REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE QUARTA CIVILE così composta:
dr.ssa NOME COGNOME presidente dr.ssa NOME COGNOME consigliere dr. NOME COGNOME consigliere relatore riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._3590_2025_- N._R.G._00003642_2023 DEPOSITO_MINUTA_09_06_2025 PUBBLICAZIONE_09_06_2025
nella causa civile in grado d’appello iscritta al numero 3642 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2023, decisa a seguito di discussione orale, ex art. 281-sexies c.p.c, all’udienza del giorno 06/06/2025 e vertente TRA (C.F. , con l’avvocato NOME COGNOMEC.F.:
nel cui studio in Roma, INDIRIZZO, è elettivamente domiciliato;
PARTE APPELLANTE (C.F. ) e (C.F. ) con gli Avv.ti NOME COGNOME (C.F. NOME COGNOME (C.F. ) nel cui studio in Roma, INDIRIZZO sono elettivamente domiciliati;
PARTE APPELLATA C.F. C.F. C.F. C.F. C.F.:
appello contro la sentenza n.719 del 2023 del Tribunale di Tivoli, pubblicata il 06/06/2023.
FATTO E DIRITTO § 1. – La vicenda da cui ha tratto origine il presente giudizio di appello è così riassunta nella sentenza impugnata:
“La società attrice introduceva il presente giudizio di cognizione a seguito dell’ottenimento di un provvedimento di sequestro conservativo nei confronti di chiedendo l’accertamento dell’inadempimento contrattuale dei convenuti e la loro condanna al risarcimento dei danni patiti.
I convenuti, ritualmente costituiti, chiedevano il rigetto della pretesa attorea perché infondata e spiegavano domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento della società attrice, nonché domanda di risarcimento dei danni patiti a causa dell’esecuzione del sequestro conservativo.
Ritenuta la causa di natura documentale, non venivano ammessi i mezzi istruttori articolati dalle parti nelle rispettive memorie istruttorie, e la causa veniva trattenuta in decisione all’esito dell’udienza di precisazione delle conclusioni del 25 gennaio 2023, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.” § 2. – All’esito del giudizio il Tribunale ha statuito:
“Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
– Dichiara nullo il contratto preliminare di permuta stipulato in data 22.9.2017 sotto forma di scrittura privata;
– Rigetta tutte le domande proposte dalla società attrice;
– Rigetta la domanda riconvenzionale articolata da parte convenuta;
– Condanna la società attrice a rifondere ai convenuti le spese legali per la fase cautelare, liquidate in € 5.500 oltre iva, cpa e spese generali come per legge;
– Compensa al 50 % le spese del giudizio di merito, condannando la società attrice al pagamento in favore di della somma di 6.500 euro (quale 50% di 13.000 euro) oltre iva, cpa e spese generali come per legge.
”.
A fondamento della decisione il primo giudice ha svolto le considerazioni che seguono:
“ La domanda attorea di risoluzione del contratto preliminare deve essere rigettata per i seguenti motivi.
Le parti hanno stipulato un contratto, denominato “contratto di permuta” nella forma della scrittura privata (all. 01 fascicolo parte attrice – all. 01 fascicolo parte convenuta).
Dalla semplice lettura del contratto, si riscontra l’assenza della data;
tuttavia, la data di sottoscrizione del.9.2017 viene indicata sia nella citazione che nella comparsa, e pertanto, può dirsi circostanza pacifica tra le parti.
I convenuti eccepiscono la nullità del menzionato contratto preliminare per indeterminatezza dell’oggetto.
Essi sostengono, infatti, che i villini oggetto di permuta non fossero determinati.
Ebbene, facendo applicazione delle norme sull’interpretazione del contratto ex artt. 1362 c.c. e seguenti, emerge la chiara volontà delle parti di stipulare un contratto preliminare di permuta tra il terreno di proprietà dei convenuti e due villini di futura costruzione da parte della società attrice.
