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Responsabilità nella gestione della sicurezza in un cantiere edile

La sentenza affronta il tema della delega di incarico professionale e della corretta interpretazione del contratto, in particolare per quanto riguarda la responsabilità nella gestione della sicurezza in un cantiere edile. Viene ribadito il principio della necessità di prove concrete a supporto delle contestazioni mosse, pena il rigetto delle stesse.

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Pubblicato il 7 maggio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 137/2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale di Sondrio SEZIONE UNICA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._132_2025_- N._R.G._00000137_2022 DEL_02_05_2025 PUBBLICATA_IL_02_05_2025

nella causa civile di II Grado iscritta al n. r.g. 137/2022 promossa da:

(C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME NOME COGNOME e dell’avv. COGNOME, elettivamente domiciliata nello studio del secondo in INDIRIZZO 23100 COGNOME (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME NOME (C.F. ), elettivamente domiciliata in INDIRIZZO 23100 Sondrio (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. NOME COGNOME (C.F. ), elettivamente domiciliato in INDIRIZZO COGNOME Oggetto: prestazione d’opera professionale

CONCLUSIONI

C.F. C.F. C.F. C.F. Le parti hanno concluso come segue.

Per parte appellante:

“Voglia codesto Tribunale di Sondrio, in INDIRIZZO

anche in conformità delle statuizioni dell’Ordinanza di Cassazione n. 32782-21 del 27 maggio 2021, ed in riforma integrale la sentenza n. 36/2017 del Giudice di Pace di Sondrio:

– accogliere l’appello e per l’effetto riformare integralmente la sentenza n. 36/2017 Giudice di Sondrio e conseguentemente;

– respingere le pretese di in quanto infondate in fatto ed in diritto e per i motivi dedotti in premessa e per l’effetto disporre la restituzione della somma di Euro 2.197,56 dall’odierna appellante Signora corrisposta a in data 20 marzo 2017, oltre interessi e rivalutazione all’esito dell’impugnazione della sentenza n. 36/2017;

– accertare, nel limite della propria competenza di valore, la negligenza ed imperizia della odierna appellata nel proprio operato con condanna della medesima a pagare all’appellante a titolo di risarcimento dei danni la somma di Euro 5.000 e/o la somma minore che sarà provata in corso di causa e, comunque, per un ammontare complessivo, ivi inclusa la restituzione dell’ammontare corrisposto, non superiore ad Euro 5.000;

In ogni caso:

nella denegata ipotesi di conferma del credito di nei confronti dell’appellante in misura superiore alla somma di Euro 934 condannare il Geom. a tenere manlevata la Signora per la somma differente, nonché per le spese di lite.

In ogni caso:

con vittoria delle spese legali del presente giudizio, di quello di legittimità e dei precedenti due gradi di merito e con restituzione delle somme già versate dalla Sig.ra nonché dei tributi indiretti ed oneri accessori versati in relazione alle sentenze di primo e secondo grado.

” Per parte appellata “Voglia l’Ecc.mo Giudice adito, respinta ogni contraria domanda ed eccezione IN VIA PRELIMINARE Dichiarare l’inammissibilità della domanda di risarcimento dei danni proposta dalla signora in quanto domanda nuova in appello ex art. 345 c.p.c.;

NEL MERITO Rigettare l’appello proposto dalla signora in quanto infondato in fatto ed in diritto e per l’effetto confermare integralmente la sentenza n. 36/2017 del Giudice di Pace di Sondrio, pubblicata in data 22 febbraio 2017.

Con vittoria di spese e competenze del presente e del precedente giudizio di appello”.

Per parte appellata “Voglia l’Ill.mo Tribunale di Sondrio, premessa ogni più opportuna declaratoria, Preliminarmente.

Dichiarare inammissibile ex art. 345 c.p.c. la domanda di risarcimento danni proposta in appello, perché abbandonata nel giudizio di primo grado.

Nel Merito.

Respingere l’impugnazione proposta da per la riforma della Sentenza n 36/2017 del Giudice di Pace di Sondrio, depositata il 22/02/2017, confermando detta sentenza, occorrendo anche con diversa o più ampia motivazione.

Con il favore di spese e onorari del presente giudizio, oltre il 15% delle spese forfettarie e oltre accessori di legge e tutte le successive occorrende.

” Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione 1. Con sentenza n. 36/2017 del 22.02.2017, il Giudice di Pace di Sondrio condannava al pagamento di € 2.197,56 oltre interessi nei confronti di a titolo di saldo fatture per compensi professionali relativi al coordinamento della sicurezza di un cantiere in Tirano (SO), nonché alla rifusione delle spese di lite in favore della società attrice e del terzo chiamato 1.1 Avverso tale pronuncia, proponeva appello domandando la riforma dell’impugnata sentenza. 1.1.1 Parte appellante censurava la decisione di prime cure sotto il profilo dell’interpretazione del contratto del 18.02.2013 tra le committenti (tra cui e il geom. relativo alla progettazione e gestione del cantiere riferito al compendio immobiliare di INDIRIZZO in Tirano (SO), censito al catasto fabbricati dello stesso Comune al f. 37 mapp. 225, 448, 449, 450, 406, 407, 610 e 612.

Deduceva che tra le prestazioni incluse nel contratto (individuate all’art. 3) vi era anche quella relativa alla gestione della sicurezza del cantiere e riteneva, pertanto, che gli importi richiesti a titolo di compenso da avrebbero dovuto essere sostenuti da essendo rimessa a lui la scelta di avvalersi di collaboratori nello svolgimento dell’incarico affidatogli.

Diversamente da quanto ritenuto dal Giudice di Pace, infatti, non vi era necessità alcuna di conferire mandato professionale a soggetto ulteriore, peraltro ad opera del responsabile dei lavori ing. Ciò trovava conferma nel fatto che il geom. aveva dedotto la somma di € 2.000,00 dal suo compenso di € 20.000,00 originariamente pattuito proprio in ragione del fatto che non aveva svolto l’attività di coordinamento sul cantiere.

Doveva, inoltre, ritenersi implausibile l’assenza di relazione di committenza tra il geom. considerato che lo stesso legale rappresentante della società, aveva dichiarato che il suo nominativo era stato suggerito all’ing. proprio dal geom. e che comunque doveva ritenersi inevitabile che egli avesse preso visione dell’attività svolta dallo Ancora, la pronuncia gravata non aveva tenuto in considerazione il fatto che l’incarico conferito all’ing. non era stato portato a termine, essendo questi stato poi sostituito dallo stesso ing. che l’aveva nominato. Irrilevante, poi, che le altre due committenti avessero pagato quanto richiesto senza nulla contestare, emergendo dalle prove testimoniali rese che ciò era avvenuto “per non aver più nulla a che fare con lui”.

Evidenziava, per altro verso, che l’attività di gestione della sicurezza era stata svolta in modo carente e superficiale e comunque non adeguato rispetto alla situazione progettuale effettiva, come pure riscontrato con ispezione del 03.03.2014 dall , che disponeva la sospensione dei lavori.

1.1.2 Il giudizio veniva rubricato sub R.G. 610/2017.

Il Tribunale di Sondrio, nella persona della dott. NOME COGNOME, con sentenza n. 61/2019, dichiarava inammissibile l’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c. e condannava l’appellante alla rifusione delle spese del grado nei confronti dei due appellati, entrambi costituiti.

1.2 proponeva, dunque, ricorso per Cassazione, deducendo vizio di nullità processuale e violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e così instaurando il giudizio di legittimità sub R.G. 26439/2019.

Con ordinanza n. 32782/2021, la Suprema Corte, in accoglimento del ricorso, cassava la sentenza con rinvio avanti al Tribunale di Sondrio in diversa composizione.

2.

Con atto di citazione notificato il 01.02.2022, riassumeva, dunque, il giudizio di appello avanti all’intestato Tribunale, riportandosi alle argomentazioni e conclusioni già spiegate.

2.1

Con comparsa di risposta depositata il 03.05.2022, si costituiva chiedendo il rigetto del gravame, previa declaratoria di inammissibilità della domanda risarcitoria proposta, il tutto con vittoria di spese.

2.1.1 Nel merito, condivideva l’interpretazione del contratto offerta dal primo Giudice e richiamava a conforto le risultanze dell’istruttoria orale svolta.

Rappresentava, inoltre, come emergesse dalla documentazione agli atti il corretto adempimento dell’incarico da parte dell’ing. Infine, quanto alla domanda risarcitoria, tenuto conto del fatto che essa in primo grado non era stata riproposta in sede di precisazione delle conclusioni, essa doveva essere ritenuta rinunciata e dunque non riproponibile in appello, derivandone la necessaria declaratoria di inammissibilità.

