RG Nr. 138/2023
REPUBBLICA ITALIANA
In Nome del Popolo Italiano LA CORTE D’APPELLO DI TRIESTE – Collegio di Lavoro – composta dai Signori Magistrati Dr.
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NOME COGNOME Presidente Dr.
NOME COGNOME Consigliere rel.
NOME
NOME COGNOME Giudice Ausiliario di Corte di Appello ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._57_2025_- N._R.G._00000138_2023 DEL_27_05_2025 PUBBLICATA_IL_27_05_2025
Nella causa promossa in appello con ricorso depositato in data 24 luglio 2023 (C.F. ) con sede legale in INDIRIZZO Polcenigo (PN), in persona dell’amministratore delegato e legale rappresentante nato a Fontanafredda (PN) il 27/9/1947 ed ivi residente in INDIRIZZO C.F. , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOMEC.F. , e-mail PEC del Foro di Milano e dall’avv. NOME COGNOMECF e-mail PEC del Foro di Pordenone e dall’avv. NOME COGNOMEC.F. e-mail PEC del Foro di Trieste, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Trieste INDIRIZZO per mandato in calce su foglio separato allegato in copia C.F. C.F. C.F. C.F. Contro ( p.i. ), in persona del Direttore Generale del rapporto assicurativo pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME legittimati da procura generale alle liti a rogito notario in Roma, rilasciato il 24.3.2022, rep. N. 91143 con invito ad effettuare le comunicazioni e notifiche all’indirizzo appellato appello avverso la sentenza n. 2/2023 (N. 209/2020 R.G.), pronunciata dal Tribunale di Pordenone in data 18 gennaio 2023 e non notificata In punto: premio silicosi
CONCLUSIONI
Per parte appellante Nel merito In riforma dell’impugnata sentenza n. 2/2023 del Tribunale di Pordenone -Sezione Lavoro- in data 18/1-1/2/2023, nella causa n. 411/2020 R.G., non notificata:
a) accertare e dichiarare l’insussistenza del rischio silicotigeno nelle lavorazioni poste in essere dall’appellante e conseguentemente la non debenza del premio assicurativo supplementare versato, con diritto della stessa al rimborso di tale premio a far data dal 1993 o dalla diversa data ritenuta di giustizia;
b) condannare l’ di Pordenone- a pagare alla ricorrente/appellante, a titolo di rimborso dell’indebito ex art. 2033 c.c., l’importo di €. 663.059,94 o quello diverso, maggiore o minore, che dovesse risultare di giustizia, maggiorato di interessi dal giorno dell’indebito pagamento sino al rimborso effettivo;
c) condannare l’ente appellato alla rifusione in favore dell’appellante delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio;
d) porre definitivamente a carico dell’ente appellato le spese di C.T.U..
IN VIA ISTRUTTORIA all’occorrenza e se ed in quanto non ritenute pacifiche perché non contestate o dimostrate per tabulas, ammettersi prova per testi sulle circostanze capitolate nel ricorso al Tribunale di Pordenone sub n.ri 1, 2 e 3, di seguito riportate per esteso:
1. “Vero che ho personalmente provveduto alla esecuzione delle indagini ambientali del 20 marzo 2003 e del 1° dicembre 2012 e tutto quanto contenuto nel documento che mi viene mostrato facente parte del ricorso è stato da me redatto e qui confermo?
” Testi sul capitolo entrambi c/o 2. “Vero che in data 18 aprile 2018 ho sottoscritto la dichiarazione di pari data che mi viene mostrata il cui contenuto confermo integralmente?
” Testi sul capitolo , dott. tutti presso 3.”Vero che ho personalmente predisposto il documento intitolato “Valutazione tecnico assicurativa del rischio silicotigeno nelle attività di sbaveria svolte dalla società RAGIONE_SOCIALE. INDIRIZZO Piacenza.