Sul punto, la giurisprudenza più recente ha affermato che “Il contratto di permuta di un terreno contro beni immobili da costruire, individuati solo nel genere, è valido solo a condizione che questi ultimi siano determinabili con riferimento ai parametri di edificabilità, alla collocazione degli immobili da costruire, alla loro dimensione, alla loro destinazione, nonché ai criteri attraverso i quali individuare in concreto gli immobili da attribuire in permuta.
(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto nullo per indeterminabilità dell’oggetto un contratto di permuta di terreno contro immobili da costruire, con il quale il promittente alienante si era impegnato, in cambio del trasferimento di un terreno, a cedere al promissario una quota delle costruzioni che sarebbe stato possibile edificare sul terreno con progetti regolarmente approvati dalle autorità competenti.
” (Sez. 2 – , Sentenza n. 30058 del 13/10/2022 – Rv. NUMERO_DOCUMENTO 01).
Nel caso di specie, l’eccezione sollevata dai convenuti risulta fondata.
Infatti, le planimetrie allegate al contratto preliminare riportano n. 9 lotti da costruire e n. 10 posti auto, senza specificare quali siano quelli oggetto della permuta.
Inoltre, non sono specificati le dimensioni nè la destinazione dei beni futuri.
Le clausole contrattuali contenute nel contratto stabiliscono, in modo del tutto generico, che oggetto della permuta è “il 20% dei fabbricati”, corrispondenti a n. 2 villini, ma nulla dice sul loro posizionamento, anche eventualmente in relazione alla mappa allegata, né, appunto, sulle caratteristiche essenziali degli stessi.
Non risulta allegato nemmeno il capitolato dei lavori.
Ciò posto, stante l’indeterminatezza ed indeterminabilità dei beni futuri oggetto di preliminare di permuta, il contratto deve essere dichiarato nullo ex art. 1418 c.c. Dalla declaratoria di nullità del contratto preliminare, discende il rigetto della domanda principale di risoluzione del contratto e della domanda di risarcimento del danno da inadempimento, posto che, come evidente, non è configurabile un’ipotesi di inadempimento di un contratto nullo.
Ulteriore conseguenza della nullità del contratto per cui è causa sarebbe l’obbligo tra le parti di restituire quanto percepito in esecuzione del contratto.
Tuttavia, la parte attrice non ha formulato in corso di causa – e segnatamente, nella prima difesa utile dopo la costituzione dei convenuti, dato il tenore delle loro tesi difensive – una domanda subordinata di restituzione dell’indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. di quanto pagato in esecuzione del contratto ritenuto valido;
pertanto, in forza del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c., in questa sede nulla può essere deciso in merito agli acconti versati e alle somme sostenute dall’attrice.
3. I convenuti hanno formulato, in via riconvenzionale, domanda di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento e conseguente domanda di risarcimento del danno patito.
Ebbene, per i medesimi motivi posti a fondamento del rigetto della domanda attorea, la domanda riconvenzionale di risoluzione per inadempimento e di risarcimento dei danni “causati alla parte convenuta dal sequestro conservativo e dalla condotta inadempiente della nella misura che sarà precisata in corso di causa” (cfr conclusioni comparsa di costituzione) deve essere rigettata.
Innanzitutto, come già argomentato, non essendoci alcun valido titolo contrattuale tra le parti, non è configurabile alcun risarcimento per inadempimento contrattuale.
Inoltre, la fonte di un presunto danno non può essere rinvenuta nell’esecuzione del provvedimento conservativo.
Trattandosi, infatti, di un provvedimento emesso dalla competente Autorità giudiziaria in via cautelare, confermato anche in sede di reclamo, la sua esecuzione da parte dell’attrice era legittima.
Né si rinvengono i presupposti di cui all’art. 96 co. 1 c.p.c. 4. Dal rigetto della domanda attorea risulta travolto il provvedimento cautelare che, ex art. 669-novies, terzo comma, c.p.c., perde efficacia.
