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Codice Penale

Rigetto appello per restituzione somme e arricchimento senza causa tra ex conviventi

In tema di convivenza more uxorio, il convivente che abbia sostenuto spese per l’acquisto e la ristrutturazione di un immobile di proprietà esclusiva dell’altro convivente può agire per ottenere la restituzione delle somme erogate. In assenza di un contratto di mutuo, trova applicazione l’azione di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c.. Il divieto di nova in appello, ex art. 345 c.p.c., si applica anche alle mere contestazioni di fatto non sollevate in primo grado. La mancata indicazione della causale nei bonifici bancari non consente di imputare il pagamento ad un debito specifico, in presenza di altri rapporti debitori tra le parti (art. 1193 c.c.).

N. R.G. 2595/2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’
APPELLO
DI MILANO Sezione prima civile nelle persone dei seguenti magistrati:
dr. NOME COGNOME Presidente dr.
NOME COGNOME Consigliere dr.
NOME COGNOME Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente

SENTENZA N. 1436_2022_- N._R.G._00002595_2020 DEL_26_04_2022 PUBBLICATA_IL_03_05_2022

nella causa iscritta al n. r.g. 2595/2020 promossa in grado d’appello (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. elettivamente domiciliato in presso il difensore appellante contro (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. elettivamente domiciliato in presso il difensore appellata avente ad oggetto:

Arricchimento senza causa conclusioni per la difesa di parte appellante si riporta integralmente ai propri scritti difensivi ed alle conclusioni ivi contenute, chiedendone l’integrale accoglimento, con vittoria di spese di lite.

Chiede ammettersi la prova testimoniale così come articolata nell’atto di appello, non ammessa e/o rigettata in primo grado, che a parere della scrivente difesa si rende necessaria e dirimente ai fini dell’accertamento dell’avvenuta estinzione del debito da parte del sig.

Conclusioni per

NEL MERITO – dichiarare inammissibile e comunque rigettare perché destituito di fondamento in fatto ed in diritto l’appello proposto dal signor avverso la sentenza n. 1307/2020 emessa dal Tribunale di Monza in data , pubblicata in data notificata in data ;
– riformare l’anzidetta sentenza n. 1307/2020 nella parte in cui non accoglie la richiesta di restituzione degli ulteriori esborsi sostenuti dalla signora per pagare le opere commissionate ai fornitori, da sommarsi quindi all’importo di Euro 126.600,00 liquidato in sentenza, così condannando il signor al pagamento della maggior somma di Euro 153.120,00, confermando per ogni altro aspetto la sentenza del Giudice di prime cure;

– in subordine confermare in toto la sentenza del Giudice di prime cure.
In ogni caso, condannare parte appellante alle spese e competenze professionali difensive oltre rimborso forfettario 15%, cpa e iva.

Si chiede l’ammissione della istanze istruttorie non ammesse e/o rigettate in primo grado per tutte le ragioni esposte in atti e che qui si riportano:

1) Vero che alcuna opera di ristrutturazione ha interessato il suo appartamento, sito in sia nell’anno che nei successivi?
Si indica a teste:
– signora residente in ;
2) Vero che lei ha realizzato dei lavori di ristrutturazione presso l’immobile sito nel periodo novembre 2008-marzo 2009?
3) Vero che dette opere furono commissionate dal proprietario signor 4) Vero che al pagamento delle sue spettanze ha in parte provveduto l’allora compagna e convivente del signor signora ?
5) Vero che il signor è un artigiano che collabora con la vostra società ?
6) Vero che il signor nel periodo novembre 2008-marzo 2009 collaborò alle opere di ristrutturazione dell’appartamento sito in proprietà del signor
7) Vero che alle spettanze del signor per le opere realizzate presso l’appartamento sito in di proprietà del signor provvide la signora ?
Si indicano a testi:
8) Vero che nel periodo novembre 2008-marzo 2009 lei collaborò alle opere di ristrutturazione dell’appartamento sito in di proprietà del signor
9) Vero che alle sue spettanze per le opere realizzate presso l’appartamento sito in proprietà del signor provvide la signora ?
Si indica a teste il signor NOME)
10) Vero che da lei si è occupata dei suoi nipoti prelevandoli, dal lunedì al venerdì, dall’asilo/scuola fino all’arrivo dei genitori dal lavoro alla sera ore 19.00?
11) Vero che per detta attività aveva concordato con i genitori dei minori un compenso mensile di Euro 800,00 importo che includeva anche il rimborso delle spese, anche scolastiche, che lei direttamente sosteneva per i suoi nipoti?
Si indica a teste:
– signora residente in ;
12) Vero che, nel mese di , su richiesta del signor lei acquistava dal medesimo l’appartamento in , di cui il signor era proprietario?
13) Vero che il signor le riferiva come detta richiesta fosse dettata dalla necessità di poter così acquistare il nuovo immobile di come prima casa godendo delle relative agevolazioni fiscali?
14) Vero che il signor si impegnava, come in effetti ha poi fatto, nel rifonderle tutti i costi anche notarili legati a detta compravendita?
15) Vero che in data venduto l’appartamento in acquistato in precedenza dal signor 16) Vero che nel periodo giugno/settembre 2012 ha richiesto dei preventivi al signor per dei lavori presso il suo immobile in
Si indica a teste:
residente in )
16) Vero che per il periodo di tempo in cui il signor ha convissuto con sua madre, ed in particolare da , era quest’ultima a compilare dal computer di casa le distinte, ma era il signor tramite inserimento della propria chiavetta otp, ad autorizzare i bonifici?
Si indica a teste la signora residente in )
17) Vero che da la signora si è presa cura di sua figlia , dal lunedì al venerdi, dietro compenso mensile di Lire cinquecento (oggi Euro 250,00) inclusivo del rimborso della spese sostenute per la minore?
Si indica a teste il signor residente in
19) Vero che nella primavera del 2016 la signora le ha riferito come attendesse ancora dal proprio ex compagno la restituzione delle somme allo stesso mutuate durante la convivenza?
Si indica a teste signora residente in )
20)Vero che lei ha sporto denuncia -querela nei confronti della signora per i fatti asseritamente avvenuti il ?
Si indicata a teste residente in chiede l’esibizione integrale dello scambio di messaggi asseritamente intervenuto con la signora per verificare l’utenza di provenienza, nonché delle fatture per le spese di telefonia della relative al n. di utenza con cui verosimilmente è intercorso lo scambio di messaggio

per Concisa esposizione delle ragioni in fatto e in diritto

1. Il Tribunale di Monza, con sentenza emessa il , ha definito la causa introdotta da contro avente ad oggetto la restituzione della somma di € 155.691,57 a titolo di mutuo o di arricchimento senza causa, costituita da esborsi sostenuti per l’acquisto, la ristrutturazione e l’arredo dell’immobile sito in , di proprietà esclusiva del convenuto. Il giudice di prime cure condannava il convenuto al pagamento della somma di € 126.600,00 in favore della ex convivente, parte attorea, con conseguente condanna dello stesso alla rifusione delle spese di lite.
2.
Avverso la decisione di primo grado interponeva appello instando per la declaratoria di estinzione del debito, per avvenuto pagamento, con rigetto di qualsivoglia domanda attorea.

chiedeva la reiezione dell’appello e spiccava a sua volta appello incidentale avverso la stessa decisione, nella parte in cui il giudice non aveva accolto la richiesta di restituzione degli ulteriori esborsi dalla stessa appellata sostenuti al fine di pagare le opere commissionate ai vari fornitori in occasione della ristrutturazione e dell’arredo dell’immobile di proprietà del

4. Dopo l’udienza di prima comparizione svolta con trattazione scritta in data , la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni all’udienza del e, quindi, trattenuta in decisione, previa concessione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. Motivi della decisione

5. I motivi sui quali la Corte è chiamata a pronunciarsi sono i seguenti:
a. violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1193 c.c, oltre che degli artt. 115 e 116 c.p.c, in relazione all’avvenuta restituzione, da parte del della somma di € 25.000,00 in favore di primo motivo dell’appello principale;
b. violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 2041 c.c. in relazione alla restituzione della somma di € 91.653,00 in favore della parte appellata:

secondo motivo dell’appello principale;
c. violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione alle ulteriori somme richieste da unico motivo dell’appello incidentale.

