale per il venditore, bensì soltanto la soggezione dello stesso alla eventuale azione dell’acquirente.

Nella sentenza n. 11748, si precisa infatti che il disposto dell’art. 1476 c.c., là dove qualifica la garanzia per vizi come oggetto di una obbligazione, va inteso non nel senso che il venditore assuma una obbligazione circa i modi di essere attuali della cosa, bensì che egli è legalmente assoggettato all’applicazione dei rimedi in cui si sostanzia la garanzia stessa.

Conseguenza di tale nuovo orientamento è la “inversione dell’onere della prova”, nel senso che in materia di garanzia per i vizi della cosa venduta di cui all’art. 1490 c.c., il compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo di cui all’art. 1492 c.c. è gravato dell’onere di offrire la prova dell’esistenza dei vizi.

Sicché, anche nella valutazione della presente fattispecie, occorre fare applicazione del principio di diritto espresso dalle S.U. secondo cui “in materia di garanzia per i vizi della cosa venduta di cui all’art. 1490 c.c., il compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo di cui all’art. 1492 c.c. è gravato dell’onere di offrire la prova dell’esistenza dei vizi” (così le Sezioni Unite, con sentenza del 3 maggio 2019 n. 11748); principio che va naturalmente esteso alla richiesta di risarcimento del danno per vizi della cosa venduta, dove naturalmente esiste l’ulteriore onere di dimostrare l’esistenza del nesso causale fra difetto e asserito pregiudizio subito, del che manca ulteriormente l’offerta di prova, considerato che la perizia di parte già citata – oltre ad essere un documento di formazione unilaterale – comunque non accerta alcun nesso causale, limitandosi quanto alla prova del pregiudizio ad effettuare conteggi sui prezzi di diverse qualità di fieno.

6.1. Ciò posto, osserva il Tribunale che dal materiale documentale ripercorso si evidenzia che l’opposta ha eseguito integralmente la fornitura che le era stata richiesta e che, ancora, il materiale fornito, non presentava alcun problema “intrinseco” dal momento che i difetti riscontrati, siccome emergenti dal sopralluogo operato da persona della ZZZ s.p.a., erano tutti quanti riconducibili unicamente a problemi di umidità e condensa esclusivamente imputabili all’ambiente eccessivamente umido nel quale il macchinario era stato installato.

I difetti di tipo elettrico, invece, erano riconducibili, invece, addirittura ad interventi posti in essere dagli stessi tecnici dell’opponente che, come ricavabile dalla nota del legale della società *** s.n.c., lungi dall’essere risolutivi, avevano financo aggravato la situazione (cfr. doc. 12 fascicolo di parte opponente); ed è appena il caso di notare che tale difetto è stato risolto proprio dal tecnico della ZZZ s.p.a. intervenuto in data 23.9.2013.

Deve, poi, ritenersi che l’intervento operato dal personale della ZZZ s.p.a., oltre ad essere estraneo all’oggetto della garanzia (legale, non sussistendo agli atti alcuna prova di garanzie convenzionalmente assunte) sia stato anche risolutivo.

Ed infatti, in seguito a tale sopralluogo ed alla stipula della transazione tra l’opponente ed il proprio cliente finale, la società *** s.n.c., non risultano ulteriori contestazioni di talché è più che ragionevole ritenere non solo che gli interventi consigliati dal tecnico ZZZ s.p.a. siano stati eseguiti ma anche che gli stessi abbiano definitivamente posto rimedio alle problematiche insorte, ponendo fine alla situazione di condensa e formazioni di ghiaccio che si era manifestata e che, pertanto, non era riconducibile alle caratteristiche del prodotto ma unicamente alle condizioni ambientali in cui lo stesso era destinato ad operare.

Va da sé che, in difetto di altre e più puntuali deduzioni ed allegazioni, l’opposta, che non ha provveduto all’installazione ed al montaggio, non può certo essere chiamata a rispondere dell’ambiente in cui il macchinario era stato collocato e della condizioni di umidità ivi presente non compatibile con quelle propria del macchinario compravenduto.