Per parte appellata:
Nel merito e in via istruttoria, respingersi l’appello, con addebito di spese come per legge.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.Con la sentenza impugnata il tribunale di Pordenone rigettava la domanda azionata dalla società nei confronti dell’ ed avente ad oggetto l’accertamento della non debenza del premio supplementare per rischio silicotigeno corrisposto dall’azienda all’ dal 1987 e la conseguente restituzione da parte dell’Istituto assicurativo delle somme versate a tale titolo nel tempo dalla società con gli accessori di legge.
Il giudice, pur a fronte della tardiva costituzione dell’ dava atto che dalla documentazione dimessa dall’ e acquisita in sede di relazione peritale disposta al fine di accertare l’effettività del rischio silicotigeno nell’esercizio dell’attività imprenditoriale, era risultato provato che la società nel 1987 aveva denunciato l’esercizio di attività che esponeva i propri dipendenti al rischio per cui è causa e che successivamente, nonostante la richiesta di rettifica del 2003, non avesse provato di aver presentato all’ le denunce di variazione e modificazione del rischio previste dall’art. 12 Tu 1124/1965. Il giudice evidenziava che l’ aveva realizzato verifiche in concreto e in contradditorio con la società da cui risultava che le lavorazioni svolte dalla Laf comportavano l’utilizzo di sostanze che contro la società non aveva inviato ad dati attendibili che consentissero di operare la variazione richiesta.
Pertanto riteneva dovuto il premio e rigettava la domanda con il favore delle spese di lite, comprese quelle di consulenza tecnico- ambientale.
2.
La società impugnava la sentenza instando per la condanna dell’ al pagamento delle somme indebitamente corrisposte nel tempo per premio silicosi.
Si costituiva che instava per il rigetto della impugnazione.
3. La Corte di Appello di Trieste autorizzava le parti a note di approfondimento sulla questione degli oneri probatori e dei pagamenti del premio realizzati dalla società dal mese di febbraio 2003.
Ottenuto l’approfondimento istruttorio disponeva consulenza contabile al fine di quantificare gli eventuali importi dovuti in restituzione alla Laf.
Depositato l’elaborato da parte del consulente, la causa subiva il cambio del relatore in ragione dell’arrivo di un nuovo consigliere Lavoro togato.
Indi
all’udienza dell’8 maggio 2025, all’esito della discussione orale, la causa era decisa dalla Corte di Appello di Trieste, collegio lavoro, come da separato dispositivo di cui era data lettura alle parti in udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. La società ha contestato la decisione del tribunale di Pordenone con due motivi.
Con il primo articolato motivo la società premenzionata ha contestato la sentenza nel punto in cui il primo giudice, nonostante la tardività della costituzione dell’ ritualmente eccepita dalla società, ha comunque valorizzato la documentazione dimessa tardivamente in sede di consulenza e poi acquisita dal giudicante con l’esercizio di poteri istruttori;
provvedimento inammissibile viste le decadenze insanabili in cui era irrimediabilmente incorso l’ In ogni caso contestava il raggiungimento da parte dell’ della prova del diritto al pagamento da parte della del premio per silicosi.
L’appellante valorizzava gli esiti della consulenza tecnica ammessa dal primo giudice da cui era risultato che dal 1987 al 2003 non esistevano dati valutabili, mentre per il periodo successivo i campionamenti eseguiti non erano attendibili e comunque non era emerso che la lavorazione conducesse ad un superamento della soglia limite dello 0,05 mg/m3.
La società assumeva che era l’ il soggetto tenuto a provare che, in concreto, la lavorazione della indipendentemente da quanto denunciato dalla stessa- esponesse i propri dipendenti ad un rischio Part Part Part che il tribunale non aveva considerato che la società nel 2003 aveva presentato denuncia di rettifica del rapporto assicurativo con riferimento al premio supplementare e contestava che la copia della denuncia depositata dall’ e relativa alla prima denuncia del 1980 fosse corrispondente all’originale. Pertanto assumeva che, quanto meno dal 2003, le erano dovuti in restituzione i premi versati.
