TRIBUNALE DI VERONA SEZIONE LAVORO
Verbale di udienza da remoto Udienza del 22 maggio 2025
Causa n. 1163 2024 Sono comparsi in video conferenza mediante teams per la parte ricorrente l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME e per la parte convenuta l’avv. NOME COGNOME
Il giudice da’ lettura del dispositivo della presente sentenza.
Il Giudice Dott. NOME COGNOME
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE
DI VERONA Sezione lavoro Il Giudice, dott. NOME COGNOME all’udienza del giorno 22 maggio 2025 ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._343_2025_- N._R.G._00001163_2024 DEL_23_05_2025 PUBBLICATA_IL_22_05_2025
nella causa di lavoro n. 1163 / 2024 RCL promossa (C.F. con il patrocinio dell’avv. COGNOME (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME e dell’avv. COGNOME ( INDIRIZZO 37126 VERONA;
Motivi della decisione Con ricorso ex art. 414 c.p.c., depositato il 7 giugno 2024, parte ricorrente , premettendo di aver prestato servizio con la formale qualità di dirigente (precisamente con il formale incarico di Direttore Amministrazione Finanza e Controllo) dal 14 febbraio 2023 fino al licenziamento per giustificato motivo oggettivo del 29 settembre 2024, espone di aver svolto, non già le mansioni apicali formalmente assegnatele, ma essendo state le stesse svuotate di reale contenuto decisionale, di aver nei fatti ricoperto il ruolo di quadro. Sostiene inoltre la ricorrente di aver lavorato serenamente solo fino al giugno 2022, e di aver subito da tale momento in avanti comportamenti mobbizzanti da parte del C.F. C.F. aggressivi ed episodi di insulti e vessazioni.
La ricorrente, a riprova, di ciò, deposita le registrazioni delle conversazioni intercorse con gli ex colleghi nonché i messaggi whatsapp intercorsi con l’ex collega e l’ex collega Secondo la ricorrente, il comportamento aggressivo del datore di lavoro sarebbe stato una strategia per indurla al licenziamento e, fallito l’obiettivo, la ricorrente sarebbe quindi stata estromessa con un’apparente motivazione di carattere oggettivo.
Il licenziamento sarebbe quindi connotato da motivo illecito determinante ed in via alternativa è qualificato come discriminatorio.
Nelle note finali, parte ricorrente sviluppa la censura di discriminatorietà, quella secondo cui il licenziamento sarebbe discriminatorio, essendo diretto a trattare in maniera ingiustificatamente differenziata una specifica categoria, ovvero i lavoratori con qualifica dirigenziale, cioè la ricorrente per tale personale condizione sarebbe stata destinataria di un comportamento ingiustificato e discriminatorio nei suoi effetti.
Parte convenuta, ritualmente costituita, eccepisce l’inutilizzabilità delle registrazioni in quanto aventi invero valore di intercettazioni e come tali escluse dal raggio di facoltà riconosciute ai privati cittadini;
nel merito parte convenuta ne rileva la non conformità al vero, in quanto “…meri stralci di conversazioni, strumentalmente estrapolate dal contesto in cui sono avvenute, così da poter “rappresentare” una visione distorta dei fatti rispetto a come realmente accaduti” (pag. 15 della comparsa).
Osserva inoltre parte resistente che nessuna delle registrazioni, nonostante il loro numero elevato e la loro estesa durata, restituisca espressioni, dichiarazioni o conversazioni del sig. Parte convenuta chiarisce le ragioni a fondamento della riorganizzazione, prospettando il positivo superamento dell’onere della prova, e contesta altresì che il rapporto della ricorrente sia qualificabile in termini diversi da quelli formalmente risultanti dal contratto di assunzione.
La causa è stata istruita attraverso le deposizioni testimoniali dei signori La discussione si è svolta, in forma scritta e orale, ex art. 429 comma 2 c.p.c.. *** 1.Sul corretto inquadramento della lavoratrice come dirigente.
Assume valore di antecedente logico necessario l’indagine sul ruolo rivestito dalla ricorrente, poiché la stessa pur dando atto di essere stata assunta come dirigente, sostiene di aver svolto un ruolo di “pseudo-dirigente”, per la “..
totale assenza di qualsiasi autonomia, di potestà di direzione e decisionale..
” con conseguente applicabilità delle tutele di cui agli artt. 2, 3 del d. lvo 23/2015.
E’ noto infatti che la nozione di giustificato motivo oggettivo, che conseguirebbe alla qualificazione del suo lavoro in termini di “quadro”, è ben diversa dalla nozione di giustificatezza del licenziamento del dirigente, che non ricorre in ipotesi davvero estreme ovvero quando il licenziamento si pone come arbitrario o totalmente scevro da qualsiasi ragione.