5. Ogni altra questione risulta assorbita.
6.
Ai fini della statuizione delle spese, si osserva quanto segue.
A fronte del rigetto totale delle domande attoree, anche la domanda riconvenzionale dei convenuti è stata rigettata.
Ciò posto, appare congruo compensare le spese nella misura del 50%.
Le spese della fase cautelare, al contrario, vengono poste interamente a carico della società attrice.
Dunque, le spese per la fase cautelare vengono liquidate in € 5.500 oltre oneri di legge.
Le spese da porre a carico della società attrice in relazione alla fase di merito vengono determinate in € 6.500 quale 50% di € 13.000, calcolato tenendo conto dei valori dei compensi ex D.M. n. 55/2014 in relazione al valore della controversia.
§ 3. – Ha proposto appello rassegnando le seguenti conclusioni:
“Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Roma, rigettata ogni contraria istanza, in riforma della impugnata sentenza n. 719/2023 pubblicata dal Tribunale di Tivoli in data 06/06/2023 all’esito del procedimento n. R.G. 4948/2020 e, sospesa preliminarmente la sua efficacia esecutiva e dichiarata legittima e fondata la domanda svolta e, per l’effetto, accertato l’inadempimento contrattuale della sig.ra e il sig. 1. condannare la parte appellata alla restituzione in favore della dell’importo ricevuto a titolo di acconto pari ad € 18.000,00, ovvero a quella diversa somma maggiore o minore che verrà accerta in corso di causa, oltre interessi a far data dal giorno del versamento; 2. condannare la parte appellata a risarcire tutti danni, a qualsiasi titolo patiti dalla in ragione del mancato trasferimento del terreno sito nel Comune di Fonte Nuova in INDIRIZZO; 3. con vittoria di spese, diritti ed onorari di lite di entrambi i gradi di giudizio.
Nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della domanda attorea si insiste per la rimessione della causa sul ruolo istruttorio e si rinnova la richiesta di ammissione della prova orale così come formulata nelle memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c. procedimento di 1° grado, già richiesto anche in occasione del deposito delle memorie ex art. 190 c.p.c..
”.
Hanno resistito rassegnando le seguenti conclusioni:
“Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione:
– dichiarare inammissibile e comunque ed in ogni caso rigettare l’appello proposto perché destituito di fondamento giuridico e fattuale e per l’effetto confermare la sentenza n. 719/2023 pubblicata dal Tribunale di Tivoli in data 06.06.2023 all’esito del procedimento n. R.G. 4948/2020.
Con vittoria di spese ed onorari di entrambi i giudizi.
” L’appello è stato discusso ex art. 281-sexies c.p.c, all’udienza del 06/06/2025.
§ 4.1 – Preliminarmente non si ravvisa l’inammissibilità dell’appello, eccepita dall’appellato per difetto di specificità dei motivi, ai sensi dell’art. 342
c.p.c. I motivi dedotti dall’appellante a sostegno della impugnazione risultano infatti sufficientemente specifici e chiari e consentono di esaminare il merito dell’appello.
Come anche di recente riaffermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, l’art. 342 c.p.c. impone all’appellante «di individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono, e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata, sia pure con un grado di specificità ben più accentuato rispetto al passato, imponendo la norma novellata un ben preciso ed articolato onere processuale, compendiabile nella necessità che l’atto di gravame, per sottrarsi alla sanzione di inammissibilità ora specificamente prevista, offra una ragionata e diversa soluzione della controversia rispetto a quella adottata dal primo giudice» (da ultimo, Cass. n. 4541/2017; si tratta di principi affermati, peraltro, anche nel vigore del precedente testo dell’art. 342 c.p.c. dalla nota sentenza delle sezioni unite n. 16/2000).