2.2

Con comparsa di risposta depositata il 05.05.2022, si costituiva in giudizio concludendo anch’egli per il rigetto dell’impugnazione, previa declaratoria di inammissibilità della domanda risarcitoria proposta, il tutto con vittoria di spese, e svolgendo difese analoghe a quelle dell’altra appellata.

3. Alla prima udienza del 19.10.2022 il Giudice dott. NOME COGNOME rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni, che, previo rinvio, si teneva il 09.10.2024 ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c. 4. Giusta la pronuncia della Corte di Cassazione, occorre esaminare l’unico e articolato motivo di gravame con cui ha censurato la sentenza del Giudice di Pace di Sondrio n. 36/2017 del 22.02.2017, lamentando un’errata valutazione del compendio probatorio in atti.

4.1 Preme, in primo luogo, osservare come risulti documentalmente provato (doc. 1 primo grado) che l’incarico di “coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori” è stato conferito a dal responsabile dei lavori ing.

Tale circostanza documentale non può essere smentita dalla deposizione resa in senso contrario dallo stesso all’udienza del 17.05.2016 (“A.D.R. L’incarico professionale a l’ha dato il geom. , “Non è vero che furono da me commissionati, ma sono stati funzionalmente autorizzati in qualità di responsabile dei lavori”), tenuto conto del tenore testuale esplicito e non fraintendibile del documento (“Con la presente il RESPONSABILE DEI LAVORI nomina il Dott. Ing. con studio in Bianzone (SO) – INDIRIZZO come previsto dall’art. 90 del D.Lgs. 81/08, COORDINATORE PER LA PROGETTAZIONE E PER L’ESECUZIONE DEI LAVORI”). Che il rapporto intercorresse tra dette parti è implicitamente confermato dal fatto che le successive comunicazioni e la lettera di dimissioni (docc. 2 e 3 primo grado) sono sempre state indirizzate al Responsabile dei lavori, all’appaltatore e alla committenza, mai al geom. che evidentemente vi rimaneva estraneo.

Si noti che tale ricostruzione è coerente con quanto dichiarato (per quanto privo di valore probatorio – Cass. n. 29472/2023) da in sede di interrogatorio formale.

4.2 È altrettanto documentale che le committenti abbiano conferito a con scrittura privata datata 18.02.2013 (doc. 2 primo grado), l’incarico professionale meglio specificato all’art. 3, comprensivo (tra l’altro) del “coordinamento per la sicurezza in fase di progettazione” e del “coordinamento per la sicurezza in fase di esecuzione”, per un compenso complessivo pattuito di € 20.000,00.

In detto contratto, all’art. 7 veniva previsto che il professionista potesse “avvalersi dei propri collaboratori di studio, dipendenti, praticanti, ecc..

nonché altri colleghi professionisti anche iscritti ad altri albi ed ordini per lo svolgimento anche solo di una parte dell’incarico;

a tale scopo l’importo delle parcelle da questi ultimi emesse, saranno a loro direttamente pagate dal Committente e gli importi saranno dedotti dall’ammontare complessivo delle prestazioni dovute al Geometra dal Committente” mentre “Eventuali professionisti terzi necessari al completo espletamento dell’incarico saranno incaricati direttamente dal Committente”, con onorari da fatturare separatamente.

Non v’è dubbio che le prestazioni rese da coincidano con una parte dell’incarico conferito al geom. il quale ben avrebbe potuto delegare l’attività di coordinamento della sicurezza sul cantiere a professionista di sua scelta.

Tuttavia, difetta la prova che ciò sia avvenuto, atteso che – come sopra osservato – è stato l’ing. a conferire l’incarico di coordinamento e non è stato in alcun modo dimostrato che ciò sia avvenuto su mandato del geom. risultando del tutto irrilevante il mero suggerimento del nominativo dell’ing. Il fatto che poi il geom. abbia ridotto la propria parcella da € 20.000,00 ad € 18.000,00 ben può essere il frutto di un accordo con la committenza che tenesse conto del fatto che parte delle prestazioni a lui assegnate erano poi state indirizzate su soggetto diverso, ossia Non è possibile, dunque, dedurre dalla misura della riduzione del compenso del geom. la misura del compenso di essendo i due rapporti non collegati tra loro. Priva di rilievo è, poi, la circostanza che abbia potuto prendere visione degli accordi tra la committenza e il geom. essendo comunque estraneo agli stessi.