Ma è ricorrente stessa che sostiene di essere stata posta “a capo” dell’area amministrativa e finanziaria (cap. 11 del ricorso) e di aver avuto un ruolo di rilievo nella formazione del bilancio, tanto è vero che proprio l’ipotetico errore nella sua redazione a lei ascritto, sarebbe stato il pretesto addotto dal sig. per svilirne la considerazione professionale.
La ricorrente espone inoltre di aver lavorato serenamente per i primi tre mesi, e dunque se ne deve dedurre che il suo ruolo e la sua posizione all’interno dell’azienda corrispondessero alla qualifica dirigenziale prevista contrattualmente;
la ricorrente lamenta di aver poi subito uno svuotamento successivo per effetto delle asserite tensioni con il sig. ;
la questione, dunque, non attiene allo svolgimento un’attività corrispondente alla qualifica di quadro, bensì semmai al successivo impoverimento della sua autonomia decisionale, che potrebbe attenere al diverso tema del demansionamento, peraltro non allegato.
Neppure l’istruttoria ha confermato la lamentata divergenza fra il ruolo formalmente assegnato e quello realmente ricoperto (si veda per es.
la testimonianza di :
“La signora si occupava di amministrazione e finanza con qualifica dirigenziale”), essendo semmai emersa una direzione (in capo al sig. ) molto accentratrice (che però ancora una volta, non implica l’accertamento del diverso inquadramento contrattuale).
2.Sull’ammissibilità delle registrazioni telefoniche.
Parte convenuta osserva a tale riguardo che le registrazioni sarebbero inammissibili, in quanto aventi (almeno in parte) valore di intercettazione e ne contesta nel merito la valenza probatoria in quanto estrapolate dal contesto completo della conversazione e artatamente provocate dalla ricorrente per precostituire in giudizio la prova della condotta illegittima del datore di lavoro.
E’ costante nella giurisprudenza di merito come di legittimità (Corte Cass. 28398/2022) l’affermazione secondo cui tali registrazioni, in quanto integranti una modalità di documentazione e preordinate all’esercizio di un diritto costituzionalmente tutelato (art. 24 Cost.) siano legittimamente formate, anche se ciò è avvenuto all’insaputa dell’interlocutore e siano utilizzabili in giudizio.
Esse rappresenterebbero una peculiare forma di documentazione delle conversazioni, realizzata attraverso uno strumento tecnico tale da riprodurne pedissequamente il contenuto.
Parte convenuta, in realtà, non contesta la corrispondenza fra il contenuto delle registrazioni e quanto realmente dichiarato dai protagonisti della stessa, ma ne evidenzia il carattere strumentale, presentandole come dichiarazioni provocate dalla ricorrente (cfr., pag. 7 della comparsa).
E’ la stessa parte convenuta che argomenta come proprio dalle registrazioni risulta che la ricorrente aveva deciso di risolvere il contratto di lavoro con l’intento di monetizzare nel miglior modo tale fuoriuscita (pag. 8, 9).
Ancora è la stessa convenuta a rimarcare che nessuna di esse riporta le dichiarazioni del sig. , a conferma del fatto che questi mai offese la ricorrente (pag. 7 comparsa).
Dunque le registrazioni in atti, nella parte in cui riportano le conversazioni con la ricorrente sono utilizzabili non essendo state disconosciute ex art. 2712 c.c. 3.Sul licenziamento discriminatorio.
E’ qualificabile come discriminatorio il licenziamento determinato oggettivamente da ragioni che attengono a condizioni personali o sociali (quali il sesso, la salute, il credo politico e religioso), tale da determinare un trattamento deteriore e contrario ai superiori principii di uguaglianza e dignità della persona umana di rango costituzionale in ragione delle condizioni personali o delle opinioni del dipendente.
Le fonti di tale tutela sono numerose, e rimandano anche alla Costituzione e a fonti sovranazionali.
Per limitarci alla legislazione ordinaria, si può ricordare la legge 903/1977, il d. lgs 198/2006, il d. lgs 286/1998, 215/2003, 216/2003, 5/2010.
tratto comune della discriminazione è il trattamento deteriore di un soggetto appartenente ad una categoria che, per la sua particolare vulnerabilità, la legge intende proteggere.
Dunque, è discriminatorio il trattamento deteriore subito per ragioni di genere sessuale, di orientamento politico religioso, di orientamento sessuale, o per ragioni linguistiche, legate alla disabilità, ai tratti somatici, all’etnia, ecct.