6. I primi due motivi a sostegno del gravame interposto dal debbono essere trattati congiuntamente, posto che afferiscono alla prova dell’avvenuta restituzione della somma di € 114.000,00 in favore della mutuante e della ulteriore somma di € 12.600,00.

7. Il giudice di prime cure, pronunciandosi in ordine alla domanda formulata dall’attrice di restituzione della somma di € 114.000,00, premetteva alcune considerazioni generali in tema di convivenza more uxorio, fattispecie fonte di obblighi giuridici precisi, assimilabili alle obbligazioni ex art. 2034 c.c., espressione di quei doveri di solidarietà e di assistenza reciproca tutelati anche a livello costituzionale dall’art. 2;

di tal ché il convivente che abbia elargito somme per il mantenimento della coppia e dei figli, ove presenti, non può poi chiederne la restituzione.

Premetteva, ancora il giudice, che il convivente può, peraltro, introdurre l’azione di arricchimento ingiustificato ex art. 2041 c.c.:
tale azione ha come presupposto la locupletazione di un soggetto a scapito dell’altro, in difetto di una valida causa di giustificazione a tale spostamento di danaro, ossia in difetto di un contratto, di una donazione o di adempimento relativo appunto ad obbligazioni naturali, in coerenza con l’arresto di legittimità di cui a Cass. civ. n. 18632/15.

Rilevava che nel caso in esame non era stata provata la conclusione di un contratto di mutuo tra le parti, configurandosi, invece, la tipica fattispecie dell’arricchimento sine causa:

ciò in quanto il convenuto aveva beneficiato di una somma quantificata da parte attorea in € 155.691,57, destinata non già al ménage familiare, ma alla ristrutturazione ed all’arredamento dell’immobile di esclusiva proprietà del ubicato.

Il giudice di prime cure sottolineava il carattere non trascurabile della somma, ricevuta dal convenuto e dallo stesso non contestata, pari ad € 114.000,00;

carattere non trascurabile, tenuto conto delle condizioni economiche e reddituali dell’attrice, peraltro documentate.

Né riteneva il giudice rilevanti le contestazioni svolte dal convenuto quanto al fatto che la controparte, non avendo contribuito al ménage familiare, avrebbe potuto accumulare ingenti risparmi a fronte del dato non contestato della ricezione, da parte dell’ex convivente, della somma in questione.

Somma che il non aveva affatto dimostrato di avere restituito: ed, invero, i versamenti di danaro risultavano effettuati in favore di terzi estranei al giudizio e all’attrice, ma riportanti causali specifiche e non riconducibili alla restituzione, neppure in parte, della somma de qua; oltre a tali rilievi, i bonifici per la complessiva somma di € 50.000,00 si riferivano proprio ai versamenti effettuati, al contrario, dall’attrice in favore del convenuto.

Inoltre, dalla produzione documentale attorea, il Tribunale di Monza desumeva che la aveva corrisposto la ulteriore somma di € 12.600,00, come peraltro ammesso dallo stesso convenuto, il quale lo aveva riferito alla naturale contribuzione economica gravante sulla convivente.

In conseguenza, il giudice di prime cure disponeva la condanna del convenuto al pagamento della somma complessiva di € 126.600,00, oltre interessi legali dal al saldo.

8. La difesa dell’appellante assumeva la prova della restituzione di € 91.653,00, alla luce delle seguenti argomentazioni.
“In particolare con il doc. n. 6 l’odierno appellante ha dato prova di aver corrisposto alla sig. mediante tre versamenti rispettivamente in data di € 4.000,00, in data € 4000,00 ed in data di € 2000,00;
con il doc. 7 ha dato prova di aver effettato un versamento in data di € 2.000,00;
con il doc. 8 ha dato prova di aver effettuato un versamento in data di € 3.000,00;
con il doc. 15 ha dato prova di aver effettato un versamento in data di € 2.000,00;
con il doc. 16 ha dato prova di aver effettuato un versamento in data di € 2.000,00;
con il doc. 17 ha dato prova di aver effettato un versamento in data di € 3.000,00;
con il doc. 19 ha dato prova di aver effettato un versamento in data di € 3.000,00;
il tutto per un totale di € 25.000,00.

I predetti versamenti sono stati effettuati dal sig. a mezzo bonifico bancario, diretti sul conto corrente della sig.ra , senza che venisse indicata alcuna causale.

