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Rito del lavoro, carenze del ricorso, integrazione

Rito del lavoro, non è consentito supplire alle carenze del ricorso tramite una integrazione successiva contenuta nelle note conclusionali.

Pubblicato il 16 November 2019 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI LATINA
Sezione Lavoro

in persona del giudice del lavoro ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 1594/2019 pubblicata il 14/11/2019

nella causa iscritta al numero nel ruolo generale dell’anno 2016 promossa da

XXX , rappresentato e difeso dall’avv.to

CONTRO

YYY in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La presente sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 429, comma I, c.p.c., pubblicamente letta e depositata in via telematica, viene redatta senza la concisa esposizione dello svolgimento del processo e con una motivazione limitata alla succinta enunciazione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi, così come previsto dagli artt. 132 n. 4) c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. nonché sulla scorta del criterio della “ragione più liquida”, in forza del quale la causa può essere definita sulla base di una questione ritenuta di più agevole soluzione – anche se logicamente subordinata – senza che sia necessario esaminare previamente le altre (v. Cass. sez. VI-L ord. 28/05/2014, n. 12002; Cass. sez. un. 9936/14).
2. La domanda attorea – avente ad oggetto la condanna della società resistente al pagamento a titolo di differenze retributive per il rapporto di lavoro espletato dal 1.9.2010 al 5.7.2015 dell’importo complessivo di € 38.298,38 – è parzialmente fondata e deve essere accolta nei limiti di seguito indicati.
3. Risulta non oggetto di contestazione tra le parti, ed in ogni caso asseverato dalla documentazione in atti (modello C2 storico), la sussistenza di rapporto di lavoro di natura subordinata tra le parti con decorrenza dal 25.10.2012 (dapprima a tempo determinato poi trasformato a tempo indeterminato) con cessazione alla data del 4.7.2015; la ricorrente ha dedotto, e anche tale circostanza non è oggetto di contestazione, di aver svolto mansione di operaria addetta ai servizi di pulizia con inquadramento nel V livello ccnl puliziaimprese; il rapporto risulta formalizzato come part time orizzontale 24 ore settimanali. Rappresenta la ricorrente di aver iniziato l’attività lavorativa in data 1.9.2010 lavorando senza soluzione di continuità sino alla cessazione del rapporto e di aver sempre osservato il seguente orario di lavoro: dal lunedì alla domenica dalle ore 6.00 alle 12.00 e dalle ore 15.30 alle 19.00 e di aver sempre percepito l’importo netto di € 800,00.

Tutto ciò premesso lamenta la mancata percezione della retribuzione nella misura corrispondente alla quantità del lavoro svolto (in considerazione dell’effettivo orario di lavoro osservato) ed, in ogni caso il mancato pagamento della retribuzione afferente le mensilità di maggio, giugno, luglio 2015, tredicesima e quattordicesima mensilità, ANF e TFR, maturando un credito nei confronti del datore di lavoro pari ad € 38.298,38 Si è costituita la società negando l’avversa ricostruzione fattuale e dichiarando che la ricorrente aveva lavorato nel periodo formalizzato e in forza del seguente orario: dal lunedì al sabato dalle ore 6.00 alle ore 13.30, percependo un importo lordo a titolo di retribuzione pari ad € 1.150,00 ed in ogni caso nella misura risultante dai conteggi dalla stessa prodotti; esponeva pertanto che, per espressa ammissione della lavoratrice, posto che non era stato espletato lavoro straordinario, la retribuzione percepita era conforme ai minimi prescritti dal ccnl di categoria in riferimento al V liv per il quale era prescritta una retribuzione mensile lorda pari ad € 984,97. La società, tuttavia, si riconosceva espressamente debitrice della 13^ mensilità (nella misura complessiva di € 2.692,71) e del TFR (pari ad € 2.393,50). Agiva poi in via riconvenzionale dichiarando di aver corrisposto in favore della ricorrente nel corso del rapporto prestiti nella misura complessiva di € 8.000,00 come da documentazione in atti e che tale importo andava scomputato da quanto eventualmente riconosciuto come dovuto.
4. Occorre premettere che, in ossequio agli ordinari principi in materia di onere della prova, qualora il lavoratore agisca in giudizio per conseguire differenze retributive adducendo l’insufficienza della retribuzione percepita (parametrata ai minimi retributivi prescritti in relazione ccnl applicabile al rapporto di lavoro) ha l’onere di provare l’esistenza di un rapporto di lavoro di natura subordinata, allegando e provando circostanze sufficienti a integrare la fattispecie dell’art. 2094 c.c. nonché, l’insufficienza della retribuzione percepita, in considerazione alla quantità e qualità del lavoro svolto (Cass. S.U. 13533/2001; Cass 2728/2010; Cass. 10262/2002; Cass. 1526/97), in quanto spetta al soggetto interessato allegare tempestivamente e provare gli elementi di fatto corrispondenti alla fattispecie astratta invocata. Solo una volta che l’attore abbia provato gli elementi costitutivi del proprio diritto (sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato e mansioni disimpegnate) spetterà al convenuto l’onere di fornire la prova della corresponsione della giusta retribuzione; e tale principio, in relazione alla portata precettiva dell’art. 36 Cost., vale sia per la retribuzione mensile, sia per la tredicesima mensilità (che costituisce una sorta di retribuzione differita), sia per la corresponsione del trattamento di fine rapporto (che integra parimenti una componente del trattamento economico costituendo una sorta di accantonamento da parte del datore di lavoro), sia per il pagamento delle ferie non retribuite (atteso che l’obbligo di corrispondere la retribuzione incombe anche nel periodo in cui il lavoratore usufruisce delle ferie, che costituiscono un diritto irrinunciabile costituzionalmente garantito ai sensi dell’art. 36 Cost., comma 3) (cfr. Cass. 22 dicembre 2009, n. 26985).