A tal proposito, del resto, osserva il Tribunale che la circostanza che il macchinario abbia operato in un ambiente particolarmente umido (74%) è aspetto non contestato tra le parti (anzi, la stessa opponente ha prodotto la relazione dell’intervento del 23.9.2013), così come circostanza non contestata è il valore di umidità dichiarata per tale tipologia di prodotto (55%), siccome risultante anche dal carteggio in atti; né è stato mai provato (e, prima ancora, allegato) che l’opposta era stata informata delle condizioni dell’ambiente in cui il macchinario sarebbe stato collocato che, pertanto, la stessa aveva fornito un macchinario inidoneo.

Sicché, è del tutto evidente che la società ZZZ s.p.a. non possa certamente rispondere dell’umidità non già generata dal macchinario ma presente nell’ambiente in cui questo era stato ubicato; allo stesso modo non può considerarsi esistente alcuna violazione delle regole di cui all’art. 1375 c.c. laddove si ponga mente al fatto che, nell’assenza di alcun obbligo convenzionale di assistenza post vendita, l’opposta aveva già fornito le indicazioni necessarie con la mail del 14 maggio 2013 e le stesse erano, più ragionevolmente, del tutto idonee a porre rimedio alle problematiche che la *** s.n.c. aveva rilevato e che, si ribadisce, sono state poi attuate all’esito del sopralluogo del 23.9.2013.

6.2. Sicché, ribadito che in materia di garanzia per i vizi della cosa venduta di cui all’art. 1490 c.c., il compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo di cui all’art. 1492 c.c. è gravato dell’onere di offrire la prova dell’esistenza dei vizi (cfr., di recente Cass. civ. sez. un. 3 maggio 2019, n. 11748) e che in materia di garanzia per vizi della cosa venduta, incombe sul compratore l’onere della prova in ordine alla tempestività della denuncia dei vizi della cosa, e che l’accertamento del giudice di merito circa tale tempestività è incensurabile in sede di legittimità, sempre che la motivazione su questo punto non sia inficiata dai difetti previsti dall’art. 360, n. 5, c.p.c. (Cass. civ. sez. II, 21/06/2019, n.16766), nella specie non vi è alcuna prova del fatto che i fenomeni di umidità, condensa e formazione di ghiaccio che si manifestavano dipendessero da difetti del prodotto, essendo, anzi, più ragionevole ritenere che gli stessi fossero dovuti esclusivamente a “fattori ambientali”, non noti alla ZZZ s.p.a., e su indicazione della stessa fronteggiati.

Quanto sopra offre l’occasione per soffermarsi circa la richiesta di compenso da parte della ZZZ s.p.a. per l’accesso con un proprio tecnico.

A riguardo, è sufficiente notare che alcun documento contrattuale evidenzia che l’assistenza post-vendita fossero prestazione accessoria convenuta e, nella specie, la stessa non è certamente riconducibile a quel più ampio e generale dovere di collaborazione, cooperazione e protezione nell’esecuzione del contratto che, espressione del principio di buona fede, deve accompagnare anche in fase esecutiva l’adempimento della prestazione principale.

Da qui il rigetto della richiesta di ripetizione dell’importo corrisposto a tale titolo.

6. L’opposizione è, dunque, rigettata e, con essa, la domanda riconvenzionale di cui, pure, mancava ogni prova e, ancor prima, ogni allegazione circa la natura e tipologia di danni subiti e indicazione dell’inferenza causale tra gli stessi e le asserite difformità del prodotto.

Le spese, liquidate in dispositivo tenuto conto del valore della controversia e dell’assenza di attività istruttoria, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale di Perugia, definitivamente pronunciando sulla causa di cui in epigrafe, ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

➢ rigetta l’opposizione, e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo opposto e lo dichiara esecutivo;

➢ condanna parte opponente alla refusione delle spese che liquida in € 3.235,00 oltre accessori fiscali e previdenziali come per legge e rimborso forfetario (15%) come per legge.

Perugia, li 8 febbraio 2020

Il Giudice

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

LexCED
Desideri approfondire l’argomento ed avere una consulenza legale?

Articoli correlati