Richiamava a sostegno della propria domanda gli esiti della consulenza ignorati dal primo giudice con riferimento agli addetti al reparto animisteria a freddo e sbavatura.
Invocava gli esiti della misurazioni eseguite dalla società da cui emergeva che i lavoratori erano dotati di caschi con aspiratori interni che eliminavano in radice ogni rischio.
Contestava la ritualità della eccezione di transazione sollevata in primo grado da e da cui era decaduto per tardiva costituzione.
Analogamente riteneva tardiva l’eccezione di prescrizione sollevata con conseguente diritto di restituzione dal 1987, trattandosi di azione di indebito soggetta a prescrizione decennale.
Invocava gli atti interruttivi dimessi e l’assenza da parte dell’ di valida contestazione del quantum richiesto.
Instava quindi per la restituzione dell’intera somma azionata pari ad euro 663.059,94 oltre accessori.
Con secondo motivo censurava la sentenza nel capo delle spese rilevando di avere diritto alla rifusione integrale delle spese di lite, comprese le spese di consulenza poste a proprio carico.
5. L’ ha contestato i motivi di appello osservando che la documentazione valorizzata dal giudice, nonostante la tardiva costituzione in giudizio dell’ era necessaria poiché la società non aveva prodotto né la denuncia, né gli atti di revisione, rettifica o modifica del rischio.
Il potere d’ufficio era pertanto stato esercitato dal giudice ritualmente per ricercare la verità.
Nel merito osservava che anche se l’onere della prova del rischio gravava sull’ tuttavia trattavasi di prova che poteva essere fornita anche mediante presunzioni e comunque il legislatore ai fini del pagamento del premio di cui all’art. 153 TU 1124/1965 non imponeva una verifica in concreto del rischio mediante campionamenti in loco.
Inoltre l’adozione da parte della società di dispositivi di sicurezza quali i caschi protettivi con aspiratore, deponeva per la prova che l’attività della società fosse rischiosa e che comunque le fibre di silice aspirate superassero il limite di 0,05 mg/m3.
Invocava gli esiti dei campionamenti eseguiti nel 2007 dall’ da cui era emerso che il rischio presso il reparto animatura era cessato nel 2003, mentre per il reparto sbavatura si era protratto.
Valorizzava che la società dal 1987 al 2003 aveva corrisposto il premio senza contestazione;
circostanza rilevante al fine di ritenere provata l’esposizione al rischio.
la richiesta di annullamento presentata dalla società nel 2003 perché non conforme alle previsioni di cui all’art. 12 TU 1124/1965. Contestava la tardività della eccezione di transazione trattandosi di mera difesa e non eccezione propria;
contestava il quantum richiesto per insussistenza del diritto alla restituzione e ne contestava la quantificazione operata dalla società.
Riproponeva l’eccezione di prescrizione e si opponeva alle richieste istruttorie, comprese quelle di consulenza tecnica formulate dalla parte appellante.
Insisteva per la rifusione delle spese con reiezione anche del secondo motivo di appello.
6.
Il proposto appello merita parziale accoglimento per le assorbenti ragioni che seguono.
Controverso in causa è il diritto della società alla restituzione o meno del premio per silicosi corrisposto nel tempo dalla richiedente la quale, svolgendo attività di “produzione di anime per getti metallici e sbavatura di getti metallici di fonderia” dal 1980, nel 2003 chiedeva all’ la variazione della classificazione delle lavorazioni lamentando l’errore che aveva condotto al pagamento di un premio superiore a quanto effettivamente dovuto, oltre alla indebita percezione da parte dell’ del premio per silicosi non avendo l’impresa dichiarato tale rischio e in ogni caso non sussistendo in concreto alcun rischio nel reparto animisteria in ragione della grossolanità delle fibre e delle loro caratteristiche tecniche ( cfr. richiesta del 29.01.2003 dimessa dalla parte ricorrente in primo grado e di cui dava atto anche nella memoria di costituzione di primo grado). La società agiva quindi – attesi gli atti interruttivi della prescrizione presentati dal 1997- per la restituzione del premio per silicosi dal 1987.