Va, altresì, precisato che comunque l’appello non deve necessariamente tradursi nella prospettazione di un progetto alternativo di sentenza e non deve rivestire particolari forme sacramentali, purché dal tenore complessivo dello stesso sia possibile evincere i passaggi della sentenza che vengono impugnati e, quanto meno per alcuni di essi, il ragionamento che viene contrapposto, a prescindere poi dalla fondatezza delle doglianze stesse che, in quanto strettamente connesse tra loro, possono essere unitamente delibate. § 5. – L’appello proposto da contiene quattro motivi.
§ 5.1 – Il primo motivo è intitolato:
“ “1. Sull’errata dichiarazione di nullità del contratto di permuta – omessa o errata valutazione delle reali intenzioni dei contraenti falsa applicazione delle norme sull’interpretazione del contratto in generale ex art. 1362 c.c., della permuta ex artt. 1555 e 1472 c.c., della nullità del contratto ex art. 1418 c.c.” Con tale motivo l’appellante contesta la decisione del giudice di primo grado che ha dichiarato nullo, ai sensi dell’art. 1418 c.c., il contratto di permuta per indeterminatezza dell’oggetto. Il Giudice, in particolare, avrebbe erroneamente ritenuto che i villini da costruire, oggetto della permuta, non fossero sufficientemente determinati o determinabili.
Sostiene invece l’appellante che le intenzioni delle parti erano chiare:
si trattava di una permuta di cosa presente (terreno) contro cosa futura (2 villini su 9 da realizzare).
Inoltre, l’accordo contrattuale era accompagnato da planimetrie indicanti l’ubicazione e la metratura dei lotti, con una clausola di possibile ottimizzazione condivisa.
Infine, il richiamo ai precedenti giurisprudenziali (Cass. 30058/2022 e 14585/2021) da parte del primo giudice, risulterebbe mal posto, poiché riferito a casi non assimilabili.
Peraltro lo stesso Tribunale di Tivoli, in sede cautelare, aveva ritenuto l’oggetto del contratto sufficientemente determinabile sulla base della documentazione contrattuale e delle planimetrie prodotte in atti.
Il Giudice di prime cure avrebbe perciò erroneamente interpretato le clausole contrattuali ed applicato in modo scorretto le norme sulla permuta e sulla vendita di cosa futura, giungendo perciò a dichiarare la nullità del contratto senza adeguato fondamento.
Una corretta applicazione delle norme dovrebbe viceversa condurre all’accoglimento delle domande attoree.
§ 5.2 – Il secondo motivo è intitolato:
“2. Falsa applicazione delle norme sull’indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. e sulla condanna alla spese legali ex art. 91 c.p.c.” Con il secondo motivo l’appellante impugna la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto non proposta da una specifica domanda di restituzione dell’indebito oggettivo ai sensi dell’art. 2033 c.c., con conseguente erronea determinazione della condanna alle spese legali.
Sul punto, ferma la circostanza per cui compete al giudice inquadrare la fattispecie normativa astratta in cui i fatti allegati dalle parti debbano essere sussunti, l’appellante sostiene che, nel riassumere la causa a seguito della fase cautelare, aveva espressamente chiesto la restituzione dell’importo di € 18.000,00, versato ai convenuti a titolo di acconto, seppure collegandolo alla domanda di risoluzione contrattuale.
Pertanto, dichiarando la nullità, il Tribunale avrebbe dovuto comunque disporre la restituzione del suddetto acconto e di conseguenza, statuire diversamente sulle spese di primo grado, in ragione del parziale accoglimento della domanda attorea.
§ 5.3 – Il terzo motivo è intitolato:
“3. Circa l’inadempimento degli odierni appellati.
” Con tale motivo, e presupposta la validità del contratto di permuta stipulato dalle parti, l’appellante censura il capo della sentenza di primo grado, con cui il Tribunale ha respinto la domanda di risarcimento del danno da inadempimento.
Ribadisce, pertanto, l’appellante quanto già dedotto in primo grado circa l’inadempimento delle controparti agli obblighi contrattuali assunti e, segnatamente, al rifiuto di addivenire all’atto di cessione definitiva del terreno, certificato dal notaio presso il quale le parti avrebbero dovuto procedere alla stipula.
