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Codice Civile
Codice Penale

Opposizione cartella di pagamento, riscossione

Opposizione alla cartella di pagamento, emessa ai fini della riscossione, va proposta ai sensi dell’art. 7 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150.

TRIBUNALE DI BRINDISI
Sezione Civile
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il TRIBUNALE in composizione monocratica nella persona del dott., ha emesso la seguente

SENTENZA n. 747/2022 pubblicata il 12/05/2022

nella controversia in secondo grado rubricata al N°2127/2019 R.G. rimessa per la decisione all’udienza del 25/03/2021

tra

XXX (c.f.);

appellante

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (c.f.)

appellata/opposta Oggetto: appello avverso sentenza del G.d.P. in materia di opposizione a cartella di pagamento relative a sanzioni amministrative.

Precisazione delle conclusioni come da note scritte autorizzate depositate in modalità telematica in vista dell’udienza del 24/03/2022, celebrata nelle forme della trattazione scritta;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La presente sentenza viene redatta omettendo di riportare la parte relativa allo svolgimento del processo, a norma dell’art. 132, comma 2, c.p.c. per come novellato dall’art. 45, comma 17 legge 69/2009.

XXX ha proposto gravame avverso la sentenza n. 2068/18 del G.d.P. di Brindisi, emessa e pubblicata in data 15/11/18, con la quale era stata rigettata l’opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c., proposta dal XXX nei confronti di Agenzia delle Entrate-Riscossione ed avente ad oggetto l’atto di intimazione n. notificata il 12/3/18, attraverso il quale il predetto agente della riscossione aveva richiesto all’odierno appellante il pagamento della somma di €.2897,61 sotteso a cartelle di pagamento (n. e n.) afferenti a sanzioni amministrative per violazione al C.D.S. irrogate con PV elevati dalla Polizia Municipale del Comune di Francavilla Fontana.

Va premesso che: il XXX aveva addotto a fondamento della propria opposizione i seguenti motivi: 1) mancata ricezione/omessa notifica delle cartelle di pagamento anzidette poste a fondamento della pretesa creditoria ed intervenuta prescrizione delle somme pretese; 2) errata indicazione delle somme a ruolo – maggiorazioni non dovute; errata interpretazione e falsa applicazione dell’art. 24 L. 689/91; 3) nullità, inesistenza ed inefficacia della cartella esattoriale per omessa ed incomprensibile indicazione delle modalità di calcolo degli interessi; che la opposta Agenzia delle Entrate-riscossione si era costituita rilevando l’infondatezza in fatto e diritto dell’opposizione, depositando, in particolare, copia degli estratti di ruolo nonché copia degli avvisi di ricevimento delle notificazioni a mezzo posta relativi alle cartelle di pagamento n. e n.; che a fondamento del rigetto dell’opposizione il giudice di prime cure ha addotto le seguenti ragioni: regolarità del procedimento di notifica con riferimento alle cartelle di pagamento n. e n. sottese alla intimazione opposta; infondatezza degli ulteriori motivi di opposizione stante: a) omessa impugnazione delle cartelle di pagamento con riguardo ai fatti estintivi dedotti come sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo, b) inammissibilità dell’opposizione proposta riguardo ai motivi afferenti la regolarità formale delle cartelle.

A sostegno del proprio gravame l’opponente XXX ha addotto i seguenti motivi: 1)- erronea applicazione dell’art. 2719 c.c. ed omessa motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui, con riferimento alla documentazione prodotta da Agenzia delle Entrate e Riscossione (segnatamente, copie fotostatiche del prospetto riepilogativo delle accettazioni relative alle spedizioni postali delle singole raccomandate, di due estratti di ruolo e di due relate di notifica) il giudicante ritiene “accertata l’avvenuta notifica delle cartelle di pagamento sottostanti alla intimazione odiernamente opposta. ”; 2)- omessa pronuncia della sentenza sulla eccezione di prescrizione della pretesa creditoria, sull’errata indicazione delle somme a ruolo e sull’omessa indicazione delle modalità di calcolo degli interessi; violazione del disposto di cui all’art. 112 cpc; L’Agenzia delle Entrate-Riscossione si è costituita nel presente grado domandando il rigetto dell’appello con conferma della sentenza impugnata.

In difetto di alcuna richiesta istruttoria, la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 25/3/2021 celebrata nella forma della trattazione scritta.

Preliminarmente, va affrontata la questione sollevata dall’appellante nel corso del presente giudizio ed avente ad oggetto l’assunto difetto dello ius postulandi della difesa dell’appellata, costituitasi in giudizio con rappresentanza di un avvocato del libero foro.