La mancata indicazione della causale sul bonifico, diversamente da quanto dedotto dal giudice di prime cure, non può dare adito al creditore, nel caso si specie la sig.ra , di trattenere le somme ricevute senza motivo piuttosto che imputare le stesse al rapporto di credito / debito in essere con il sig. (cfr. pagg. 9 – 10 dell’atto di appello).

Invocava, dunque, la corretta applicazione del disposto dell’art. 1193 c.c., in forza del quale, non esistendo tra le parti del presente giudizio ulteriori rapporti di credito/ debito, doveva ritenersi l’avvenuta estinzione del debito, come risultava dai bonifici prodotti in causa, ancorché privi di causale.

Non solo, ma la somma globale risultante dai bonifici indicava l’avvenuta restituzione per un importo ben maggiore, ossia di € 116.653,00.

9. La difesa della parte appellata, con particolare riferimento ai bonifici prodotti quali documenti nn. 6,7,8, 15,16, 17 e 19 per un totale di € 25.000,00, evidenziava come la questione del difetto di causale in detti bonifici fosse stata sollevata per la prima volta in sede di secondo grado.

Ora, il divieto di nova sancito dall’art. 345 c.p.c. stabilisce che “nel giudizio d’appello non possono proporsi domane nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d’ufficio”.

Il disposto normativo riguarda non soltanto le domande e le eccezioni in senso stretto, ma anche le eventuali contestazioni nuove, ossia quelle non esplicate in primo grado.

Ed, invero, se la contestazione de qua fosse stata svolta in primo grado, l’allora attrice avrebbe potuto respingerla, producendo eventualmente dei documenti che ne dimostrassero la palese infondatezza.

Era, dunque, evidente come la controparte, consapevole di non aver affatto restituito le somme ricevute, avesse semplicemente prodotto, in modo caotico, confuso ed incoerente, tutti i bonifici a proprie mani, incurante del fatto che gli stessi si riferissero a tutt’altro, come comprovato nella maggior parte dei casi dalle specifiche causali indicate nei bonifici stessi, o addirittura del fatto che vedessero come beneficiari soggetti diversi dall’odierna appellata.

In ogni caso, laddove la Corte d’Appello ritenesse ammissibile e fondata la contestazione avversaria, resterebbe il fatto che la anche “scontando” dal totale la somma di € 25.0000,00, aveva comunque elargito per ristrutturare ed arredare la casa di esclusiva proprietà dell’ex compagno un importo davvero notevole, oltre centomila euro, il che va ben oltre il semplice dovere di solidarietà familiare, escludendosi di riflesso la configurabilità di un’obbligazione naturale.

Sulla restituzione delle somme per € 91.653,00, ad avviso della parte appellata, il ragionamento svolto dal giudice di primo grado era del tutto corretto:

ed, infatti, il giudice precisava che i bonifici recavano causali specifiche e di conseguenza non erano riferibili alla restituzione di somme inscrivibili, in via prioritaria, nel contratto di mutuo.

Né il fatto che ci fossero frequenti movimenti di denaro tra le parti, ad esempio relativi a spese sostenute per i figli, la scuola e le necessità familiari in genere, dovrebbe destare stupore o sospetto dal momento che le odierne parti in causa hanno convissuto per quasi dieci anni e dalla loro unione sono appunto nati due figli.

In ogni caso chiariva il modus operandi adottato dalla coppia nel senso che spesso ella sosteneva, di regola a mezzo carta di credito, le spese per le necessità dei figli e della famiglia e successivamente il provvedeva al rimborso.

A prescindere, poi, dal profilo quantitativo, osservava l’appellata che la ricezione del danaro da parte del pure in difetto della prova di un mutuo, non consentiva a questi di trattenere sic et simpliciter le somme ricevute senza allegare la causa che ne giustificasse l’acquisizione.

Il nostro ordinamento, infatti, annovera fra i suoi principi cardine quello dell’inammissibilità dei trasferimenti di ricchezza ingiustificati, cioè privi di una causa legittima che giustifichi il passaggio di denaro (o di beni) da un patrimonio ad un altro.

In caso, quindi, di rigetto della domanda di restituzione del mutuante, per mancanza di prova della pattuizione del relativo obbligo – come spesso accade in rapporti deformalizzati quali quelli familiari –avrebbe dovuto trovare accoglimento la domanda di ingiustificato arricchimento.