Secondo parte ricorrente, il datore di lavoro -in ragione dell’insofferenza verso collaboratori dotati di elevata autonomia decisionale- avrebbe sistematicamente licenziato entro breve tempo i lavoratori con qualifica dirigenziale.
Ma il fatto -anche fosse provato- non potrebbe ascriversi all’alveo della discriminazione, che presuppone la tutela di una categoria “protetta” in ragione dell’intrinseca debolezza dei suoi appartenenti;
tali sono, infatti, tutti i soggetti rispetto ai quali si è sviluppata a livello giurisprudenziale come dottrinale casistica del trattamento discriminatorio e certamente non è tale la condizione del dirigente.
Si deve poi aggiungere, con riferimento al caso di specie, che non è provata la condotta descritta da parte ricorrente:
l’unico dirigente sentito in causa ha riferito di essersi dimesso spontaneamente mantenendo rapporti distesi con l’ex datore di lavoro.
In sintesi, pare evidente come l’appartenenza alla categoria dei dirigenti non è minimamente un fattore di rischio (diversamente dalle situazioni suindicate).
E’ quindi del tutto non pertinente il richiamo a tale fattispecie.
4.Sul licenziamento per motivo illecito determinante.
Secondo parte ricorrente le motivazioni e la stessa riorganizzazione realizzata furono strumentali rispetto all’intento di sopprimere la posizione lavorativa della ricorrente, divenuta sgradita al vertice della società.
Tale intendimento sarebbe attestato dalle molteplici “gravissime” mancanze di rispetto di parte datoriale, tese in prima battuta a provocare le sue dimissioni, confluite infine -in mancanza delle stesse- nel licenziamento.
Per approfondire questa ipotesi ricostruttiva sviluppata ed enfatizzata in ricorso, sono state acquisite le testimonianze di colleghi e di ex colleghi, che, attraverso messaggi whatsapp e per il tramite delle registrazioni di dichiarazioni, risultano aver espresso mentre il rapporto di lavoro era in corso solidarietà alla ricorrente per essere spesso trattata male, non stimata e non destinataria della giusta considerazione professionale da parte del sig. In sintesi gli ex colleghi della ricorrente, nel corso delle lunghe conversazioni telefoniche, apparivano concordi con la ricorrente nel valutare in termini negativi e inaccettabili il comportamento del sig. E, tuttavia, in nessuna di queste conversazioni si fa cenno ad un fatto concreto che consenta un vaglio giudiziario e nessun testimone (neppure quelli non più in servizio) alla domanda se avesse sentito un insulto diretto alla ricorrente o ricordi uno specifico atteggiamento vessatorio nei suoi confronti ha risposto in termini positivi, dando conto del ricordo di un fatto concreto. Nessuna registrazione inoltre riporta le conversazioni della ricorrente con il sig. In sintesi, né dalla lettura dei documenti (registrazioni telefoniche e whatsapp), né dall’esame testimoniale è emerso uno o più episodi sulla cui base impostare un ragionamento che segua la linea difensiva di parte ricorrente.
Va da sé che non sono affatto sufficienti per giungere a tale esito le dichiarazioni registrate degli ex colleghi di lavoro, non potendo il giudice adagiarsi sulle valutazioni altrui, tanto meno su quelle di persone che non hanno riferito alcun fatto o circostanza concreta.
Ed è altrettanto evidente che la soglia oltre la quale la relazione fra il datore di lavoro e il dirigente diviene censurabile sotto il profilo del diritto di lavoro è ben superiore a quella che nella quotidianità può essere percepita dalle persone comuni come superata, ad esempio per il tratto maleducato o brusco o sbrigativo dei comportamenti posti in essere.
Dunque, non è emersa la prova, neppure attraverso le registrazioni, di un comportamento a tal punto vessatorio da indurre alle dimissioni la ricorrente o da condurre a creare l’apparenza di una riorganizzazione per estrometterla dall’azienda.
5.Sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
La testimonianza del sig. estraneo ai fatti di causa e cessato dalla carica di direttore generale, nonché la testimonianza di , convergono nel dar conto dell’attuazione di un nuovo modulo organizzativo descritto dal nel seguente modo:
Ho lavorato in dal 1° giugno 2023 fino al 18 ottobre 2024.
Mi sono dimesso con effetto immediato.
Abbiamo, io e il sig. , condiviso la scelta e quindi non ci sono motivi di risentimento.
Al momento sto facendo consulenza come libero professionista.
Cessato il rapporto di lavoro subordinato non ho più lavorato per RAGIONE_SOCIALE, neanche come libero professionista.