La questione deve ritenersi oramai superata, giacché sul tema è intervenuto sia il dato positivo normativo e sia il dirimente contributo giurisprudenziale della S.C. di legittimità cui questo giudicante si uniforma.

Infatti, il decreto-legge del 30 aprile 2019, n. 34, per quanto di interesse per il contenzioso esattoriale, offre una disposizione di carattere interpretativo in materia di difesa in giudizio di AdER e stabilisce che la disposizione di cui all’art. 43 comma 4 del RD 1611/1933 non trova applicazione nei casi di indisponibilità dell’Avvocatura dello Stato ad assumere il patrocinio di AdER.

Ed, ancora, la Cassazione a Sezione Unite, con la sentenza n. 30008, del 19 novembre 2019 ha chiarito che “nell’interesse della legge e per risolvere la devoluta questione di massima di particolare importanza, i seguenti principi di diritto: (a) impregiudicata la generale facoltà di avvalersi di propri dipendenti delegati davanti al tribunale e al giudice di pace, per la rappresentanza e la difesa in giudizio, l’ Agenzia delle Entrate – Riscossione si avvale: 1) dell’ Avvocatura dello Stato nei casi previsti come ad essa riservati dalla Convenzione con questa intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell’ art. 43, comma 4, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’ organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; 2) ovvero, in alternativa e senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dal richiamato art. 43, comma 4, r.d. cit., di avvocati del libero foro nel rispetto degli art.. 4 e 17 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del comma 5 del medesimo art. 1 del d.l. n. 193 del 2016 in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’ Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio; (b) quando la scelta tra il patrocinio dell’ Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’ Agenzia e l’ Avvocatura o di indisponibilità di questa di assumere il patrocinio, la costituzione dell’ Agenzia a mezzo dell’ una o dell’ altro postula necessariamente e implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità”.

Sulla base di quanto considerato ed in difetto di specifica contestazione in ordine alla sussistenza dei presupposti di legge per la costituzione con avvocato del libero foro, va riconosciuto pienamente valido lo ius postulandi dall’appellata.

Nel merito l’appello è infondato e va conseguentemente rigettato.

L’appellante, col primo motivo di gravame, adduce l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di prime cure ha ritenuto idonea ai fini della decisione, la esibizione da parte della Agenzia delle Entrate e Riscossione di copie fotostatiche non conformi e non autenticate dei documenti relativi alle spedizioni postali delle singole raccomandate, di due estratti di ruolo e di due avvisi di ricevimento delle notifiche a mezzo posta e sulla base di ciò ha ritenuto provata e validamente avvenuta, la notifica delle cartelle di pagamento sottostanti alla intimazione opposta.

Il motivo non è fondato.

In materia è principio consolidato quello espresso dalle SS.UU. della S.C. secondo il quale: “L’opposizione alla cartella di pagamento, emessa ai fini della riscossione di una sanzione amministrativa pecuniaria comminata per violazione del codice della strada, va proposta ai sensi dell’art. 7 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150 e non nelle forme dell’opposizione alla esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ, qualora la parte deduca che essa costituisce il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogata in ragione della nullità o dell’omissione della notificazione del processo verbale di accertamento della violazione del codice della strada. Il termine per la proponibilità del ricorso, a pena di inammissibilità, è quello di trenta giorni decorrente dalla data di notificazione della cartella di pagamento”. (Cass. SS.UU. n. 22080 del 22 settembre 2017 )

Nel caso di specie il Giudice di prime cure ha espressamente qualificato la domanda oggetto del presente giudizio come opposizione proposta avverso intimazione di pagamento ex art. 615 e 617 cpc, desumendo peraltro da tale qualificazione la propria competenza per territorio e ciò in considerazione del fatto che per effetto della produzione della prova dell’avvenuta notificazione delle cartelle di pagamento, all’opposizione avverso l’atto del procedimento esattoriale, non potrebbe attribuirsi la natura di “mezzo di tutela previsto dalla legge riguardo agli atti sanzionatori”. In difetto di impugnazione, la qualificazione della domanda attorea per come attribuita dal giudice del primo grado deve ritenersi irrevocabile.

Nel merito del motivo di impugnazione, il giudicante condivide nella sostanza la ratio decidendi della pronuncia impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che l’Agente della riscossione abbia fornito la prova della notificazione della cartella di pagamento, attraverso la produzione in giudizio di copia degli avvisi di ricevimento.

Ed invero, a norma dell’art.2719 c.c., le copie fotostatiche dei documenti, hanno la stessa efficacia probatoria degli originali se la loro conformità non venga espressamente disconosciuta dalla parte nei confronti della quale sono prodotti.