10. Opinione della Corte quanto ai motivi a) e b).

La Corte rileva che in sede di comparsa di costituzione di primo grado aveva ammesso che dal gli aveva versato, a titolo di mutuo gratuito, la complessiva somma di € 114.000,00, a mezzo bonifico bancario, “così come correttamente indicato da parte attrice” ( pag. 4 della comparsa di costituzione).

Nello stesso atto difensivo, il convenuto, tuttavia, osservava che la domanda di parte attorea non avrebbe potuto trovare accoglimento, posto che egli aveva restituito le somme mutuate:
ed, infatti, nel corso degli anni dal 2008 al 2016, il deduceva di aver versato alla la cifra di € 203.936,72, come da estratti conto allegati sub doc. 1-37.

Dall’esame degli estratti conto allegati sub doc.1-37, evidenziava, poi, che dal 2008 al 2016 erano stati effettuati diversi bonifici dai propri conti correnti, in larga parte verso il conto corrente personale della ed in parte sul conto corrente della madre e del fratello I bonifici diretti dal conto corrente del al conto corrente della nel periodo dal , ammontavano a complessivi 166.653,00, somma ben maggiore di quella richiesta da parte attrice.

Il aveva poi precisato che era stata la stessa convivente ad eseguire tali bonifici, posto che essa aveva la disponibilità delle credenziali dell’home-banking.

11. Orbene, alla luce di tali osservazioni, la Corte non può che partire dal presupposto della ricezione, da parte dell’odierno appellante, della somma di € 114.000,00.

Quanto al titolo di tale dazione, il giudice di prime cure, pur a fronte del riconoscimento di un contratto di mutuo da parte del mutuatario, ha osservato che non era in atti alcun documento idoneo a supportare una simile qualificazione.

Da tanto conseguiva la ricorrenza della fattispecie dell’arricchimento sine causa.

Ora, l’appellante non ha impugnato tale qualificazione, deducendo, come già fatto in prime cure, di avere restituito una somma addirittura maggiore di quanto ricevuto, con conseguente estinzione di ogni obbligo restitutorio.

12. Posta tale premessa, in primo luogo, la Corte osserva che, quanto all’imputazione dei bonifici per € 25.000,00 di cui ai documenti nn. 6,7,8, 15,16, 17 e 19 di parte appellante, l’osservazione circa l’assenza di una causale al fine di ricondurre la somma globale alla restituzione dell’importo di € 114.000,00 è stata svolta dal solo in sede di secondo grado;
non avendo lo stesso esposto alcuna considerazione di tal fatta né in sede di comparsa di costituzione, né in sede di memoria istruttoria, a supporto ed a commento eventualmente di produzioni documentali.

Tanto ne preclude l’esame ai sensi dell’art. 345 c.p.c., posto che “il divieto di “nova” sancito dall’art. 345 c.p.c. per il giudizio d’appello, applicabile anche nel giudizio di rinvio, riguarda non soltanto le domande e le eccezioni in senso stretto, ma altresì le contestazioni in punto di fatto non esplicate in primo grado, poiché l’ammissione di simili contestazioni in secondo grado trasformerebbe il giudizio d’appello da mera “revisio prioris instantiae” in “iudicium novum”, modello quest’ultimo estraneo al vigente ordinamento processuale” (v. Cass. civ. n. 2529/18).

In secondo luogo, quanto all’imputazione dei bonifici prodotti in primo grado con i quali il pretende di ritenere estinta la propria obbligazione, la Corte concorda con le osservazioni svolte dal giudice di prima istanza ed incentrate sull’art. 1193 c.c.;
a norma del quale, in presenza di più debiti verso la stessa parte, il debitore che paga deve dichiarare quale debito intende soddisfare.

Nel caso di specie, come è usuale e come dalle parti stesse ammesso, i rapporti di debito erano plurimi (la spesso anticipava le spese per i figli che poi erano rimborsate dal convivente, a titolo di esempio):

ebbene, in un simile contesto, il in occasione di ogni singolo bonifico avrebbe dovuto indicare la causale specifica, ossia, secondo la sua stessa prospettazione, restituzione del mutuo di € 114.000,00.