Sono entrato come direttore generale e membro del cda.
Il mio incarico era quello di guidare l’azienda, nei primi 3 o 4 mesi ho individuato un’area di ottimizzazione nell’area amministrazione.
offre servizi alle partecipate, ho individuato un disegno ottimale.
Nel momento in cui sono entrato la sig. a era CFO a diretto riporto del Presidente.
Con il mio ingresso c’erano un po’ troppi riporti, non c’era particolare necessità di strutture troppo articolate nell’area amministrazione e finanze.
Non c’era bisogno di due dirigenti nella medesima area, c’era la possibilità di avere responsabili anziché dirigente riallocando le mansioni.
La riorganizzazione è consistita nell’assunzione da parte mia delle funzioni inerenti alla finanza;
la parte amministrativa è stata organizzata attribuendo aree di specializzazione e tre riporti diretti a me, le persone interessate sono (contabilità generale), (Tesoreria).
L’introduzione di una figura come la mia ha cambiato non solo l’area amministrazione e finanza ma avevo il riporto dell’area personale, dell’area informatica e poi ha una divisione che si occupa di agricoltura e quindi avevo il riporto del responsabile vendite/acquisti.
L’obiettivo era il miglioramento del conto economico ed è stato raggiunto.
La mia fuoriuscita dall’azienda dipende dal fatto che avevo visioni diverse sulla sua gestione rispetto alla proprietà.
Non avevamo sin dall’inizio previsto un termine per la nostra collaborazione, avevamo un progetto di lungo termine che è stato realizzato solo parzialmente.
C’era un rapporto non disteso fra la e il sig. Non ho assistito ad alcun insulto.
Constatavo che non c’era la fiducia.
Non ho assistito ad umiliazioni o denigrazioni.
Intendo dire, se entravamo in confidenza percepivo che la signora non godeva della stima del sig. ma non ho mai sentito che l’abbia direttamente offesa.
Gli uffici amministrativi in giugno erano così organizzati, erano presenti i signori (che comunque non era più presente al mio arrivo), ;
non ricordo invece l e non so dire se fossero a riporto diretto della , immagino che non lo fossero tutti.
Posso però dire che facevano parte dell’area amministrativa di cui era responsabile la signoraNOME
”.
Convergente, rispetto alla testimonianza del sig. è la deposizione della signora , che ha confermato l’attuazione di un nuovo modulo organizzativo nei termini descritti dall’ex direttore generale.
In sintesi, risulta dimostrato che il nuovo assetto organizzativo fu attuato generando un risparmio di spesa e non sussistono elementi che facciano ritenere tale assetto puramente strumentale rispetto all’intento assorbente e determinante di estromettere la ricorrente.
La Corte di Cassazione con orientamento costante ha chiarito i confini del sindacato giudiziale in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo del dirigente, evidenziando come la sua legittimità vada esclusa solo quando la decisione si presenti come pretestuosa e/o arbitraria.
E’ utile a tale riguardo riportare alcuni passaggi della recente sent. 1960/2023 in cui si chiarisce come «Il sindacato del giudice deve insistere sulla reale esistenza degli elementi (coinvolgenti la posizione del dirigente) che, nel caso in esame, possono ritenersi idonei a privare di ogni giustificazione il recesso del datore di lavoro in relazione alla violazione del principio fondamentale di buona fede nella esecuzione del contratto, configurabile quando detto recesso rappresenti l’attivazione di un comportamento puramente pretestuoso, ossia irrispettoso delle regole e dei procedimenti che assicurano la correttezza nell’esercizio del diritto; naturalmente è escluso, per il giudice, l’accertamento sulla possibilità di repêchage in quanto incompatibile con la figura del dirigente, assistita da un regime di libera recedibilità del datore di lavoro…;
precisa inoltre la Corte che la giustificatezza è rinvenibile “ove sussista l’esigenza, economicamente apprezzabile in termini di risparmio, della soppressione della figura dirigenziale in attuazione di un riassetto societario mentre non devono essere presenti elementi oggettivi che dimostrino la natura discriminatoria o contraria a buona fede della riorganizzazione”.
Per tutte queste ragioni, non possono essere accolte le domande di parte ricorrente.
Nondimeno, partendo dal presupposto dell’estrema gravosità, nel caso specifico che ci occupa, dell’onere della prova del motivo illecito determinante, sono interamente compensate le spese di lite.
Il Tribunale di Verona in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, ogni contraria e diversa domanda ed eccezione rigettata 1) Rigetta le domande formulate in ricorso;
2) Compensa integralmente le spese di lite.
Verona, 22 maggio 2025 IL GIUDICE NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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