§ 5.4 – Il quarto motivo è intitolato:
“4. Sui danni patiti dalla Con tale motivo l’appellante evidenzia i danni asseritamente patiti in conseguenza dell’inadempimento dei contraenti, quantificando il danno da cessante in una somma compresa tra € 252.000,ed € 378.000,00, e deducendo di aver subito un pregiudizio anche per il mancato guadagno.
§ 6. – L’appello è parzialmente fondato.
§ 6.1 – È il primo motivo infondato.
Con la scrittura privata in esame, gli odierni appellati avevano promesso di cedere un proprio fondo alla che si era impegnata a costruirvi alcuni fabbricati in bioedilizia per civile abitazione ed a cedere alla proprietaria del terreno “una quota pari al 20 % di ciò che verrà costruito il tutto evidenziato negli elaborati grafici allegati”, con la precisazione che detta “quota del 20% corrisponde a n° 2 villini con annesso giardino privato”.
L’accordo può pertanto ricondursi nella categoria del contratto preliminare di permuta del diritto di proprietà di cosa presente con il diritto di proprietà di cosa futura.
Un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità ha riconosciuto che “integra gli estremi della permuta di cosa presente con cosa futura il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un’area fabbricabile in cambio di parti dell’edificio da costruire, in tutto o in parte, sulla stessa superficie, a cura e con i mezzi del cessionario, e ciò tutte le volte in cui sia proprio il risultato traslativo, consistente nell’attribuzione di una determinata opera da realizzare, ad essere assunto come oggetto del contratto e come termine di scambio con la cosa presente, con la conseguenza che a tal fine, in applicazione delle norme sulla vendita, in quanto compatibili, l’effetto traslativo si verifica ex art. 1472 cod. civ. non appena la cosa viene ad esistenza, momento che si identifica, quando la cosa futura consista in una porzione dell’edificio che il permutante costruttore si è impegnato a realizzare, nella conclusione del processo edificatorio nelle sue componenti essenziali” (Cass. Sez. 2^, 27/01/2017 n.2124. Cfr. anche Cass. n. 14461/2011; Cass. n. 24172/2013; Cass. n. 11234/2016, e, tra le più recenti, Cass. 2^, 04/11/2024 n.28210).
Poiché, in forza dell’espresso richiamo contenuto nell’art. 1555 c.c., alla permuta si applicano, in quanto con questa compatibili, le norme stabilite per la vendita, in caso di permuta tra la proprietà di area fabbricabile e porzione della proprietà di erigenda costruzione, l’acquisto di quest’ultima si verifica quindi, senza necessità di altre dichiarazioni di volontà, al momento della conclusione del processo edificatorio nelle sue componenti essenziali (cfr. Cass. Sez.2^, 20/07/1991, n. 8118).
Coerentemente, la giurisprudenza ha anche chiarito che, quando la permuta ha ad oggetto il trasferimento della proprietà di immobili futuri, la forma scritta è necessaria solo per la stipulazione del contratto ad effetti obbligatori e non anche per l’individuazione del bene, la cui proprietà è trasferita non appena lo stesso viene ad esistenza (cfr., Cass., 16.05.2016, n. 9994), ai sensi dell’art. art. 1472, comma 1, c.c. (disposizione, questa, con la permuta in quanto fondata genericamente sulla funzione di scambio del contratto: cfr. Cass., 30.11.2011, n. 25603).
L’accordo stipulato dalle parti risulta tuttavia inidoneo a consentire il trasferimento della proprietà futura, essendo nullo per assoluta indeterminatezza dell’oggetto.
L’oggetto del contratto, come prescritto dall’art. 1346 c.c., deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile.
Mentre l’art. 1418 c.c. prevede che la mancanza nell’oggetto di tali requisiti è causa di nullità del contratto.