La Suprema Corte ha ripetutamente espresso il consolidato principio, cui questo giudicante ritiene di attenersi, secondo il quale “la contestazione della conformità di un documento prodotto in copia al relativo originale non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata a pena di inefficacia in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume che la copia differisce dall’originale” (Cassazione n. 21491/2020; dello stesso avviso le n. 19855, 17834, 13387, del 2020).

Ciò posto, laddove l’agente della riscossione produca in giudizio copia fotostatica della relata di notifica o dell’avviso di ricevimento recanti il numero identificativo della cartella, e l’obbligato contesti la conformità delle copie prodotte agli originali, ai sensi dell’articolo 2719 cc, “il giudice deve valutare le specifiche difformità contestate alla luce degli elementi istruttori disponibili” (Cassazione nn. 21585, 15641, 4537, tutte del 2020) “…compresi quelli di natura presuntiva…”.. Nel caso di specie l’opponente ed odierno appellante, ha solo genericamente contestato la conformità delle copie degli avvisi di ricevimento prodotti agli originali, senza indicare alcuna specifica difformità, onde per cui correttamente il primo giudice ha ritenuto di desumere dalle predette copie, la regolarità del procedimento di notificazione di entrambe le cartelle di pagamento sottese alla intimazione opposta.

Appare peraltro inconferente il richiamo operato dall’appellante agli articoli 214 e ss, cpc, posto che l’avviso di ricevimento costituisce un atto pubblico ( e la medesima efficacia probatoria deve attribuirsi alla copia non disconosciuta ex art. 2719 c.c.), onde per cui non soltanto non si pone una questione di disconoscimento della propria sottoscrizione, ma la contestazione della veridicità di quanto in esso riportato, non poteva veicolarsi attraverso il mero disconoscimento, per essere necessaria la proposizione della querela di falso.

Diversamente opinando, non si potrebbe certo ritenere fondatamente plausibile che l’opposta agenzia di riscossione per dimostrare la sua pretesa creditoria in giudizio si sia avvalsa di una documentazione formata in maniera compiacente da parte di soggetto terzo (Poste Italiane), che, in segno contrario a tale ipotesi, deve invece essere considerato soggetto deputato ad eseguire la notifica a mezzo posta secondo le prescrizioni e gli effetti della legge 20 novembre 1986 n. 890. E’ opportuno osservare, infatti, che sul punto la recente giurisprudenza della S.C. ha sottolineato che “l’avviso di ricevimento, il quale è parte integrante della relata di notifica, costituisce, ai sensi della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 4, comma 3, il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna del plico con la relativa data, sia l’identità della persona alla quale la consegna stessa è stata eseguita, e che ha sottoscritto l’avviso; esso riveste natura di atto pubblico, e, riguardando un’attività legittimamente delegata dall’ufficiale giudiziario all’agente postale ai sensi della citata L. n. 890 del 1982, art. 1, gode della medesima forza certificatoria di cui è dotata la relazione di una notificazione eseguita direttamente dall’ufficiale giudiziario, ovverosia della fede privilegiata attribuita dall’art. 2700 c.c. in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l’agente postale, mediante la sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento, attesta avvenuti in sua presenza. (Cass. 28 ottobre 2021, n. 30485).

Con il secondo motivo di gravame, l’appellante lamenta l’omessa pronuncia della sentenza riguardo vari profili, ovvero riguardo alla eccezione di prescrizione della pretesa creditoria, all’errata indicazione delle somme a ruolo, all’omessa indicazione delle modalità di calcolo degli interessi ed alla violazione del disposto di cui all’art. 112 cpc.

La doglianza dell’appellante relativa alla omessa pronuncia della sentenza appellata circa l’eccezione di prescrizione della pretesa creditoria è infondata, poiché con il rigetto dell’opposizione e la conferma della intimazione di pagamento opposta il giudice di prime cure ha implicitamente verificato che il termine di prescrizione quinquennale non è decorso.

Avendo l’odierno appellante ricevuto regolare notifica di tutte le cartelle di pagamento sottese all’intimazione opposta – rispettivamente il 28/1/2014 per le sanzioni amministrative irrogate con i verbali di accertamento del 2010 ed il 16/6/2016 per le sanzioni amministrative irrogate con i verbali di accertamento 2012 -, ne deriva da un lato l’infondatezza dell’eccezione della prescrizione quinquennale dell’obbligazione di pagamento della sanzione ( veicolata attraverso lo strumento dell’opposizione ex art.615, comma 1, c.p.c. esperibile in ogni tempo per fatti estintivi o modificativi del titolo esecutivo ), fungendo la cartella di pagamento da atto interruttivo del corso della prescrizione e d’altro lato l’inammissibilità delle contestazioni inerenti ai vizi formali delle cartelle ( veicolate attraverso l’opposizione ex art.617 c.p.c. ) dovendo tali vizi essere fatti valere nel termine di giorni venti dalla notificazione dell’atto della procedura esattoriale viziato ovvero, in caso di omessa notifica, entro giorni venti dalla notificazione del primo atto ad esso successivo.