Né sono argomentazioni seriamente spendibili le deduzioni dell’appellante secondo cui l’indicazione di causali non veritiere sarebbe avvenuta su consiglio di un non meglio identificato commercialista;

ed, infatti, quand’anche tale deduzione corrispondesse alla verità storica, il non può che sopportare le conseguenze del proprio agire e, dunque, le conseguenze di aver indicato una causale specifica incompatibile con il concetto di restituzione di somme mutuate;
posto che, diversamente ragionando, si darebbe ingresso ad una qualificazione arbitraria, non supportata in alcun modo in termini documentali.

Né l’aver dato la disponibilità dei codici dell’home banking alla può condurre a risultati positivi in favore dell’impugnante, posto che anche in questo caso l’eventuale, non corretto utilizzo delle somme tramite bonifici non veritieri è riconducibile all’agire stesso del

Conclusivamente, in difetto di indicazioni puntuali e in presenza di bonifici con differente e specifica causale, oltre che di bonifici con destinatari la madre ed il fratello della ossia rispettivamente la pretesa di considerare tali bonifici quali restituzioni della somma mutuata è totalmente infondata. I motivi vanno, quindi, respinti.

13. Quanto al motivo sub c), il giudice di prime cure ha riconosciuto la corresponsione della somma di € 12.600,00 da parte della in favore del in forza di quanto da quest’ultimo ammesso, anche con riguardo all’impiego di tali danari al fine dell’arredo dell’immobile di sua esclusiva proprietà.

Quanto alle ulteriori somme chieste in restituzione da parte dell’attrice, il giudice di prime cure rilevava che i pagamenti effettuati dall’attrice in favore di per lavori di ristrutturazione, pari a complessivi € 20.320,00 – soci amministratori della – risultavano effettuati in favore della società cui si era rivolto il per l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione;

tuttavia “per quanto gli esborsi risultino oggettivamente effettuati, tramite emissione di assegni e bonifico – agli atti non è stato comprovata la tipologia delle opere eseguite in concreto (ndr.

nemmeno risultando oggetto dei capitoli di prova articolati) tramite la produzione delle fatture relative:

l’attrice non le ha prodotte e nemmeno ha solo dedotto che le stesse fossero in possesso del convenuto che non le avrebbe prodotto in giudizio;

l’attrice non ha prodotto alcuna fattura relativi ai versamenti effettuati e tanto meno ha solo dedotto specificatamente la tipologia ed il valore delle opere che sarebbero state effettuate, ancor meno deducendo che le fatture fossero in possesso del convenuto:
situazione che stride fortemente con la dettagliata documentazione prodotta dal convenuto (cfr.
doc. 40) circa le pezze giustificative degli interventi eseguiti, in più nemmeno adombrando la stessa parte attorea, anche solo il sospetto.

che le somme fossero state versate “in nero” in aggiunta a quelle esborsate dal convenuto:
di qui – per effetto della non ricollegabilità dell’esborso all’immobile – nemmeno la possibilità di valutare l’effettivo reale incremento di valore dell’immobile di proprietà del e quindi parametrare l’arricchimento conseguito da derivato dal corrispondente depauperamento di ; è ben vero che il convenuto non spende parola specifica alcuna relativamente all’assegno per € 1.599,57 (ndr. ) emesso dall’attrice in favore di precedente proprietaria dell’immobile, ma trattasi di somma particolarmente contenuta – come quella per spese straordinarie condominiali (ndr. € 972,00):

esborsi entrambi che possono rientrare tra quelle di gestione del menage familiare non fosse altro perché non si traducono necessariamente in un arricchimento senza causa per il convenuto:

il risparmio di spesa dell’uno ben può tradursi in un vantaggio anche per chi lo viene a sostenere attesa la possibilità dell’altra parta di poterlo in altra occasione ricambiare nell’ambito di una reciprocità che può anche non essere contestuale ma che inevitabilmente si realizza in un ménage familiare”.

14. L’appellante incidentale ha contestato le conclusioni raggiunte dal giudice di prime cure, evidenziando come i pagamenti fossero stati effettuati in favore di quei fornitori che effettivamente avevano realizzato le opere di ristrutturazione nell’immobile del ubicato in su richiesta e nell’interesse della controparte.