Nel caso in esame il contratto sottoscritto dalle parti non consente di individuare i due immobili, la cui proprietà, una volta venuti ad esistenza, sarebbe stata acquistata dagli appellati.
E’ di nessun ausilio il richiamo agli elaborati grafici contenuto nella scrittura privata, atteso che la raffigurazione dell’erigendo complesso edilizio allegata al contratto non contiene alcun riferimento utile ad individuare, tra i nove dell’intero complesso, i due villini promessi quale controprestazione per la cessione del terreno.
Le planimetrie, inoltre, disegnano esclusivamente il perimetro dei nove fabbricati, senza alcuna ripartizione degli spazi interni;
non viene indicato lo sviluppo per piani delle costruzioni, né l’ubicazione di accessi e finestre.
Difetta totalmente anche la descrizione delle caratteristiche costruttive degli immobili, non essendo stato allegato il capitolato dei lavori.
Non risulta, infine, previsto alcun criterio per una eventuale successiva individuazione dei due villini.
In assenza di tali elementi, non è pertanto possibile ritenere determinato o determinabile l’oggetto della prestazione di L’oggetto assolutamente incerto determina dunque la nullità radicale del contratto sottoscritto dalle parti;
per cui va confermata la decisione del giudice di prime cure.
§ 6.2 – È il secondo motivo fondato.
Con tale motivo, l’appellante contesta la decisione impugnata per avere rigettato la domanda di restituzione dell’acconto di € 18.000,00 versato da ritenendo che successivamente all’eccezione di nullità del contratto avanzata dai convenuti, l’odierna appellante non avesse formulato una specifica domanda subordinata di restituzione dell’indebito oggettivo, da far valere nel caso di accoglimento di detta eccezione.
La statuizione appare tuttavia erronea.
Contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, ha infatti formulato espressamente, fin dall’atto introduttivo del giudizio, la domanda di restituzione dell’importo versato a titolo di acconto, indicando con chiarezza:
” In data 26/6/2018, la corrispondeva ai convenuti a titolo di acconto per il trasferimento del terreno l’importo di € 18.000,00 a mezzo assegno” (pag.4).
Perciò, “oltre alla restituzione della somma data in acconto, meritano ristoro gli ulteriori danni patiti dalla ” (pag. 16).
E ha poi concluso chiedendo formalmente:
“1. Condannare la parte convenuta alla restituzione in favore della dell’importo ricevuto a titolo di acconto pari ad € 18.000,00, ovvero a quella diversa somma maggiore o minore che sarà accertata in corso di causa, oltre interessi a far data dal giorno del versamento 2. Condannare la parte convenuta al risarcimento di tutti i danni, a qualsiasi titolo patiti dalla in ragione del mancato trasferimento dell’immobile.
” domanda veniva successivamente confermata in sede di precisazione delle conclusioni.
Il giudice ha pertanto errato nel ritenere che, in mancanza di una “domanda subordinata di restituzione ex art. 2033 c.c.”, non potesse provvedersi in alcun modo sulla richiesta di restituzione della somma versata a titolo di acconto.
Si tratta di un’applicazione formalistica del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
In realtà, la domanda di restituzione era stata inequivocabilmente proposta fin dall’origine;
ciò che mancava era soltanto la qualificazione giuridica subordinata al mutato assetto del rapporto (nullità anziché risoluzione).
Ma la qualificazione giuridica della domanda spetta al giudice, il quale avrebbe perciò potuto esaminarla alla luce della nullità accertata, riqualificando il titolo in base ai fatti dedotti, ossia:
il pagamento dell’acconto, l’inefficacia del contratto (seppure connessa alla prospettata risoluzione), l’interesse ad ottenere la restituzione.
Pertanto, una volta accertata la nullità, il giudice avrebbe potuto disporre la restituzione richiesta dall’attore, pur in assenza di una espressa domanda subordinata, senza violare l’art. 112
c.p.c., poiché non si sarebbe pronunciato ultra petita, bensì avrebbe attribuito alla domanda proposta una corretta qualificazione giuridica.
