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Indipendenza del contratto di garanzia

Indipendenza del contratto di garanzia, il garante è tenuto a dare al creditore quanto dovuto dal debitore principale, salva l’exceptio doli.

Pubblicato il 26 September 2022 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Vallo della Lucania, Sezione Civile, in persona del Presidente dott.ssa

e in funzione di giudice monocratico, ha emesso la seguente

SENTENZA n. 641/2022 pubblicata il 16/09/2022

nella causa civile iscritta al n. 1511 del Ruolo Generale degli affari contenziosi dell’anno 2005, avente ad oggetto: Bancari e riservata in decisione all’udienza del 17/5/2022, vertente

TRA

Banca XXX s.p.a., , in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv.;

CONVENUTA – ATTRICE in riconvenzionale in riassunzione E

YYY (c.f.), ZZZ (c.f.) e KKK (c.f.), rappresentati e difesi dall’avv.;

CHIAMATI in causa – CONVENUTI in riassunzione CONCLUSIONI

Le parti concludevano come da note scritte depositate in occasione della celebrazione dell’udienza del 17/5/2022 ai sensi dell’art. 221, comma 4, della legge 17 luglio 2020, n. 77 – di conversione del c.d. decreto legge “Rilancio”, da intendersi qui integralmente trascritte.

FATTO E DIRITTO

La *** s.r.l. – premesso di intrattenere dal 1996 con la Banca Nazionale dell’Agricoltura , filiale di Agropoli, diversi rapporti contrattuali ( conto anticipo fatture n. 1676/Z sostituito successivamente dal conto n. 2037/A e conto anticipo su ricevute n. 50003/W e conto corrente n. 1675/M) e che la Banca Nazionale dell’Agricoltura era stata incorporata dalla Banca XXX – conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Vallo della Lucania la Banca XXX s.p.a, per sentir dichiarare nulle ed inefficaci le clausole aventi ad oggetto la determinazione degli interessi, l’anatocismo, la determinazione della commissione di massimo scoperto, nonché per sentir accertare il superamento del tasso soglia, con condanna della convenuta alla restituzione della somma versata in eccedenza e al pagamento delle spese di lite. La banca convenuta si costituiva in giudizio, concludeva per il rigetto della domanda attorea e chiedeva, in via riconvenzionale, di condannare la società attrice e anche i garanti YYY, ZZZ e KKK al pagamento della somma di euro 149.265,88, con vittoria di spese.

I sigg. YYY, ZZZ e KKK, chiamati in causa, si costituivano in giudizio e contestavano la fondatezza della domanda formulata nei loro confronti, facendo propri i rilievi già formulati dalla difesa del debitore principale.

All’esito del fallimento della *** s.r.l. il giudizio era interrotto e la causa era riassunta dalla Banca XXX unicamente nei confronti dei garanti.

Una volta espletata consulenza tecnica di ufficio, il giudizio era assunto in decisione all’udienza del 17/10/2014 e rimesso sul ruolo per un approfondimento istruttorio; dopo una serie di rinvii determinati da esigenze di ruolo il Tribunale assumeva nuovamente la causa in decisione all’udienza del 17/5/2022, celebrata ai sensi dell’art. 221 della legge n. 77/2020, con la concessione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Va preliminarmente chiarito che nel presente giudizio non risulta mai essersi costituita la s.p.a. *** ( cfr. certificato storico del fascicolo), cosicchè esso prosegue su impulso della Banca XXX s.p.a., rappresentata e difesa dall’avv., e che l’intestazione degli atti dalla stessa prodotti, tutti valutati da questo giudice e dalla difesa dei sigg. YYY, ZZZ e KKK, è frutto di un evidente errore materiale. Tanto premesso e passando all’esame del merito, il presente giudizio ha ad oggetto esclusivamente l’accertamento della fondatezza della domanda riconvenzionale spiegata dalla banca nei confronti dei garanti; la difesa della convenuta, attrice in riconvenzionale, assumeva che il contratto sottoscritto dai chiamati in causa non fosse qualificabile come negozio fideiussorio, bensì come contratto autonomo di garanzia e sulla scorta di tale rilievo, sul presupposto che gli attori non potessero far valere eccezioni attinenti al rapporto obbligatorio principale per difetto del principio di accessorietà, chiedeva di non tener conto delle conclusioni cui era pervenuto il consulente, che, applicando le pattuizioni contrattuali senza capitalizzazione, escludeva la debenza di qualsiasi somma, e di accogliere la domanda originariamente formulata nei confronti dei sigg. YYY, ZZZ e KKK.