7. In linea generale per quanto statuito in tema dalla giurisprudenza richiamata dalla parte appellante e condivisa anche da questa Corte di Appello per l’autorevolezza della decisione in tema di rischio di silicosi, l’onere di provare la debenza del premio per silicosi grava sull’istituto assicurativo;
così ai sensi dell’art. 118 disp. Att. C.p.c. ”..
3.
Il D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 153, comma 1, come sostituito dalla L. n. 780 del 1975, art. 10 (“I datori di lavoro, che svolgono lavorazioni previste nella tabella allegato n. 8, sono tenuti a corrispondere un premio supplementare, fissato in relazione all’incidenza dei salari specifici riflettenti gli operai esposti ad inalazioni di silice libera o di amianto in concentrazione tale da determinare il rischio, sul complesso delle mercedi erogate a tutti gli operai dello stesso stabilimento, opificio, cantiere ecc.”), non fa espresso richiamo all’ambiente di lavoro, ma la riferibilità del rischio al contesto spaziale in cui si svolge l’attività lavorativa è elemento da ritenersi insito nel concetto di esposizione alle inalazioni delle sostanze considerate, non potendosi avere esposizione se non in relazione ad un luogo in cui dette sostanze siano presenti. Proprio in Part /2006; Cass., nn. 15865/2003; 6602/2005; 9078/2013), specificando che il premio supplementare è dovuto qualora risulti accertato in concreto che, a causa dell’effettuazione delle lavorazioni tabellate, si verifichi nell’ambiente di lavoro una dispersione di silice libera o di amianto in concentrazione non inferiore a quella normalmente idonea a determinare, per il personale addetto, il rischio effettivo (e non già presunto) di contrarre la silicosi o l’asbestosi (cfr, Cass., n. 8970/1991).
Invero, questa Corte ha statuito che al fine della debenza del premio supplementare di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 153, comma 1, come sostituito dalla L. n. 780 del 1975, art. 10, il rischio di esposizione dei lavoratori ad inalazioni di silice libera o di amianto va accertato in concreto con riferimento all’ambiente in cui viene espletata l’attività lavorativa (Cass. n. 9078/2013).
”( cfr. Cass. 2016 n. 7430).
Applicando questo principio al caso controverso è fondata l’obiezione della società secondo cui l’obbligo di corresponsione del premio sussiste soltanto in relazione ad una attività imprenditoriale che concretamente, nell’ambiente lavorativo, dia luogo ad un rischio di dispersione di silice superiore ai valori soglia consentiti dalla legge ( 0,05 mag/m3 come indicato correttamente dalle parti).
L’onere di provare l’esistenza del rischio nel concreto incombe sull’ che ne chiede la corresponsione.
8.
In merito poi al diritto alla restituzione, considerato che il sistema di pagamento del premio assicurativo è disciplinato in modo autonomo e speciale rispetto alle assicurazioni civili, ai fini della restituzione assume rilevanza la domanda di variazione presentata dalla società nel 2003.
Infatti accanto all’obbligo di denuncia delle attività con conseguente obbligo di pagamento del rischio corrispondente fino a che l’ non comunichi la cessazione del rischio o l’assicuratore non venga a conoscenza in qualche modo di questa cessazione o modifica, esiste un obbligo del soggetto privato di denunciare ogni aspetto che possa incidere o variare il rischio ( cfr. art. 12 comma 3 TU 1124/1965).
Trattasi di dichiarazioni di scienza che implicano l’assunzione da parte del dichiarante di un impegno circa quanto affermato e, salvo il potere di controllo dell’istituto assicuratore, rende legittima l’imposizione contributiva ad esso corrispondente.