A tale riguardo, sono stati enunciati dalla giurisprudenza della Suprema Corte i seguenti principi:
“ qualora venga acclarata la mancanza di una “causa adquirendi” – tanto nel caso di nullità, annullamento, risoluzione o rescissione di un contratto, quanto in quello di qualsiasi altra causa che faccia venir meno il vincolo originariamente esistente – l’azione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso è quella di ripetizione di indebito oggettivo;
ne consegue che, ove sia proposta una domanda di risoluzione del contratto per inadempimento e il giudice rilevi, d’ufficio, la nullità del medesimo, l’accoglimento della richiesta restitutoria conseguente alla declaratoria di nullità non viola il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
” (Cass. Sez. 3^, 07/02/2011 n. 2956).
E ancora: “non viola il principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato il giudice che accolga le richieste restitutorie in conseguenza del rilievo di ufficio della nullità del contratto, anche laddove fosse stata inizialmente proposta domanda di risoluzione, dovendosi escludere che la correlazione operata dalla parte tra la suddetta domanda di ripetizione ed una specifica e differente causa di caducazione contratto impedisca la condanna alla ripetizione dell’indebito” ( Cass. Sez. 2, 15/01/2018 n. 715). Per tali ragioni, la sentenza impugnata dev’essere riformata nella parte in cui ha rigettato la domanda di restituzione proposta da La pretesa dell’appellante risulta fondata, atteso che il credito restitutorio è provato con riferimento all’importo di €18.000,00, di cui all’assegno prodotto in atti, e comunque non oggetto di contestazione nel suo ammontare da parte dei percettori.
Su detto importo vanno poi riconosciuti gli interessi nell’ordinaria misura legale, a decorrere dalla domanda, dovendosi escludere la mala fede degli appellati nell’incassare l’acconto.
Va confermata invece la statuizione del Giudice di prime cure circa la compensazione al 50% delle spese di giudizio, poiché teneva già conto della parziale reciproca soccombenza delle parti.
§ 6.3 – Sono infine infondati il terzo ed il quarto motivo di appello, con cui censurando il capo della sentenza di primo grado che ha respinto la domanda di risoluzione del contratto da inadempimento, ripropone le pretese risarcitorie nei confronti degli appellati.
Avendo questa Corte confermato la dichiarazione di nullità del contratto di permuta stipulato dalle parti, ogni questione attinente alla verifica dell’esecuzione degli obblighi derivanti da detto accordo o afferente all’accertamento dei danni conseguenti al suo inadempimento è da ritenersi assorbita.
§ 7. – Considerato l’accoglimento solo parziale dell’appello, ma la sostanziale soccombenza dell’appellante rispetto ai temi proposti nell’intero giudizio, le spese del doppio grado vanno regolate ripartendo gli oneri in ragione dell’esito complessivo della lite, secondo una valutazione della soccombenza che deve operare in base ad un criterio unitario e globale, e devono essere integralmente compensate.
PER QUESTI MOTIVI definitivamente pronunciando sull’appello proposto da nei confronti di contro la sentenza n.719 pubblicata il 06/06/2023, resa tra le parti dal Tribunale di Tivoli, ogni altra conclusione disattesa, così provvede:
1. – accoglie parzialmente l’appello proposto da e, in parziale riforma della sentenza impugnata, condanna in solido tra loro, alla restituzione in favore dell’appellante della somma di € 18.000,00, ricevuta a titolo di in esecuzione del contratto nullo stipulato dalle parti, oltre gli interessi legali a decorrere dalla domanda;
2. – conferma per il resto la sentenza n.719, del 2023, del Tribunale di Tivoli, pubblicata il 06/06/2023; 3. – compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Così deciso in Roma il giorno 06/06/2025.
L’estensore Il presidente NOME COGNOME NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?
Prenota un appuntamento.
La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.
Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.
Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.
Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.