L’indipendenza del contratto di garanzia, che la giurisprudenza considera meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c., ricorre quando il garante è tenuto in ogni caso a dare al creditore quanto dovuto dal debitore principale (salva l’exceptio doli) e la funzione di tale contratto è quella di “far conseguire senza indugio al creditore l’oggetto della prestazione in attesa della chiarificazione del rapporto principale e delle contestazioni” (cfr. Cass. civ. sez. 18.11.1992 n. 12341); i contrati di garanzia autonoma si distinguono da quelli di fideiussione non in ragione, quindi, di una causa differente, ma unicamente perché soddisfano la causa di garanzia con modalità diverse ed il richiamo alla normativa specifica della fideiussione non è ostativo al riconoscimento della natura autonoma della garanzia.

Il garante autonomo può opporre, quindi, al creditore esclusivamente la nullità di un patto relativo al rapporto fondamentale, che dipenda da contrarietà a norme imperative o dall’illiceità della causa o che, attraverso il contratto autonomo, intenda assicurare un risultato vietato dall’ordinamento, ovvero le eccezioni relative al rapporto da lui instaurato col beneficiario.

La salvaguardia della liquidità del credito, raggiunta con il contratto autonomo di garanzia, non protegge, comunque, il creditore, dal rischio di dover restituire quanto percepito in sede di regresso, atteso che il contratto autonomo di garanzia è pur sempre collegato al rapporto principale sia riguardo al momento genetico, sia riguardo al momento funzionale (cfr. Cass. civ. sez. I 19 giugno 2001 n. 8324).

Tanto premesso, alcun dubbio sussiste circa la qualificazione della garanzia prestata dai sigg. YYY, ZZZ e KKK come autonoma.

I garanti si impegnavano a rimborsare all’azienda di credito le somme che dalla stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi o per qualsiasi motivo (art.2), erano tenuti a pagare immediatamente a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore, quanto dovuto per capitale, interessi, spese e tasse (art.7) e, in caso di declaratoria di invalidità delle obbligazioni garantite, garantivano in ogni caso la restituzione delle somme erogate (art.8).

Le clausole contrattuali citate sono state formulate non solo al fine di garantire al beneficiario un pagamento certo e rapido, ma soprattutto allo scopo evidente di rendere il rapporto astratto e indipendente sia dal rapporto di provvista (tra debitore principale e soggetto garante), sia, soprattutto, da quello di valuta (tra creditore della prestazione e debitore principale); in particolare la previsione della cosiddetta clausola di sopravvivenza, ovvero di pattuizione in virtù della quale l’invalidità della obbligazione principale non travolge la garanzia, evidenzia chiaramente che nel caso di specie l’autonomia negoziale ha reciso il vincolo di accessorietà, dando luogo ad una fattispecie negoziale atipica rientrante nel genus del contratto autonomo di garanzia (cfr. Cass. civ. n. 4899/1992; Cass. civ. sez. I 8 luglio 1983 n. 4605). La natura della garanzia prestata era, peraltro, espressamente indicata nell’art. 8, che recita testualmente: “Dichiaro/iamo che la garanzia da me/noi rilasciata è astratta ed autonoma e che, pertanto, la sua efficacia prescinde dalla validità ed efficacia degli atti generanti le obbligazioni principali…”.

La difesa dei sigg. YYY, ZZZ e KKK eccepiva che le clausole che fanno propendere per la natura autonoma della garanzia prestata dai suoi assistiti, fossero affette da nullità. Assumeva, difatti, che gli articoli 2, 6 ed 8 del negozio fideiussorio, firmato dai convenuti, riproducessero le identiche clausole dello schema ABI censurato da Banca d’ Italia con Provvedimento n. 55/2005, ritenute nulle dalla giurisprudenza di merito e di legittimità. La difesa della società attrice eccepiva a sua volta la tardività e l’inammissibilità dell’eccezione di nullità delle fideiussioni per violazione delle norme anticoncorrenziali formulata per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni, evidenziava che i garanti non avevano mai sollevato alcuna contestazione o eccezione circa la validità delle fideiussioni rilasciate e che ciò precludeva anche la rilevabilità d’ufficio della nullità della fideiussione, in ossequio al principio espresso dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con le sentenze nn. 26242/2014 e 3086/2022, secondo cui la nullità deve emergere dalle rituali allegazioni delle parti o dalle produzioni documentali in atti, tempestivamente allegate.