Non risulta superfluo altresì ricordare come costituisca ius receptum in giurisprudenza il principio secondo il quale, in materia di diritto del lavoro, gli elementi di fatto e di diritto posti a base delle rispettive domande e richieste (anche probatorie) delle parti debbano essere specificati nei rispettivi atti iniziali della controversia (cfr. al riguardo: Cass., Sez. Un., 17 giugno 2004 n. 11353; Cass., Sez. Un., 20 aprile 2005 n. 8202; Cass., Sez. Un., 23 gennaio 2002 n. 761 ).

Il principio di circolarità tra oneri di allegazione, di contestazione e di prova – espressione di un assetto normativo incentrato sui principi di oralità, concentrazione ed immediatezza caratterizzanti il rito del lavoro – comporta che la determinazione dell’oggetto della domanda e l’indicazione dei fatti posti a base della domanda stessa devono essere specificamente indicati nell’atto introduttivo, così da consentire al convenuto di prendere posizione sui fatti di causa e di assolvere egli stesso agli oneri di contestazione nonché a quelli probatori aventi ad oggetto i fatti ritualmente e tempestivamente allegati nella memoria di costituzione. Ne consegue che in un siffatto contesto non è consentito supplire alle carenze del ricorso riguardanti l’oggetto della domanda ed i suoi elementi costitutivi tramite una integrazione successiva contenuta nelle note conclusionali ovvero ad opera dei documenti allegati, cui deve assegnarsi solo la funzione probatoria di attestare la veridicità degli assunti riportati nell’atto introduttivo della lite e di mostrarne la fondatezza. ( ex multis Cfr. Cassazione civile , sez. lav., 28 maggio 2008, n. 13989).
5. Alla luce dei sopra esposti principi di diritto deve rilevarsi che dalla espletata istruttoria non risulta provata la sussistenza del rapporto di lavoro per il periodo precedente rispetto alla formalizzazione ed, in ogni caso, l’espletamento di attività di lavoro straordinario nella misura indicata in ricorso. Gli unici due testi escussi hanno infatti indicato un orario di lavoro addirittura difforme da quanto dichiarato dalla ricorrente nell’atto introduttivo. Si osserva tuttavia che in relazione a quanto dichiarato dal datore di lavoro il rapporto non si è svolto con orario di lavoro part time ma a tempo pieno.

La ricorrente alla luce dei conteggi formulati in ricorso ha dichiarato di aver percepito un importo lordo pari ad € 1.150,00, le ulteriori differenze quantificate in ricorso risultano conteggiate a titolo di lavoro straordinario il quale, tuttavia, non risulta provato.

Anche con riferimento alle mensilità di maggio, giugno, luglio 2015 sebbene nel ricorso la ricorrente dichiari di non aver percepito alcuna somma, tuttavia, nei conteggi viene indicato come percepito l’importo di € 1.150,00 per ciascuna mensilità.

Ne consegue, pertanto che potrà essere riconosciuto unicamente l’importo maturato e non goduto a titolo di ratei 13^ mensilità (nella misura di € 2.692,71) e TFR (nella misura risultante dal 2.393,50) per il periodo dal 25.10.2012 al 4.7.2015, oltre interessi e rivalutazione dalla maturazione al saldo.
6. Deve essere infine rigettata la domanda riconvenzionale formulata dalla società. In sede di memoria di costituzione avverso la domanda riconvenzionale, infatti, la ricorrente per mezzo del proprio difensore, ha disconosciuto la sottoscrizione sulle ricevute di pagamento allegate dalla controparte (in ordine alla possibilità di disconoscimento da parte del difensore anche se non munito di apposita procura Cass. 2318/2010; 9869/2000); a seguito del disconoscimento la difesa della società non ha avanzato tempestiva istanza di verificazione.
7. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo in relazione ai parametri indicati dal D.M. n. 55 del 2014 in considerazione del valore della causa e della attività processuale svolta.
P.Q.M.

Il Tribunale di Latina, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da XXX nei confronti di YYY , (R.G. /2016 ), ogni contraria domanda, eccezione e difesa respinte, così provvede:

– accoglie parzialmente il ricorso e per l’effetto condanna la società convenuta al pagamento in favore della ricorrente dell’importo pari ad € 5.086,21 oltre interessi e rivalutazione dalla maturazione al saldo;

– condanna la società alla refusione delle spese di lite che si liquidano in € 1.500,00 oltre iva, cpa e rimborso spese generali come per legge
Così deciso in Latina, 14/11/2019

IL GIUDICE

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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