Anche l’eventuale errore commesso dall’assicurato nella denuncia può essere rettificata dal datore di lavoro con le forme di cui all’art. 12 cit. con le prove dell’asserita discordanza e senza la possibilità di ripetere le somme corrisposte in eccesso rispetto a quelle dovute, neanche sulla base dell’azione generale di arricchimento di cui all’art. 2041 c.c.( cfr. Cass. 2019 n. 21562).
8.1.
Ne consegue che anche a voler ritenere erronea la denuncia dimessa dall’ del 1980 ( ove alla il riconoscimento della debenza del premio era stata confermata dalla condotta della società che aveva corrisposto, in autoliquidazione, il premio, quanto meno fino alla richiesta di variazione, senza contestazioni dal 1980 al gennaio 2003.
9. L’appellante per quanto documentato in causa nel 2003 ha denunciato una variazione o comunque la necessità di modificare il tasso premio e con riferimento in particolare alla silicosi ha lamentato che le lavorazioni svolte non esponevano i propri dipendenti ad alcun rischio specifico di silicosi, allegando alla richiesta le analisi eseguite sull’ambiente di lavoro da parte di società privata ( cfr. docc. 11 fascicolo parte ricorrente primo grado).
Trattasi di richiesta che nel contenuto sostanziale va considerata come denuncia di variazione ai sensi dell’art. 12 comma 3 cit., a nulla rilevando la mancanza di forma grafica nei termini di cui alla eccezione dell’ 10. A fronte di questi dati era onere dell’ dare corso a verifiche e campionature che consentissero di ritenere provata la sussistenza del rischio.
Per contro, per quanto emerso in sede di consulenza disposta in primo grado e relativa integrazione, nel periodo dal 1987 al 2003 non esistevano dati prodotti dall’ o comunque valutabili in senso positivo per l’ ( cfr. pagg. 11 chiarimenti del 27.12.2021).
Quanto poi al periodo successivo il consulente, anche in sede di integrazione dell’elaborato, ha confermato il proprio non liquet tecnico, in mancanza di valide analisi eseguite nel tempo che comprovassero l’esposizione dei lavoratori di alcuni reparti ( va ricordato che l’ riteneva a rischio esclusivamente gli addetti al reparto di sbavatura con esclusione di quelli del reparto animisteria a caldo e freddo quanto meno dopo il 2007), in modo qualificato ( valore convenzionale di rischio superiore allo 0,05 mg/m3); superamento giustificante la richiesta del premio ( cfr. conclusioni depositate in data 6 agosto 2021).
11.
Ne consegue che a fronte delle contestazioni della società e della domanda di variazione, era onere dell’ provare che anche dopo il 2003 fosse giustificato il pagamento da parte della del premio di silicosi.
Prova che non è stata raggiunta in giudizio.
Questa Corte non condivide sul punto le conclusioni del primo giudice che pur evidenziando che era onere dell’ provare la debenza del premio, tuttavia da ultimo ha ritenuto che fosse onere della società provare che vi fosse la necessità di modificare il tasso applicato in precedenza;
erroneamente poi il primo giudice aveva escluso che la società avesse presentato idonea domanda di variazione, laddove dalla documentazione dimessa dalla società risultava provato che la nel 2003 aveva presentato denuncia di variazione ai sensi dell’art. 12 TU 1124/1965 ( norma richiamata dal 153 TU Part PartPertanto la richiesta di restituzione della società è fondata quanto meno dal 2003 e con riferimento agli anni in cui la società ha corrisposto il premio supplementare.
12.
A tal fine dalla consulenza tecnica disposta in questo grado, risulta provato che la corresponsione del premio è proseguita da parte della società, dal 2007 al 2018.