La Banca d’Italia, nel 2005, ha dichiarato contrarie alla disciplina antitrust talune clausole contenute nello schema negoziale per il contratto di fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) redatto dall’ABI nel mese di ottobre 2002; l’art. 2 della legge antitrust recita“ 1. Sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordati tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari; 2. Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, (…); 3. Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto).

All’esito dell’emanazione di tale provvedimento numerosi sono stati gli interventi giurisprudenziali di legittimità e di merito circa la tutela riconoscibile al soggetto che abbia concluso un contratto di fideiussione a valle di un’intesa che viola la legge antitrust; le soluzioni prospettate erano varie: la nullità totale, la nullità parziale relativa alle clausole che riproducono le condizioni dell’intesa nulla a monte e la tutela risarcitoria.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 41994/2021 hanno affermato che “i contratti di fideiussione “a valle” di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge citata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata – perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza -, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti”.

I giudici di legittimità, dopo aver ricostruito i vari indirizzi giurisprudenziali e dottrinali in merito alle tutele che il garante può invocare hanno chiarito, con argomentazioni pienamente condivisibili, che l’art. 2 della legge antitrust interessa anche il consumatore finale, che è legittimato ad esperire sia la tutela reale, sia quella risarcitoria e che la nullità delle intese si estende anche ai contratti che realizzano l’intesa vietata.

La violazione dell’art. 2 della Legge c.d. “Antitrust”, consumatasi a monte nella predisposizione e nell’adozione uniforme di uno schema contrattuale restrittivo della concorrenza, determina “a cascata” la nullità dei contratti stipulati a valle in conformità allo schema, giacchè questi costituiscono lo sbocco sul mercato dell’intesa illecita (cfr. Cass., SS. UU., n.2207/2005). Contrariamente a quanto assunto dalla difesa del Monte dei Paschi di Siena l’eccezione di nullità appare tempestivamente formulata in sede di precisazione delle conclusioni in data 18/1/2021, quando la causa era differita alla successiva udienza del 17/5/2022 per esigenze di ruolo e avrebbe potuto essere anche rilevata di ufficio dal giudice.

Ciononostante la stessa non merita accoglimento.

La Banca d’Italia interveniva su un accordo risalente al mese di ottobre 2002 e la garanzia oggetto di causa era prestata nel 2001; se, come sopra evidenziato, la violazione dell’art. 2 della Legge c.d. “Antitrust”, consumatasi a monte nella predisposizione e nell’adozione uniforme di uno schema contrattuale restrittivo della concorrenza, determina “a cascata” la nullità dei contratti stipulati a valle in conformità allo schema, giacchè questi costituiscono lo sbocco sul mercato dell’intesa illecita (cfr. Cass., SS. UU., n.2207/2005), non potrebbe mai giungersi alla dichiarazione della nullità derivata della garanzia oggetto di causa.

Ciò posto, i sigg. YYY, ZZZ e KKK nel costituirsi in giudizio contestavano la fondatezza della domanda formulata nei loro confronti e facevano propri i rilievi già formulati dalla difesa del debitore principale, ivi comprese le eccezioni di nullità ed inefficacia delle clausole aventi ad oggetto la determinazione degli interessi, l’anatocismo, la determinazione della commissione di massimo scoperto e il superamento del tasso soglia.

Il consulente tecnico di ufficio ricostruiva il rapporto intercorso fra le parti con esclusione di c.m.s. e spese non pattuite, applicazione dei tassi bot ex art. 117 T.U.B. in forza di clausola legale sostitutiva con applicazione della capitalizzazione semplice degli interessi sino al 30/6/2000 e trimestrale dal 1/7/2000 o della capitalizzazione annuale degli interessi sino al 30/6/2000 e trimestrale dal 1/7/2000 e arrivava ad individuare un credito per la società correntista pari ad euro 2.162,72 per la prima ipotesi e ad euro 2.089,83 per la seconda ipotesi. Era successivamente richiesta al consulente tecnico di ufficio un’integrazione concernente la verifica dell’applicazione di tassi usurai; il consulente rilevava lo sforamento del tasso soglia nei seguenti trimestri: II TRIM. 2001, III TRIM. 2001, IV TRIM. 2001, I TRIM. 2002, II TRIM. 2002, III TRIM. 2002, IV TRIM. 2002, I TRIM. 2003, II TRIM. 2003, III TRIM. 2003, IV TRIM. 2003, I TRIM. 2004, II TRIM. 2004, III TRIM. 2004, IV TRIM. 2004, I TRIM. 2005, II TRIM. 2005.e calcolava la debenza dell’ulteriore somma di euro 22.903.