In particolare, ha osservato che: la fattura per serramenti e zanzariere emessa dalla era pari ad € 12.007,20 e per il pagamento della stessa era in atti solo un assegno di € 9.966,00;

tanto dimostrava che la differenza era stata saldata da essa appellante, che del resto contribuiva in tal modo al ménage familiare;
la fattura n. 218 del di € 5.500,00 era stata saldata dalla come risultava dal bonifico sub doc. n. 7, laddove il pagamento opposto dal sarebbe avvenuto in data , ossia a distanza di quasi sei mesi.

A supporto della tesi esposta, l’appellante incidentale articolava anche capitoli di prova sui quali insisteva.

15. La difesa del così argomentava in sede di comparsa conclusionale:
“la scrivente difesa già in primo grado contestava che i predetti esborsi fossero stati effettuati dalla sig.ra in nome e per conto del sig.

I lavori di ristrutturazione dell’immobile acquistato dal sig. sono stati effettuati dalla , nessun rapporto è mai intercorso tra il medesimo ed i sig.ri e/o personalmente con il sig. .

Pertanto, i versamenti effettuati dalla sig.ra , non potevano in alcun modo essere imputati a lavori di ristrutturazione commissionati dal sig. in mancanza di qualsiasi documento contabile.

I pagamenti effettuati dalla sig.ra ai predetti soggetti, con elevato grado di veridicità, attenevano ai lavori di ristrutturazione eseguiti presso l’immobile della di lei madre, immobile sito anch’esso in lavori che sono intervenuti nel medesimo periodo” (cfr. pag. 21 della comparsa conclusionale di secondo grado).

16. Opinione della Corte quanto al motivo sub c).

La Corte concorda con quanto osservato dal giudice di prime cure, non essendo in atti la prova specifica della tipologia di lavori effettuati sull’immobile di proprietà del ed il relativo ordine o preventivo.

Tale prova documentale doveva essere del tutto rigorosa, alla luce non solo delle speculari contestazioni svolte dal ma anche alla luce del fatto che allo stesso indirizzo ( ) era situato pure l’immobile della madre della come esposto da e non contestato.

Non è poi seriamente sostenibile che il pagamento parziale di una fattura da parte del implichi ipso facto che il saldo sia stato effettuato dalla con riferimento alla fattura emessa dalla per € 12.007,20.

Né, infine, sono ammissibili i capitoli di prova articolati in sede di comparsa per le seguenti considerazioni.

In primo luogo, le circostanze esposte in detti capitoli dal n. 1 al n. 9 sono generiche, coprendo un arco temporale rilevante e, soprattutto, non consentono di individuare le opere specifiche realizzate presso l’immobile del (in tutti i capitoli sono indicate “opere di ristrutturazione”, “opere realizzate”, pur trattandosi di attività poste in essere da fornitori diversi).

In secondo luogo, i capitoli dal n. 12 al n. 17 – non essendo presenti i capitoli nn. 10 e 11 – si riferiscono a fatti della vita familiare, della cura dei minori ed a querele sporte dalla nei confronti dell’ex convivente e sono, pertanto, irrilevanti rispetto ai temi trattati nel presente giudizio.

17. Sulla base delle sopra esposte considerazioni, pertanto, segue il rigetto tanto dell’appello principale quanto di quello incidentale, con conferma della decisione di primo grado.

18. deve rimborsare le spese processuali del grado in favore di previa compensazione nella misura di 1/3, tenuto conto del rigetto dell’appello incidentale.

19. Sussistono, per entrambi gli appellanti, i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater D.P.R. n. 115/02 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 bis D.P.R. n. 115/02.

La Corte, definitivamente decidendo nella causa n. 2595/20 R.G., ogni diversa domanda, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede:

respinge l’appello principale proposto da e l’appello incidentale proposto da e, per l’effetto, conferma la sentenza emessa dal Tribunale di Monza, in data II.
condanna a rimborsare, in favore di le spese processuali del grado, che, già operata la compensazione per 1/3, liquida in complessivi € 4.758,00 – oltre rimborso forfettario delle spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge;
III.
dà atto che, per effetto della presente decisione, sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater D.P.R. n. 115/02 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 bis D.P.R. n. 115/02.
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio in data Il Consigliere est. Dott. NOME COGNOME Il Presidente Dott. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvovato
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