Infatti il tecnico contabile nominato dalla Corte, esaminata la documentazione versata in atti dalla società su cui gravava l’onere di provare il pagamento indebito, è pervenuto a conclusioni condivise da ultimo dalle parti- anche rispetto al premio corrisposto nel 2013 comprensivo della riduzione del 25% derivante dalla adozione di dpi idonei a ridurre il rischio lavorativo- da cui emerge che la società ha pagato il premio supplementare negli anni 2007-2008-2009-2010-2011-2012-2013-2014-2015 e 2016;
nessun premio per l’anno 2017, mentre nel 2018 è provato un ulteriore pagamento del premio ( per l’ultima volta attesa la modifica del 153 operata dalla legge 145 del 2018 che ha abolito il premio), per un importo complessivo pari ad euro 542.512,70.
Somma cui si sono aggiunti gli interessi rateali pari ad euro 5396,56 e le somme aggiuntive per la rateazione del 2016 e 2018 per un totale omnicomprensivo di euro 549.456,33 di cui in fase di discussione la società ha chiesto la restituzione.
13.
Le altre questioni processuali sollevate dalle parti rimangono assorbite dalle considerazioni che precedono che consentono di dare soluzione alla questione controversa.
La Corte dà atto che le parti non hanno raggiunto un accordo transattivo al fine di definire diversamente la lite nel 2011 come allegato dall’ e contestato dalla parte appellante.
Né peraltro il primo giudice ha ritenuto di valorizzare questa eccezione al fine di rigettare la domanda attorea;
da cui l’inutilità di ulteriori valutazioni da parte del Collegio.
Quanto alla prescrizione le lettere dimesse dalla società ( cfr. fascicolo di primo grado costituiscono validi atti interruttivi del termine decennale che non è maturato.
14.
Pertanto in riforma della sentenza di primo grado va accertato il diritto della società ad ottenere la restituzione dei premi pagati nonostante l’attività lavorativa realizzata negli ambienti della società non esponesse i dipendenti al rischio di silicosi limitatamente al periodo successivo alla denuncia di variazione e nell’importo quantificato dalla consulenza tecnica con gli interessi legali dal giorno del pagamento al saldo come richiesto dalla parte appellante, attesa la mancata contestazione in merito da parte dell’ 15. Considerato che l’accoglimento della domanda restitutoria è parziale non ritenendo questa Corte corretta la prospettazione della società che aveva azionato il diritto dal 1987 nonostante la denuncia di variazione fosse intervenuta soltanto dal 2003, appare corretto compensare le spese di lite per Part quota residua liquidata come in dispositivo in ragione del valore della domanda calcolato sull’importo concesso in restituzione alla società e dei criteri di cui al DM 55/14 e ss. modificazioni, è posta a carico dell’ soccombente nella domanda di restituzione. Le spese di c.t.u. di primo grado, considerato l’onere dell’ di provare la debenza in concreto del premio di silicosi, sono poste a carico in via definitiva dell’ appellato.
Per contro le spese di consulenza contabile disposta in questo grado, accertamento resosi necessario in quanto le parti non avevano chiarito del tutto alla Corte quali pagamenti- eseguiti in forma rateale per alcuni anni- fossero stati realizzati dalla società e ricevuti dall’ a titolo di premio supplementare, sono poste a carico di entrambe le parti nella misura del 50%, liquidato in favore del consulente nominato come da separato decreto.
PER QUESTI MOTIVI
Accoglie in parte l’appello e in riforma della sentenza impugnata, accertata la non debenza del premio assicurativo supplementare versato in relazione agli anni dal 2007 al 2016 e 2018, condanna l’ restituire alla società appellante, in persona del legale rappresentante pro- tempore, la somma di euro 549.456,33 con gli interessi legali dal giorno del pagamento al saldo;
compensa le spese di lite al 50% e condanna l’ a rifondere alla società la quota residua che in detta frazione liquida quanto al primo grado in euro 7200,00, quanto al secondo grado in euro 7500.00, oltre per entrambi i gradi a rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge;
pone a carico dell’ le spese di ctu già liquidate in corso di causa dal giudice di primo grado;
pone al 50% a carico di entrambe le parti le spese di ctu del presente grado e liquidate come in separato decreto in favore della ctu Trieste, 8 maggio 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME Il Presidente NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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