4.3 ha contestato anche la correttezza dello svolgimento dell’incarico da parte di deducendo che il piano di sicurezza e coordinamento (RAGIONE_SOCIALE) redatto dalla società era generico, così come i verbali, e infatti in data 03.03.2014 l rilevava l’irregolarità delle norme sulla sicurezza del cantiere, cui pochi giorni dopo seguivano le dimissioni.

A comprova della propria diligenza nell’adempimento dell’incarico, versava in giudizio ampia documentazione ed evidenziava in particolare che:

– il P.S.RAGIONE_SOCIALE. era stato più volte riformulato (docc. 9, 10 e 11 primo grado) alla luce delle tre pratiche edilizie presentate (s.c.i.a.

del 06.03.2013, d.i.a.

del 30.04.2013 e d.i.a.

del 24.05.2013) in modo da essere aderente alla reale situazione di cantiere;

– diversamente da quanto osservato da il PRAGIONE_SOCIALE. era aggiornato alla normativa vigente, in particolare al d.lgs. 81/2008 e faceva riferimento alla normativa precedente solo per completezza;

– l’indicazione di ponteggi in legno o metallo, in alternativa, era dovuta al fatto che trattasi di scelta dell’impresa appaltatrice, che aveva poi optato per quelli in metallo come specificato nello stesso P.S.C.;

– la previsione di demolizioni di strutture in cemento armato era corretta in quanto era stato demolito tutto l’interno dell’edificio (inclusi solai, balconi, scale e muri interni, come da fotografie allegate) e, infatti, vi era stata la necessità di escavatori in cantiere (doc. 13 primo grado);

– i verbali di cantiere (doc. 2 e 14 primo grado) contenevano specifiche prescrizioni e indicazioni.

Le osservazioni di trovano piena conferma nella corposa documentazione in atti, di cui si sottolinea la completezza e la coerenza, né del resto l’odierna appellante ha tentato di smentirla domandando l’ammissione di prove orali o producendo documentazione contraria.

Si noti, peraltro, che sino all’ultimo sopralluogo del 04.12.2013 l’ing. aveva evidenziato la necessità di osservare ulteriori prescrizioni (verbale doc. 2 primo grado) e che dal verbale di ispezione dell (doc. 6 primo grado) non è possibile evincere se le contestazioni avessero a che fare con la correttezza delle prescrizioni o con la loro attuazione da parte dell’impresa appaltatrice mediante la realizzazione delle opere provvisionali, ma in ogni caso la sanzione è stata elevata esclusivamente nei confronti di quest’ultima.

Ancora, si evidenzia che le difese di come articolate nella memoria ex art. 320 c.p.c. del 01.12.2015 non sono state adeguatamente e precisamente contestate da che si è limitata a prendere atto dell’esistenza di un P.S.C. successivo a quello iniziale.

4.4 Infine, ha lamentato che il giudice di pace non abbia tenuto adeguatamente conto, sotto il profilo del quantum, del fatto che l’incarico non è stato portato a termine.

La censura è, tuttavia, generica e apodittica, in quanto l’appellante nemmeno spiega rispetto a quali parametri la richiesta di compenso debba ritenersi eccessiva in rapporto all’attività effettivamente svolta.

4.5

Alla luce di tutto quanto osservato, pertanto, il gravame deve ritenersi infondato e va respinto.

5.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo sulla base dei parametri di cui al D.M. 55/2014 previsti per le cause di valore compreso tra € 1.101,00 ed € 5.200,00, in ragione dell’esito complessivo del giudizio.

Deve, dunque, essere disposta la condanna sia per il grado di legittimità (cfr. art. 385 co. 3 c.p.c.) sia per quello di appello, con riconoscimento di tutte le fasi nei valori medi ad eccezione di quella di trattazione, tenuto conto dell’assenza di attività istruttoria, il tutto comunque nei limiti della nota spese depositata.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

rigetta l’appello proposto da avverso la sentenza n. 36/2017 del 22.02.2017 del Giudice di Pace di Sondrio;

condanna a rimborsare a e a le spese di lite, che si liquidano, per ciascuno, per il grado di appello in € 1.701,00 per compenso, oltre I.V.A., c.p.a. e spese generali, e comunque nei limiti della nota spese depositata, e per il grado di legittimità in € 1.875,00 per compenso, oltre I.V.A., c.p.a. e spese generali;

dà atto che ricorrono i presupposti per il pagamento del doppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla l. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

02/05/2025 Il Giudice NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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