Peraltro la notifica dell’intimazione di pagamento odiernamente opposta, essendo avvenuta in data 12/3/2018, la stessa ha tempestivamente interrotto il corso della prescrizione quinquennale, che era ricominciato a decorrere dalla notifica delle cartelle di pagamento.

Le ulteriori doglianze di gravame (segnatamente, l’errata indicazione delle somme a ruolo, l’omessa indicazione delle modalità di calcolo degli interessi), nei termini proposti, risultano inammissibili. Ribadita la circostanza per cui l’odierno appellante, pur avendo ricevuto la notifica delle cartelle, ad esse non si è opposto, va evidenziato che la omessa opposizione alle cartelle ha definitivamente precluso ogni successiva contestazione inerente all’indicazione delle somme iscritte a ruolo ed al calcolo degli interessi fatti valere dalle cartelle in questione.

L’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., come è noto, deve essere attivata nel termine di 20 giorni dalla notifica della cartella) nel caso in cui si contesti da parte dell’interessato la ritualità formale della cartella esattoriale o si adducano vizi di forma del procedimento di esecuzione esattoriale, compresi i vizi strettamente attinenti la notifica della cartella o quelli riguardanti i successivi avvisi di mora.

Nel caso di specie, come ha condivisibilmente, rilevato il giudice di prime cure, poiché “dalla documentazione in atti risulta accertata l’avvenuta notifica delle cartelle di pagamento sottostanti all’intimazione odiernamente opposta. Non avendo parte opponente impugnato le suddette cartelle tempestivamente per quanto attiene alla irregolarità in relazione ai fatti estintivi asseritamente sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo” le ulteriori nullità, in caso di deduzioni di vizi di regolarità formale della cartella esattoriale non possono trovare accoglimento in quanto stante la corretta notifica delle cartelle, i vizi formali dell’atto dovevano essere formulati ai sensi dell’art.617 cpc entro venti giorni dalla loro notifica.

Ad ogni buon conto, richiamato il principio affermato dalla S.C. secondi cui “…La tempestività dell’opposizione agli atti esecutivi deve essere controllata pregiudizialmente d’ufficio, anche in sede di legittimità, in base alla lettura degli atti (Cass. N. 25757 del 24.10.2008) più chiaramente nel caso di specie va affermata da questo giudicante l’inammissibilità della opposizione riguardo tali vizi, essendo stata l’azione promossa oltre il termine di venti giorni dalla notifica degli atti impugnati per intervenuta decadenza ex art. 617 c.p.c. dalla facoltà di muovere contestazioni relative alle irregolarità formali delle intimazioni di pagamento e delle cartelle, avendo l’opposta ed odierna appellata “riprodotto la sua eccezione di inammissibilità della opposizione proposta già in primo grado e ribadita in appello” (Cass. N.1656/2016)

Per tutte le considerazioni che precedono, rigettati i motivi di impugnazione e valutata la legittimità dell’intimazione di pagamento opposta, la sentenza gravata va interamente confermata.

Le spese del presente grado di giudizio debbono seguire la soccombenza e vanno liquidate nella misura di cui al dispositivo secondo le voci tariffarie di cui al DM 55/2014.

Sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’appellante XXX di un ulteriore importo pari al contributo unificato qualora effettivamente dovuto per la presente impugnazione, a norma dell’art. 13, comma 1-quater, DPR 115/2002.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, sull’appello proposta da XXX nei confronti di Agenzia delle Entrate e Riscossione, in persona del suo l.r.p.t., ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa, così provvede:

1. rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza n. 2068/2018 emessa dal G.d.P. di Brindisi depositata in data15/11/2018;

2. condanna XXX alla refusione delle spese di lite in favore dell’appellata che si liquidano in €. 1.620,00 per compensi, oltre al 15% per rimb. forf. nonché CAP e IVA se dovuti, con distrazione in favore del Avv. dichiaratasi anticipataria;

3. Sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’appellante XXX di un ulteriore importo pari al contributo unificato qualora effettivamente dovuto per la presente impugnazione, a norma dell’art. 13, comma 1-quater, DPR 115/2002.

Brindisi, lì 11/5/2022

IL GIUDICE


La presente sentenza è stata redatta con la collaborazione del dott. funzionario addetto all’Ufficio per il Processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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