La difesa di parte attrice chiedeva un approfondimento istruttorio limitatamente alle indagini aventi ad oggetto la verifica dell’applicazione dei tassi usurai, mentre solo genericamente contestava gli esiti della ricostruzione effettuata dal consulente tecnico di ufficio nel corso del primo incarico.

Quando il giudice del merito aderisce al parere del consulente tecnico d’ufficio, “non è tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni poiché l’accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimità, ben potendo il richiamo, anche “per relationem” dell’elaborato, implicare una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente”; diversa è l’ipotesi in cui alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori: in tal caso il giudice del merito, se il suo consulente non si è fatto carico di esaminare e confutare i rilievi di parte, è tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all’una o all’altra conclusione (cfr. ex multis Cass. civ. nn. 15147/2018, 23637/2016, 10668/2008 e 25526/2018).

La giurisprudenza di legittimità, dopo aver per lungo tempo sostenuto il principio secondo cui nel contratto autonomo di garanzia “..si deve escludere che la nullità della pattuizione di interessi ultralegali si comunichi sempre al contratto autonomo di garanzia, atteso che detta pattuizione – eccezion fatta per la previsione di interessi usurari – non è contraria all’ordinamento, non vietando quest’ultimo in modo assoluto finanche l’anatocismo, così come si ricava dagli artt. 1283 c.c. e 120 del d.lgs. n. 385 del 1993” ( cfr. Cass. civ. n. 2039/2017), ha da ultimo affermato che nel contratto autonomo di garanzia, “il garante è legittimato a proporre eccezioni fondate sulla nullità anche parziale del contratto base per contrarietà a norme imperative. Ne consegue che può essere sollevata nei confronti della banca l’eccezione di nullità della clausola anatocistica atteso che la soluzione contraria consentirebbe al creditore di ottenere, per il tramite del garante, un risultato che l’ordinamento vieta” ( ordinanza n. 371/2018, ordinanza n. 3873/2021, sentenza n. 24011/2021).

Tale ultimo orientamento giurisprudenziale appare maggiormente condivisibile, atteso che, diversamente argomentando, si consentirebbe al creditore di ottenere, per il tramite del garante, un risultato che l’ordinamento vieta.

L’anatocismo, ove non ricorrano le condizioni legittimanti previste, si fonda su un uso negoziale e deve ritenersi vietato a tutela del pubblico interesse, cosicchè se il correntista allega l’applicazione di interessi anatocistici “in virtù di clausole inserite nel contratto di conto corrente in violazione dell’art. 1283 cod. civ. o dell’art. 120 TUB, venendo in considerazione fattispecie di applicazione di interessi in contrasto con norme imperative, la nullità si comunica al rapporto di garanzia autonoma e la relativa eccezione può essere fatta valere quindi anche dal garante…”.

In applicazione di tale principio, senza alcuna necessità di affrontare la questione agitata dalla difesa della Banca XXX dell’usura sopravvenuta, gli esiti degli accertamenti compiuti dal consulente tecnico di ufficio conducono al rigetto della domanda. Contrariamente a quanto assunto dalla attrice, difatti, la mancata contestazione degli estratti conto e la connessa implicita approvazione delle operazioni in esso annotate riguardano “gli accrediti e gli addebiti considerati nella loro realtà effettuale, nonché la verità contabile, storiche di fatto delle operazioni annotate, ma non impediscono la formulazione di censure concernenti la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti” ( Cass. civ. numero 11.626 del 2011).

Le spese di lite, ivi comprese quelle di consulenza tecnica di ufficio, in considerazione del mutamento dell’orientamento giurisprudenziale originariamente esistente circa il possibile rilievo da parte del garante dell’addebito di interessi anatocistici, vengono integralmente compensate fra le parti, ivi comprese quelle di consulenza tecnica di ufficio.

P. Q. M.

Il Tribunale di Vallo della Lucania, Sezione Civile, in persona del Presidente dott.ssa, definitivamente pronunciando in ordine alla domanda proposta dalla s.p.a. Banca XXX s.p.a. nei confronti e dei sigg. YYY, ZZZ e KKK, ogni avversa istanza, deduzione ed eccezione reietta, così provvede:

1) rigetta la domanda nei confronti dei sigg. YYY, ZZZ e KKK;

2) dichiara integralmente compensate fra le parti le spese di lite, ivi comprese quelle di consulenza tecnica di ufficio.

Così deciso in Vallo della Lucania, 16/9/2022

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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