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Sentenza che non consente di determinare le pretese

Sentenza di condanna che non consente di determinare le pretese economiche, il creditore può legittimamente fare ricorso al procedimento monitorio.

Pubblicato il 26 September 2022 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale Ordinario di Cosenza
Sezione Lavoro n. 1311/2022 pubblicata il 16/09/2022

 

Il Giudice del Lavoro, Dott.ssa Silvana Domenica Ferrentino, ha pronunciato la seguente

SENTENZA nella causa iscritta al n. 4611/2018 R.G. TRA

ASSOCIAZIONE NAZIONALE XXX in persona del commissario p.t. rappresentata e difesa dall’avv.

Opponente E

YYY, rappresentata e difesa dall’avv.

Opposta

OGGETTO: Opposizione a decreto ingiuntivo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ricorso depositato in data 10.10.2018 l’associazione indicata in epigrafe proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 513/2018, emesso dal Tribunale di Cosenza, con il quale era stato ingiunto il pagamento in favore della sig.ra YYY della somma pari ad € 4.714,18 oltre interessi e rivalutazione monetaria e spese del procedimento a titolo di retribuzione per le mensilità di settembre, ottobre e novembre 2013, TFR ed indennità di preavviso. Eccepiva in via pregiudiziale l’inammissibilità della procedura monitoria in quanto diretta ad ottenere una duplicazione di titoli esecutivi, e, nel merito, l’infondatezza della pretesa creditoria, concludendo per la revoca del decreto ingiuntivo opposto, e, in via subordinata, per la riduzione della pretesa azionata in monitorio.

Costituitasi in giudizio, l’opposta chiedeva il rigetto dell’avverso ricorso in quanto infondato in fatto ed in diritto, e, in via subordinata, la condanna dell’opponente al pagamento della maggiore o minore somma ritenuta di giustizia.

Il giudizio si interrompeva per decesso del legale rappresentante dell’associazione opponente, e, con ricorso depositato in data 05.05.2021, veniva riassunto.

Nel corso del giudizio veniva disposta CTU contabile. All’udienza del 16.09.2022 – celebrata con le modalità di cui all’art. 221, co. 4 del D.L. n. 34 del 2020, convertito in L. n. 77 del 2020 – le parti, con note depositate telematicamente, hanno insistito nelle conclusioni rese. La causa è stata, quindi, decisa.

L’opposizione è fondata e dev’essere accolta nei limiti di cui in motivazione.

Preliminarmente dev’essere rigettata l’eccezione di inammissibilità dell’azione monitoria sollevata dall’associazione opponente.

È ormai consolidato orientamento della Suprema Corte, quello secondo cui “la sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di quanto dovuto al lavoratore […], costituisce valido titolo esecutivo, che non richiede ulteriori interventi del giudice diretti all’esatta quantificazione del credito, solo se tale credito risulti da operazioni meramente aritmetiche eseguibili sulla base dei dati contenuti nella sentenza; se invece […] la sentenza di condanna non consenta di determinare le pretese economiche del lavoratore in base al contenuto del titolo stesso, con la conseguenza che per la determinazione dell’importo sono necessari elementi estranei al giudizio concluso e non predeterminati per legge, il creditore può legittimamente fare ricorso al procedimento monitorio, nel cui ambito la sentenza è utilizzabile come atto scritto, dimostrativo dell’esistenza del credito fatto valere, il cui ammontare può essere provato con altri e diversi documenti e nel cui ambito il creditore può dimostrare l’esigibilità del credito attraverso ulteriori prove attestanti, ex art. 634 c.p.c., la messa a disposizione della sua attività lavorativa a favore del datore di lavoro; né rileva, in senso preclusivo del procedimento d’ingiunzione, la provvisoria esecuzione delle sentenze prevista dagli artt. 431 e 447 c.p.c., la quale presuppone che il credito riconosciuto sia liquido e comunque determinabile alla stregua degli elementi contenuti nella stessa sentenza” (cfr. Cass. n. 1742/2014, Cass. n. 9132/2003 Cass. n. 2816/2011).

Ebbene, la sentenza n. 446/2018 emessa dal Tribunale di Cosenza, ha condannato l’odierna opponente a corrispondere alla sig.ra YYY le retribuzioni per le mensilità di settembre 2013, ottobre 2013 e novembre 2013, oltre all’indennità di preavviso ed al TFR, senza precisare gli elementi di calcolo sulla base dei quali effettuare tali operazioni, sicché il diritto di credito avanzato dalla sig.ra YYY non era quantificabile in modo determinato o facilmente ricavabile attraverso mere operazioni aritmetiche eseguibili sulla base dei dati contenuti nella sentenza.

Da ciò pertanto discende l’ammissibilità dell’azione monitoria spiegata dalla sig.ra YYY.

Nel merito, parte opponente ha documentalmente provato di aver corrisposto parte delle somme oggetto del decreto ingiuntivo opposto e relative alle mensilità di settembre 2013 ed ottobre 2013.

In particolare, le copie degli assegni bancari ed i relativi estratti conto (dai quali risulta l’incasso dei suindicati assegni) dimostrano l’avvenuto pagamento di tali mensilità alla sig.ra YYY.

Il CTU nominato (Dott.), ha quantificato il credito residuo vantato dalla sig.ra YYY per i titoli indicati nel decreto ingiuntivo opposto, ed ammontanti ad € 1.966,12 al lordo di contributi e ritenute.

Pertanto – in considerazione della effettiva corresponsione di parte della somma oggetto di ingiunzione – il credito vantato dalla sig.ra YYY risulta essere inferiore rispetto a quello indicato nel decreto ingiuntivo, sicché il titolo opposto dovrà essere revocato e l’associazione opponente condannata al pagamento della minore somma pari ad € 1.966,12.

A tal proposito, giova precisare come – per ciò che concerne l’accertamento della pretesa creditoria all’interno del giudizio di cognizione di opposizione a d.i. – “l’opposizione a decreto ingiuntivo instaura un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice non deve limitarsi ad esaminare se l’ingiunzione sia stata legittimamente emessa, ma deve procedere ad un’autonoma valutazione di tutti gli elementi offerti sia dal creditore per dimostrare la fondatezza della propria pretesa dedotta con il ricorso, sia dall’opponente per contestarla e, a tal fine, non è necessario che la parte che ha chiesto l’ingiunzione formuli una specifica ed espressa domanda di pronuncia sul merito della pretesa creditoria, essendo sufficiente che resista all’opposizione e chieda conferma del decreto opposto” (ex multibus Cass. n. 14486/2019).

Le spese di lite e di ctu sono poste a carico di parte opponente e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

Revoca il decreto ingiuntivo opposto, e, per l’effetto, condanna l’Associazione XXX in persona del Commissario p.t. a corrispondere alla sig.ra YYY, la somma pari ad € 1.966,12 oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Condanna l’Associazione XXX in persona del Commissario p.t. al pagamento delle spese di ctu che liquida come da separato decreto e di lite che liquida in complessivi € 1143,00 oltre IVA, CPA e rimborso forfettario.

Così deciso in Cosenza, 16/09/2022

Il giudice Dott.ssa

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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